Il tuo carrello

La Marble Cathedral, la spettacolare cattedrale sott’acqua

Ci troviamo al confine tra Cile e Argentina, in particolare in Patagonia, dove è possibile ammirare questo spettacolo naturale che è la Marble Cathedral: seimila anni di erosione delle rocce da parte dell’acqua hanno dato vita a questa straordinaria opera senza eguali. Un’esplosioni di colori che vanno dall’azzurro, al verde, all’argento, fusi in maniera tanto eccezionale che soltanto la natura poteva inebriarci con un simile spettacolo. Al centro troviamo la Cattedrale di Marmo, formata da tre caverne principali: la Cappella, la Cattedrale e la Grotta. La cattedrale è visitabile tramite un’imbarcazione quando il livello del lago Carrera è sufficientemente basso per consentirne la navigazione.

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CinemaDays, al cinema con 3 euro

Dopo il successo dello scorso anno, ritornano i CinemaDays. Dall’11 al 14 aprile grazie a questa iniziativa sarà possibile andare al cinema spendendo solo 3 euro per i film 2D e 5 euro per i film in 3D. Ma non è finita qui: per la prima volta ci saranno due edizioni, ossia oltre all’edizione primaverile, l’evento verrà ripetuto in ottobre per la sessione autunnale. Oltre allo sconto per il biglietto del cinema, numerosi saranno gli eventi correlati. Per l’elenco dei cinema aderenti ed ulteriori dettagli basta consultare il sito ufficiale http://www.cinemadays.it/ .

Quando l’Apple era in Italia e gli Apple Store Italiani

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Olivetti, azienda fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, azienda che è stata una delle aziende più importanti al mondo nel campo delle macchine per scrivere, da calcolo e dell’elettronica. Un’azienda che nel 1965 (quindi quasi 10 anni prima di Jobs) aveva pensato il primo personal computer, una rivoluzione per la società di allora, il famoso P101, Programma 101,

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nato dalla mente dell’ingegnere Pier Giorgio Perrotto. Oltre che ad avere un disegno avveniristico, la P101 è stato il primo calcolatore commerciale ad essere digitale e programmabile, piccolo ed economico: il primo personal computer. Proprio in virtù di quel primato la HP ne comprò un centinaio di esemplari per poi uscire, in seguito, con un computer uguale. Per questo motivo, la celebre casa americana dovette risarcire 900 mila dollari all’azienda di Ivrea.

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Ricapitolando, avevamo le idee, avevamo il “know how”, avevamo la tecnologia ed eravamo 10 anni avanti agli americani. Ma la cosa più straordinaria era che, come poi ha fatto la Apple 20 anni dopo, l’Olivetti non faceva solo prodotti funzionali e sempre più indispensabili per le aziende, realizzava anche prodotti “belli” che venivano proposti in una chiave nuova, sotto la luce dell’ “italian design” che da sempre contraddistingue il Bel Paese. Ho scritto questa breve riflessione guardando alcune foto di quel periodo, guardando le vetrine, gli espositori, le luci e come venivano presentati i prodotti, che sono molto molto vicine a quelle degli odierni “store” della casa di Cupertino, con il piccolo dettaglio che sono stati realizzati con quaranta (!) anni d’anticipo.

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Purtroppo, poi, dopo una travolgente escalation di grandi idee, arriva alla guida dell’azienda, De Benedetti, un finanziere, uno che pensava a risanare e far soldi, uno a cui interessavano il valore in borsa e non gli investimenti sulla tecnologia e, pian piano, ha svenduto, svilito, depauperato, il VANTAGGIO enorme TECNOLOGICO che la casa di Ivrea aveva nei confronti del resto del mondo. Un vantaggio di immagine, di idee e di tecnologia, un vantaggio buttato nel cassonetto in cambio di un po’ di ricchezza. Quanta commiserazione per questi italiani privi di amor proprio, quanto dovremmo biasimare il sistema non MERITOCRATICO italiano che ha messo al vertice di grandi aziende persone che, quantomeno, e voglio essere buono, non erano all’altezza del loro compito.

