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Tu chiamale se vuoi … omaggio a Lucio Battisti

Non è facile scrivere di una figura musicale immensa come quella di Lucio Battisti. Non basterebbe un’enciclopedia per cercare anche solo superficialmente di comprendere l’opera di colui che incarna la musica leggera italiana. Battisti è la musica italiana, su questo non si discute. Molto altro si potrebbe scrivere sull’uomo e sui “misteri” che lo avvolgono. Non è questa la sede. Molto più prezioso e interessante è il lascito artistico alla musica e dunque a tutti noi.Lucio2 A pochi giorni dall’anniversario della nascita (5 marzo 1943), è giusto ricordare la figura di un cantante che ha segnato e segna la musica non solo italiana. Un innovatore che non ha mai intaccato la tradizione, anzi da essa ha attinto a piene mani. Battisti melodico ma anche rivoluzionario, semplice e complesso, pop,rock e sperimentale e tanto altro ancora. Chitarrista autodidatta, Battisti inizia a farsi strada nella musica negli anni ’60 non senza incomprensioni in famiglia (il padre era contrario ad una eventuale carriera musicale). Prima esperienza significativa sarà quella con I Campioni di Roby Matano. Battisti sarà il chitarrista del gruppo che si esibirà anche all’estero. In quegli anni nasce il brano che poi diventerà Mi ritorni in mente. Nel 1965 Battisti farà l’incontro che gli cambierà per sempre la vita.Battisti-e-Mogol2 Conosce Giulio Rapetti, in arte Mogol, autore della celebre casa discografica Ricordi. Arrivano i primi brani quali Dolce di Giorno (cantata dai Dik Dik) e Per una lira (eseguita dai Ribelli di Demetrio Stratos), brano già innovativo per l’epoca. Nel 1967, Mogol e Battisti sono gli autori del brano 29 settembre che, interpretato dall’ Equipe 84 e più volte trasmesso nel programma radiofonico Bandiera gialla, si classificò al primo posto nella hit parade. Sempre nel 1967, sono ancora una volta autori di un altro brano interpretato e portato al successo dall’Equipe 84, Nel cuore, nell’anima; per l’ex Camaleonte Riki Maiocchi poi scrissero la celebre Uno in più. Nel 1968 partecipa al Cantagiro con la canzone Balla Linda. Il grande successo arriva l’anno seguente. Nel 1969 Battisti viene alla ribalta del grande pubblico grazie alla prima e unica partecipazione al Festival di Sanremo con la canzone Un’avventura, in cui combina la melodia italiana con le atmosfere e i suoni del rhythm and blues. Dello stesso anno è il brano Non è Francesca.Lucio4 Seguiranno i brani Acqua azzurra, Acqua chiara ( con il quale vincerà nettamente il Cantagiro ’69) e Dieci ragazze. Battisti ha una grande intuizione: fonda insieme a Mogol una casa discografica indipendente, la Numero Uno. Del progetto della nuova scuderia fanno parte la Formula 3, Bruno Lauzi, Edoardo Bennato, Adriano Pappalardo, Oscar Prudente e tanti altri (passerà ancora del tempo prima che Battisti possa lavorare con la nuova etichetta poiché era legato ancora da obblighi contrattuali con la Ricordi). A fine anno arrivano anche i brani Mi ritorni in mente e 7 e 40. Altri due grandi successi.lucio5 Per tutti gli anni ’70 e gli inizia degli anni ’80 Battisti sarà il Re indiscusso della musica italiana. Costantemente primo in classifica davanti anche a mostri sacri della musica internazionale come i Pink Floyd. Un successo incredibile, senza precedenti. Il tempo di morire, Fiori rosa, fiori di pesco, Emozioni, Anna, caratterizzano il 1970. L’anno seguente, 1971, pubblica Pensieri e parole (tra le sue “perle” più grandi), Eppur mi son scordato di te (cantata dalla Formula 3) e la hit per eccellenza: La Canzone del sole.Lucio3 Fioccano intanto le partecipazioni alle trasmissioni televisive della Rai, i concerti, le trasmissioni radiofoniche. Nel ’72 si segnalano I Giardini di Marzo e Comunque bella. Nel ’73 esce l’album Il nostro caro angelo, caratterizzato dal brano omonimo e da La collina dei ciliegi. Il ’73 è anche l’anno di un altro brano epico: Il mio canto libero. Nel 1974, dopo un viaggio in America latina con Mogol, esce l’album Anima latina. Tra il 1975 e il 1980 Battisti pubblica altri album importantissimi quali Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera caratterizzato dal brano Ancora tu. Del ’77 sono invece Amarsi un po’ e Si viaggiare. Nel 1978 escono Una donna per amico e Nessun dolore, brani dove l’influenza dell’elettronica e dei nuovi stili d’oltreoceano iniziano a farsi sentire, mentre l’anno seguente, il 1980, vedono la luce Una giornata uggiosabattisti-mogol (brano che dà il titolo all’omonimo album) e Con il nastro rosa. Questo sarà l’ultimo album in collaborazione con Mogol. I due dopo tanti anni di lavoro e di incredibile esperienze umane (come la passeggiata a Cavallo Roma –Milano del 1970) si separano. Finisce un’era, per qualcuno finisce la musica leggera italiana come era stata conosciuta sino ad allora. Battisti segue un altro percorso, vuole sperimentare. Incontra Pasquale Panella che diventerà il suo nuovo autore. Personaggio complesso, Panella metterà la sua firma per album quali Oh!Era ora, E già, Don Giovanni, L’apparenza, La sposa occidentale, Cosa succederà alla ragazza. Album innovativi sia nelle musiche che nei testi.panella Battisti spariglia, sperimenta, fa arrabbiare critica e fan, ma alla fine vince e cambia ancora una volta la musica italiana. Intanto la sua vita cambia con essa. Già da diversi anni, pur continuando a pubblicare album e scrivere canzoni, aveva abbandonato la scena pubblica custodendo gelosamente la propria vita privata, cercando, in uno sforzo titanico,Lucio1 di tenerla lontana dalla voracità e eccessiva invadenza dei media. L’Italia e il mondo piangeranno la scomparsa di Lucio il 9 settembre del 1998. E la musica non sarà più la stessa. Il ricordo invece sarà indelebile grazie anche ai numerosi artisti che ancora oggi si ispirano al suo stile e alle sue splendide canzoni rendendogli omaggio.Mogol

