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AC/DC: la band senza voce. Una storia ad alto voltaggio

Senza voce. Ancora una volta uno dei gruppi più importanti della storia della musica Hard Rock, Heavy Metal rischia di perdere la propria voce solista. Gli inossidabili AC/DC infatti potrebbero perdere Brian Johnson il quale sta “perdendo” la voce. Il grave disturbo alle corde vocali che l’ha colpito potrebbe costringere Johnson a lasciare gli AC/DC dopo oltre 30 anni di carriera. Brian infatti divenne la voce solista dopo la scomparsa prematura del primo storico cantante della band australiana: Bon Scott. acdc6Sembra una maledizione. Voci graffianti, rudi, perfette per il “credo” musicale della band. In attesa di conoscere l’eventuale sostituto di Brian è doveroso ripercorrere la storia di una delle band più conosciute al mondo. Innovatori, ribelli e anticonformisti per eccellenza, gli AC/DC nascono ad opera dei fratelli Young. La famiglia di origine scozzese (tutti i componenti degli AC/DC sono di origine britannica) si trasferì in Australia per motivi economici e qui svilupparono la loro passione per la musica Angus e Malcom Young. Nel 1973 i due fratelli Young formarono un gruppo e così, il 31 dicembre 1973, nacquero gli AC/DC. Il nome AC/DC è l’acronimo di “Alternate Current/Direct Current” cioè Corrente Alternata/Corrente Continua, nome perfetto per esprimere l’elettricità e il dinamismo del gruppo. acdc2Insoddisfatti del loro cantante (Dave Evans) i fratelli Young si misero alla ricerca di una voce. Il loro autista dell’epoca si propose subito: era Bon Scott. Voce perfetta che segnò l’esordio degli AC/DC con il loro primo album High Voltage (pubblicato solo in Australia e Nuova Zelanda). L’album seguente fu T.N.T, che contiene brani come It’s a Long Way to the Top (If You Wanna Rock’n Roll) e l’omonima T.N.T, ancora oggi considerate tra I brani migliori della band. Il loro successo era però ancora legato soltanto all’Oceania, quello internazionale venne dopo. Fu con Let There Be Rock del 1977 che gli AC/DC trovarono la propria dimensione, liberandosi delle sfumature pop degli album precedenti. Let There Be Rock è un album grezzo che conquistò subito il pubblico, all’epoca condizionato dal genere punk. Seguì l’album Powerage del 1978 al quale seguì un importante tour per il gruppo che ne consolidò la fama in Europa. Solo il mercato americano restava ancora scettico nei loro confronti. La svolta arriva con Highway to Hell del 1979. Infatti con l’omonimo brano Highway to Hell gli AC/DC sfondarono per la prima volta nella top ten inglese e nella top 20 statunitense. Fu un successo clamoroso. Il logo degli AC/DC divenne, come si direbbe oggi, “virale”. Un marchio riconoscibile ovunque e da chiunque, il successo planetario era servito.acdc7 Proprio nel momento in cui si intravedeva l’apice del successo avvenne la tragedia. Il 19 febbraio del 1980 Bon Scott fu trovato morto a Londra, all’interno di una Renault 5 di un amico. Le cause del decesso furono attribuite ad una pesante intossicazione da alcool anche se ancora oggi resta un velo di mistero sulla morte di Scott. La drammatica notizia fu uno shock per il gruppo. La carriera degli AC/DC rischiava di finire prima ancora di aver spiccato il volo. Dopo una lunga ricerca, i fratelli Young grazie ad una registrazione inviata da un fan riuscirono ad individuare il sostituto di Scott: la scelta cadde su Brian Johnson. Il primo album dopo la morte di Scott fu la consacrazione finale della band nella scena musicale mondiale. L’album Back in Black uscì il 25 luglio 1980, con una copertina completamente nera che rendeva omaggio allo scomparso Bon Scott. Il successo fu “globale”. You Shook Me All Night Long e Hells Bells (chiaro omaggio a Scott) e l’omonima Back in Black sono tre delle pietre miliari di un album ancora oggi considerato la “vetta” della formazione australiana.acdc9 I fan furono entusiasti della voce di Brian che col tempo non fece rimpiangere Scott. Nel 1981 uscì finalmente For Those About to Rock (We Salute You), con il quale gli AC/DC raggiunsero per la prima volta la posizione numero uno della classifica di vendite statunitense. La seconda metà degli anni ’80 vide però un appannamento del loro successo. Gli album pubblicati in questo periodo furono molto inferiori alle attese e l’immagine del gruppo si ridimensionò. Nel 1990 esce The Razors Edge che contiene un altro capolavoro: Thunderstruck. La “diavoletto” di Angus era più infiammata che mai.ACDC1 Un rif entrato di diritto nella storia della musica. Storico il concerto (al quale seguì un video) AC/DC Live at Donington. Epocale fu il concerto che il gruppo tenne poco più di un mese dopo a Mosca, organizzato per la celebrazione della fine della dittatura comunista: allo storico evento (cui parteciparono anche Metallica, The Black Crowes e Pantera)acdc3 si recò un folla stimata fra 500.000 e un milione di persone, la più grande mai raccoltasi per un concerto hard & heavy. Il successo appagò gli AC/DC che nel periodo seguente pubblicarono pochi album (molte le raccolte in ricordo del periodo con Scott alla voce). Dopo l’album Ballbreaker, nel 2000 venne pubblicato Stiff Upper Lip. Proseguono i tour mondiali e concerti epici che consolideranno la fama del gruppo. Nel 2008 esce l’album Black Ice.acdc8 Nel 2014 esce infine Rock or Bust, considerato l’album di addio ai fan di Johnson e Angus (che già non partecipa alla registrazione del disco poiché gravemente malato, lo sostituisce il nipote Stevie Young). Gli AC/DC proseguiranno la loro storia o l’addio di Johnson segnerà lo scioglimento del gruppo? La speranza di milioni di fan nel mondo è che il mito degli AC/DC possa proseguire, diversamente la loro immortalità comunque è già scritta. acdc5