Ma ora è così, ci siamo fatti rubare stile, idee e tecnologia, e ci siamo fatti colonizzare, anche con PC e telefoni.

Tuttavia, è bene ricordarlo, in un tempo lontano, ma non tantissimo, gli “Apple” store, erano quelli italiani della Olivetti.

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Credits: Foto del “Negozio Olivetti” di Venezia.

Articolo tratto da http://www.thomasscalera.it

Galaxy hair: la novità su instagram per capelli come una galassia

Su Instagram ormai spopola l’hashtag #galaxyhair, la nuova moda delle più coraggiose per avere capelli supercolorati, proprio come una galassia. Tantissime sfumature di blu, rosso, viola, verde e tante altre per avere un look originale e grintoso.  Questa tipologia di colorazione riproduce sulla chioma le sfumature multicolor delle galassie, stile manga giapponese che stanno letteralmente facendo impazzire giovani e giovanissimi su Instagram. La mente che ha creato questo estroso trend è di Jenny Regec, proprietaria del salone di bellezza The Paint Box a Brooklyn. Cosa aspettate a farci vedere i vostri galaxy hair?

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I trulli di Alberobello si illuminano per il Natale

Gli spettacolari trulli di Alberobello si illuminano grazie alla bellissima manifestazione Alberobello Light Christmas Festivaluna grande iniziativa promossa dall’assocazione giovani  imprenditori turistici di Alberobello e Lightcones, inserita nel calendario eventi Unesco 2015 e patrocinata dalla Società italiana di fisica. Dopo il successo dell’anno scorso, l’idea è stata riproposta: infatti Alberobello Light Christmas Festival  fu visitato da oltre 100 mila visitatori aggiudicandosi importanti riconoscimenti, come il quinto posto fra i festival europei più innovativi e il decimo fra quelli internazionali. Il festival , quest’anno dedicato alle vittime del terrorismo, inizierà il prossimo 5 dicembre e terminerà il 6 gennaio. 

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foto: alberobellolightfestival.com

Kathrine Switzer, la prima donna che corse la Maratona

Kathrine Switzer era una gran bella ragazza, ma soprattutto con un caratterino testardo, troppo testardo per essere ancora il 1967, persino in America. Atleta professionista, si mise in testa di correre la Maratona di Boston, vietata alle donne come disciplina perchè considerate incapaci di correre per lunghe distanze alla pari degli uomini. Quando un organizzatore la scoprì – sebbene protetta alla vista dagli altri corridori che, capita l’impresa, tentavano di nasconderla ai giudici di gara – si infuriò al punto da insultarla e spintonarla alle spalle, per buttarla fuori percorso. Qui, lo scatto che immortala la scena. L’uomo a sinistra che la difende è il vecchio Arnie Briggs – suo allenatore e un padre putativo, per lei – mentre i 106 chili di muscoli sulla destra, che si stanno voltando per correre in soccorso, sono del fidanzato Tom Miller, iscritto alla competizione solo per farle da angelo custode. Era pur sempre il 1967. L’organizzatore finì gambe all’aria dopo una carezza di Tom, lei esitò un momento e il vecchio Arnie le urlò:”Corri, ragazza! Corri come fosse l’inferno!”. Tutto il pubblico in attesa al traguardo capì in quel momento che vi fosse una donna tra gli atleti e iniziò a incitarla a squarciagola – molti, guardandola, piangevano di commozione – finchè Kathrine tagliò alfine il traguardo in 4 ore e 20 minuti, tra gli applausi di uomini e donne in delirio. Una donna aveva appena dato prova pubblica di poter percorrere le stesse distanze degli uomini anche in corsa e la disciplina della maratona fu dichiarata universale. Dobbiamo tutte, e direi tutti, un Grazie a lei e al suo Tom. E di certo, anche un Grazie al vecchio Arnie. Non troppo vecchio, però. Nemmeno per essere il 1967.
  

