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Ruvido e graffiante: Ivan Graziani, ‘Il Chitarrista’ di Dio

Chitarra graffiante, unica. Ivan Graziani manca immensamente alla musica italiana. Il “chitarrista” per eccellenza è protagonista indiscusso della musica italiana. Un cantautore “ruvido” capace però di innovare il rock italiano. Tra i principali virtuosi della chitarra, Ivan Graziani muove i primi passi a metà anni ’60 con la band “Anonima Sound” con i quali incide i primi 45 giri e partecipa al “Cantagiro”. L’album del debutto da solista è “La città che vorrei” del 1973 al quale seguono “Desperation” e Tato Tomaso’s Guitars” (quest’ultimo omaggio al figlio appena nato Tommaso).Ivan_Graziani 1 In quegli anni Graziani collabora come turnista e autore con numerosi gruppi e cantanti affermati. Tra le collaborazioni principali figurano quelle con Herbert Pagani, la PFM-Premiata Forneria Marconi, Lucio Battisti, Francesco De Gregori, Antonello Venditti. In scuderia con l’etichetta “Numero Uno”, Ivan inizia ad ottenere i primi successi personali con l’album “Ballata per quattro stagioni”. Il successo vero arriva però con la canzone “Lugano Addio” e “I Lupi”. L’anno seguente esce “Pigro” che contiene oltre al brano omonimo anche “Monna Lisa”, “Paolina”, “Gabriele D’Annunzio”. Segue il primo vero tour in giro per l’Italia. Nel 1979 esce “Agnese dolce Agnese” che contiene perle quali “Taglia la testa al gallo”, “Fuoco sulla collina”,Ivan-Graziani 2 “Dr. Jekyll & Mr. Hyde” e “Canzone per Susy”. Nel 1980 esce l’album “Viaggi e intemperie” che contiene il brano “Firenze (canzone triste)” considerato il suo più famoso successo. Seguono gli album “Seni e coseni”, il live “Parla tu”, e “Nove” con gli arrangiamenti di Celso ValliIvan-Graziani 4 considerato da Ivan il suo album più bello. Intanto nel 1985 aveva partecipato al Festival di Sanremo con il brano “Franca ti amo”. Tornerà a Sanremo nel 1994 con la canzone “Maledette malelingue” (etichetta Carosello). Nel 1991 usciva l’album “Cicli e tricicli”. Poi a soli 57 anni,ivan_graziani5 stroncato da un tumore, Ivan Graziani muore. L’artista, originario di Teramo, fu seppellito insieme alla sua amata Gibson. “Signore è stata una svista, abbi un occhio di riguardo per il tuo chitarrista” recita uno dei suoi versi più famosi. E un occhio di riguardo poteva anche averlo nei confronti del pubblico lasciandoci godere ancora della bravura e della musica di Ivan. In fondo però resta sempre nei nostri cuori con la sua chitarra, consegnato all’immortalità.ivan-graziani 3

Il 2016 è l’Annus Horribilis della Musica, addio al grande Prince

E’ davvero un “Annus horribilis” il 2016 per la musica. Da pochi giorni ci ha lasciato un altro grande artista: Prince. Sulla sua morte aleggiano ancora dei misteri, le indagini sono in corso per stabilire le cause effettive del decesso del cantante simbolo degli anni ’80. Prince è solo l’ultimo di una serie di recenti gravi lutti nel mondo della musica.prince 1 L’anno nero si era aperto con la scomparsa del “Duca Bianco”, David Bowie. Pochi giorni prima era morto Michel Delpech noto cantante francese degli anni ’60. Glenn Frey storico componente e fondatore degli “Eagles” (celebre la sua “Hotel California”), Paul Lorin Kantner membro dei Jefferson Airplane e fondatore dei Jefferson Starship, Dan Hicks (Daniel Ivan Hicks), il brasiliano Naná Vasconcelos, gli statunitensi Ernestine Anderson, Steve Young, Billy Paul, il celebre sassofonista argentino Leandro “Gato” Barbieri, ( suo l’assolo in “Sapore di sale” di Gino Paoli e la colonna sonora del film “Ultimo tango a Parigi), fino al nostro Gianmaria Testa (cantautore italiano molto conosciuto e amato in Francia): sono tutti morti in questi primi mesi del 2016. E infine l’ultima tragica notizia della scomparsa di Prince Rogers Nelson. Il nome Prince deriva dal nome della band dove il padre suonava, ovvero i “Prince Rogers Trio”. Polistrumentista ma in particolare ottimo chitarrista, Prince inizia la sua carriera nel 1978 con l’album “For you” che gli vale il titolo di nuovo Stevie Wonder. Il successo mondiale arriva nel 1984 con il brano “Purple Rain” , pietra portante della colonna sonora dell’omonimo film che riceverà non a caso il premio Oscar.prince 3 Il film e la canzone suscitarono all’epoca non poche polemiche negli Stati Uniti per le frasi spinte in essi contenute (da qui nacque il logo “Parental Advisory – Explicit Lyrics” (“Avviso per i genitori: contiene testi espliciti”), impresso sulle copertine di ogni album con contenuti ritenuti “delicati” per i minori). Altro grande successo l’anno seguente, nell’85, con Around the World in a Day che contiene brani come Paisley Park e Raspberry Beret. Seguirono poi le famose collaborazioni con il leggendario trombettista statunitense Miles Davis che definì Prince il nuovo Duke Ellington. Seguiranno tour e concerti in tutto il mondo e la collaborazione all’album Like a Prayer di Madonna. Gli anni ’90prince 2 vedono un durissimo contenzioso tra Prince e la sua casa discografica, il colosso Warner Bros che in realtà è proprietaria dei “masters” e del nome “Prince”. Il cantante si farà chiamare verso la fine degli anni ’90 “The Artist” (uno dei tantissimi pseudonimi utilizzati dall’artista nella sua carriera) proseguendo il contenzioso con la “sua” casa discografica. In questi anni Prince pubblica altri capolavori assoluti: Sexy Mf, Damn U, The Continental, 7, Chains O’ Gold, The Sacrifice of Victor. Successivamente pubblica l’album Newpower Soul, firmato dai New Power Generation, che esce per la casa discografica EMI corredato da una traccia nascosta: Wasted Kisses, canzone dedicata al figlio morto. Nel 2004 in occasione del ventennale dall’uscita di “Purple Rain”, Prince pubblica l’album Musicology. Poi ancora concerti e tour mondiali e tanti altri album e brani che vedono Prince sempre nelle prime posizioni delle classifiche internazionali.prince 4 Nel 2010 esce “20ten”, Nel 2014 esce con due album, “Plectrum Electrum” firmato con la banda di appoggio 3rdeyegirl e “Art Official Age” (quest’ultimo primo album non interamente prodotto da Prince). Il 21 aprile scorso il triste epilogo di una carriera artistica superba: Prince viene ritrovato senza vita in un ascensore all’interno del complesso di Paisley Park, sua residenza situata a Chanhassen alle porte di Minneapolis, all’età di 57 anni. La causa della morte è inizialmente attribuita ad un’overdose di oppiacei.prince 5 Nei giorni seguenti si diffonde l’indiscrezione secondo la quale l’artista sarebbe morto per complicazioni derivanti dall’AIDS contratta nei primi anni ’90. Ai fan di tutto il mondo resterà un patrimonio musicale unico dovuto alla fusione di diversi stili come funk, rock classico e pop, ma anche rap e rock sinfonico, senza dimenticare le influenze della dance rock, della disco music e perfino della musica psichedelica.