“Hai visto Lucio? Ce l’abbiamo fatta !”. Gli Stadio vincono Sanremo nel segno di Dalla

Un sodalizio che ha certamente raggiunto il suo apice sabato scorso ma che rappresenta molto più di una vittoria: gli Stadio vincono il Festival di Sanremo nel segno di Lucio Dalla. Una storia appassionante, un mix di emozioni reciproche artista/artisti-pubblico che resta nei cuori degli ascoltatori. Gli Stadio, composti nella formazione originale, da Gaetano Curreri (voce e tastiera), Giovanni Pezzoli (batteria), Roberto Drovandi (basso elettrico), Andrea Fornili (chitarra) hanno vinto la prestigiosa e più importante manifestazione musicale nazionale con il brano “Un giorno mi dirai”. stadioLi immaginiamo tempo fa in compagnia di Lucio in qualche bar bolognese: “Vedrai, vedrai… un giorno ci dirai”, a scommettere sul loro destino inevitabilmente legato a quello del grande cantautore.dalla4 Fu proprio Dalla a dare loro il nome “Stadio”. Era la fine degli anni ’70 e gli Stadio erano il gruppo spalla di Lucio Dalla. Il tour ‘Banana Republic’, che vede Dalla al fianco di Francesco De Gregori, è il trampolino di lancio della band che da lì in poi inizierà a mietere grandi successi. La prima esperienza degli Stadio con Lucio risale però all’album Anidride solforosa del 1975 seguita poi dall’incisione di “Com’è profondo il mare”. Nel 1981 nascono ufficialmente gli Stadio che accompagneranno ancora una volta Dalla nella sua tourné estiva proponendo anche le loro prime due canzoni:dalla3 ‘Grande figlio di puttana’ e ‘Chi te l’ha detto’. Le due canzoni furono inserite anche nella colonna sonora del film ‘Borotalco’ di Carlo Verdone. Nel 1983 esce il 45 giri che segnerà la loro carriera: Acqua e sapone, per l’omonimo film sempre di Carlo Verdone. Ormai gli Stadio sono una band importante del panorama musicale italiano e l’anno seguente, nel 1984, si esibiscono per la prima volta all’Ariston. Purtroppo arriveranno ultimi con il brano “Allo stadio”. Dall’esperienza sanremese verrà fuori l’Album “La faccia delle donne”. Ma il riscatto arriva pochi mesi dopo. Alla fine dello stesso anno esce infatti “Chiedi chi erano i Beatles”, vera e propria pietra miliare del repertorio della band. Un successo clamoroso. Un brano immancabile nei loro tour e concerti. Nel febbraio 1986 gli Stadio tornano nuovamente a Sanremo con il brano Canzoni alla radio, con la quale per la seconda volta consecutiva si classificano ultimi. Nell’album omonimo che segue sono incluse Lunedì Cinema, già da alcuni anni sigla di apertura di Lunedifilm, rubrica del lunedì sera dedicata da Rai Uno alla trasmissione di grandi film, Incubo assoluto (scritta per loro da Roberto “Freak” Antoni) e Giacche senza vento. stadio4dalla 1Nello stesso anno gli Stadio accompagnano nuovamente Lucio Dalla nel grande e epico tour negli USA “DallAmeriCaruso”. Ennesimo trionfo del cantautore bolognese accompagnato dai fedelissimi Stadio. Nel 1987 esce la raccolta “Canzoni alla Stadio”. Gli anni ’90 sono anni di intense collaborazione (da Bergonzoni, che tura i titoli, a Luca Carboni, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Edoardo Bennato, Vasco Rossi e Saverio Grandi, quest’ultimo ancora oggi loro autore principale). Nel 1991 gli Stadio vincono il loro primo “disco d’oro” con il singolo Generazione di fenomeni sigla del telefilm di Rai 2 I Ragazzi del muretto che anticipa album Siamo tutti elefanti inventati (ritenuto dai critici il più riuscito insieme a La faccia delle donne). stadio3dalla5Nel 1999 avviene la loro terza partecipazione al Festival di Sanremo con il brano Lo zaino scritto per loro da Vasco Rossi: stavolta arriveranno quinti. Ad inizio anni 2000, esattamente nel 2002 arriva uno dei loro ultimi grandi successi: “Sorprendimi”, subito in vetta alle classifiche. Il brano è presente nell’album“Occhi negli occhi” e ancora oggi è considerata una delle più belle canzoni del gruppo. Nel 2007 ancora una partecipazione a Sanremo con la canzone “Guardami”. Nel 2012 il gruppo festeggia i 30 anni di carriera. Intanto album, concerti, tour. E infine la vittoria, la più dolce , la più gradita. Non è stato certo un caso se nella serata sanremese dedicata ai duetti gli Stadio si sono presentati con una bellissima cover de “La sera dei miracoli”.dalla2 stadio5