‘1984’, la profezia di Orwell è divenuta realtà

Quella che sembrava una terribile profezia si sta lentamente avverando. O forse no. Insomma ogni volta che ci si approfondiscono i temi sollevati dal libro 1984 di George Orwell il pubblico e la critica si divide tra scettici e assertori convinti dell’inizio dell’era del “Grande Fratello”. Bisogna riconoscere che molte delle “visioni” dell’autore sono esattamente presenti nella realtà moderna. Non è certo il titolo di un programma televisivo che ci convince della “presenza” del “Big Brother”Big-Bro tra noi ma l’uso ormai sempre più decisivo e costante delle nuove tecnologie e del “linguaggio” che con esso si diffonde sempre di più divenendo “essenziale” nelle nostre esistenze. Prendiamo il fenomeno degli smartphone e dei social network: sono strumenti della più avanzata tecnologia moderna che hanno letteralmente cambiato i nostri costumi e influenzato (spesso negativamente) i nostri comportamenti sociali. Oggi diciamo “non ne possiamo fare più a meno”, sottolineando l’importanza che hanno assunto. Anche il linguaggio si è modificato. Non più “cellulari”, magari “evoluti” per far intenderne i progressi tecnologici: si usa il termine anglosassone “smartphone” (telefono intelligente). big2Lo stesso avviene in tutti gli altri ambiti nei quali la tecnologia ha superato ormai di gran lunga la letteratura non solo “fantascientifica”. 1984 si inserisce nel solco della cosiddetta “distopia”, cioè la descrizione di una società immaginaria o comunità indesiderabile o spaventosa. Il termine, contrario di utopia, è utilizzato in riferimento alla rappresentazione di una società fittizia (ambientata nel futuro) nella quale alcune tendenze sociali, politiche e tecnologiche avvertite nel presente sono portate a estremi negativi. In genere ci sono due filoni, quello “totalitarista”, dove l’autore descrive una vera e propria “dittatura” in una società futura, e quello “post apocalittico”, una società straziata e malata a seguito di un grave evento. Nel primo caso gli elementi caratterizzanti sono: – una società gerarchica, in cui le divisioni fra le classi sociali (o caste) sono rigide e insormontabili; – la propaganda del regime e i sistemi educativi costringono la popolazione al culto dello Stato e del suo governo, convincendola che il proprio stile di vita è l’unico (o il migliore) possibile; – il dissenso e l’individualità sono visti come valori negativi, in opposizione al conformismo dominante. Si assiste a una “depersonalizzazione” dell’individuo; big3– lo Stato, oppure le corporazioni hi-tech, o una congregazione religiosa, sono spesso rappresentati da un leader carismatico adorato dalla gente e oggetto di culto della personalità; – il mondo al di fuori dello Stato è visto con paura e ribrezzo; – il sistema penale comprende spesso la tortura fisica o psicologica; – agenzie governative o paramilitari (come una polizia segreta) sono impegnate nella sorveglianza continua dei cittadini. La sorveglianza può essere sostituita anche da potenti e avanzate reti tecnologiche; – il legame con il mondo naturale non appartiene più alla vita quotidiana. Tutti questi elementi narrativi hanno caratterizzato opere di rilievo tra cui Il padrone del mondo (Lord of the World, 1907) di Robert Hugh Benson, Il tallone di ferro (The Iron Heel, 1908) di Jack London, Noi (Мы, 1921) di Evgenij Ivanovič Zamjatin, Il mondo nuovo (Brave new world, 1932) di Aldous Huxley,George-Orwell e appunto 1984 (Nineteen Eighty-Four, 1948) di George Orwell. All’insegna del terribile motto « La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza. », il Socing (il fantomatico socialismo inglese – il capitalismo-colonialismo odierno di matrice anglosassone non è forse vicino a molti aspetti della dittatura descritta da Orwell ?) rende schiavi i cittadini governati dal “Grande Fratello – Big Brother” che tutto vede e tutto sa. Non può non scorrere un brivido lungo le nostre schiene vista l’era delle “videosorveglianze”, delle web-cam, di Internet sempre più invasivo nelle nostre vite. « L’Ortodossia consiste nel non pensare — nel non aver bisogno di pensare. L’Ortodossia è inconsapevolezza. », scrive Orwell in 1984 e balza alla mente un recente spot pubblicitario di una nota compagnia telefonica dove si afferma che “Le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover più scegliere. Non è fantastico?”: un’affermazione terribile. big3Non scegliere significa non avere coscienza critica, annullare l’Io. Altro indizio? Senza voler essere “complottisti” ad ogni costo, sono evidenti ( e inquietanti) le analogie con quanto scritto da Orwell nel 1948 (il titolo del libro infatti nasce da tale data con le ultime due cifre invertite – in verità l’autore voleva intitolarlo “L’ultimo uomo in Europa”). I due protagonisti del libro, Winston Smith e la compagna Julia sembrano trovare solo nell’amore e nella sessualità libera una via di fuga ad una società di schiavi, automi, privi di identità e libertà. 1984novel<< Una volta, pensò Winston, un uomo guardava il corpo di una ragazza, lo desiderava, e questo era tutto; ora non vi era spazio né per il puro amore né per la pura lussuria. Non esistevano emozioni allo stato puro, perché tutto si mescolava alla paura e all’odio. Il loro amplesso era stato una battaglia, l’orgasmo una vittoria. Era un colpo inferto al Partito. Era un atto politico >>, scrive l’autore nel passaggio che narra dell’incontro intimo tra i due protagonisti del libro, lui imiegato a trasformare articoli e notizie al Ministero della Verità, lei giovane attivista della Lega Giovanile Antisesso, i quali entrambi saranno scoperti, arrestati e torturati. Anche in questo caso il tema dell’amore e del sesso sempre più sviliti e “surrogati” non sono forse una caratteristica della società moderna? Dunque gli spuntibig5 di riflessione sono davvero innumerevoli. Dalla riflessione sul totalitarismo alla cosiddetta “neolingua”, ossia la trasformazione del significato delle parole. Mutare il senso di un termine nel gergo corrente per far dimenticare il significato precedente e annullare così il passato: la manipolazione dell’informazione e della conoscenza è un altro tema assolutamente centrale nel moderno dibattito socio-culturale mondiale che difficilmente si può esaurire in modo soddisfacente in poche righe. Insomma 1984 ha incredibilmente anticipato la società moderna nella sua evoluzione e nelle sue contraddizioni. Terrorismo, guerre informatiche, spionaggio, la tecnologia imperante … non sono più semplici “visioni” di un grande scrittore ma realtà. Ma forse sono solo suggestioni… ci stiamo sbagliando. Attenzione… “Lui” ci vede e ci ascolta! orwell

Verga e ‘La Roba’, tornare a raccontare ‘veramente’ la ‘realtà’ spaventa

Per comprenderlo in ogni sfumatura bisogna leggerlo. Giovanni Verga, insieme a Luigi Capuana è considerato il padre del “verismo”, corrente letteraria che nell’800 spinse la letteratura e gli intellettuali del tempo ad occuparsi (finalmente) della realtà, a descriverla non può attraverso canoni schematici e accademici ma attraverso uno stile “nuovo” che la faceva dunque “parlare”. Ispirata al positivismo e al naturalismo, la nuova corrente letteraria mira a fotografare oggettivamente la realtà sociale rappresentandone rigorosamente le classi, anche quelle più umili, in ogni aspetto anche quelli negativi e sgradevoli. Una “ricerca letteraria” che prenderà il via a Milano (vera Capitale della Cultura al tempo) e che si diffonderà subito nel resto del paese. Verga, Capuana, Grazia Deledda, Renato Fucini ecc., saranno dei grandi innovatori e porteranno alla ribalta “realtà” sino ad allora escluse dal dibattito intellettuale e anche politico. Tra gli autori che in quel tempo maggiormente hanno lasciato un segno indelebile nella cultura italiana spicca Verga. Giovanni_Verga_1L’autore de “I Malavoglia, “Storia di una capinera”, “Mastro Don Gesualdo”, “Novelle Rusticane”, ecc., nonché in vecchiaia Senatore del Regno d’Italia per volontà del Re Vittorio Emanuele III, sarà tra i maggiori autori di successo della corrente del “verismo”. L’utilizzo del “principio dell’impersonalità”, con una narrazione distaccata, rigorosamente in terza persona, e l’utilizzo di vocaboli tratti dai dialetti, in particolar modo quello siciliano, sono gli elementi salienti che caratterizzano la nuova corrente letteraria. Spicca poi l’interessa per le questioni socio-culturali. Nella produzione di Verga si torna a parlare della questione meridionale, dei costumi e delle usanze, del modo di vivere completamente diverso rispetto al Nord Italia, dunque delle differenze culturali e tutte le tematiche ad esse connesse. Verga2Tra i principali concetti sviluppati dall’autore vi è quello dell’impossibilità per un personaggio di umili origini di riuscire, per quanto esso valga, a riemergere da condizione in cui è nato. In poche parole per Verga non è possibile che un povero diventi ricco. Una visione che può sembrare pessimistica e fatalista della società ma che invece rispecchia perfettamente la società del suo tempo e che presenta innumerevoli spunti di riflessione anche per la nostra società contemporanea dove da tempo ormai, a seguito soprattutto della crisi economica, nei Tg, sui social network, nelle indagini statistiche, dagli organi d’informazione, si ascolta l’espressione “i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”. verga 3Ma la ricchezza è spesso ingannevole ed apparente, come ricorda lo stesso Verga nella novella “La Roba”. Il povero e umile Mazzarò ai arricchisce col suo duro lavoro, ma le sue ricchezze non lo emanciperanno. Proprio per approfondire questi temi e aspetti, riportiamo di seguito integralmente la novella “La Roba”, tratta da le “Novelle Rusticane”:

“Il viandante che andava lungo il Biviere di Lentini, steso là come un pezzo di mare morto, e le stoppie riarse della Piana di Catania, e gli aranci sempre verdi di Francofonte, e i sugheri grigi di Resecone, e i pascoli deserti di Passaneto e di Passanitello, se domandava, per ingannare la noia della lunga strada polverosa, sotto il cielo fosco dal caldo, nell’ora in cui i campanelli della lettiga suonano tristamente nell’immensa campagna, e i muli lasciano ciondolare il capo e la coda, e il lettighiere canta la sua canzone malinconica per non lasciarsi vincere dal sonno della malaria: – Qui di chi è? – sentiva rispondersi: – Di Mazzarò -. E passando vicino a una fattoria grande quanto un paese, coi magazzini che sembrano chiese, e le galline a stormi accoccolate all’ombra del pozzo, e le donne che si mettevano la mano sugli occhi per vedere chi passava: – E qui? – Di Mazzarò -. E cammina e cammina, mentre la malaria vi pesava sugli occhi, e vi scuoteva all’improvviso l’abbaiare di un cane, passando per una vigna che non finiva più, e si allargava sul colle e sul piano, immobile, come gli pesasse addosso la polvere, e il guardiano sdraiato bocconi sullo schioppo, accanto al vallone, levava il capo sonnacchioso, e apriva un occhio per vedere chi fosse: – Di Mazzarò -. Poi veniva un uliveto folto come un bosco, dove l’erba non spuntava mai, e la raccolta durava fino a marzo. Erano gli ulivi di Mazzarò. E verso sera, allorché il sole tramontava rosso come il fuoco, e la campagna si velava di tristezza, si incontravano le lunghe file degli aratri di Mazzarò che tornavano adagio adagio dal maggese, e i buoi che passavano il guado lentamente, col muso nell’acqua scura; e si vedevano nei pascoli lontani della Canziria, sulla pendice brulla, le immense macchie biancastre delle mandre di Mazzarò; e si udiva il fischio del pastore echeggiare nelle gole, e il campanaccio che risuonava ora sì ed ora no, e il canto solitario perduto nella valle. – Tutta roba di Mazzarò. verga5Pareva che fosse di Mazzarò perfino il sole che tramontava, e le cicale che ronzavano, e gli uccelli che andavano a rannicchiarsi col volo breve dietro le zolle, e il sibilo dell’assiolo nel bosco. Pareva che Mazzarò fosse disteso tutto grande per quanto era grande la terra, e che gli si camminasse sulla pancia. – Invece egli era un omiciattolo, diceva il lettighiere, che non gli avreste dato un baiocco, a vederlo; e di grasso non aveva altro che la pancia, e non si sapeva come facesse a riempirla, perché non mangiava altro che due soldi di pane; e sì ch’era ricco come un maiale; ma aveva la testa ch’era un brillante, quell’uomo. Infatti, colla testa come un brillante, aveva accumulato tutta quella roba, dove prima veniva da mattina a sera a zappare, a potare, a mietere; col sole, coll’acqua, col vento; senza scarpe ai piedi, e senza uno straccio di cappotto; che tutti si rammentavano di avergli dato dei calci nel di dietro, quelli che ora gli davano dell’eccellenza, e gli parlavano col berretto in mano. Né per questo egli era montato in superbia, adesso che tutte le eccellenze del paese erano suoi debitori; e diceva che eccellenza vuol dire povero diavolo e cattivo pagatore; ma egli portava ancora il berretto, soltanto lo portava di seta nera, era la sua sola grandezza, e da ultimo era anche arrivato a mettere il cappello di feltro, perché costava meno del berretto di seta. Della roba ne possedeva fin dove arrivava la vista, ed egli aveva la vista lunga – dappertutto, a destra e a sinistra, davanti e di dietro, nel monte e nella pianura. Più di cinquemila bocche, senza contare gli uccelli del cielo e gli animali della terra, che mangiavano sulla sua terra, e senza contare la sua bocca la quale mangiava meno di tutte, e si contentava di due soldi di pane e un pezzo di formaggio, ingozzato in fretta e in furia, all’impiedi, in un cantuccio del magazzino grande come una chiesa, in mezzo alla polvere del grano, che non ci si vedeva, mentre i contadini scaricavano i sacchi, o a ridosso di un pagliaio, quando il vento spazzava la campagna gelata, al tempo del seminare, o colla testa dentro un corbello, nelle calde giornate della mèsse. Egli non beveva vino, non fumava, non usava tabacco, e sì che del tabacco ne producevano i suoi orti lungo il fiume, colle foglie larghe ed alte come un fanciullo, di quelle che si vendevano a 95 lire. Non aveva il vizio del giuoco, né quello delle donne. Di donne non aveva mai avuto sulle spalle che sua madre, la quale gli era costata anche 12 tarì, quando aveva dovuto farla portare al camposanto. verga4Era che ci aveva pensato e ripensato tanto a quel che vuol dire la roba, quando andava senza scarpe a lavorare nella terra che adesso era sua, ed aveva provato quel che ci vuole a fare i tre tarì della giornata, nel mese di luglio, a star colla schiena curva 14 ore, col soprastante a cavallo dietro, che vi piglia a nerbate se fate di rizzarvi un momento. Per questo non aveva lasciato passare un minuto della sua vita che non fosse stato impiegato a fare della roba; e adesso i suoi aratri erano numerosi come le lunghe file dei corvi che arrivavano in novembre; e altre file di muli, che non finivano più, portavano le sementi; le donne che stavano accoccolate nel fango, da ottobre a marzo, per raccogliere le sue olive, non si potevano contare, come non si possono contare le gazze che vengono a rubarle; e al tempo della vendemmia accorrevano dei villaggi interi alle sue vigne, e fin dove sentivasi cantare, nella campagna, era per la vendemmia di Mazzarò. Alla mèsse poi i mietitori di Mazzarò sembravano un esercito di soldati, che per mantenere tutta quella gente, col biscotto alla mattina e il pane e l’arancia amara a colazione, e la merenda, e le lasagne alla sera, ci volevano dei denari a manate, e le lasagne si scodellavano nelle madie larghe come tinozze. Perciò adesso, quando andava a cavallo dietro la fila dei suoi mietitori, col nerbo in mano, non ne perdeva d’occhio uno solo, e badava a ripetere: – Curviamoci, ragazzi! – Egli