Tu chiamale se vuoi … omaggio a Lucio Battisti

Non è facile scrivere di una figura musicale immensa come quella di Lucio Battisti. Non basterebbe un’enciclopedia per cercare anche solo superficialmente di comprendere l’opera di colui che incarna la musica leggera italiana. Battisti è la musica italiana, su questo non si discute. Molto altro si potrebbe scrivere sull’uomo e sui “misteri” che lo avvolgono. Non è questa la sede. Molto più prezioso e interessante è il lascito artistico alla musica e dunque a tutti noi.Lucio2 A pochi giorni dall’anniversario della nascita (5 marzo 1943), è giusto ricordare la figura di un cantante che ha segnato e segna la musica non solo italiana. Un innovatore che non ha mai intaccato la tradizione, anzi da essa ha attinto a piene mani. Battisti melodico ma anche rivoluzionario, semplice e complesso, pop,rock e sperimentale e tanto altro ancora. Chitarrista autodidatta, Battisti inizia a farsi strada nella musica negli anni ’60 non senza incomprensioni in famiglia (il padre era contrario ad una eventuale carriera musicale). Prima esperienza significativa sarà quella con I Campioni di Roby Matano. Battisti sarà il chitarrista del gruppo che si esibirà anche all’estero. In quegli anni nasce il brano che poi diventerà Mi ritorni in mente. Nel 1965 Battisti farà l’incontro che gli cambierà per sempre la vita.Battisti-e-Mogol2 Conosce Giulio Rapetti, in arte Mogol, autore della celebre casa discografica Ricordi. Arrivano i primi brani quali Dolce di Giorno (cantata dai Dik Dik) e Per una lira (eseguita dai Ribelli di Demetrio Stratos), brano già innovativo per l’epoca. Nel 1967, Mogol e Battisti sono gli autori del brano 29 settembre che, interpretato dall’ Equipe 84 e più volte trasmesso nel programma radiofonico Bandiera gialla, si classificò al primo posto nella hit parade. Sempre nel 1967, sono ancora una volta autori di un altro brano interpretato e portato al successo dall’Equipe 84, Nel cuore, nell’anima; per l’ex Camaleonte Riki Maiocchi poi scrissero la celebre Uno in più. Nel 1968 partecipa al Cantagiro con la canzone Balla Linda. Il grande successo arriva l’anno seguente. Nel 1969 Battisti viene alla ribalta del grande pubblico grazie alla prima e unica partecipazione al Festival di Sanremo con la canzone Un’avventura, in cui combina la melodia italiana con le atmosfere e i suoni del rhythm and blues. Dello stesso anno è il brano Non è Francesca.Lucio4 Seguiranno i brani Acqua azzurra, Acqua chiara ( con il quale vincerà nettamente il Cantagiro ’69) e Dieci ragazze. Battisti ha una grande intuizione: fonda insieme a Mogol una casa discografica indipendente, la Numero Uno. Del progetto della nuova scuderia fanno parte la Formula 3, Bruno Lauzi, Edoardo Bennato, Adriano Pappalardo, Oscar Prudente e tanti altri (passerà ancora del tempo prima che Battisti possa lavorare con la nuova etichetta poiché era legato ancora da obblighi contrattuali con la Ricordi). A fine anno arrivano anche i brani Mi ritorni in mente e 7 e 40. Altri due grandi successi.lucio5 Per tutti gli anni ’70 e gli inizia degli anni ’80 Battisti sarà il Re indiscusso della musica italiana. Costantemente primo in classifica davanti anche a mostri sacri della musica internazionale come i Pink Floyd. Un successo incredibile, senza precedenti. Il tempo di morire, Fiori rosa, fiori di pesco, Emozioni, Anna, caratterizzano il 1970. L’anno seguente, 1971, pubblica Pensieri e parole (tra le sue “perle” più grandi), Eppur mi son scordato di te (cantata dalla Formula 3) e la hit per eccellenza: La Canzone del sole.Lucio3 Fioccano intanto le partecipazioni alle trasmissioni televisive della Rai, i concerti, le trasmissioni radiofoniche. Nel ’72 si segnalano I Giardini di Marzo e Comunque bella. Nel ’73 esce l’album Il nostro caro angelo, caratterizzato dal brano omonimo e da La collina dei ciliegi. Il ’73 è anche l’anno di un altro brano epico: Il mio canto libero. Nel 1974, dopo un viaggio in America latina con Mogol, esce l’album Anima latina. Tra il 1975 e il 1980 Battisti pubblica altri album importantissimi quali Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera caratterizzato dal brano Ancora tu. Del ’77 sono invece Amarsi un po’ e Si viaggiare. Nel 1978 escono Una donna per amico e Nessun dolore, brani dove l’influenza dell’elettronica e dei nuovi stili d’oltreoceano iniziano a farsi sentire, mentre l’anno seguente, il 1980, vedono la luce Una giornata uggiosabattisti-mogol (brano che dà il titolo all’omonimo album) e Con il nastro rosa. Questo sarà l’ultimo album in collaborazione con Mogol. I due dopo tanti anni di lavoro e di incredibile esperienze umane (come la passeggiata a Cavallo Roma –Milano del 1970) si separano. Finisce un’era, per qualcuno finisce la musica leggera italiana come era stata conosciuta sino ad allora. Battisti segue un altro percorso, vuole sperimentare. Incontra Pasquale Panella che diventerà il suo nuovo autore. Personaggio complesso, Panella metterà la sua firma per album quali Oh!Era ora, E già, Don Giovanni, L’apparenza, La sposa occidentale, Cosa succederà alla ragazza. Album innovativi sia nelle musiche che nei testi.panella Battisti spariglia, sperimenta, fa arrabbiare critica e fan, ma alla fine vince e cambia ancora una volta la musica italiana. Intanto la sua vita cambia con essa. Già da diversi anni, pur continuando a pubblicare album e scrivere canzoni, aveva abbandonato la scena pubblica custodendo gelosamente la propria vita privata, cercando, in uno sforzo titanico,Lucio1 di tenerla lontana dalla voracità e eccessiva invadenza dei media. L’Italia e il mondo piangeranno la scomparsa di Lucio il 9 settembre del 1998. E la musica non sarà più la stessa. Il ricordo invece sarà indelebile grazie anche ai numerosi artisti che ancora oggi si ispirano al suo stile e alle sue splendide canzoni rendendogli omaggio.Mogol