Lucio torna sempre. Una sua foto (con la quale gli Stadio dialogano) alle loro spalle accompagna l’esibizione. Per l’occasione, il gruppo si è riunito nella sua formazione originale, da Ricky Portera col cappello da Generale Custer a Marco Nanni, seduto in platea. Un successo che premia un sodalizio quarantennale che ha donato tanto alla musica italiana. stadio2Sul viso degli Stadio nel corso della premiazione sembrava stampa la frase: “Hai visto Lucio? Ce l’abbiamo fatta!”. Si, alla fine gli Stadio (e Lucio) hanno vinto.

Le Orme, il Progressive non potrà mai morire

Sono il simbolo di un genere musicale evergreen che puntualmente ritorna sulle scene: il Rock Progressivo Italiano. Insieme alla PFM, al Banco del Mutuo Soccorso, agli Osanna, ai Formula 3, ai New Trolls e a Franco Battiato, quest’ultimo assoluto protagonista e innovatore del genere, (solo per citarne alcuni dei più conosciuti) hanno fatto la storia della musica italiana e internazionale. Ogni vero musicista e appassionato di musica sa che non può fare a meno di ascoltare e suonare “Le Orme”. orme5La formazione veneta (il primo nucleo della band si formò a Marghera), è stata la prima a creare, innovare e introdurre nel panorama musicale italiano un genere specifico, il rock progressive. Il nucleo originale composto da Aldo Tagliapietra, dal chitarrista Nino Smeraldi, dal bassista Claudio Galieti, e il batterista Marino Rebeschini, subirà numerose modifiche. Infatti dopo le prime incisioni (come “Fiori e colori”- Flowers and Color ) Rebeschini lasciò il gruppo. Subentrò un altro grande protagonista: Michi Dei Rossi, a lungo batterista del gruppo. Nel 1968 Le Orme iniziano a farsi conoscere al grande pubblico partecipando al concorso canoro “Un Disco per l’Estate” con il brano “Senti l’estate che torna”. Per l’occasione entra in gruppo il tastierista Tony Pagliuca (provenienti dai disciolti Hopopi). Seguì il poco fortunato album “Ad Gloriam”. orme2Si esibiranno più volte anche nel noto “Piper” di Roma. Abbandonata subito la sfera beat, Le Orme si gettano a capofitto sul genere “Prog” che dall’Inghilterra sta per travolgere anche l’Italia. Andrà via anche Smeraldi e Pagliuca avrà l’intuizione giusta: fare un viaggio a Londra per conoscere fino in fondo l’evoluzione del genere Progressive. Sarà un’esperienza decisiva. Le Orme vengono in contatto con band quali Quatermass, The Nice, Yes, e Emerson, Lake & Palmer. Tornato in Italia inizierà così a sperimentare e sviluppare nuovi linguaggi musicali. Nel 1971 esce l’album “Collage” caratterizzato dall’uso intenso delle tastiere. Tra le peculiarità che balzano subito all’attenzione di pubblico e critica c’è anche il trattare argomenti tabù o di forte impatto sociale come la prostituzione e la droga. Emblematici in tal senso sono i brani Era inverno e Morte di un fiore. orme7Nel 1972 esce l’album “Uomo di pezza”, uno dei dischi di maggior successo della band, con il quale non a caso riceveranno il loro primo “Disco d’oro”, grazie soprattutto al brano “Gioco di bimba” che narra la storia di un abuso sessuale di una ragazzina. Alla tematica molto delicata e grave fa da contraltare una melodia dolce e fiabesca. Nel 1973 esce un altro capolavoro: “Felona e Sonora”. Questo album, che valse al gruppo il secondo “Disco d’oro”, orme1è considerato indiscutibilmente la pietra miliare del rock progressivo italiano. Un concept album che ebbe successo anche all’estero. Infatti una versione in inglese, con testi di Peter Hammill, fu pubblicata nello stesso anno dall’importantissima etichetta discografica Charisma, con la quale pubblicavano giganti del rock progressivo come i Van der Graaf Generator o i Genesis. orme6Il disco ebbe un certo riscontro nel mercato inglese, e Le Orme arrivarono così al loro primo tour nel Regno Unito, suonando tra l’altro al celebre Marquee Club. Nel 1974 esce l’album “Contrappunti”, molto classicheggiante e curato. Nel 1975 fa l’ingresso nel gruppo il chitarrista Tolo Marton e nello stesso anno a Los Angeles viene inciso l’album “Smogmagica” che contiene tra l’altro il celebre e fortunato brano “Amico di ieri”. Nel 1976 a Marton subentra l’appena diciannovenne Germano Serafin. Nello stesso anno Le Orme partecipano al “Festival Bar” con “Canzone d’amore” orme3orme4che ebbe un grande successo sfiorando la vetta della Hit Parade. Esce inoltre l’album “Verità nascoste” trascinato dal singolo “Regina al Troubadour”. La favola felice della band stava però per concludersi. Con gli anni ’80 la musica elettronica e la disco presero il sopravvento. Il “declino” sembrava inarrestabile ma Le Orme hanno saputo ritagliarsi comunque una “nicchia” costante nel panorama musicale grazie a pubblicazioni di raccolte, nuovi album fedeli al loro repertorio, tour nazionali e internazionali di grande successo, nonché numerose collaborazioni artistiche. Negli anni ’90 e 2000 poi non sono mancate occasioni per un ritorno alla ribalta del genere “progressive”.orme8 Anzi proprio negli ultimi tempi tale genere sembra aver trovato una nuova linfa. Brani come “Amico di ieri”, “Cemento Armato”, “Sguardo verso il cielo” ecc. sono capolavori assoluti della musica frutto di una sperimentazione forse senza precedenti nella storia della musica italiana. Probabilmente, per generare nuove emozioni, bisognerebbe tornare proprio a “sperimentare” fuori dai canoni e dagli schemi convenzionali propinati dalle tv commerciali e dai talent show. Bisognerebbe seguire le orme (d’obbligo il gioco di parole) di questi grandi musicisti. Ne gioverebbe la musica tutta. E anche noi.

Trio Zacapa, come innamorarsi della ‘fusion’…….