Rolling Stones, una lunga storia … ben oltre il rock

A vederli ancora sul palco suonare con una energia e una grinta pari a quella dei tempi d’oro si potrebbe pensare che in realtà siano i loro “Avatar” e invece sono proprio loro: i “Rolling Stones”. Giustamente qualcuno li ha definiti non la “storia” del rock, semplicemente “il Rock”. stones5Quello vero, quello che ti prende nelle viscere dandoti una carica vitale incredibile, motore delle istanze e anche delle illusioni di generazioni e generazioni. In questi giorni è in uscita l’ennesima raccolta dell’immenso lavoro discografico di Jagger e soci. Un cofanetto che ripercorre la lunghissima carriera artistica di una delle band (la Band per eccellenza) più amate di sempre. Il contraltare “ribelle” e senza regole dei Beatles, definiti sin dalle origini “brutti, sporchi e cattivi”, composto da Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts ha fatto la storia della musica rock con le sue preziose venature blues e “jazz skiffle” (da giovanissimi gli Stones suonavano solo il repertorio di Chuck Berry e si chiamavano “The Little Blue Boy And The Blue Boys”). stones3Il legame con il “rhythm and blues” è evidenziato anche successivamente quando sarà scelto il nome definitivo della band: ‘Rolling Stones’ infatti è il titolo di un celebre brano di Muddy Waters. L’esordio ufficiale delle “pietre rotolanti” avviene nel 1962 ed è subito un successo travolgente. Ma la consacrazione arriva con il brano “(I can’t get no) Satisfaction”: un vero e proprio inno per le giovani generazioni (e anche per quelle future). Agli albori delle contestazioni giovanili (il ’68 era alle porte), gli Stones incarnano lo spirito che pervade i giovani di tutto il mondo che invocano pace, amore, giustizia, rivendicando una nuova società. stones 2Tante speranze ben presto disattese con la guerra del Vietnam e con una società sempre più capitalista e consumista. Musicalmente i Rolling Stones si caratterizzano subito per un sound molto particolare basato sulla cosiddetta “guitar weaving”, ossia l’intreccio contemporaneo di chitarra ritmica e solista (tale tecnica era detta Chicago style, dai grandi bluesman anni ’50 originari di quella città). Da “Out of Our Heads”, passando per “Between the Buttons”, “Beggars banquet”, “Let it Bleed”, “Sticky Fingers”, “Black and Blue”, fino a “Emotional Rescue”, “Undercover”, “Steel weels” e “A Bigger Bang”, sono solo alcuni degli album prodotti dagli Stones nella loro incredibile e longeva carriera. Se si escludono gli ultimo decenni che evidentemente hanno visto il gruppo abbandonarsi alle categoriche logiche delle case discografiche, pur mantenendo comunque intatte molte caratteristiche, gli Stones vantano oltre 50 anni di attività, tutti incarnati in the-rolling-stones-Mick Jagger l’indiscusso simbolo e punto di riferimento, insieme alla nota “linguaccia”, divenuta icona modiale (oggi fin troppo commerciale) dei teenager. Hanno attraversato la storia della musica e dell’umanità come nessun altra formazione musicale, non senza problemi e periodi negativi (la morte di Brian Jones e la crisi di ispirazione di metà anni ’70 sono le punte più negative), conservando sempre intatta la loro forza. stones 4Eccessi, vizi, mondanità sfrenata, certo, ma rock ineguagliabile. Folle oceaniche ai concerti, veri eventi collettivi. Sarà forse per quella nota “Sympathy for teh Devil” che si spiega la loro longevità? Spesso gli Stones ci scherzano su ma non è certo un patto col diavolo il loro segreto: è semplicemente il rock che è vita, energia inesauribile.