“Hai visto Lucio? Ce l’abbiamo fatta !”. Gli Stadio vincono Sanremo nel segno di Dalla

Un sodalizio che ha certamente raggiunto il suo apice sabato scorso ma che rappresenta molto più di una vittoria: gli Stadio vincono il Festival di Sanremo nel segno di Lucio Dalla. Una storia appassionante, un mix di emozioni reciproche artista/artisti-pubblico che resta nei cuori degli ascoltatori. Gli Stadio, composti nella formazione originale, da Gaetano Curreri (voce e tastiera), Giovanni Pezzoli (batteria), Roberto Drovandi (basso elettrico), Andrea Fornili (chitarra) hanno vinto la prestigiosa e più importante manifestazione musicale nazionale con il brano “Un giorno mi dirai”. stadioLi immaginiamo tempo fa in compagnia di Lucio in qualche bar bolognese: “Vedrai, vedrai… un giorno ci dirai”, a scommettere sul loro destino inevitabilmente legato a quello del grande cantautore.dalla4 Fu proprio Dalla a dare loro il nome “Stadio”. Era la fine degli anni ’70 e gli Stadio erano il gruppo spalla di Lucio Dalla. Il tour ‘Banana Republic’, che vede Dalla al fianco di Francesco De Gregori, è il trampolino di lancio della band che da lì in poi inizierà a mietere grandi successi. La prima esperienza degli Stadio con Lucio risale però all’album Anidride solforosa del 1975 seguita poi dall’incisione di “Com’è profondo il mare”. Nel 1981 nascono ufficialmente gli Stadio che accompagneranno ancora una volta Dalla nella sua tourné estiva proponendo anche le loro prime due canzoni:dalla3 ‘Grande figlio di puttana’ e ‘Chi te l’ha detto’. Le due canzoni furono inserite anche nella colonna sonora del film ‘Borotalco’ di Carlo Verdone. Nel 1983 esce il 45 giri che segnerà la loro carriera: Acqua e sapone, per l’omonimo film sempre di Carlo Verdone. Ormai gli Stadio sono una band importante del panorama musicale italiano e l’anno seguente, nel 1984, si esibiscono per la prima volta all’Ariston. Purtroppo arriveranno ultimi con il brano “Allo stadio”. Dall’esperienza sanremese verrà fuori l’Album “La faccia delle donne”. Ma il riscatto arriva pochi mesi dopo. Alla fine dello stesso anno esce infatti “Chiedi chi erano i Beatles”, vera e propria pietra miliare del repertorio della band. Un successo clamoroso. Un brano immancabile nei loro tour e concerti. Nel febbraio 1986 gli Stadio tornano nuovamente a Sanremo con il brano Canzoni alla radio, con la quale per la seconda volta consecutiva si classificano ultimi. Nell’album omonimo che segue sono incluse Lunedì Cinema, già da alcuni anni sigla di apertura di Lunedifilm, rubrica del lunedì sera dedicata da Rai Uno alla trasmissione di grandi film, Incubo assoluto (scritta per loro da Roberto “Freak” Antoni) e Giacche senza vento. stadio4dalla 1Nello stesso anno gli Stadio accompagnano nuovamente Lucio Dalla nel grande e epico tour negli USA “DallAmeriCaruso”. Ennesimo trionfo del cantautore bolognese accompagnato dai fedelissimi Stadio. Nel 1987 esce la raccolta “Canzoni alla Stadio”. Gli anni ’90 sono anni di intense collaborazione (da Bergonzoni, che tura i titoli, a Luca Carboni, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Edoardo Bennato, Vasco Rossi e Saverio Grandi, quest’ultimo ancora oggi loro autore principale). Nel 1991 gli Stadio vincono il loro primo “disco d’oro” con il singolo Generazione di fenomeni sigla del telefilm di Rai 2 I Ragazzi del muretto che anticipa album Siamo tutti elefanti inventati (ritenuto dai critici il più riuscito insieme a La faccia delle donne). stadio3dalla5Nel 1999 avviene la loro terza partecipazione al Festival di Sanremo con il brano Lo zaino scritto per loro da Vasco Rossi: stavolta arriveranno quinti. Ad inizio anni 2000, esattamente nel 2002 arriva uno dei loro ultimi grandi successi: “Sorprendimi”, subito in vetta alle classifiche. Il brano è presente nell’album“Occhi negli occhi” e ancora oggi è considerata una delle più belle canzoni del gruppo. Nel 2007 ancora una partecipazione a Sanremo con la canzone “Guardami”. Nel 2012 il gruppo festeggia i 30 anni di carriera. Intanto album, concerti, tour. E infine la vittoria, la più dolce , la più gradita. Non è stato certo un caso se nella serata sanremese dedicata ai duetti gli Stadio si sono presentati con una bellissima cover de “La sera dei miracoli”.dalla2 stadio5

Lucio torna sempre. Una sua foto (con la quale gli Stadio dialogano) alle loro spalle accompagna l’esibizione. Per l’occasione, il gruppo si è riunito nella sua formazione originale, da Ricky Portera col cappello da Generale Custer a Marco Nanni, seduto in platea. Un successo che premia un sodalizio quarantennale che ha donato tanto alla musica italiana. stadio2Sul viso degli Stadio nel corso della premiazione sembrava stampa la frase: “Hai visto Lucio? Ce l’abbiamo fatta!”. Si, alla fine gli Stadio (e Lucio) hanno vinto.