Atmosfera unica per un trio unico. Uno spettacolo sublime quello della “Zacapa Fusion Band” andato in scena ieri sera, 6 dicembre, e che proseguirà anche stasera e domani sera 8 dicembre, presso l’incantevole scenario del borgo di Caserta Vecchia nell’ambito della rassegna “BorgoNatale”. Migliore location non poteva essere scelta dalla formazione composta da Michele Leone, al piano e synth, Salvatore Cavalieri al basso elettrico e Paolo Falco alla batteria (componenti del trio base Zacapa) con la partecipazione di Max Light al sax e Marcello Della Valle alle percussioni, che hanno letteralmente deliziato il pubblico presente ieri sera con l’affascinante e coinvolgente genere “fusion”. Lo spettacolo “Zacapa Fusion Band …. in a Friendly Jam Session”, iniziato alle ore 19:30 e proseguito fino a tarda sera, ha incantato i presenti, i quali hanno potuto godere anche di straordinarie prelibatezze enogastronomiche locali, e tra queste la birra artigianale prodotta da “Formazione Solidale”.zacapa 3 Lo stile musicale “fusion”, detto anche jazz-rock, nasce tra la fine degli ‘60 e primi anni ’70 ed è caratterizzato dalla combinazione di elementi jazz, rock e funk. Agli elementi tipici del jazz si unisce una strumentazione tipicamente rock, dove le tastiere e la strumentazione elettronica hanno un ruolo fondamentale nel determinare il suono. La contaminazione vede gli elementi funk sostituire in gran parte gli accompagnamenti jazz, rendendo di fatto le esecuzioni più vicine al pop che al jazz. Miles Davis, i Weather Report di Wayne Shorter sono alcuni degli esponenti internazionali del genere, mentre in Italia, tra i gruppi, spiccano gli Area, i Perigeo e i Napoli Centrale. Proprio a questo repertorio si ispira il trio Zacapa (Weather Report, Spyro Gyra, Chick Corea, Herbie Hancock, Bob Berg) che ovviamente personalizza i brani con propri peculiari arrangiamenti. zacapa 2La nascita del Trio Zacapa è spiegata dal Prof. Michele Leone: “Esso fonda le sue radici su due elementi essenziali: un’antica amicizia che lega i suoi componenti e l’amore assoluto per la musica, in particolare appunto per il genere fusion”. Il Trio Zacapa si presenta attualmente sullo scenario musicale provinciale e non come una delle principali novità di “spessore”. La qualità artistica è elevatissima e rompe gli schemi consolidati avvicinando il pubblico a generi troppo spesso considerati solo di “nicchia” o troppo “intellettuali”. Non solo il pubblico, anche la musica stessa ringrazia per questo il Trio Zacapa.

