Il tuo carrello

Quando l’Apple era in Italia e gli Apple Store Italiani

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Olivetti, azienda fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, azienda che è stata una delle aziende più importanti al mondo nel campo delle macchine per scrivere, da calcolo e dell’elettronica. Un’azienda che nel 1965 (quindi quasi 10 anni prima di Jobs) aveva pensato il primo personal computer, una rivoluzione per la società di allora, il famoso P101, Programma 101,

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nato dalla mente dell’ingegnere Pier Giorgio Perrotto. Oltre che ad avere un disegno avveniristico, la P101 è stato il primo calcolatore commerciale ad essere digitale e programmabile, piccolo ed economico: il primo personal computer. Proprio in virtù di quel primato la HP ne comprò un centinaio di esemplari per poi uscire, in seguito, con un computer uguale. Per questo motivo, la celebre casa americana dovette risarcire 900 mila dollari all’azienda di Ivrea.

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Ricapitolando, avevamo le idee, avevamo il “know how”, avevamo la tecnologia ed eravamo 10 anni avanti agli americani. Ma la cosa più straordinaria era che, come poi ha fatto la Apple 20 anni dopo, l’Olivetti non faceva solo prodotti funzionali e sempre più indispensabili per le aziende, realizzava anche prodotti “belli” che venivano proposti in una chiave nuova, sotto la luce dell’ “italian design” che da sempre contraddistingue il Bel Paese. Ho scritto questa breve riflessione guardando alcune foto di quel periodo, guardando le vetrine, gli espositori, le luci e come venivano presentati i prodotti, che sono molto molto vicine a quelle degli odierni “store” della casa di Cupertino, con il piccolo dettaglio che sono stati realizzati con quaranta (!) anni d’anticipo.

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Purtroppo, poi, dopo una travolgente escalation di grandi idee, arriva alla guida dell’azienda, De Benedetti, un finanziere, uno che pensava a risanare e far soldi, uno a cui interessavano il valore in borsa e non gli investimenti sulla tecnologia e, pian piano, ha svenduto, svilito, depauperato, il VANTAGGIO enorme TECNOLOGICO che la casa di Ivrea aveva nei confronti del resto del mondo. Un vantaggio di immagine, di idee e di tecnologia, un vantaggio buttato nel cassonetto in cambio di un po’ di ricchezza. Quanta commiserazione per questi italiani privi di amor proprio, quanto dovremmo biasimare il sistema non MERITOCRATICO italiano che ha messo al vertice di grandi aziende persone che, quantomeno, e voglio essere buono, non erano all’altezza del loro compito.

Ma ora è così, ci siamo fatti rubare stile, idee e tecnologia, e ci siamo fatti colonizzare, anche con PC e telefoni.

Tuttavia, è bene ricordarlo, in un tempo lontano, ma non tantissimo, gli “Apple” store, erano quelli italiani della Olivetti.

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Credits: Foto del “Negozio Olivetti” di Venezia.

Articolo tratto da http://www.thomasscalera.it

Società Borderline, cosa resta della caduta del Muro

Tra ideologie di libertà, speranze di cambiamento, odore di unificazione e sapore di insegnamento, 26 anni fa “la striscia della morte” si sgretolava a picconate di nobili sogni di uomini, giovani, feriti ma vittoriosi. Non una semplice riunione fisica tra le due Germanie ma marcia di un popolo alla riconquista della propria identità. Leitmotiv degli anni ’90: globalizzazione, un mondo senza muri, idea hippie di un “villaggio globale”. Di per sè il processo di globalizzazione è un fatto culturalmente accettabile, anzi, per alcuni aspetti, auspicabile, se solo si pensa agli enormi benefici che si potrebbero ricavare da un’equa ridistribuzione delle risorse. Purtroppo, al di là delle belle affermazioni di principio, esiste una realtà molto diversa fatta di prevaricazione da parte di Paesi “sviluppati” a danno dei Paesi “sottosviluppati”, costretti a nuove forme di colonialismo e di sfruttamento in nome di un progresso di cui potranno raccogliere, al più, le briciole. La storia dell’umanità è un susseguirsi di guerre, estenuanti lotte di popoli su altri popoli, o, per meglio dire, di uomini ambiziosi su altri uomini potenti.