era tutto l’anno colle mani in tasca a spendere, e per la sola fondiaria il re si pigliava tanto che a Mazzarò gli veniva la febbre, ogni volta. Però ciascun anno tutti quei magazzini grandi come chiese si riempivano di grano che bisognava scoperchiare il tetto per farcelo capire tutto; e ogni volta che Mazzarò vendeva il vino, ci voleva più di un giorno per contare il denaro, tutto di 12 tarì d’argento, ché lui non ne voleva di carta sudicia per la sua roba, e andava a comprare la carta sudicia soltanto quando aveva da pagare il re, o gli altri; e alle fiere gli armenti di Mazzarò coprivano tutto il campo, e ingombravano le strade, che ci voleva mezza giornata per lasciarli sfilare, e il santo, colla banda, alle volte dovevano mutar strada, e cedere il passo. Tutta quella roba se l’era fatta lui, colle sue mani e colla sua testa, col non dormire la notte, col prendere la febbre dal batticuore o dalla malaria, coll’affaticarsi dall’alba a sera, e andare in giro, sotto il sole e sotto la pioggia, col logorare i suoi stivali e le sue mule – egli solo non si logorava, pensando alla sua roba, ch’era tutto quello ch’ei avesse al mondo; perché non aveva né figli, né nipoti, né parenti; non aveva altro che la sua roba. Quando uno è fatto così, vuol dire che è fatto per la roba. Ed anche la roba era fatta per lui, che pareva ci avesse la calamita, perché la roba vuol stare con chi sa tenerla, e non la sciupa come quel barone che prima era stato il padrone di Mazzarò, e l’aveva raccolto per carità nudo e crudo ne’ suoi campi, ed era stato il padrone di tutti quei prati, e di tutti quei boschi, e di tutte quelle vigne e tutti quegli armenti, che quando veniva nelle sue terre a cavallo coi campieri dietro, pareva il re, e gli preparavano anche l’alloggio e il pranzo, al minchione, sicché ognuno sapeva l’ora e il momento in cui doveva arrivare, e non si faceva sorprendere colle mani nel sacco. – Costui vuol essere rubato per forza! – diceva Mazzarò, e schiattava dalle risa quando il barone gli dava dei calci nel di dietro, e si fregava la schiena colle mani, borbottando: – Chi è minchione se ne stia a casa, – la roba non è di chi l’ha, ma di chi la sa fare -. Invece egli, dopo che ebbe fatta la sua roba, non mandava certo a dire se veniva a sorvegliare la messe, o la vendemmia, e quando, e come; ma capitava all’improvviso, a piedi o a cavallo alla mula, senza campieri, con un pezzo di pane in tasca; e dormiva accanto ai suoi covoni, cogli occhi aperti, e lo schioppo fra le gambe. In tal modo a poco a poco Mazzarò divenne il padrone di tutta la roba del barone; e costui uscì prima dall’uliveto, e poi dalle vigne, e poi dai pascoli, e poi dalle fattorie e infine dal suo palazzo istesso, che non passava giorno che non firmasse delle carte bollate, e Mazzarò ci metteva sotto la sua brava croce. Al barone non era rimasto altro che lo scudo di pietra ch’era prima sul portone, ed era la sola cosa che non avesse voluto vendere, dicendo a Mazzarò: – Questo solo, di tutta la mia roba, non fa per te -. Ed era vero; Mazzarò non sapeva che farsene, e non l’avrebbe pagato due baiocchi. Il barone gli dava ancora del tu, ma non gli dava più calci nel di dietro. – Questa è una bella cosa, d’avere la fortuna che ha Mazzarò! – diceva la gente; e non sapeva quel che ci era voluto ad acchiappare quella fortuna: quanti pensieri, quante fatiche, quante menzogne, quanti pericoli di andare in galera, e come quella testa che era un brillante avesse lavorato giorno e notte, meglio di una macina del mulino, per fare la roba; e se il proprietario di una chiusa limitrofa si ostinava a non cedergliela, e voleva prendere pel collo Mazzarò, dover trovare uno stratagemma per costringerlo a vendere, e farcelo cascare, malgrado la diffidenza contadinesca. Ei gli andava a vantare, per esempio, la fertilità di una tenuta la quale non produceva nemmeno lupini, e arrivava a fargliela credere una terra promessa, sinché il povero diavolo si lasciava indurre a prenderla in affitto, per specularci sopra, e ci perdeva poi il fitto, la casa e la chiusa, che Mazzarò se l’acchiappava – per un pezzo di pane. – E quante seccature Mazzarò doveva sopportare! – I mezzadri che venivano a lagnarsi delle malannate, i debitori che mandavano in processione le loro donne a strapparsi i capelli e picchiarsi il petto per scongiurarlo di non metterli in mezzo alla strada, col pigliarsi il mulo o l’asinello, che non avevano da mangiare. – Lo vedete quel che mangio io? – rispondeva lui, – pane e cipolla! e sì che ho i magazzini pieni zeppi, e sono il padrone di tutta questa roba -. E se gli domandavano un pugno di fave, di tutta quella roba, ei diceva: – Che, vi pare che l’abbia rubata? Non sapete quanto costano per seminarle, e zapparle, e raccoglierle? – E se gli domandavano un soldo rispondeva che non l’aveva. verga6E non l’aveva davvero. Ché in tasca non teneva mai 12 tarì, tanti ce ne volevano per far fruttare tutta quella roba, e il denaro entrava ed usciva come un fiume dalla sua casa. Del resto a lui non gliene importava del denaro; diceva che non era roba, e appena metteva insieme una certa somma, comprava subito un pezzo di terra; perché voleva arrivare ad avere della terra quanta ne ha il re, ed esser meglio del re, ché il re non può ne venderla, né dire ch’è sua. Di una cosa sola gli doleva, che cominciasse a farsi vecchio, e la terra doveva lasciarla là dov’era. Questa è una ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla! E stava delle ore seduto sul corbello, col mento nelle mani, a guardare le sue vigne che gli verdeggiavano sotto gli occhi, e i campi che ondeggiavano di spighe come un mare, e gli oliveti che velavano la montagna come una nebbia, e se un ragazzo seminudo gli passava dinanzi, curvo sotto il peso come un asino stanco, gli lanciava il suo bastone fra le gambe, per invidia, e borbottava: – Guardate chi ha i giorni lunghi! costui che non ha niente! – Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: – Roba mia, vientene con me! – ”