Rolling Stones, una lunga storia … ben oltre il rock

A vederli ancora sul palco suonare con una energia e una grinta pari a quella dei tempi d’oro si potrebbe pensare che in realtà siano i loro “Avatar” e invece sono proprio loro: i “Rolling Stones”. Giustamente qualcuno li ha definiti non la “storia” del rock, semplicemente “il Rock”. stones5Quello vero, quello che ti prende nelle viscere dandoti una carica vitale incredibile, motore delle istanze e anche delle illusioni di generazioni e generazioni. In questi giorni è in uscita l’ennesima raccolta dell’immenso lavoro discografico di Jagger e soci. Un cofanetto che ripercorre la lunghissima carriera artistica di una delle band (la Band per eccellenza) più amate di sempre. Il contraltare “ribelle” e senza regole dei Beatles, definiti sin dalle origini “brutti, sporchi e cattivi”, composto da Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts ha fatto la storia della musica rock con le sue preziose venature blues e “jazz skiffle” (da giovanissimi gli Stones suonavano solo il repertorio di Chuck Berry e si chiamavano “The Little Blue Boy And The Blue Boys”). stones3Il legame con il “rhythm and blues” è evidenziato anche successivamente quando sarà scelto il nome definitivo della band: ‘Rolling Stones’ infatti è il titolo di un celebre brano di Muddy Waters. L’esordio ufficiale delle “pietre rotolanti” avviene nel 1962 ed è subito un successo travolgente. Ma la consacrazione arriva con il brano “(I can’t get no) Satisfaction”: un vero e proprio inno per le giovani generazioni (e anche per quelle future). Agli albori delle contestazioni giovanili (il ’68 era alle porte), gli Stones incarnano lo spirito che pervade i giovani di tutto il mondo che invocano pace, amore, giustizia, rivendicando una nuova società. stones 2Tante speranze ben presto disattese con la guerra del Vietnam e con una società sempre più capitalista e consumista. Musicalmente i Rolling Stones si caratterizzano subito per un sound molto particolare basato sulla cosiddetta “guitar weaving”, ossia l’intreccio contemporaneo di chitarra ritmica e solista (tale tecnica era detta Chicago style, dai grandi bluesman anni ’50 originari di quella città). Da “Out of Our Heads”, passando per “Between the Buttons”, “Beggars banquet”, “Let it Bleed”, “Sticky Fingers”, “Black and Blue”, fino a “Emotional Rescue”, “Undercover”, “Steel weels” e “A Bigger Bang”, sono solo alcuni degli album prodotti dagli Stones nella loro incredibile e longeva carriera. Se si escludono gli ultimo decenni che evidentemente hanno visto il gruppo abbandonarsi alle categoriche logiche delle case discografiche, pur mantenendo comunque intatte molte caratteristiche, gli Stones vantano oltre 50 anni di attività, tutti incarnati in the-rolling-stones-Mick Jagger l’indiscusso simbolo e punto di riferimento, insieme alla nota “linguaccia”, divenuta icona modiale (oggi fin troppo commerciale) dei teenager. Hanno attraversato la storia della musica e dell’umanità come nessun altra formazione musicale, non senza problemi e periodi