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E nonostante l’antico adagio che “la storia è maestra di vita”, gli uomini continuano a commettere gli stessi, clamorosi, errori. Società schizofrenica la nostra: da un lato si spendono fiumi di parole per la coesistenza pacifica fra i popoli, dall’altro non si riesce a giungere al disarmo completo, mentre si è capaci di litigare anche soltanto per la scelta della sede di una conferenza internazionale di pace; proliferano i focolai di guerra e le spinte etnico-indipendentistiche mentre nelle nazioni più “evolute” risorgono pericolosamente i movimenti razzisti e neo-nazisti. Cosa resta di quel 9 novembre 1989? In Italia resta la festa del “Giorno della Libertà”, indetta, con la legge n. 61/2005, solennizzante i valori della democrazia e libertà, la democrazia di un popolo che non sceglie neanche i propri rappresentanti, ma che si arroga il diritto di insegnare questo ideale a chi non lo conosce; libertà di un Paese in cui ancora esiste la censura ma la chiamano “diffamazione”. Nel resto del mondo restano bambini buttati in mare, altri che imbracciano un fucile regalatogli dai Potenti, altri che mangiano dalle discariche dei Civili. Una domanda sorge spontanea: Il Muro è caduto?

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Il bimbo morto in mare e i trenta euro agli immigrati

 
Fa il giro del mondo l’immagine del cadavere del bimbo morto con il volto piantato nell’arena di una delle spiagge e subito si alza l’eco del moralismo. E allora ti ricordi la voce del Colonnello Kurz “Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere “cazzo” sui loro aerei perché è osceno.”. Quando questioni come queste vengono sollevate ti rendi conto di appartenere ad una massa di ignoranti. Un popolo che ogni giorno espone nei luoghi di culto, negli uffici e finanche nelle scuole l’immagine di un uomo brutalmente inchiodato ad una croce di legno si indigna davanti ad un innocente bambino lasciato morire in un mare di burocrazia ed interessi economici che lui non poteva neanche immaginare. Certo l’immagine di Cristo è la Rivelazione assoluta che un uomo può anche morire ma le sue idee restano intatte a distanza di millenni. E cosa significherà da domani l’immagine di quel bambino morto? Qualcuno è pronto a scommettere in un cambiamento di rotta da parte della Germania verso i profughi. Ebbene, il Primo Ministro Merkel ha appena fatto sapere che il suo paese ospiterà volentieri gli esuli, che siano però provenienti dalla Siria. Quanto cuore. Finalmente anche la fredda donna che tiene in mano le redini dell’Europa dimostra di avere un cuore. Strano però, che dei poveri africani se ne debbano occupare le malmesse Italia e Grecia, mentre dei siriani no. Come mai? Forse perché loro non sono poveri. Sono solo persone che fuggono da una guerra civile, che hanno raccolto tutti i loro averi e che stanno andando via. Che differenza c’è tra un africano e un siriano? In realtà nessuna, se non che il secondo porta con sé i propri soldi mentre il primo ha dato tutto quello che ha allo scafista di turno. E certo sulla politica in merito agli immigrati c’è ancora tanto da dire, ma alcune precisazioni vanno fatte: quando la prima volta ho sentito dire che ogni immigrato prendeva 30 euro al giorno un po’ mi sono indignato. Poi, a differenza di tanti miei connazionali, mi sono documentato e ho scoperto che quella cifra sarebbe la massima diaria giornaliera prevista – dopo pubblica asta al ribasso – per i centri di prima accoglienza (C.A.R.A. – centro di accoglienza per richiedenti asilo), le cooperative sociali che si occupano dell’assistenza di base per i profughi (vitto, alloggio ed assistenza sanitaria). Quindi ricapitolando i 900 euro sarebbero la cifra massima non per i migranti ma per le cooperative. Ogni richiedente asilo ha a disposizione 2 euro e 50 centesimi al giorno, 75 al mese.