David Bowie, l’ultima nota del “Duca Bianco”

Grande commozione per la scomparsa del “Duca Bianco”. Anche per David Bowie, come per tanti altri grandi della musica, più che durante la carriera artistica, è la morte ad aver acceso i riflettori della critica e dell’opinione sulla sua opera. I fan di tutto il mondo hanno appreso con la sua scomparsa della lotta contro il cancro che dopo 18 mesi lo scorso 10 gennaio, a 69 anni, ha fatto calare il sipario sulla sua esistenza. Bowie5L’8 gennaio ironia della sorte, era uscito il suo ultimo album “Blackstar”, un vero e proprio testamento. Mentre impazzano le polemiche circa una sua “morte assistita”, addirittura “pianificata” (Ivo Van Hove, il regista del musical Lazarus, scritto da Bowie, in un’intervista alla radio olandese Nos non eslude che il cantautore possa essere stato aiutato per l’ultimo passo. In attesa di eventuali disposizioni testamentarie,si stima che la sua fortuna si aggiri intorno ai 230 milioni di dollari e l’eredità dovrebbe essere divisa tra la seconda moglie Iman, il figlio Dancun, 44 anni, regista, avuto dalla prima moglie Marie Angela Barnett, e la figlia di 15 anni, Alexandria Zahra, nata dal secondo matrimonio), il mondo esprime il suo cordoglio in particolar modo attraverso i social network. Le foto e le canzoni di Bowie praticamente sono ovunque (spesso non senza ipocrisie), meritatamente. La carriera di Bowie è stata folgorante e istrionica, come il personaggio stesso. Vero portavoce della “libertà sessuale”, con le sue maschere e personaggi bisessuali e androgine, Bowie si “trasforma” continuamente, anche artisticamente, cercando sempre nuovi “alter ego”. David Robert Jones (il vero nome di Bowie) nasce a Brixton, Londra, l’8 gennaio del 1947 e pubblica il primo singolo Can’t help thinking about me nel ’66 con i The Lower Third. bowie 3In precedenza, a metà del 1962, David e George Underwood si uniscono ad altri studenti che suonano in un trio chiamato The Kon-rads, che esegue cover. È in questo periodo che, durante un litigio a causa di una ragazza, Underwood colpisce David con un pugno all’occhio sinistro causandogli una midriasi permanente e lasciandolo con una percezione alterata della profondità e della luce. Per questo motivo l’occhio sinistro di David verrà spesso erroneamente creduto affetto da eterocromia. Bowie ha attraversato cinque decenni di musica rock, ora come Ziggy Stardust, ora come Halloween Jack, Nathan Adler o The Thin White Duke (il “Duca Bianco”). Dal folk acustico all’elettronica, passando attraverso il glam rock, il soul e il krautrock, Bowie ha inevitabilmente influenzato molti artisti che sono venuti successivamente alla ribalta. Nel 1967 l’incontro cruciale per la sua carriera, quello con Lindsay Kemp. Dall’artista apprende i segreti della teatralità, della mimica, dell’uso del corpo, elementi fondamentali della sua personalità artistica che si affermerà attraverso le sue tante “personalità”. Dopo tante collaborazioni e fasi “sperimentali” (anche nel cinema e nel teatro), arriva il primo vero successo musicale di Bowie: Space Oddity, uscito l’11 luglio 1969, dopo sole tre settimane dall’incisione e in tempo per l’impresa dell’Apollo 11. La vera esplosione di David Bowie avviene però con l’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars del 1972 (fondamentali per il nuovo corso di Bowie risultarono in quegli anni i contatti con l’artista Andy Warhol, Lou Reed dei Velvet Underground e Iggy Pop, altri miti indiscussi), in cui è accompagnato dal gruppo musicale eponimo The Spiders from Mars, che contiene una enorme fetta dei suoi classici, da Starman a Moonage Daydream, da Rock ‘n’ Roll Suicide a Ziggy Stardust, brani immancabili nei suoi concerti. David Bowie in 1973Lo “Ziggy Stardust Tour”, iniziato il 10 febbraio 1972 al Toby Jug di Tolworth, con 103 date in 60 città, ideato per promuovere l’album omonimo, è un successo clamoroso. Il disco, letteralmente venerato, racconta la storia del primo dei suoi alter ego scenici, Ziggy Stardust, un extraterrestre bisessuale e androgino trasformato in rockstar. Dopo Station to station (’76) e The Thin White Duke (’76). In quell periodo David si trasferì in Svizzera acquistando uno chalet sulle colline a Nord del Lago di Ginevra. Nel nuovo habitat, il suo consumo di cocaina incrementò ancora di più, causandogli seri problemi di salute. Per distrarsi dallo stress dell’ambiente musicale, Bowie iniziò a dipingere, producendo svariate opere post-moderniste. In tour, prese l’abitudine di portarsi un blocco degli schizzi per disegnare quando preso dall’ispirazione, e fotografare qualsiasi cosa colpisse la sua immaginazione. Visitando gallerie d’arte a Ginevra e il Brücke-Museum di Berlino. Successivamente Bowie lascia Los Angeles dove era rientrato e si trasferisce a Berlino. Con la collaborazione di Brian Eno registra tre degli album più importanti della sua carriera, Low, Heroes e Lodger, la cosiddetta “Trilogia di Berlino”. bowie4Nella capitale tedesca riesce a liberarsi dalla cocaina e inaugura gli anni Ottanta con una nuova, clamorosa svolta stilistica che gli frutterà il più grande successo commerciale della sua discografia, Let’s Dance, un raffinato viaggio attraverso il rock’n’roll, il funky, la dance più elegante. Nel 1981 Bowie collabora con i Queen per la preparazione del loro album Hot Space, nello specifico, per la traccia Under Pressure, estratta poi come singolo. Il duetto si rivela un grosso successo, diventando il terzo singolo numero 1 di Bowie in Inghilterra. Sempre nel 1981 David ottiene il ruolo principale nell’adattamento televisivo della BBC dell’opera di Bertolt Brecht Baal. In contemporanea con la messa in onda del programma, viene pubblicato un EP a cinque tracce con brani tratti dal lavoro teatrale incisi a Berlino, intitolato David Bowie in Bertolt Brecht’s Baal. L’anno precedente, il 1980, Bowie fa un’apparizione cameo nel film tedesco Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, basato sulle esperienze dei giovani tossicodipendenti berlinesi negli anni settanta. La colonna sonora del film è dello stesso Bowie. Tra le altre principali apparizioni cinematografiche si ricordano quella in Furyo di Nagisa Oshima del 1983, Absolute Beginners e Labyrinth del 1986 fino a Basquiat di Julian Schnabel del 1996, nel quale ha interpretato il ruolo di Andy Warhol. Gli anni 2000 lo vedono lontano dalle scene. Il suo penultimo album fu The Next Day del 2013, contente inediti. bowie 1Nel 2007 ha ricevuto il Grammy alla carriera, nel 2008 era stato inserito al 23º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo la rivista “Rolling Stone”. Se sui costumi del personaggio (in particolare il periodo del consumo di droghe, così come per tanti suoi colleghi) si può discutere, il “vuoto” artistico lasciato da Bowie sarà incolmabile. Precursore e innovatore con una lungimiranza che oggi sembra inesistente nel panorama musicale. bowie6Intanto sono già iniziati i preparativi per il concerto tributo che si terrà il 31 marzo alla Carnegie Hall a New York. Tra gli artisti ci saranno The Roots, Cyndi Lauper, the Mountain Goats, Heart’s Ann Wilson, Perry Farrell, Jakob Dylan.