negativi (la morte di Brian Jones e la crisi di ispirazione di metà anni ’70 sono le punte più negative), conservando sempre intatta la loro forza. stones 4Eccessi, vizi, mondanità sfrenata, certo, ma rock ineguagliabile. Folle oceaniche ai concerti, veri eventi collettivi. Sarà forse per quella nota “Sympathy for teh Devil” che si spiega la loro longevità? Spesso gli Stones ci scherzano su ma non è certo un patto col diavolo il loro segreto: è semplicemente il rock che è vita, energia inesauribile.

MEV, il jazz come non l’avete mai ascoltato

Continua a far parlare di sé il trio jazz MEV, acronimo composto dalle iniziali dei nomi dei componenti: Michele Zannini, abilissimo chitarrista jazz di impronta essenzialmente moderna, Emidio Petringa,  percussionista e batterista che vanta collaborazioni con importanti musicisti dell’area mediterranea tra cui Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello, Pietra Montecorvino, M’Barka Ben Taleb, e il contrabbassista Valerio Mola, vero e proprio trait d’union tra i temperamenti artistici e umani degli altri due componenti. Tre artisti, tre anime con differenti radici ed esperienze musicali che vantano anche una straordinaria collaborazione con Erasmo Petringa (a quest’ultimo, eclettico polistrumentista, l’emittente televisiva araba Al Jazeera ha dedicato un documentario essendo anche un virtuoso dell’Oud, antico strumento tipico della musica e della cultura araba, strumento dal quale è poi derivato in Occidente il “Liuto”). Un mix incredibile che da vita ai MEV che dopo l’uscita del loro primo album “Contromano” hanno visto crescere costantemente il successo di critica e di pubblico. L’album è uscito a giugno 2013 con l’etichetta milanese Blu&BLU Music ed è stato già presentato al Jazzitfest2014 ( il trio lo scorso giugno ha partecipato anche all’edizione 2015), Roccajazz 2014, Oktober Jazz Festival 2014, Felona e Sonora 2014, Palazzo Venezia a Napoli, Palazzo Simone e Palazzo Fusco-Rossi di Benevento,alla Festa europea della musica nel 2013, alla Casa delle Arti di Fondi e al Festival delle Arti di Frosinone. Insomma un curriculum già di tutto rispetto senza dimenticare i “live”. Il contatto con il pubblico infatti resta la priorità del trio che si esibisce nei principali MEV 2locali della penisola. I fan ed i critici attenti apprezzano in particolare le peculiarità del loro stile. Il sound è ricercato ed originale contraddistinto dall’alternanza di una vena rock e ritmi dispari ed etnici che fondono il jazz moderno con le atmosfere tipicamente mediterranee. I MEV si esibiranno giovedì 26 novembre presso il Birstrot di Montesarchio (Benevento), ennesima esibizione dal vivo del trio che ha il grande merito di avvicinare tantissimi giovani e meno giovani ad un genere musicale spesso considerato troppo ostico dal pubblico. Per info sui loro progetti, iniziative e concerti è consultabile la pagina Facebook “Mev trio”. E’ possibile inoltre ascoltare le tracce del loro album sul canale youtube al seguente link http://www.youtube.com/watch?v=7bF-WjTkthg