Si dice richiedenti asilo per dire cosa? La normativa stabilisce che i profughi rimangano nel centro di accoglienza per una ventina giorni se non identificati, e fino ad un massimo di 6 mesi per i migranti a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiati (spesso però il termine dei 6 mesi viene prorogato, a causa di difficoltà burocratiche ed organizzative, non di certo per volontà dei rifugiati). Una volta ottenuto lo status di rifugiati l’80% di loro lascia l’Italia per approdare altrove in cerca di fortuna. Restano però da dare a questi malandrini delle cooperative 900 euro al mese Va però detto che quei fondi provengono dall’Unione Europea. La domanda che sorge spontanea a questo punto è: ma quei soldi non potremmo assegnarli ai nostri cittadini bisognosi (certo perché è ovvio che un italiano bisognoso è più importante di un negro bisognoso)? I fondi che arrivano per l’immigrazione sono vincolati all’immigrazione, e non possono essere spostati in un altro capitolo di spesa. Anche se, a parer mio un paio di precisazioni in tal senso vanno fatte. Fino a che si continuerà a lavorare in Italia con la gestione dell’immigrazione come un’emergenza continua è difficile essere onesti. Ma chi trae vantaggio dalle emergenze? Chi sa bene che in uno stato di normalità le deroghe nelle gare di appalto non potrebbero mai avvenire e allora ci sarebbero da rivedere le tassazioni alle cooperative, la selezione del personale e la capacità reale di accoglienza.
Ora continuate pure a gridare allo scandalo della foto da pubblicare o meno. Continuate pure a pensare che quel bimbo non è vostro figlio, non è vostro nipote. Rivolgetevi al vostro crocifisso e copritelo: mi sembra immorale che lo guardiate ancora.

Quando il perseguitato diventa persecutore. Gli ANTIFASCISTI inquisitori del terzo millenio

Corsi e ricorsi storici. La Storia si ripete sempre: il perseguitato diventa sempre persecutore. L’esempio più eclatante della Storia fu quello dei cristiani che vennero perseguitati dai romani ma poi divennero persecutori di pagani ed eretici. Oggi in Italia abbiamo un altro esempio di persecutori ex perseguitati. Anche loro hanno un loro Tribunale dell’Inquisizione. E’ un Tribunale invisibile ma che c’è, esiste e faremo degli esempi. Stiamo parlando degli antifascisti. Sia chiaro, non vogliamo in questo articolo difendere il regime fascista. Chi scrive ha avuto modo di approfondire con studi personali e universitari la Storia del Fascismo ed esprime una netta condanna su quel fenomeno. Non si vuole in questo articolo mettere in secondo piano l’antifascismo storico, quello del ventennio, il coraggio di Gramsci o di Matteotti.  Qui ci vogliamo occupare dell’antifascismo del terzo millennio che ci appare anacronistico e sopratutto pericoloso. Pericoloso perchè colpisce la cultura. Un esempio riguarda la cinematografia. Il celebre capolavoro di Spike Lee, “Miracolo a S.Anna”, fu oggetto di contestazioni da parte dell’ANPI e degli antifascisti perchè metteva in cattiva luce la figura dei partigiani. Secondo queste persone il film non doveva essere proiettato in Italia. Un altro film che ha suscitato polemiche è stato “Il segreto d’Italia”. Il film tratta di alcune stragi (accertate) compiute dai partigiani nel Nord Italia. Il regista si è dovuto subire un fiume di insulti dai soliti inquisitori e la sua opera è stata boicottata dalle sale cinematografiche. Ma l’antifascismo ha colpito anche il teatro. Non molto tempo fa Simone Cristicchi ha messo in scena un’opera che riguarda le foibe. Durante la messa in scena un gruppo di antifascisti ha fatto irruzione nel teatro impedendo la prosecuzione dello spettacolo. Non si può parlare di partigiani e non si può parlare di foibe. Anche i libri sono stati presi di mira. Il celebre libro “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa ha messo in luce tutti i crimini commessi dai partigiani anche a guerra finita. Anche in questo caso gli antifascisti sono intervenuti durante la presentazione del libro contestando l’autore, colpevole non si sa di cosa. Sembra un clima da caccia alle streghe, il prossimo passo potrebbe essere il falò di libri nelle piazze in stile Germania nazista. Per non parlare dell’antifascismo squadrista. Contro queste persone andrebbe applicata la Legge Scelba in quanto di fatto mettono in atto metodi del fascismo. Basta farsi un giro in mezzo Napoli e vedere le scritte sui muri che inneggiano alle foibe o ai gulag. Basta pensare ai tanti casi di aggressione, di incendio di librerie, di bombe carte contro le sezioni, di minacce contro avversari politici che fanno gli antifascisti militanti. Sia chiaro, anche i neofascisti si macchiano di questi crimini, ma si sa la mamma dei cretini è sempre incinta. Quello di cui mi stupisco è che le azioni squadriste degli antifascisti non fanno notizia, non sono trattate dalla stampa o non sono condannate dai democratici. Anzi addirittura c’è chi considera queste azioni di violenza come un giusto rimedio per difendere l’ordine costituito. Insomma lo stesso ragionamento che faceva Farinacci però con un colore politico diverso. Sembra proprio che si è perso il controllo della situazione. Per non parlare del loro razzismo intellettuale. Per queste persone chi non la pensa come loro è un omofobo o un razzista. Attendiamo il prossimo film, spettacolo teatrale o libro contestato perchè non è conforme al loro pensiero. Altro che antifascisti, nei modi e nei fatti questi sembrano i fascisti del terzo millennio.