“Se io avessi previsto tutto questo…”, l’ennesima sorpresa di Guccini

“Se io avessi previsto tutto questo…”, e infatti non lo aveva previsto affatto l’ennesimo successo delle sue canzoni. Una vera sorpresa natalizia l’ultima raccolta di Francesco Guccini chiamata appunto “Se io avessi previsto tutto questo – Gli amici, la strada, le canzoni” che si attesta alla decima posizione nella classifica mensile degli album più venduti. Una raccolta composta da due box da 4 e 10 cd (versione Deluxe e Super Delux), con inediti, registrazioni in studio, rarità e live introvabili, uscita lo scorso 27 novembre. guccini3La pubblicazione ripercorre la carriera intensa e ricca del cantautore (il “Cantautore” per eccellenza) bolognese. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando il “Professore” collaborava come cronista con la “Gazzetta di Modena” (suo primo vero lavoro) e dalla pubblicazione del primo Lp “Folk beat n. 1” (in precedenza aveva fondato/collaborato con diversi gruppi tra questi il celebre “I Gatti”) per poi divenire il “faro” dei cantautori, baluardo di un mondo, e dei suoi valori, che oggi sembra essere scomparso. guccini4Generazioni e generazioni hanno cantato e suonato i suoi “gioielli”: da “Auschwitz”, a “Dio è morto”, da “L’Avvelenata” a “Canzone per un’amica”, da “La Locomotiva” a “Incontro”, da “Piccola città” (dedicata alla sua natia Modena) a “Il Vecchio e il bambino”, da “Eskimo” a “Quello che non…”, passando per “Via Paolo Fabbri 43” (indirizzo della residenza bolognese di Guccini) fino alle recenti “Autunno”, “Don Chisciotte”, e tantissime altre. Una carriera “immensa” ricchissima anche di collaborazioni illustri: da Lucio Dalla, a Samuele Bersani, da Caterina Caselli a Claudio Baglioni, da Ligabue a Giorgio Gaber, da Francesco Guccini a Claudio Lolli, da Maurizio Vandelli dell’Equipe ’84 a Augusto Daolio. Proprio i Nomadi sono stati tra i principali artefici della diffusione del repertorio e del successo di Guccini. guccini2Storico infatti l’album “Album Concerto” registrato dal vivo e cantato a due voci proprio con Daolio. Un’opera “monumentale” quella di Guccini che vanta anche esperienze in altri campi quali cinema e teatro. Ma è soprattutto la “scrittura” che non abbandona mai Francesco. Se da tempo ha messo la chitarra nella custodia, il modenese dalla inconfondibile “r” moscia, idolo da sempre della sinistra (lui che si professava anarchico pur moderandosi negli ultimi tempi) continua la sua produzione letteraria. guccini5Esistenzialismo, metafisica, linguaggio colto e popolare sono le caratteristiche principali della sua poetica e che parla al cuore e alla mente delle persone. Lo scorso 3 novembre è uscita infatti la raccolta di racconti montanari, “Un matrimonio, un funerale, per non dire del gatto” , con in cantiere già il prossimo giallo, l’ottavo con Loriano Macchiavelli, il protagonista, tra gli elfi, “gli hippy venuti a vivere tra noi sulle montagne negli anni ’70”. guccini6Protagoniste sempre le montagne, i suoi adorati Appennini. Dunque “Se io avessi previsto tutto questo…” non solo può essere un gradito regalo da fare in queste festività ma rappresenta il meglio dagli studio album, con inediti riscoperti, tante collaborazioni e rarità, live memorabili introvabili. E inoltre contiene un book con foto e introduzioni ai brani scritti dallo stesso artista. guccini7Forse non lo può (possiamo) prevedere, ma certamente Guccini sarà cantato e suonato ancora a lungo anche dalle generazioni future.

De Andrè, le poesie ‘In Studio’ dell’ “Amico Fragile”