Nomadi, “due sedicenni” che hanno fatto la storia della musica italiana

Un mito inossidabile e intramontabile, sempre fedele a se stesso e al proprio pubblico. La storia dei “Nomadi” è la storia della musica italiana. Nel segno di questa tradizione è uscita, lo scorso 20 novembre, l’ultima raccolta dei più grandi successi della formazione emiliana che ha visto in Augusto Daolio e Beppe Carletti i suoi fondatori. Del nucleo storico della band è rimasto il solo Carletti impegnato in questi giorni a pubblicizzare “Il sogno di due sedicenni è diventato realtà”, titolo della corposa raccolta che ripercorre la storia entusiasmante del gruppo fondato nel 1963, anno nel quale i due miticiFOTO NOMADI fondatori avevano appunto 16 anni. Oltre 50 anni di musica ed emozioni ( I Nomadi sono il secondo gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones !) che hanno fatto sognare generazioni e generazioni di italiani. Mai banali né scontati, i Nomadi hanno saputo attraversare i tanti cambiamenti dello scenario musicale nazionale e internazionale senza mai mutare per inseguire i gusti del pubblico o i diktat dell’industria discografica. I Nomadi sono i Nomadi. Punto. Questa fedeltà è stata ed è incredibilmente ricambiata da un pubblico affezionatissimo e assolutamente trasversale con diverse generazioni che si fanno coinvolgere dalle musiche e dalle parole delle canzoni “sempreverdi” della band emiliana. Una voce su tutte, lui, il leader storico, l’anima ed essenza dei Nomadi: Augusto Daolio. Scomparso troppo presto nel 1992 (tanto ancora avrebbe potuto dare alla musica e al suo pubblico ladaolio sua straordinaria voce, corroborata da un grandissimo carisma) è stato il simbolo non solo di una band ma di un’epoca d’oro per la musica italiana. Nonostante il grave lutto, i Nomadi hanno saputo anche attraversare indenni alcuni “cambiamenti”. Danilo Sacco per anni è riuscito in qualche modo a “ricordare” la voce di Augusto tenendo vivo (grazie anche a brani ed arrangiamenti più moderni) il mito dei Nomadi e facendolo apprezzaredanilo-sacco-nomadi ancora di più alle nuove generazioni. Dai brani scritti per loro da Guccini (“Dio è Morto”, “Noi non ci saremo”, “Canzone per un’amica”, ecc.), passando per “Un pugno di sabbia”, “Crescerai”, “Un giorno insieme”, “C’è un Re”, “Ma che film la vita”, e tante altre “perle” fino al vero e proprio inno di “Io Vagabondo”, canzone simbolo dei Nomadi. “Eravamo ragazzini ed avevamo un sogno: suonare, fare musica. E lo abbiamo realizzato. – confessa Beppe Carletti in una serie di interviste rilasciate in questi giorni su vari network – Abbiamo vissuto un’epoca di grande libertà, un’epoca d’oro della musica e non abbiamo mai perso la nostra essenza. Il mio legame con Augusto è stato profondo. Ho avuto l’onore di trascorrere oltre 30 anni insieme ad un uomo unico, eccezionale, con un timbro vocale straordinario. Ed è per questo che cerco di ricordarlo e farlo conoscere alle nuove generazioni”. E proprio ai ragazzi Carletti dice: “Ai giovani che vogliono fare musica dico di essere spensierati e di non inseguire il successo nomadi 3a tutti i costi. Non suonate per ambizione ma per divertimento, se poi viene anche il successo bene, ma l’importante è stare insieme”. I Nomadi proseguono intanto il loro tour, praticamente perenne, che li porterà a dicembre in Svizzera per una serie di tappe e poi da gennaio (precisamente il 25) nuovamente in Italia con un concerto a Napoli per poi toccare tante altre località della penisola. Un tour assolutamente da non perdere. Per ulteriori info è possibile contattare il sito internet www.nomadi.it

Il cammino di Santiago, un’esperienza indimenticabile

Santiago è!

Tutto nasce da quelle esperienze che nella vita ti lasciano delle “cicatrici” e dalle quali impari, tirandone fuori solo forza per dare il giusto valore alla VITA, camminando la VITA scorre nelle vene.

Camminare è fatica, riflessione, scoperta, silenzio, è il possibile di fronte al tutto è

un abbraccio con la vita.

Il cammino stimola la conoscenza interiore, la solidarietà, l’affidarsi allo sconosciuto, la scoperta della ricca umanità che ci circonda molte volte sottovalutata.

Ed è proprio la lontananza dalla normalità che rende il cammino unico.