Il Controllo è Potere e il Potere è controllo. Il capitano Ultimo estromesso dalle indagini che contano

4 Agosto 2015: una lettera firmata da Tullio Del Sette, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, solleva dagli incarichi operativi e di polizia giudiziaria il colonnello e vice comandante del NOE (Nucleo Operativo Ecologico) Sergio De Caprio, meglio noto alle cronache come Ultimo.

Ma procediamo con ordine. Chi è Ultimo? È l’ufficiale dei Carabinieri che il 15 Gennaio 1993, quando era a capo del CRIMOR (unità militare combattente), arrestò Salvatore Riina, il Capo dei Capi, e diede la caccia ad altri pericolosi latitanti. A seguito di scontri con i superiori e del processo a suo carico per la mancata perquisizione del covo di Riina a seguito della cattura, conclusosi con l’assolvimento da parte della Procura di Palermo perché “il fatto non costituisce reato”, ottiene il trasferimento al NOE. Quindi perché esimerlo dai compiti operativi? Durante la sua permanenza al Nucleo Operativo Ecologico le operazioni capeggiate da Ultimo hanno portato ad indagini e arresti sorprendenti come quelle riguardanti: Francesco Belsito, per gli investimenti della Lega Nord in Tanzania; di Giuseppe Orsi, per le tangenti che sarebbero state pagate per la vendita di 12 elicotteri al governo indiano; Roberto Maroni, presidente della regione Lombardi, accusato di abuso d’ufficio per aver truccato un concorso pubblico. Da ultimo le indagini sulla CPL Concordia, cooperativa di produzione, gestione e distribuzione di sistemi energetici; nell’inchiesta emergono due particolari intercettazioni, pubblicate il 10 Luglio dal Fatto Quotidiano; la prima tra il premier Renzi ed il Generale della GdF Adinolfi, datata 11 Gennaio 2014, in cui l’allora leader del PD dichiarava le intenzioni di soffiare a Letta la poltrona di Palazzo Chigi; la seconda, datata 5 Febbraio 2014, vede protagonisti lo stesso Adinolfi, Nardella (vicesindaco di Firenze) e Fortunato (ex capo gabinetto di Giulio Tremonti), in cui si faceva riferimento ai ricatti possibili al Presidente della Repubblica Napolitano sulle attività e conflitti di interessi del figlio. Il motivo per cui il collonnello De Caprio è stato sollevato dai suoi compiti? A detta di chi ha preso la decisione cambiamento strategico dell’organizzazione dei reparti.

A questo punto le conclusioni potrebbe trarle il lettore attento, facilmente.

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La Capitale fa l’inchino all’ottavo Re di Rom