Può sembrare soltanto l’ennesima raccolta per celebrare un grande artista, ma quando si parla di Fabrizio De Andrè non si può essere e non si è mai banali. “Fabrizio De André. In studio” è uscita da pochi giorni ed è già diventata un “cult”.faber2 La raccolta presenta infatti l’intera discografia in studio del cantautore e poeta genovese. Tredici album, da “Volume 1” del 1967 ad “Anime salve” del 1996, con tutti i capolavori che il pubblico non ha mai smesso di amare, da “Bocca di rosa” a “Un giudice”, dalla “Canzone del maggio” a “Giugno ’73”, da “Creuza de mä” alla “Domenica delle salme”. Inoltre essa contiene 200 pagine con magnifiche foto, interviste d’epoca, testimonianze dei collaboratori (giganti come Gian Piero Reverberi, Franz Di Cioccio, Nicola Piovani, Francesco De Gregori, Massimo Bubola, Mauro Pagani, Ivano Fossati). Infine include un cd con i singoli che mai uscirono nei dischi originali, come “Il fannullone”, “Geordie” e “Il pescatore”. Il tutto a 99 euro. La storia della musica italiana è stata cambiata radicalmente dall’avvento di De Andrè. faber6In Italia Fabrizio ha avuto lo stesso effetto che ebbe Bob Dylan negli Stati Uniti e poi nel mondo intero. In un solo colpo spazzò via schemi, canoni e banalità tipiche della musica italiana tradizionale e “leggera”. Ispirato proprio da Dylan e Leonard Cohen e soprattutto dalla scuola degli “chansonnier” francesi, Georges Brassens su tutti, con le sue “ballate” ha squarciato il velo (spesso di ipocrisie) della musica italiana e aperto nuovi orizzonti che ancora oggi influenzano molti artisti contemporanei. faber8De Andrè è un punto fermo, imprescindibile e inossidabile per chiunque voglia avvicinarsi al mondo della “canzone” che nell’artista ligure muta e si trasforma quasi sempre in pura poesia. Un processo di “sublimazione” costante e reversibile che fa scoprire all’orizzonte dell’ascoltatore mondi sempre nuovi. Le ballate medievali o la tradizione provenzale, l’“Antologia di Spoon River” o i canti dei pastori sardi, Cecco Angiolieri o i Vangeli apocrifi, i “Fiori del male” di Baudelaire o il Fellini dei “Vitelloni”, sono alcuni dei “mondi” che vengono rievocati da De Andrè con la sua proverbiale e dissacrante ironia. Frammenti che restano impressi e rivivono nelle coscienze ad ogni ascolto. Innovatore d’eccezione, senza dimenticare mai le radici. Il “dialetto” infatti diviene successivamente fondamentale nella produzione artistica di Faber.faber9 “Crueza de ma” è la pietra miliare di un genere, la “world music italiana”(ovvero la riscoperta dei ritmi popolari in chiave “moderna” attraverso una “mescolanza” di suoni e strumenti ), che dopo sarebbe esploso definitivamente. Nato dalla collaborazione con Mauro Pagani e scritto integralmente in genovese, “l’idioma neolatino piu’ ricco di fonemi arabi” (per via della storia di gloriosa Repubblica Marinara di Genova e dei suoi abili mercanti per secoli a stretto contatto col mondo arabo) è un la descrizione perfetta e ideale di un “piccolo mondo antico” ovvero la sua amata Genova (dove nasce il 18 febbraio del 1940) che aveva “la faccia di tutti gli esclusi conosciuti nella citta’ vecchia, le ‘graziose’ di via del Campo, i fiori che sbocciano dal letame”. faber3De Andrè pur essendo nato da una famiglia borghese, ha sempre prediletto “i quartieri dove il sole del buon Dio/ non da’ i suoi raggi/ le calate dei vecchi moli/ l’aria spessa carica di sale/ gonfia di odori”, descritti nella sua splendida “Citta’ vecchia”. Sin dalle sue prime canzoni/ballate, che Nicola Piovani inserisce in pianta stabile nella tradizione popolare italiana, De Andrè si lascia contaminare da altre culture in una evoluzione costante. Il successo popolare arriva grazie all’interpretazione nel ’68 da parte di Mina della sua “Canzone di Marinella”, la storia struggente della morte di una prostituta (storia tratta da un vero episodio di cronaca dell’epoca). La quotidianità, soprattutto nella prima fase della sua produzione artistica, influenzerà molto le sue prime composizioni, sulla scia della passione per la letteratura francese e per autori quali Proust, Maupassant, Villon, Flaubert e Balzac. E’ una fase prolifica notevole della cosiddetta “scuola genovese” che annovera autori quali Paoli, Bindi, Lauzi e soprattutto Luigi Tenco del quale De Andrè era grande amico e al quale dedicherà la struggente “Preghiera in Gennaio” dopo il suo drammatico suicidio. Prima della “Canzone di Marinella” c’era stato il primo 45 giri attribuito al cantautore genovese, “Nuvole Barocche” (1958) e in seguito De Andrè, suo malgrado, si “politicizza” per la prima volta. faber 1Con “La guerra di Piero” infatti si inserisce nel filone delle canzoni anti-militariste, facendo il verso agli inni pacifisti di Bob Dylan e Joan Baez, ma al tempo stesso viene fuori il “vero” Fabrizio. Altri successi di quel periodo furono “La citta’ vecchia”, “Ballata dell’Amore cieco”, “Canzone dell’amore perduto”, “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” (scritta con Paolo Villaggio, fraterni amici divisi solo dalla passione calcistica: De Andrè genoano, Villaggio invece sampdoriano), “Via del campo” e l’eterna “Bocca di rosa”. Successivamente arriveranno altri album di grande successo: “Fabrizio De Andre’ – Volume I”, “Tutti morimmo a stento”, la “Buona Novella” ispirato ai “Vangeli Apocrifi”, “Non al denaro, non all’amore ne’ al cielo” ispirato dall’ “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters. La punta estrema della “politicizzazione” di De Andrè arriva con l’album “Storia di un impiegato”. Sono gli anni di “piombo” e al clima di contestazione e paura e soprattutto alle numerose critiche che giungono da destra e da sinistra De Andrè replica: “Il mio identikit politico e’ quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l’hanno fatto diventare un termine orrendo. In realtà vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità”. Seguiranno gli album “Canzoni” (1974), nel quale ritorna a ispirarsi a Dylan, Brassens (con la splendida “Le Passanti”) e Cohen (con la sublime “Suzanne”), “Volume VIII” (1975) che nasce dall’incontro con Francesco De Gregori e che contiene una vera pietra miliare come “Amico Fragile”, e “Rimini” (1978), faber5composto insieme a Massimo Bubola dove si rivive l’atmosfera dei “Vitelloni” di Fellini (“Avventura a Durango” che gli valse i vivissimi complimenti di Dylan, “Andrea” e “Sally” sono alcuni dei brani principali), al quale seguì un grandioso tour con la PFM che rilanciò prepotentemente De Andrè al grande pubblico grazie anche a nuovi e moderni arrangiamenti dei suoi brani. Poi arriverà l’album “L’indiano” che nasce dopo la traumatica esperienza del suo rapimento, insieme alla nuova compagna Dori Ghezzi deandre_ghezzi(in precedenza Fabrizio aveva sposato Enrica Rignon detta “Puny”), in Sardegna. Dopo 4 mesi di rapimento alla fine De Andrè sorprenderà ancora una volta mostrando umanità nei confronti dei suoi sequestratori che egli paragona agli indiani “Cherokee”. Nell’album sono presenti ballate come la bellissima “Fiume Sand Creek” che ricorda il massacro perpetrato dai soldati del colonnello Chiwington, il quale venne poi eletto al Senato degli Stati Uniti. faber4Di “Crueza de ma” abbiamo già parlato e ad esso seguiranno “Le nuvole” col quale inizia la collaborazione con l’altro simbolo della canzone ligure e italiana Ivano Fossati. Nell’album spiccano i brani “Domenica delle Salme” e “Don Raffaé” (eseguita anche in una splendida interpretazione ad un concerto del primo maggio insieme a Roberto Murolo). Nel ’96 esce “Anime Salve” ancora in collaborazione con Fossati e nel quale De Andrè sfoggia quell’ “elogio della solitudine” (delle varie solitudini umane) che caratterizza l’intero album. “L’isolamento – diceva De Andre‘ – ti consente di non stare nel mucchio. E’ la sola condizione idonea a non essere contaminati da passioni di parte, uno stato di tranquillita’ dell’animo che permette di abbandonarsi all’assoluto”. “Princesa”, “Khorakhanè”, “Dolcenera”, “Le acciughe fanno il pallone”, “Disamistade”, “Smisurata Preghiera” sono alcuni “gioielli” presenti nell’album e donati all’umanità da Faber. faber7“Ho un’estrazione borghese e mi sono adagiato un po’ su questo materasso di piume. Avrei potuto dare molto di più se fossi nato alla Foce, da un pescivendolo” amava dire Fabrizio sulla sua pigrizia che non ha intaccato però il suo duro lavoro artistico che la vita ha beffardamente interrotto l’11 gennaio del 1999. A tenere vivo il ricordo dell’uomo e dell’artista ci pensano ancora tenacemente i figli Cristiano e Luvi De Andrè luvi(magico il duetto in teatro di “Geordie” con il padre) e la moglie Dori Ghezzi grazie alla Fondazione dedicata a Fabrizio. L’anno prossimo saranno organizzate in due serate speciali a Milano e Roma. “Un omaggio che realizzeremo con i Conservatori, in cui punteremo anche sui Notturni e sulla declinazione della musica di Fabrizio” – ha dichiarato di recente Dori Ghezzi alla stampa. Nel 2017 uscirà inoltre un film biografico su De Andrè con la sceneggiatura di Francesca Serafini e Giordano Meacci, quelli di “Non essere cattivo”, e la regia di Luca Facchini.