“Dio è morto”, come Nietzche ha cambiato la filosofia e l’Occidente

Dio è morto. Un’affermazione durissima la quale dopo essere stata pronunciata ha cambiato radicalmente la Filosofia che di fatto non è stata più la stessa. A pronunciarla non poteva che essere Friedrich Nietzche. Il filosofo del “nichilismo”, dello spirito “Dionisiaco”, del “Superuomo”, della “Volontà di Potenza”. Un uomo controverso (soprattutto per l’influenza che ebbero le sue concezioni filosofiche sul nazismo) ma allo stesso tempo “rivoluzionario” per la sua epoca. Un “folle” (si ammalò col passare degli anni afflitto dalla solitudine) che cambiò il pensiero filosofico mondiale e anticipò l’evolversi della società occidentale. Tra i concetti fondamentali del suo pensiero spicca proprio il concetto della “morte di Dio”. Un pensiero tragico e forte che apre scenari nuovi all’umanità. Mentre in Occidente nella metà dell‘800 fioriscono il darwinismo e il socialismo e la scienza prende sempre più il sopravvento sulla società, Nietzche nietzche2elabora questo suo pensiero fondamentale. Egli lo considera un evento terribile per l’umanità, un evento decisivo. “Dio è morto nelle nostre coscienze. Un modo iperbolico per intendere che la fede nel Dio cristiano è diventata qualcosa di incredibile per i suoi contemporanei” . Negare l’esistenza di Dio significa negare tutta la metafisica che ne scaturisce. Un altro mondo al di là di quello terreno, uno sdoppiamento della realtà e delle idee, alla base del quale c’è la filosofia di Platone. Non a caso Nietzche affermava che il cristianesimo non era altro che un “platonismo per il popolo”. Nel concetto metafisico ciò che è oltre il mondo terreno ha molto più valore di esso e anzi ne sono il fondamento. Nella tradizione metafisica il concetto di Dio rappresenta il mondo sovrasensibile o intelligibile dove sono presenti i tratti autentici dell’Essere. Dunque Dio è il fondamento o la causa del reale, la sua ragion d’essere. Con la “morte di Dio” si aprono scenari nuovi, l’uomo si impadronisce nuovamente di sé e si sostituisce a Dio e assume anche una consapevolezza nuova della propria esistenza. Tale concetto conduce Nietzche ad elaborare poi il concetto dell’“eterno ritorno”. La vita assume un significato immanente. Tutto ciò che facciamo nella nostra vita ritornerà e si ripeterà all’infinito allo stesso modo, in gioie e dolori (forte l’influenza di Eraclito, “è impossibile bagnarsi due volte nello stesso fiume”). Di seguito riportiamo un celebre aforisma (la tecnica narrativa preferita dal filosofo soprattutto nella sua celebre opera “Così parlò Zarathustra”) Also_sprach_Zarathustratratto dalla “Gaia scienza”, denominato “L’uomo folle” nel quale troviamo appunto la formulazione del concetto della “morte di Dio”: << Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. […] Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – Ve lo voglio dire ! Siamo stati noi a ucciderlo: voi e io ! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potremmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dette la spugna per cancellare l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra della catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? […] Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, a una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino a oggi!”. A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora giunto agli orecchi degli uomini” >>.nietzche3

Le Orme, il Progressive non potrà mai morire

Sono il simbolo di un genere musicale evergreen che puntualmente ritorna sulle scene: il Rock Progressivo Italiano. Insieme alla PFM, al Banco del Mutuo Soccorso, agli Osanna, ai Formula 3, ai New Trolls e a Franco Battiato, quest’ultimo assoluto protagonista e innovatore del genere, (solo per citarne alcuni dei più conosciuti) hanno fatto la storia della musica italiana e internazionale. Ogni vero musicista e appassionato di musica sa che non può fare a meno di ascoltare e suonare “Le Orme”. orme5La formazione veneta (il primo nucleo della band si formò a Marghera), è stata la prima a creare, innovare e introdurre nel panorama musicale italiano un genere specifico, il rock progressive. Il nucleo originale composto da Aldo Tagliapietra, dal chitarrista Nino Smeraldi, dal bassista Claudio Galieti, e il batterista Marino Rebeschini, subirà numerose modifiche. Infatti dopo le prime incisioni (come “Fiori e colori”- Flowers and Color ) Rebeschini lasciò il gruppo. Subentrò un altro grande protagonista: Michi Dei Rossi, a lungo batterista del gruppo. Nel 1968 Le Orme iniziano a farsi conoscere al grande pubblico partecipando al concorso canoro “Un Disco per l’Estate” con il brano “Senti l’estate che torna”. Per l’occasione entra in gruppo il tastierista Tony Pagliuca (provenienti dai disciolti Hopopi). Seguì il poco fortunato album “Ad Gloriam”. orme2Si esibiranno più volte anche nel noto “Piper” di Roma. Abbandonata subito la sfera beat, Le Orme si gettano a capofitto sul genere “Prog” che dall’Inghilterra sta per travolgere anche l’Italia. Andrà via anche Smeraldi e Pagliuca avrà l’intuizione giusta: fare un viaggio a Londra per conoscere fino in fondo l’evoluzione del genere Progressive. Sarà un’esperienza decisiva. Le Orme vengono in contatto con band quali Quatermass, The Nice, Yes, e Emerson, Lake & Palmer. Tornato in Italia inizierà così a sperimentare e sviluppare nuovi linguaggi musicali. Nel 1971 esce l’album “Collage” caratterizzato dall’uso intenso delle tastiere. Tra le peculiarità che balzano subito all’attenzione di pubblico e critica c’è anche il trattare argomenti tabù o di forte impatto sociale come la prostituzione e la droga. Emblematici in tal senso sono i brani Era inverno e Morte di un fiore. orme7Nel 1972 esce l’album “Uomo di pezza”, uno dei dischi di maggior successo della band, con il quale non a caso riceveranno il loro primo “Disco d’oro”, grazie soprattutto al brano “Gioco di bimba” che narra la storia di un abuso sessuale di una ragazzina. Alla tematica molto delicata e grave fa da contraltare una melodia dolce e fiabesca. Nel 1973 esce un altro capolavoro: “Felona e Sonora”. Questo album, che valse al gruppo il secondo “Disco d’oro”, orme1è considerato indiscutibilmente la pietra miliare del rock progressivo italiano. Un concept album che ebbe successo anche all’estero. Infatti una versione in inglese, con testi di Peter Hammill, fu pubblicata nello stesso anno dall’importantissima etichetta discografica Charisma, con la quale pubblicavano giganti del rock progressivo come i Van der Graaf Generator o i Genesis. orme6Il disco ebbe un certo riscontro nel mercato inglese, e Le Orme arrivarono così al loro primo tour nel Regno Unito, suonando tra l’altro al celebre Marquee Club. Nel 1974 esce l’album “Contrappunti”, molto classicheggiante e curato. Nel 1975 fa l’ingresso nel gruppo il chitarrista Tolo Marton e nello stesso anno a Los Angeles viene inciso l’album “Smogmagica” che contiene tra l’altro il celebre e fortunato brano “Amico di ieri”. Nel 1976 a Marton subentra l’appena diciannovenne Germano Serafin. Nello stesso anno Le Orme partecipano al “Festival Bar” con “Canzone d’amore” orme3orme4che ebbe un grande successo sfiorando la vetta della Hit Parade. Esce inoltre l’album “Verità nascoste” trascinato dal singolo “Regina al Troubadour”. La favola felice della band stava però per concludersi. Con gli anni ’80 la musica elettronica e la disco presero il sopravvento. Il “declino” sembrava inarrestabile ma Le Orme hanno saputo ritagliarsi comunque una “nicchia” costante nel panorama musicale grazie a pubblicazioni di raccolte, nuovi album fedeli al loro repertorio, tour nazionali e internazionali di grande successo, nonché numerose collaborazioni artistiche. Negli anni ’90 e 2000 poi non sono mancate occasioni per un ritorno alla ribalta del genere “progressive”.orme8 Anzi proprio negli ultimi tempi tale genere sembra aver trovato una nuova linfa. Brani come “Amico di ieri”, “Cemento Armato”, “Sguardo verso il cielo” ecc. sono capolavori assoluti della musica frutto di una sperimentazione forse senza precedenti nella storia della musica italiana. Probabilmente, per generare nuove emozioni, bisognerebbe tornare proprio a “sperimentare” fuori dai canoni e dagli schemi convenzionali propinati dalle tv commerciali e dai talent show. Bisognerebbe seguire le orme (d’obbligo il gioco di parole) di questi grandi musicisti. Ne gioverebbe la musica tutta. E anche noi.