Come Casamonica si è guadagnato il Paradiso

Deve essere andata più o meno così: Vittorio Casamonica e suo figlio sono uno accanto all’altro. Vittorio è anziano ma lucidissimo e soprattutto è un uomo intelligente. Ha voluto lasciare la clinica dove era ricoverato perché uno come lui sa bene che questa volta non riuscirà a cavarsela. In certi ambienti nulla è lasciato al caso; neanche la morte. Quante volte Vittorio Casamonica si sarà chiesto come portare con sé un po’ di quell’immenso tesoro acquisito tra armi, droga, estorsioni, rapimenti, omicidi, occultamenti, gare d’appalto, immigrati, puttane. Ma nulla. Dall’altra parte proprio nulla, se non l’opportunità di poter lasciare la propria eredità. Ma torniamo indietro di quarant’anni: è troppo importante sapere cosa è accaduto prima per comprendere il quadro completo. 
Quando aveva lasciato l’Abruzzo non avrebbe mai immaginato una tale crescita. All’inizio ci si doveva difendere dai vecchi rom che stavano nella capitale, poi arrivò il momento giusto, l’adrenalina saliva a mille e con la paura nel cuore si preparava un attacco che li avrebbe decimati e resi innocui a lungo. Poi fu la volta dei vecchi romanacci, bravi ragazzi, ma per nulla organizzati. È bastato farne fuori pochi e assoldarne altri per tenere in mano un pezzo di Roma. Ogni volta lo sapeva bene di rischiare la vita. Ma, spavaldo e spudorato, con un po’ di intelligenza, sapeva che poteva cavarsela. Fu dura anche quando si doveva trattare con quelli della Banda della Magliana, loro avevano fatto irruzione nella malavita di Roma con il metodo mafioso e, soprattutto, appoggiati dallo Stato. Non bastava più lo slang rom. Era necessario avere quelle palle di cui gli raccontavano i vecchi nel campo rom in Abruzzo. Poi, man mano che quelli venivano presi o ammazzati, era necessario guardarsi le spalle e avere una squadra. Ma ormai il suo popolo credeva in lui. Anche quelli “articolo gabbio” stavano zitti. Lui era molto più che un boss: era il Re. Dopo i sette re c’era lui. Conquistatore e uomo di potere. Un potere che cresce di giorno in giorno quando sono i suoi uomini a fare il lavoro sporco per i politici. Senza dimenticare quella volta che in Molise si dovettero ridimensionare gli Spada che la droga la volevano prendere da Napoli. Si dovette intervenire dell’Alto, con l’operazione “supermarket“. Ne arrestarono 30. Con tangentopoli di tremò di nuovo, ma sempre per uscirne più forti di prima. Cambiavano gli interlocutori. Prima Cutolo a Napoli, poi gli scissionisti, in Sicilia si passava da Riina a Provenzano, i calabresi crescevano a Milano. Le brigate rosse, i Nar. Tutti passavano ma lui no. Sempre più forte, sempre più scaltro. Fino all’ultima geniale intuizione degli immigrati nella capitale, ma anche l’immondizia. Il tutto con una grande passione per l’archeologia. La sua villa è stracolma di pezzi unici che arrivano direttamente dagli scavi più importanti del mondo. Quando i Carabinieri ne hanno sequestrata una piccola parte, alcuni dei reperti archeologici non erano mai stati neanche catalogati. Gli stessi reperti che aveva voluto rivedere tornando dalla clinica.
Dei Sindaci che si erano susseguiti al Campidoglio lui se ne sbatteva. Era troppo potente. Anche il Vaticano gli doveva degli enormi favori. Era giunto il momento di passare alla cassa. “figlio mio – deve avere detto – dobbiamo dimostrare a tutto il mondo che gli uomini passano ma il nostro potere no. Dobbiamo organizzare un funerale che resti nella storia. Voglio una carrozza con dodici cavalli che portino la mia bara lungo la via Tuscolana. Devono venire tutti da ogni parte d’Italia e da fuori. Le esequie devono avvenire tre giorni dopo la mia morte, così che tutti abbiano il tempo di organizzare il proprio viaggio da ovunque. Chiama il dirigente dell’AMA affinché pulisca tutto subito. Chiama quello dei manifesti dei politici ci deve preparare un 6×3 con su scritto :hai conquistato Roma ora conquista il paradiso. Voglio la chiesa di Don Bosco. Dove non volemmo il funerale di quello dell’eutanasia. Quel senza Dio era antipatico. Chiama quel molisano dirigente dei vigili e digli che ti serve la scorta. Fatti dare dodici suv. E voglio quell’orchestra che aiutammo a suonare all’auditorium. Mi devono suonare la musica de “Il Padrino”. E poi voglio un elicottero che lanci petali di rose. Tutti dovranno parlare di noi e della nostra potenza. E alla fine il sindaco dirà che non ne sa nulla. Il questore altrettanto. Lo seguiranno i vigili, il parroco, quelli dell’orchestra, quello dell’elicottero, quelli dell’ AMA e perfino il fioraio. Sarà il nostro biglietto da visita per il futuro”.
Deve essere andata più o meno così. Non ci credo alla versione popolare della venerazione verso il re Casamonica. Dietro c’è un progetto preciso. Una volontà precisa di comunicare una continuità precisa di potere. I mezzi di comunicazione che si sono soffermati sulla vicinanza con Don Vito Corleone di Mario Puzo e Francis Ford Coppola hanno dimenticato di menzionare le centinaia di morti per droga, estorsioni e armi legate a lui. E se è vero che esiste una responsabilità sociale delle autorità corrotte, è altrettanto vero ognuno è responsabile per sé. Ogni membro di quell’orchestra, ogni chierichetto, ogni fioraio o vigile. Nessuno può dirsi libero davvero. Neanche coloro che durante i funerali di quel bastardo nazista sputarono sulla bara in nome di falce e martello e l’altro giorno hanno preferito non farsi guidare verso la Tuscolana.