Rolling Stones, una lunga storia … ben oltre il rock

A vederli ancora sul palco suonare con una energia e una grinta pari a quella dei tempi d’oro si potrebbe pensare che in realtà siano i loro “Avatar” e invece sono proprio loro: i “Rolling Stones”. Giustamente qualcuno li ha definiti non la “storia” del rock, semplicemente “il Rock”. stones5Quello vero, quello che ti prende nelle viscere dandoti una carica vitale incredibile, motore delle istanze e anche delle illusioni di generazioni e generazioni. In questi giorni è in uscita l’ennesima raccolta dell’immenso lavoro discografico di Jagger e soci. Un cofanetto che ripercorre la lunghissima carriera artistica di una delle band (la Band per eccellenza) più amate di sempre. Il contraltare “ribelle” e senza regole dei Beatles, definiti sin dalle origini “brutti, sporchi e cattivi”, composto da Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts ha fatto la storia della musica rock con le sue preziose venature blues e “jazz skiffle” (da giovanissimi gli Stones suonavano solo il repertorio di Chuck Berry e si chiamavano “The Little Blue Boy And The Blue Boys”). stones3Il legame con il “rhythm and blues” è evidenziato anche successivamente quando sarà scelto il nome definitivo della band: ‘Rolling Stones’ infatti è il titolo di un celebre brano di Muddy Waters. L’esordio ufficiale delle “pietre rotolanti” avviene nel 1962 ed è subito un successo travolgente. Ma la consacrazione arriva con il brano “(I can’t get no) Satisfaction”: un vero e proprio inno per le giovani generazioni (e anche per quelle future). Agli albori delle contestazioni giovanili (il ’68 era alle porte), gli Stones incarnano lo spirito che pervade i giovani di tutto il mondo che invocano pace, amore, giustizia, rivendicando una nuova società. stones 2Tante speranze ben presto disattese con la guerra del Vietnam e con una società sempre più capitalista e consumista. Musicalmente i Rolling Stones si caratterizzano subito per un sound molto particolare basato sulla cosiddetta “guitar weaving”, ossia l’intreccio contemporaneo di chitarra ritmica e solista (tale tecnica era detta Chicago style, dai grandi bluesman anni ’50 originari di quella città). Da “Out of Our Heads”, passando per “Between the Buttons”, “Beggars banquet”, “Let it Bleed”, “Sticky Fingers”, “Black and Blue”, fino a “Emotional Rescue”, “Undercover”, “Steel weels” e “A Bigger Bang”, sono solo alcuni degli album prodotti dagli Stones nella loro incredibile e longeva carriera. Se si escludono gli ultimo decenni che evidentemente hanno visto il gruppo abbandonarsi alle categoriche logiche delle case discografiche, pur mantenendo comunque intatte molte caratteristiche, gli Stones vantano oltre 50 anni di attività, tutti incarnati in the-rolling-stones-Mick Jagger l’indiscusso simbolo e punto di riferimento, insieme alla nota “linguaccia”, divenuta icona modiale (oggi fin troppo commerciale) dei teenager. Hanno attraversato la storia della musica e dell’umanità come nessun altra formazione musicale, non senza problemi e periodi negativi (la morte di Brian Jones e la crisi di ispirazione di metà anni ’70 sono le punte più negative), conservando sempre intatta la loro forza. stones 4Eccessi, vizi, mondanità sfrenata, certo, ma rock ineguagliabile. Folle oceaniche ai concerti, veri eventi collettivi. Sarà forse per quella nota “Sympathy for teh Devil” che si spiega la loro longevità? Spesso gli Stones ci scherzano su ma non è certo un patto col diavolo il loro segreto: è semplicemente il rock che è vita, energia inesauribile.