Mi sono sempre messa alla prova e dopo la mia operazione, il mio più grande desiderio

era arrivare a Santiago di Compostela .

Ci sono Riuscita!

13 agosto 2015…

L’ansia sale e si scontra con l’adrenalina, la combinazione giusta per affrontare il mio

sogno. La voglia di conoscere nuovi posti, di sentire nuovi profumi, di raggiungere tutto

con le mie forze.

Amico e compagno di viaggio Danilo, che per la seconda volta percorre il cammino, ed è

anche grazie ai suoi racconti che la voglia di arrivare a Santiago è cresciuta sempre più.

Arrivati a Burgos, muoviamo i primi passi e dopo poco il primo timbro sulla credenziale…

che il Cammino abbia inizio…

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Conchiglia e freccia gialla saranno la nostra “stella cometa”, simboli che ci accompagneranno fino alla cripta di San Giacomo apostolo.

La mia prima “ freccia” è seguita dal volto di una persona anziana, che guardandomi negli occhi mi augura “Buen Camino” un’emozione incomparabile che inizia a dar vita a quello che è stato il viaggio più desiderato e sentito da sempre.

Il Cammino di Santiago di Compostela è un itinerario che i pellegrini fin dal Medioevo

intraprendono, attraverso vari Stati e Paesi, per giungere al santuario di Santiago di

Compostela . Le strade francesi e spagnole che compongono l’itinerario sono state

dichiarate Patrimonio dell’umanità dall’ UNESCO .

E’ un percorso che possiede dei caratteri distintivi che lo rendono unico e inconfondibile:

La Credencial é uno dei compagni di viaggio imprescindibile di un pellegrino diretto a

Santiago, si tratta di un documento che identifica il pellegrino con i suoi dati e gli dá diritto

di alloggiare negli alberghi presenti sul cammino dove riceverá sulla Credencial un timbro,

che testimonia il passaggio da quella localitá. All’arrivo a Santiago la Credencial é

fondamentale per ottenere la Compostela, che è il certificato, redatto in latino, rilasciato a

coloro che abbiano compiuto il pellegrinaggio per finalitá religiose, spirituali, di ricerca

interiore. La Capasanta o conchiglia di San Giacomo viene utilizzata sin dal principio del

cammino come elemento identificativo stesso del pellegrino e come simbolo di sacrificio.

Il mio Cammino ha inizio nella regione delle Mesetas, altopiani di circa 900/ 1.300 metri

s.l.m., piuttosto aridi, terreno di argilla compatta e sassosa. Le uniche coltivazioni sono di

grano. Tra una mesetas e l’altra ci sono piccolissime valli dove sembrano nascondersi

paesi e villaggi.

Da qui ha inizio anche la prima esperienza di “albegue del pellegrino” quindi , condivisione

e adattamento con tutto quello che è il pellegrinaggio. Ad accoglierci quest’uomo, che ci

da il benvenuto e ci racconta del suo cammino con la moglie…. storie di vita sul cammino,

sempre avvincenti!

Nell’augurarci buon cammino , ci racconta del “ Cappello di Santiago”; la leggenda

narra che nei mesi caldi San Giacomo Apostolo, per proteggere i pellegrini, calava un

manto di nuvole in cielo in modo da fare filtro per il sole cocente.

Iniziamo ad attraversare le Mesetas, dove in queste lunghissime distese il silenzio fa da

padrone, il vento culla i pensieri e gli odori gli danno colore; ho avuto tempo e occasione

per parlare a me stessa, ogni passo diventa fondamentale e significativo. Gli occhi

diventano la miglior “macchina fotografica” iniziando ad immortalale ogni angolo di

paesaggio . Il battito del cuore da il ritmo e fa da compagnia.

L’incontro e la magia della Cruz de Hierro, simbolo di coraggio di un nuovo inizio.

Con i suoi 1.505 metri di altitudine rappresenta il punto più alto di tutto cammino ed è uno

dei monumenti più significativi; ogni pellegrino porta una pietra che va ad aggiungersi alle

altre lasciate da chi lo ha preceduto; c’è chi lascia una foto, chi un rosario, chi un nastro,

qualsiasi cosa per ricordare la parte di noi stessi che rimarrà qui per sempre.