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Ladri, puttane e drogati… un popolo di mediocri

Uno dei tuoi due figli fuma cannabis, o per meglio dire: si fa le canne. Se ne hai tre probabilmente almeno due di loro fumano abitualmente. Se per caso non hai capito come passa i sabato sera la tua progenie ora provo a spiegartelo con i dati di un’importante indagine pubblicata qualche tempo fa.
“L’80,3% dei giovani tra i 14 e i 30 anni in Italia ha ammesso di aver fatto uso di marijuana o hashish, più della metà di essi ha continuato a farne uso e un terzo di essi ne fa uso regolarmente o addirittura più volte ogni giorno (6%)!”. Poco male dirai, Probabilmente a fumarsi le canne sono i figli degli altri non i miei. Beh allora continuiamo a leggere: “Il 73% ha dichiarato di essere consumatore abituale di alcool e di averne abusato nel mese precedente all’intervista. Già di per sè questi dati mi sembrano allarmanti, ma mai quanto quelli sull’età. I giovani, non solo si drogano sempre di più, ma vengono a contatto con le droghe in età sempre più precoce (il 20% tra i 12 e i 15 anni ! ). Il momento in cui si è maggiormente a rischio è proprio quando si frequenta la scuola superiore (dai 13 ai 19 anni quindi), dato che si è a contatto con quasi la totalità del gruppo che fa uso di droghe e si è considerati non ancora “maturi” se ci si esclude dal gruppo.”
Che dire? beh probabilmente i figli degli altri bevono anche non i tuoi. Certamente. Continua a pensarla così. Tranquillo. Ora la parte seguente dell’articolo falla leggere a tuo figlio.
Nove milioni gli italiani, tra cui 650 mila donne, frequentano più o meno regolarmente le prostitute, secondo le ultime stime comunicate da associazioni come la Lega Italiana Lotta AIDS e il Comitato dei Diritti civili delle prostitute. Tolti vecchi e bambini si tratta di una cifra, quasi un italiano maschio su due, a cui si stenta a credere.” Sessanta milioni è la popolazione italiana, di cui 33 sono donne. Per cui volevo farti sapere che hai una possibilità su tre che tuo padre non stia uscendo per andare a prendere il caffè, ma per scopare con una prostituta, o magari con un trans. Beh magari non tuo padre. Non certamente lui. Neanche tuo fratello, Né tuo zio, ci mancherebbe. Scegli invece tra uno di loro tre e tua madre per stabilire chi tradisce il proprio partner, visto che un italiano su 4 abitualmente intrattiene relazioni sessuali e talvolta amorose con persone differenti da quelle pubblicamente conosciute.
Ora proviamo a riflettere sul fatto che continuiamo a fingere di avere una vita che non abbiamo, di appartenere a gruppi sociali che non ci appartengono, Gli altri, ovviamente. Non noi.
“Da un resoconto compilato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCSE) emerge una tabella alquanto preoccupante per le condizioni economiche e morali del nostro Paese. Secondo un sondaggio contenuto nel documento Cubbing Corruption, la percentuale della corruzione istituzionale in Italia è pari al 90%.”