Fanatismi vecchi e nuovi: cronache di una storia già raccontata …

Storia all’epoca delle crociate: si leggono nomi e vicende che richiamano la triste attualità, sembra anzi la “cronaca” odierna. La religione? La solita scusa. I motivi? Denaro e potere. Da leggere in particolare l’ultima parte:
“Le forze che sostenevano il Regno latino di Gerusalemme (che fu conquistata dai crociati il 15 luglio del 1099 ndr) – subito minacciato dal circostante islam che, riavutosi dalla sorpresa, passò presto al contrattacco – erano essenzialmente costituite dall’aristocrazia crociata che presto s’imparentò con famiglie nobili siriaco-cristiane o armene, dalle città marinare italiane che avevano partecipato alla presa di numerose città costiere, nelle quali fondarono le loro fiorenti colonie mercantili, dagli Ordini religioso-militari fondati per proteggere i pellegrini diretti in Terra Santa (…). Nacquero così i ‘Pauperes Christie t salomonici Templi’, ossia i ‘Templari’, e gli ‘Ospitalieri’, o ‘Cavalieri di San Giovanni’ (in seguito chiamati di Cipro e oggi di Malta). GoffredoPiù tardi si aggiunsero quelli di Santa Maria che appartenevano esclusivamente alla Nazione germanica e furono perciò chiamati ‘Teutonici’. I travolgenti successi dei Franchi (così Bizantini e musulmani chiamavano tutti gli Occidentali) avevano provocato un rapido risveglio dei poteri musulmani locali, che si erano quasi subito riavuti dalla sorpresa e avevano cominciato a riorganizzarsi per contrattaccare. I guerrieri occidentali erano obbligati a chiedere all’Europa latina aiuto per conservare e ampliare le nuove conquiste e ne ricevevano soprattutto sotto forma di spedizioni marinare da parte delle città italiche (Genova e Pisa immediatamente, un po’ più tardi Venezia); inoltre, essi miravano a sfruttare la rivalità tra i califfati concorrenti, quello sunnita di Bagdad e quello fatimide del Cairo, la cui incerta frontiera passava proprio per l’area siro-libano-palestinese (…). La riscossa musulmana partì dalle città siro-mesopotamiche del Nord, cioè da Aleppo (attuale Siria) e da Mosul (attuale Iraq), governate nel nome del califfo di Baghdad e dal suo consigliere-protettore turco-selgiudiche, il sultano, da una dinastia di atabeg (in turco: “padre dei capi”, cioè governatore generale) fondata da Imad ad-Din Zenqi. Quest’ultimo mirava a unificare sotto il suo potere tutti gli emirati della regione tra il mar di Levante e l’Eufrate; inoltre , musulmano sunnita intransigente come tutti i Turchi, guardava con ostilità al califfato sciita del Cairo.. La nobiltà franco-siriaca, costituita dai discendenti della Prima crociata ormai radicati in Terrasanta e che rappresentavano la classe dirigente del Regno di Gerusalemme, conosceva bene questa situazione e sapeva che l’ampliarsi e il rafforzamento del potere dell’atabeg di Damasco e di Mosul stavano determinando in tutto il mondo islamico del Vicino Oriente, paure e sopsetti, inimicizie e gelosie: dal sultano di Baghdad al califfo del Cairo agli emiri arabi di Siria, il più forte dei quali era quello di Damasco, si andava costituendo un ampio fronte ostile a Zenqi. Sarebbe stato sufficiente per i ‘Franchi’ collegarsi ad esso in un’alleanza cristiano-musulmana per la quale esistevano tutte le condizioni e il Regno sarebbe stato al sicuro. Ma alla fine in Occidente si optò per una nuova “crociata”. RiccardoDella necessità d’una nuova grande spedizione tesa a tutelare le conquiste si convinse Papa Eugenio III (…). Ma la grande spedizione partita dall’Europa del 1147 fallì, principalmente per colpa del re di Francia Luigi VII che ascoltando pessimi consiglieri non riuscì a trovare un accordo né con il Basileus Manuele Comneno di Bisanzio né con il re Ruggero II di Sicilia, che sarebbero stati i due monarchi cristiani da coinvolgere in un progetto serio di controllo del Mediterraneo orientale; inoltre il monarca capetingio (francese) si lasciò convincere ad assediare Damasco, il cui emiro sarebbe stato il naturale alleato dei Franchi contro il pericolo espansionistico dell’atabeg di Aleppo e Mosul e che invece ne divenne il principale nemico a causa delle scelte errate dei consiglieri di Luigi VII abbagliati dal miraggio della conquista della ricca capitale della Siria (…). La seconda metà del XII secolo vedeva intanto l’affermarsi d’un giovane generale, un curdo a nome Salh ed-Din Yusuf, il celeberrimo Saladino. saladinoLe sue conquiste furono inarrestabili e proclamatosi sultano divenne in breve tempo padrone dell’Islam in tutta l’Asia anteriore, restaurando l’ortodossia sunnita in Egitto, unificando le forze musulmane e ponendo Damasco come capitale. Il Saladino non fu un fanatico della guerra santa a tutti i costi ma anzi un diplomatico finissimo e politico di prim’ordine. A mano a mano riconquistò tutti i territori occupati dagli occidentali: era giunto il momento d’assediare Gerusalemme. Nonostante l’eroica difesa di Balian d’Ibelin, tentar di resistere al Saladino era follia: con una capitolazione onorevole, i cristiani poterono uscire dalla Città Santa mentre il Saladino se ne impadroniva (2 ottobre 1187) comportandosi con la consueta umanità. Egli fu generoso con i cristiani, specie con i più poveri, permettendo loro di uscire dalla città assolutamente indenni, liberando i più indigenti fra loro senza chiedere il riscatto pro capite stabilito nei patti e vettovagliandoli con larghezza. Meno generosi si dimostrarono i principi franchi delle zone che i musulmani non avevano ancora occupato (Tripoli e Tiro principalmente), i quali dettero asilo solo ai più ricchi tra loro e addirittura si abbandonarono ad atti di brigantaggio nei confronti di altri, costringendoli a continuare la loro marcia – alleggeriti naturalmente delle cose di valore che erano riusciti a salvare – verso il principato di Antiochia.”