Nomadi, “due sedicenni” che hanno fatto la storia della musica italiana

Un mito inossidabile e intramontabile, sempre fedele a se stesso e al proprio pubblico. La storia dei “Nomadi” è la storia della musica italiana. Nel segno di questa tradizione è uscita, lo scorso 20 novembre, l’ultima raccolta dei più grandi successi della formazione emiliana che ha visto in Augusto Daolio e Beppe Carletti i suoi fondatori. Del nucleo storico della band è rimasto il solo Carletti impegnato in questi giorni a pubblicizzare “Il sogno di due sedicenni è diventato realtà”, titolo della corposa raccolta che ripercorre la storia entusiasmante del gruppo fondato nel 1963, anno nel quale i due miticiFOTO NOMADI fondatori avevano appunto 16 anni. Oltre 50 anni di musica ed emozioni ( I Nomadi sono il secondo gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones !) che hanno fatto sognare generazioni e generazioni di italiani. Mai banali né scontati, i Nomadi hanno saputo attraversare i tanti cambiamenti dello scenario musicale nazionale e internazionale senza mai mutare per inseguire i gusti del pubblico o i diktat dell’industria discografica. I Nomadi sono i Nomadi. Punto. Questa fedeltà è stata ed è incredibilmente ricambiata da un pubblico affezionatissimo e assolutamente trasversale con diverse generazioni che si fanno coinvolgere dalle musiche e dalle parole delle canzoni “sempreverdi” della band emiliana. Una voce su tutte, lui, il leader storico, l’anima ed essenza dei Nomadi: Augusto Daolio. Scomparso troppo presto nel 1992 (tanto ancora avrebbe potuto dare alla musica e al suo pubblico ladaolio sua straordinaria voce, corroborata da un grandissimo carisma) è stato il simbolo non solo di una band ma di un’epoca d’oro per la musica italiana. Nonostante il grave lutto, i Nomadi hanno saputo anche attraversare indenni alcuni “cambiamenti”. Danilo Sacco per anni è riuscito in qualche modo a “ricordare” la voce di Augusto tenendo vivo (grazie anche a brani ed arrangiamenti più moderni) il mito dei Nomadi e facendolo apprezzaredanilo-sacco-nomadi ancora di più alle nuove generazioni. Dai brani scritti per loro da Guccini (“Dio è Morto”, “Noi non ci saremo”, “Canzone per un’amica”, ecc.), passando per “Un pugno di sabbia”, “Crescerai”, “Un giorno insieme”, “C’è un Re”, “Ma che film la vita”, e tante altre “perle” fino al vero e proprio inno di “Io Vagabondo”, canzone simbolo dei Nomadi. “Eravamo ragazzini ed avevamo un sogno: suonare, fare musica. E lo abbiamo realizzato. – confessa Beppe Carletti in una serie di interviste rilasciate in questi giorni su vari network – Abbiamo vissuto un’epoca di grande libertà, un’epoca d’oro della musica e non abbiamo mai perso la nostra essenza. Il mio legame con Augusto è stato profondo. Ho avuto l’onore di trascorrere oltre 30 anni insieme ad un uomo unico, eccezionale, con un timbro vocale straordinario. Ed è per questo che cerco di ricordarlo e farlo conoscere alle nuove generazioni”. E proprio ai ragazzi Carletti dice: “Ai giovani che vogliono fare musica dico di essere spensierati e di non inseguire il successo nomadi 3a tutti i costi. Non suonate per ambizione ma per divertimento, se poi viene anche il successo bene, ma l’importante è stare insieme”. I Nomadi proseguono intanto il loro tour, praticamente perenne, che li porterà a dicembre in Svizzera per una serie di tappe e poi da gennaio (precisamente il 25) nuovamente in Italia con un concerto a Napoli per poi toccare tante altre località della penisola. Un tour assolutamente da non perdere. Per ulteriori info è possibile contattare il sito internet www.nomadi.it