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A sinistra un cazzo…

Per decenni vi siete autonomamente investiti del titolo di paladini della moralità. Ebbene, non riesco a nascondervi che in qualche maniera vi invidiavo. Mi sembrava davvero assurdo che i vari Andreotti, Craxi, Berlusconi e i loro figli più sinceri potessero essere tanto beceri. Non mi sono mai sentito uomo di sinistra eppure devo confessarvi che riuscivate a convincermi spesso sulla questione morale: sull’esigenza di dare a questa società un governo che quanto meno potesse concedere un briciolo di onorabilità alla mia terra. Prima il grande ostacolo era la Democrazia Cristiana, poi l’ultimo arrivato Silvio Berlusconi. E ancora una volta al centro di tutto c’era la questione morale, a volte quando si parlava della poca credibilità dei vari Prodi e D’Alema si diceva: “Sicuramente non è peggio di Berlusconi. Votiamo il meno peggio.”. Non ho mai creduto, per la verità, che uomini e donne con indennità da 20 o 30mila euro al mese potessero comprendere le difficoltà di chi vive la vita di tutti i giorni; ma ho sempre creduto in voi. Nei singoli uomini ci ho creduto. Anche quando non vi ho votato, ho sempre immaginato che la moralità stesse dalla vostra parte. Gli uomini di sinistra dei piccoli consigli comunali, quelli che dalla politica o dai sindacati avevano avuto niente, o magari poco. Gli insegnanti, i ferrovieri, gli operai che mi raccontavano di Berlinguer, avevo riposto nella vostra onestà intellettuale le mie speranze di uomo libero.
La democrazia è vero non vi aveva premiato e, ogni volta, il nemico di turno riusciva a tirare fuori il coniglio dal cilindro e a silurarvi. Spesso una serie di scelte non intelligenti aveva portato a risultati catastrofici, però la sinistra era comunque un baluardo di onestà.
Ora la domanda mi sorge spontanea: Dove siete? Perché non vi ribellate contro chi non solo sta facendo molto peggio di tutti i suoi predecessori, ma addirittura agisce usando il vostro nome da sempre baluardo apparente di una concretà moralità acquisita? Dove siete? Cosa vi spinge ad essere così omertosi? Riuscite davvero a non vergognarvi davanti allo specchio? Il vostro “rosso” e i vostri valori così palesemente dati in pasto ai porci e coi a far finta di niente. Dove siete?
Il vostro silenzio umilia il vostro passato e il nostro presente. Due le considerazioni: o avete venduto la vostra anima per un pugno di fagioli o siete incoscienti di quanto sta accadendo. In ognuno dei due casi dovreste vergognarvi e rinunciare ad ogni tipologia di attività sociale. Il peggio del peggio davvero. Siete complici della rovina della nazione per la quale i vostri partigiani, con cui vi siete riempiti la bocca per decenni, hanno rischiato, e talvolta perso, la vita. Dove siete? Dove è finito il vostro moralismo quando un uomo ha preso il potere senza il consenso elettorale? Dove è finito il vostro moralismo quando l’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è stato mandato a puttane in nome di anglofono Jobs act che rende schiavi i vostri figli? Dove eravate quando avveniva lo stupro della scuola pubblica in parlamento? Dove siete quando i tagli imposti alla sanità vi costringeranno a morire senza essere curati? Dove è finito il vostro senso di indignazione davanti alle cooperative rosse che mangiano la città eterna?
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Quando ero ragazzo ero razzista, poi è arrivato Joseph

IMMIGRAZIONE: A LAMPEDUSA IN NOTTATA ALTRI 310 CLANDESTINI

A volte ci penso, penso al ragazzetto sedicenne che all’inizio degli anni 90 si avvicinava alla vita con grandi sogni. Avevo paura, non so perché, forse questioni familiari, forse messaggi sbagliati della TV (che allora guardavo ancora molto) ma sta di fatto che avevo paura dello straniero (ero chiaramente razzista, ma non capivo), avevo paura del diverso. Ricordo l’urlo più frequente “l’Italia agli italiani!”.

In quel periodo aspettavamo tutti il 2000 con grande emozione, pensavamo che ci sarebbe stata una rivoluzione, una esplosione tecnologica imperiosa e incontenibile, che saremmo stati tutti meglio, ma questa è la storia di tutti, io voglio raccontarvi la mia.

Nel 2000 un ragazzo di 26 anni vince un concorso a Milano e 30 anni dopo parte come suo padre fece, nel 1972, per la metropoli simbolo di lavoro e produzione del nostro paese. Ricordo ancora il mio stupore quando sul “3” che proviene da Largo Carrobbio percorrendo via Torino si intravede, nella curva, il Duomo illuminato, uno spettacolo che toglie il fiato.