Grandangolo Storia – Le Crociate

“Contesti”, pronto il programma del Festival dei Libri a Carinola

Dopo l’attesa delle scorse settimane, finalmente è stato reso noto il programma della kermesse culturale “Contesti – Il Festival dei Libri” che si terrà a Carinola il 18 e 19 dicembre. L’evento promosso dall’associazione “Amici della Biblioteca di Carinola” è giunto alla sua seconda edizione dopo il grande successo dello scorso anno. Lo spirito dell’iniziativa è quello di “promuovere la lettura, creare un ponte agevolato tra autore, testo e lettore”, affermano i ragazzi dell’AABC. carinola“CONTESTI è l’incontro della letteratura con le altre arti che toccandosi, si influenzano a vicenda. Il festival nasce da un’ idea dell’associazione AABC (‘’Amici della Biblioteca di Carinola’’) Biblioteca che da circa tre anni gestisce, in forma di volontariato, la Biblioteca Comunale di Carinola e si impegna nella realizzazione di eventi quali presentazioni di libri, cineforum, mostre, spettacoli teatrali e musicali – spiegano gli organizzatori tramite la loro pagina Facebook – Convinti che la cultura non sia appannaggio esclusivo dei palcoscenici delle grandi città, questo festival è il tratto di unione tra gli eventi annuali, intesi come canali che agevolano la promozione e la diffusione della cultura vissuta in tutte le sue sfaccettature, anche nei piccoli centri come Carinola. CONTESTI è legato all’arte di dire parole, di progettare, sviluppare ed infine porgere idee, attraverso vari incontri che si susseguono in diversi momenti spazio-temporali, così da permettere a tutti di godere di ogni singolo evento. Accanto agli stands delle case editrici e alle presentazioni di libri, ci saranno laboratori, esposizioni di arti illustrative, performances artistiche, teatrali e musicali.I due giorni di festival vedranno susseguirsi laboratori per varie fasce di età, che si svolgeranno in mattinata e nel primo pomeriggio. CONTESTI si svolge nel quattrocentesco Palazzo Novelli-Petrucci, preziosa testimonianza di architettura catalana in Campania, fiore all’occhiello di un paese ricco di monumenti – proseguono –; infatti, nei giorni del festival, saranno garantiti visite guidate nei siti artistici ed archeologici del luogo, a cura dell’ Archeoclub di Carinola. Palazzo Novelli fu costruito per volere di Antonello Petrucci nella seconda metà del ‘400 con l’intervento di maestranze catalane. Restaurato nel 1998, l’edificio conserva l’aspetto che acquisì nel XV secolo, mostrandosi come uno degli esempi più significativi del linguaggio architettonico catalano nella Campania settentrionale. CONTESTI significa arricchire la vita culturale di Carinola e di tutto il territorio con una iniziativa che si ripropone anche quest’ anno rappresenta un ulteriore contributo che l’Associazione degli Amici della Biblioteca ha voluto dare alla realtà locale, perché essa possa crescere e svilupparsi sia culturalmente che socialmente. ContestiCONTESTI è il festival dei libri, una finestra sul loro mondo per scoprire nuovi autori, nuovi testi ed avvicinarsi a quelli già noti. Riflettere sulle tendenze e sulle nuove strade che il mercato culturale italiano sta imboccando, per capire come riportare l’arte ad essere un punto fermo della nostra società e della nostre vite. CONTESTI è un discorso aperto che ha bisogno di te per essere vissuto, delle tue orecchie per essere ascoltato”. Il programma della manifestazione è ricco di appuntamenti assolutamente da non perdere: – Venerdì 18, ore 11:00 Fuori Catalogo incontra la band The Orange Beach, per un dialogo sul filo rosso che collega la musica ed il libro; ore 15:00 LETTERATURA DISEGNATA, apertura della mostra dedicata al fumetto. Espongono: Enzo Troiano, Giancarlo Covino, Simone Lucciola e Rocco Lombardi, Scuola italiana di Comix, Daniele Bigliardo; ore 15:30 Giancarlo Covino, illustratore e architetto, incontra il pubblico di Contesti per realizzare insieme un fumetto corale; ore 17:30 CADE LA TERRA di Carmen Pellegrino: la scrittrice e abbandonologa parla del suo ultimo lavoro con Concetta Maria Pagliuca di Legenda Letteraria. Mostra fotografica sul tema dell’abbandono a cura di Sara Capomacchia; ore 19:00 EUROPA ANNO ZERO – Il ritorno dei nazionalismi di Eva Giovannini: un dibattito politico attuale con la giornalista, autrice del libro e con la partecipazione di Antonio Pascale; ore 21:30 TRAGICO AMMORE – struggimenti, giaculatorie e smarrimenti: teatro-canzone con Canio Loguercio (voce e chitarra) e Alessandro D’Alessandro (organetto- live electronics). carinola 2A seguire dj-set. – Sabato 19, ore 11:00 RICEVERE I CLASSICI: il mito della tragedia greca sulla scena contemporanea: il drammaturgo Francesco Puccio discute sul tema della ricezione dei classici nel mondo contemporaneo; ore11:30 Visite guidate al centro storico di Carinola a cura dell’Associazione Archeoclub; ore 15:00 COSTRUIAMO UN LIBRO laboratorio per bambini a cura di Artétèca at work: i più piccoli si avvicinano alla dimensione fisica del libro realizzandone uno a mano; 15:00 I MIEI GENITORI NON HANNO FIGLI di Marco Marsullo: l’autore presenta il suo ultimo libro con la giornalista Lidia Luberto; ore 15:30 Visite guidate al centro storico di Carinola a cura dell’Associazione Archeoclub; ore 17:30 L’ODORE DELLA POLVERE DA SPARO di Attilio Coco: lo scrittore discute del suo libro con il Prof. Filippo Ianniello; ore 19:00 TERAPIA DI COPPIA PER AMANTI di Diego De Silva: reading letterario con l’autore. Introduce Antonio Pascale. A seguire Aperitivo; ore 21:00 RICOMINCIO DA MASSIMO, monologo-spettacolo di e con Antonio Pascale; ore 22:30 THE NIRO, nome d’arte di Davide Combusti, cantautore e polistrumentista romano, tra le tappe del suo tour ha scelto Contesti.

Carinola – “Contesti”, programma ricco di eventi per la kermesse

Dopo l’attesa delle scorse settimane, finalmente è stato reso noto il programma della kermesse culturale “Contesti – Il Festival dei Libri” che si terrà a Carinola il 18 e 19 dicembre. L’evento promosso dall’associazione “Amici della Biblioteca di Carinola” è giunto alla sua seconda edizione dopo il grande successo dello scorso anno. Lo spirito dell’iniziativa è quello di “promuovere la lettura, creare un ponte agevolato tra autore, testo e lettore”, affermano i ragazzi dell’AABC. “CONTESTI è l’incontro della letteratura con le altre arti che toccandosi, si influenzano a vicenda. Il festival nasce da un’ idea dell’associazione AABC (‘’Amici della Biblioteca di Carinola’’)Biblioteca che da circa tre anni gestisce, in forma di volontariato, la Biblioteca Comunale di Carinola e si impegna nella realizzazione di eventi quali presentazioni di libri, cineforum, mostre, spettacoli teatrali e musicali – spiegano gli organizzatori tramite la loro pagina Facebook – Convinti che la cultura non sia appannaggio esclusivo dei palcoscenici delle grandi città, questo festival è il tratto di unione tra gli eventi annuali, intesi come canali che agevolano la promozione e la diffusione della cultura vissuta in tutte le sue sfaccettature, anche nei piccoli centri come Carinola. CONTESTI è legato all’arte di dire parole, di progettare, sviluppare ed infine porgere idee, attraverso vari incontri che si susseguono in diversi momenti spazio-temporali, così da permettere a tutti di godere di ogni singolo evento. Accanto agli stands delle case editrici e alle presentazioni di libri, ci saranno laboratori, esposizioni di arti illustrative, performances artistiche, teatrali e musicali.I due giorni di festival vedranno susseguirsi laboratori per varie fasce di età, che si svolgeranno in mattinata e nel primo pomeriggio. Contesti -

CONTESTI si svolge nel quattrocentesco Palazzo Novelli-Petrucci, preziosa testimonianza di architettura catalana in Campania, fiore all’occhiello di un paese ricco di monumenti – proseguono –; infatti, nei giorni del festival, saranno garantiti visite guidate nei siti artistici ed archeologici del luogo, a cura dell’ Archeoclub di Carinola. Palazzo Novelli fu costruito per volere di Antonello Petrucci nella seconda metà del ‘400 con l’intervento di maestranze catalane. Restaurato nel 1998, l’edificio conserva l’aspetto che acquisì nel XV secolo, mostrandosi come uno degli esempi più significativi del linguaggio architettonico catalano nella Campania settentrionale. CONTESTI significa arricchire la vita culturale di Carinola e di tutto il territorio con una iniziativa che si ripropone anche quest’ anno rappresenta un ulteriore contributo che l’Associazione degli Amici della Biblioteca ha voluto dare alla realtà locale, perché essa possa crescere e svilupparsi sia culturalmente che socialmente. CONTESTI è il festival dei libri, una finestra sul loro mondo per scoprire nuovi autori, nuovi testi ed avvicinarsi a quelli già noti. Riflettere sulle tendenze e sulle nuove strade che il mercato culturale italiano sta imboccando, per capire come riportare l’arte ad essere un punto fermo della nostra società e della nostre vite. CONTESTI è un discorso aperto che ha bisogno di te per essere vissuto, delle tue orecchie per essere ascoltato”.