Nomadi, “due sedicenni” che hanno fatto la storia della musica italiana

Un mito inossidabile e intramontabile, sempre fedele a se stesso e al proprio pubblico. La storia dei “Nomadi” è la storia della musica italiana. Nel segno di questa tradizione è uscita, lo scorso 20 novembre, l’ultima raccolta dei più grandi successi della formazione emiliana che ha visto in Augusto Daolio e Beppe Carletti i suoi fondatori. Del nucleo storico della band è rimasto il solo Carletti impegnato in questi giorni a pubblicizzare “Il sogno di due sedicenni è diventato realtà”, titolo della corposa raccolta che ripercorre la storia entusiasmante del gruppo fondato nel 1963, anno nel quale i due miticiFOTO NOMADI fondatori avevano appunto 16 anni. Oltre 50 anni di musica ed emozioni ( I Nomadi sono il secondo gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones !) che hanno fatto sognare generazioni e generazioni di italiani. Mai banali né scontati, i Nomadi hanno saputo attraversare i tanti cambiamenti dello scenario musicale nazionale e internazionale senza mai mutare per inseguire i gusti del pubblico o i diktat dell’industria discografica. I Nomadi sono i Nomadi. Punto. Questa fedeltà è stata ed è incredibilmente ricambiata da un pubblico affezionatissimo e assolutamente trasversale con diverse generazioni che si fanno coinvolgere dalle musiche e dalle parole delle canzoni “sempreverdi” della band emiliana. Una voce su tutte, lui, il leader storico, l’anima ed essenza dei Nomadi: Augusto Daolio. Scomparso troppo presto nel 1992 (tanto ancora avrebbe potuto dare alla musica e al suo pubblico ladaolio sua straordinaria voce, corroborata da un grandissimo carisma) è stato il simbolo non solo di una band ma di un’epoca d’oro per la musica italiana. Nonostante il grave lutto, i Nomadi hanno saputo anche attraversare indenni alcuni “cambiamenti”. Danilo Sacco per anni è riuscito in qualche modo a “ricordare” la voce di Augusto tenendo vivo (grazie anche a brani ed arrangiamenti più moderni) il mito dei Nomadi e facendolo apprezzaredanilo-sacco-nomadi ancora di più alle nuove generazioni. Dai brani scritti per loro da Guccini (“Dio è Morto”, “Noi non ci saremo”, “Canzone per un’amica”, ecc.), passando per “Un pugno di sabbia”, “Crescerai”, “Un giorno insieme”, “C’è un Re”, “Ma che film la vita”, e tante altre “perle” fino al vero e proprio inno di “Io Vagabondo”, canzone simbolo dei Nomadi. “Eravamo ragazzini ed avevamo un sogno: suonare, fare musica. E lo abbiamo realizzato. – confessa Beppe Carletti in una serie di interviste rilasciate in questi giorni su vari network – Abbiamo vissuto un’epoca di grande libertà, un’epoca d’oro della musica e non abbiamo mai perso la nostra essenza. Il mio legame con Augusto è stato profondo. Ho avuto l’onore di trascorrere oltre 30 anni insieme ad un uomo unico, eccezionale, con un timbro vocale straordinario. Ed è per questo che cerco di ricordarlo e farlo conoscere alle nuove generazioni”. E proprio ai ragazzi Carletti dice: “Ai giovani che vogliono fare musica dico di essere spensierati e di non inseguire il successo nomadi 3a tutti i costi. Non suonate per ambizione ma per divertimento, se poi viene anche il successo bene, ma l’importante è stare insieme”. I Nomadi proseguono intanto il loro tour, praticamente perenne, che li porterà a dicembre in Svizzera per una serie di tappe e poi da gennaio (precisamente il 25) nuovamente in Italia con un concerto a Napoli per poi toccare tante altre località della penisola. Un tour assolutamente da non perdere. Per ulteriori info è possibile contattare il sito internet www.nomadi.it

“Le nostre anime”: Battiato sorprende ancora, alla faccia dei fan. A marzo il tour con Alice, poi il film su Händel

Lo ha fatto di nuovo. Anche questa volta Franco Battiato spiazza i suoi ammiratori con una collezione importante, la più sostanziosa sin qui, della sua lunghissima produzione discografica. Uscito il 6 novembre, anticipato dal brano che ne da il titolo, “Le nostre anime” è un cofanetto pubblicato in due versioni, una standard contenente tre cd e una “deluxe” con ben sei cd e quattro dvd ( questi contengono i tre film girati dal cantautore, “Perduto amor”, “Musikanten” e “Niente è come sembra”, oltre al programma televisivo scritto insieme al compianto filosofo Manlio Sgalambro “Bitte, Keine Réclame”), un libro fotografico e due poster. Insomma il modo migliore per festeggiare i quasi 50 anni di carriera del cantautore (e non solo) siciliano. “Strano come il rombo degli aerei da caccia un tempo, stonasse con il ritmo delle piante al sole sui balconi… e poi silenzio e poi lontano il tuono dei cannoni a freddo…e dalle radio dei segnali in codice”, con queste parole tratte dal brano “Il Re del Mondo” (presente nella raccolta solo nella versione standard a tre cd), Battiato descriveva nel 1979 come la guerra è in grado di stravolgere la normalità della vita quotidiana. Un contrasto “sonoro” e “disumano” incredibilmente attuale se si pensa a quanto accaduto pochi giorni fa a Parigi e quanto Battiato 1accade in Siria. Questo ed altri brani “classici” di Battiato (più di 100 nella versione deluxe) sono presenti ne “Le nostre anime” che contiene però anche 4 inediti: “Lo Spirito degli Abissi”, una cover di “Se Telefonando” (brano scritto da Maurizio Costanzo ed Ennio Morricone per Mina), una rivisitazione moderna e in inglese di “Centro di gravità permanente” (Center of Gravity) in duetto speciale con Mika, e appunto “Le nostre anime”, brano che è caratterizzato dall’arrangiamento d’archi della Royal Philarmonic Orchestra di Londra, con Gavin Harrison alla batteria, Jakko Jakszyk alle chitarre, Carlo Guaitoli al pianoforte e tastiere e Pino “Pinaxa” Pischetola al mix. Un brano musicalmente ultra moderno visto l’utilizzo di suoni “computerizzati” (aspetto che accomuna la canzone agli album pubblicati dall’artista da “Gommalacca” in poi) che narra del percorso di due anime che dopo anni di distanza si ritrovano per proseguire insieme il percorso che porta ad un “amore supremo”, alla pace vera. Un tema, quello “spirituale” e di “un’altra vita”, molto caro all’artista catanese che permea in pratica tutto il suo percorso artistico e personale.battiato_alice 2 Ma il vulcanico Battiato ha già in serbo altre sorprese per il suo vasto e trasversale pubblico. A partire dal prossimo febbraio infatti (precisamente il 13 febbraio 2016 a Carpi) prenderà il via un attesissimo tour con Alice (nome d’arte della sempre affascinante Carla Bissi) , vero alter-ego femminile del cantante siculo, che toccherà le principali città italiane. Si ricomporrà dunque la storica coppia della musica italiana protagonista all’Eurofestival del 1984 con il brano “I treni di Touzeur” classificatosi al quinto posto. Battiato 3Battiato - Alice

Inoltre Battiato sta lavorando ad un nuovo film dedicato alla vita di Georg Friedrich Händel che sarà interpretato dall’attore tedesco Johannes Brandrup. I brani della raccolta “Le nostre anime” sono disponibili anche, tra le altre, sulle piattaforme ITunes, Amazon, Google Play, Spotify e Napster. Per ogni ulteriore info su iniziative e tour è possibile contattare il sito web ufficiale del cantautore catanese www.battiato.it

Vincenzo Mario