In quel periodo inizia la mia vita da uomo “libero”. Prendo casa in via Giusti, una “tripla” in un istituto religioso. E’ una tripla ma all’inizio c’è solo lui, Joseph, un ragazzo marocchino 8 anni più grande di me, di Rabat.

E’ un ragazzo solare, fa l’OSS in una casa di cura per gli anziani, si occupa delle persone più deboli delle nostra società, persone abbandonate dalle famiglie troppo impegnate a “produrre”. All’inizio il mio approccio è un po’ ruvido con lui, per me è difficile, i residui della paura dell’ “uomo nero” ci sono ancora.

Joseph è un ragazzo paziente, mi da tempo di metabolizzare, si avvicina alle mie passioni, mi chiede della mia famiglia. Poi mi parla di lui. Viene da buona famiglia ma i figli sono tanti, e non c’è la possibilità di sfamare tutti, mi parla del Marocco, di un paese abbastanza moderato, dove si vive tutti sommato bene, ma che lui ha lasciato perché in un periodo di recessione.

Mi racconta dei primi anni, del suo arrivo in Sardegna. Nel 2004 era in italia da 14 anni, era arrivato nel 1990, vivendo i primi 5 anni in clandestinità.

Nel suo racconto mi illustra come un ragazzo di 24 anni viene schiavizzato dai suoi datori di lavoro, mi racconta di come viene assoldato da kapò senza scrupoli per vendere sulle spiagge coperte, tappeti, magliette e vari monili (all’epoca lo facevano i marocchini, oggi per lo più sono nigeriani e senegalesi, tempi che cambiano), le notti in un capannone col tetto in lamiera, freddo e buio,  delle serate dove non cenavi se non portavi a casa un “profitto minimo” e di tante altre sofferenze patite nei primi anni di permanenza in Italia.

La parte, però, che ricordo con più attenzione è quando mi raccontò di aver saputo che sua madre stava molto male ma i suoi “datori di lavoro” non gli permisero di tornare in Marocco per salutarla per un ultima volta, perché aveva ancora il debito del viaggio da scontare.

Il suo racconto fu commovente nel suo italiano semplice ma corretto: “ero sveglio di notte e una piccola fiammella azzurra ad un certo punto scese dal cielo e si fermò a qualche metro dai miei occhi, mi fece compagnia per qualche minuto e poi risalì verso il cielo. Non so cosa fosse ma, poi, ho saputo che in quelle ore mamma aveva lasciato questo mondo. Mi piace pensare che visto che non sono riuscito ad andare io da lei, è venuta lei da me”.

La cosa mi scosse molto, e mi commosse allo stesso tempo. Diventammo amici, uscivamo insieme, visitavamo la città, guardavamo film insieme. Mi spiegava il Corano e le preghiere, mi spiegava le parole e gli insegnamenti del Profeta e la visione musulmana di Cristo e della Madonna (Punto di riferimento anche per loro). Imparai a mangiare i datteri, il Ramadan e le usanze tipiche della sua terra.

Da parte mia cercai di dargli qualche consiglio, su come interagire nella nostra società e di stare attento ai “furbi” che per “predisposizione genetica” popolano la nostra terra da Nord a Sud. La nostra fu una grande amicizia e quando nel 2006 lasciai Milano l’abbraccio con lui, probabilmente, fu il più lungo e sofferto, perché sapevo che difficilmente ci saremmo rivisti.

Di lui conservo una frase che non dimenticherò mai e che ha cambiato, per sempre, la mia visione sulle persone in cerca di speranza che vengono a cercare una vita dignitosa nel nostro paese.

Negli anni di convivenza mi ero accorto che lui, Joseph, andava a dormire sempre vestito, per poi cambiarsi la mattina e andare al lavoro. Dopo anni, prima di andar via, gli chiesi il perché. La risposta non la potrò mai dimenticare:

Quando sono arrivato in Italia avevo questa immagine delle irruzioni della polizia che arrestava i clandestini, e si vedevano in TV questi ragazzi, connazionali, essere trasportati in pigiama o mezzi nudi nelle camionette che poi li avrebbero rimpatriati. Io non volevo farmi riprendere e fotografare così, se fossero venuti mi avrebbero trovato in ordine. Ora sono un immigrato regolare ma continuo a farlo perché voglio sempre ricordarmi da dove vengo e quello che ho passato.

Ciao Joseph, amico mio, fratello marocchino.   Grazie a te sono un uomo RICCO.