La croce è fissata al vertice di un alto palo di legno sostenuto da ammassi di pietre portate.

Le pietre rappresentano i ricordi e le sofferenze della vita delle persone, il pellegrino

alleggerisce l’animo e riceve un senso di liberazione. La cosa stupefacente è vedere

quanti ricordi, fotografie, frasi, scritte sui sassi, maglie, bandiere, ciondoli, nastri di ogni

Paese, Nazione è ricoperta questa croce.

La Cruz de Hierro riesce a regalare magia e non si può rinunciare a una riflessione sul

senso della vita… E allora isoli la mente e preghi … dedichi qualche minuto a tutte le

persone che ti circondano indistintamente se ti hanno fatto del bene o del male.

Continuiamo attraversando borghi e piccoli paesi che ti lasciano quel sorriso che ti

arricchisce sempre di più … Vedere persone fermarsi mentre lavorano e offrire un

semplice saluto come segno di riconoscenza e rispetto per il pellegrino, è davvero unico.

Il cammino di Santiago ti mette davvero a dura prova. Il Pellegrino batte la stanchezza e il

dolore.

Camminare sotto la pioggia, sforzarsi e fare tanti chilometri al freddo, sotto il sole, nel

fango, con l’umidità che entra nelle ossa e con i dolori presenti giorno dopo giorno dai

piedi fino alle spalle… Eppure il cammino è anche questo mi sono risposta.

Mi dicevano:“Si no Hay dolor, no hay Camino!” E’ Vero!

Cammini perchè devi camminare,è un bisogno,un’esigenza,una necessità e senti di

doverlo fare,di andare avanti anche sotto la pioggia, anche al freddo, con il sole e con i

dolori.

Se sei sul cammino di Santiago sei un pellegrino, non una persona qualunque, non hai un

obiettivo banale, non fai 500km a piedi tanto per dire: “ho fatto anche questo”, non sei un

turista, non stai giocando.

Se cammini sul sentiero di Santiago è perchè sei alla ricerca di qualcosa, di te stesso,

spinto dalla forza interiore e spirituale, stai camminando perchè hai l’animo pronto e

predisposto a donare e ricevere amore verso te stesso e verso il prossimo.

Ho camminato in decine di paesi e micro paesi, passando dalle case fatte di terra e paglia,

alle fattorie, alle città, tra boschi, montagne ,colline e strade… ogni singolo passo fatto mi

ha regalato qualcosa in più e spronata ad andare avanti.

Gli ultimi 11km prima di fare ingresso a Santiago sono stati quelli dove abbiamo

dimenticato definitivamente il peso dello zaino sulle spalle, la piaggia che cadeva

ininterrottamente per noi era sole, i dolori scomparsi, camminavamo velocemente senza

parlare , con i sorrisi stampati sui volti e gli occhi ricchi di emozione, l’ingresso nella piazza

antistante la cattedrale è stato il momento in cui sono esplosa in un pianto di gioia infinita,

ancora incredula e tremante realizzavo poco per volta… “ce l’ho fatta”.

Resti per diversi minuti a guardare ininterrottamente questa maestosa cattedrale che ti

parla, l’emozione e le lacrime continuano entrando nella cattedrale per la celebrazione

della messa del pellegrino con il rito del Botafumeiro.

La fine di un cammino ha il un sapore agrodolce, la consapevolezza di aver compiuto un

grande passo è enorme, così come il senso di mancanza. Quello che ti resta tangibile è la

carta del pellegrino costellata di timbri colorati, quello che ti resta addosso è una

costellazione di emozioni. Vedere dalle immagini scattate il grande fiume che settimane fa

attraversavi sotto il sole, o le linee delle montagne su cui hai faticato enormemente in

salita, ti regala un malinconico sorriso.

Tra le mille domande quella fondamentale è che cosa vuole dire essere e sentirsi un

pellegrino?