Sudway, note e colori musicali del sud del mondo

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Il progetto musicale Sudway, ideato e diretto da Gino Lauro (voce/chitarre/tastiere/percussioni) e Daniel Martino (basso/percussioni/drums digital), ripercorre, con uno studio approfondito di suoni e ritmi, i colori musicali dei paesi del sud del Mondo, ma anche del sud Italia. Sudway, che tradotto dall’inglese vuol dire le vie del sud, è un viaggio musicale che spazia dal reggae allo ska, dal funk al blues, dal rock al pop immergendo il pubblico in una calda atmosfera fatta di canti, balli e ritmi travolgenti che sono adatti ad ogni tipo di location: locali, piazze, borghi medioevali, manifestazioni e festival, anche a sfondo culturale. Tra gli artisti internazionali interpretati con arrangiamenti del tutto singolari, si ricordano: Manu Chao, Bob Marley, Ben Harper, Bob Dylan, John Lennon, The Eagles e tanti altri. Tra quelli italiani: Negrita, Giuliano Palma, Franco Battiato, Pino Daniele, Eugenio Bennato, Enzo Avitabile, Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini, Ivano Fossati e Rino Gaetano.
Per info e contatti
Facebook: Sudway
Telefono: 3291879355
 
Andrea De Luca
Foto di Giuseppe Paolisso

 

Al via il tour autunnale dei Marilù

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I Marilù, una delle band rockabilly più interessanti del momento, si apprestano ad iniziare la sessione autunnale del tour ‘Cinderella Rock’, ultimo progetto discografico del gruppo siciliano che contiene il singolo ‘Jenny’. Queste le date del tour: 27 novembre a Pietramelara (CE), al Cafè Retro; 28 novembre all’Afterlife live club di Perugia; 29 novembre allo Showroom Padova; 3 dicembre a Ferrara, all’America Graffiti; 4 dicembre a Milano, al BQ De Nótt; 5 dicembre al Lattepiulive di Brescia; 6 dicembre a Torino, alla Discoteca Chalet; 7 dicembre al New Age club di Treviso. All’orizzonte anche qualche anticipazione del tour invernale, con un’apparizione live a Parigi, al Le Bus Palladium, giovedì 15 gennaio 2015. I Marilù, dal 2012, hanno eseguito un migliaio di live sui palcoscenici più prestigiosi d’Italia e d’Europa, con musicisti del calibro di Duane Eddy (al Summer Jamboree di Senigallia) e Reverend Horton Heat (al Custom Party 2013, ad Atessa) e in jam session con il rapper Frankie Hi-Nrg Mc. Il disco ‘Cinderella Rock’ prodotto dall’eccellente etichetta indipendente Muddy Waters Musica, contiene undici brani – di cui otto inediti – che raccontano di un viaggio alla ricerca di Marilù. Registrato e mixato da Aldo Giordano presso i Rec Studio nel settembre 2013 e masterizzato da Toby Mountain (Beach Boys, David Bowie) presso i NorthEasternDigital, Southboro (MA – USA) nell’ottobre 2013, il disco è disponibile su Spotify e iTunes. La formazione dei Marilù è composta da Marco Gioè (già membro degli Shotgun e dei Ballroom Kings) alla voce e alla chitarra, Andrea Amico (che ha suonato coi Go Getters e Dale Rocka & the Volcanoes, co-autore di Storie all’ombra dei grattacieli, in studio con Cesare Basile) al contrabbasso, e Salvo Montante (che ha suonato, tra gli altri, con Eugenio Finardi e Tricarico) alla batteria. E’ doverosa, inoltre, qualche nota sull’etichetta indipendente Muddy Waters Musica: produce e segue progetti musicali, per portarli in giro e parlarne. Fabrizio Bosso, Maurizio Giammarco, Dario Deidda, Nobraino, A toys Orchestra, Iotatola e Nikolas Metaxas sono solo alcuni degli artisti con i quali l’etichetta MWM ha collaborato artisticamente o organizzato concerti. Proprio la band rockabilly siciliana dei Marilù sono come dei figli per la Muddy Waters Musica, che si è presa cura di loro sotto ogni aspetto. E i risultati ottenuti riempiono d’orgoglio entrambi i progetti. Progettazione integrata, registrazione e ottimizzazione, booking, ufficio stampa e diffusione sui maggiori canali social: ecco come lavora la Muddy Waters Musica. Una difficile e appassionante sfida che l’etichetta affronta al meglio, con costanza e competenza tecnica, ma soprattutto con il cuore.