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Il programma della manifestazione è ricco di appuntamenti assolutamente da non perdere: – Venerdì 18, ore 11:00 Fuori Catalogo incontra la band The Orange Beach, per un dialogo sul filo rosso che collega la musica ed il libro; ore 15:00 LETTERATURA DISEGNATA, apertura della mostra dedicata al fumetto. Espongono: Enzo Troiano, Giancarlo Covino, Simone Lucciola e Rocco Lombardi, Scuola italiana di Comix, Daniele Bigliardo; ore 15:30 Giancarlo Covino, illustratore e architetto, incontra il pubblico di Contesti per realizzare insieme un fumetto corale; ore 17:30 CADE LA TERRA di Carmen Pellegrino: la scrittrice e abbandonologa parla del suo ultimo lavoro con Concetta Maria Pagliuca di Legenda Letteraria. Mostra fotografica sul tema dell’abbandono a cura di Sara Capomacchia; ore 19:00 EUROPA ANNO ZERO – Il ritorno dei nazionalismi di Eva Giovannini: un dibattito politico attuale con la giornalista, autrice del libro e con la partecipazione di Antonio Pascale; ore 21:30 TRAGICO AMMORE – struggimenti, giaculatorie e smarrimenti: teatro-canzone con Canio Loguercio (voce e chitarra) e Alessandro D’Alessandro (organetto- live electronics). A seguire dj-set. – Sabato 19, ore 11:00 RICEVERE I CLASSICI: il mito della tragedia greca sulla scena contemporanea: il drammaturgo Francesco Puccio discute sul tema della ricezione dei classici nel mondo contemporaneo; ore11:30 Visite guidate al centro storico di Carinola a cura dell’Associazione Archeoclub; ore 15:00 COSTRUIAMO UN LIBRO laboratorio per bambini a cura di Artétèca at work: i più piccoli si avvicinano alla dimensione fisica del libro realizzandone uno a mano; 15:00 I MIEI GENITORI NON HANNO FIGLI di Marco Marsullo: l’autore presenta il suo ultimo libro con la giornalista Lidia Luberto; ore 15:30 Visite guidate al centro storico di Carinola a cura dell’Associazione Archeoclub; ore 17:30 L’ODORE DELLA POLVERE DA SPARO di Attilio Coco: lo scrittore discute del suo libro con il Prof. Filippo Ianniello; ore 19:00 TERAPIA DI COPPIA PER AMANTI di Diego De Silva: reading letterario con l’autore. Introduce Antonio Pascale. A seguire Aperitivo; ore 21:00 RICOMINCIO DA MASSIMO, monologo-spettacolo di e con Antonio Pascale; ore 22:30 THE NIRO, nome d’arte di Davide Combusti, cantautore e polistrumentista romano, tra le tappe del suo tour ha scelto Contesti.

“The Wall”, 36 anni fa il capolavoro che cambiò per sempre la musica

36 anni fa uscì l’album che ha rivoluzionato per sempre la musica. “The Wall” dei Pink Floyd. Era il 30 novembre del 1979 quando David Gilmour, Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason pink 6(storica formazione della band della quale faceva parte in precedenza Syd Barrett) raggiungono la popolarità mondiale grazie alla pubblicazione di un capolavoro assoluto: pietra miliare del rock (inizialmente molto psichedelico poi nettamente progressive). La band era attiva dalla metà degli anni sessanta ed era venuta già alla ribalta per lavori quali Atom Heart Mother e Meddle e si afferma a livello mondiale con The Dark Side of the Moon, Wish you were here e Animals. “The Wall” fu l’album più venduto negli Stati Uniti d’America nel 1980. Il successo planetario fu ottenuto grazie anche al tour colossale che ne seguì e all’uscita dello storico film “Pink Floyd The Wall”,pink 2pink 5 regia di Alan Parker, con le “rivoluzionarie” animazioni di Gerald Scarfe e l’interpretazione di Bob Geldof nel ruolo del protagonista “Pink”. Il personaggio fittizio del film pink 3(basato probabilmente su Roger Waters e in parte su Barrett) è un artista che, anche a causa dei tragici avvenimenti della propria esistenza (la morte del padre in guerra durante i suoi primi mesi di vita, la disumanizzante spersonalizzazione della scuola, l’iperprotettività della madre, l’alienante vita da rockstar, le grottesche avance delle groupie, il divorzio dalla moglie), si chiude in un muro psicologico, protettivo ed invalicabile, che lo soffoca inesorabilmente, trascinandolo ai limiti della follia.pink 4 Con il film Waters denuncia la perdita di identità delle masse degli adolescenti che è determinata e sfruttata anche dal sistema delle rock star, il cui seguito acritico potrebbe, addirittura richiamare gli incubi del nazismo. “In the flesh?”, “The Thin Ice”, “Another brick in the wall” part. 1,2 e 3, “The Happiest Days of Our lives”, “Mother”, “Empty Space”, “Young Lust”, “One of my turns”, “Don’t live me now”, “Goodbye cruel world”, “Hey you”, “Is there anybody out there?”, “Nobody home”, “Vera”, “Bring the boys back home”, “Comfortably numb”, “The show must go on”, “In the flesh”, “Run like hell”, “Waiting for the worms”, “Stop”, “The trial”, “Outside the wall”, “Masters of ceremonies”, “What shall we do now?”, “The last few bricks”, sono le 28 meraviglie (per stile, tecnica, arraggiamenti, parole con le quali artisticamente e musicalmente si sono raggiunte vette altissime mai più raggiunte) dell’album che ha cambiato per sempre il modo di fare ed ascoltare musica nel mondo.

“Contesti”, a dicembre la rassegna dedicata ai libri

Si svolgerà i prossimi 18 e 19 dicembre la nuova edizione di “Contesti – Il Festival dei Libri”. La manifestazione è promossa dall’Associazione Amici della Biblioteca di Carinola e si svolgerà presso Palazzo Novelli. Una due giorni dedicata al mondo della cultura e che vedrà la partecipazione di numerosi autori emergenti e affermati provenienti da tutta Italia e non solo, i quali avranno l’opportunità di presentare le proprie opere e dibattere sullo stato dell’arte della scrittura in Italia. Un appuntamento al quale presenzieranno anche autorevoli esponenti locali e regionali del mondo della cultura e delle istituzioni. Gli organizzatori stanno lavorando in questi giorni alla stesura del programma che resta per il momento top-secret. Tra le uniche “certezze” la chiusura della manifestazione con un concerto (lo scorso anno si esibirono i Freak Opera). Per ulteriori informazioni, contattare gli organizzatori e seguire passo dopo passo l’evoluzione della manifestazione, sono consultabili le pagine Facebook “Contesti – Il Festival dei Libri” e “Biblioteca Carinola”  ed il sito internet www.contestifestival.itPalazzo Novelli