L’uomo è nato per mettersi in cammino… Peregrinare, a differenza di camminare o

viaggiare, vuole dire uscire dalle abitudini quotidiane, prendere le distanze e diventare un

essere libero.

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Essere pellegrini e non villeggianti vuole dire essere e sentirsi un tutt’uno con quello che ti

circonda. Non è sentirsi turisti e apprezzare solo tutto ciò che c’è di splendore, essere

pellegrini è imparare a mettersi in relazione con qualcosa di più elevato, unico, magico.

Entrare in sintonia con l’anima, mente e corpo.

Comprensione, collaborazione e amicizia sono la chiave spirituale del pellegrino.

Non ci sono gare per chi fa più chilometri, per chi ha lo zaino più bello o costoso,non

interessa sapere la professione che fai o se vivi una vita agiata, il pellegrino ha rispetto per

l’uomo, considerato tale e non per come appare, deve essere umile e generoso.

Mettersi in cammino vuol dire restare con il tempo e con se stessi. Non è una gita da

escursionisti, non è un week end di primavera, non è un mordi e fuggi di un posto da

contemplare per dire io ci sono stato, lo conosco e farsi grande del proprio sapere.

Il peregrinare non è apparenza ma è entrare lentamente nelle situazioni, nel mondo, nella

vita.

Peregrinare è tempo, fatica, impegno, determinazione, sacrificio… cioè gioia, emozioni,

essere, amare vivere!

SANTIAGO E’!

BUEN CAMINO!

“Soltanto solo, sperduto, muto, a piedi riesco a riconoscere le cose.”

Pier Paolo Pasolini

Società Borderline, cosa resta della caduta del Muro

Tra ideologie di libertà, speranze di cambiamento, odore di unificazione e sapore di insegnamento, 26 anni fa “la striscia della morte” si sgretolava a picconate di nobili sogni di uomini, giovani, feriti ma vittoriosi. Non una semplice riunione fisica tra le due Germanie ma marcia di un popolo alla riconquista della propria identità. Leitmotiv degli anni ’90: globalizzazione, un mondo senza muri, idea hippie di un “villaggio globale”. Di per sè il processo di globalizzazione è un fatto culturalmente accettabile, anzi, per alcuni aspetti, auspicabile, se solo si pensa agli enormi benefici che si potrebbero ricavare da un’equa ridistribuzione delle risorse. Purtroppo, al di là delle belle affermazioni di principio, esiste una realtà molto diversa fatta di prevaricazione da parte di Paesi “sviluppati” a danno dei Paesi “sottosviluppati”, costretti a nuove forme di colonialismo e di sfruttamento in nome di un progresso di cui potranno raccogliere, al più, le briciole. La storia dell’umanità è un susseguirsi di guerre, estenuanti lotte di popoli su altri popoli, o, per meglio dire, di uomini ambiziosi su altri uomini potenti.

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E nonostante l’antico adagio che “la storia è maestra di vita”, gli uomini continuano a commettere gli stessi, clamorosi, errori. Società schizofrenica la nostra: da un lato si spendono fiumi di parole per la coesistenza pacifica fra i popoli, dall’altro non si riesce a giungere al disarmo completo, mentre si è capaci di litigare anche soltanto per la scelta della sede di una conferenza internazionale di pace; proliferano i focolai di guerra e le spinte etnico-indipendentistiche mentre nelle nazioni più “evolute” risorgono pericolosamente i movimenti razzisti e neo-nazisti. Cosa resta di quel 9 novembre 1989? In Italia resta la festa del “Giorno della Libertà”, indetta, con la legge n. 61/2005, solennizzante i valori della democrazia e libertà, la democrazia di un popolo che non sceglie neanche i propri rappresentanti, ma che si arroga il diritto di insegnare questo ideale a chi non lo conosce; libertà di un Paese in cui ancora esiste la censura ma la chiamano “diffamazione”. Nel resto del mondo restano bambini buttati in mare, altri che imbracciano un fucile regalatogli dai Potenti, altri che mangiano dalle discariche dei Civili. Una domanda sorge spontanea: Il Muro è caduto?

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