Per decenni vi siete autonomamente investiti del titolo di paladini della moralità. Ebbene, non riesco a nascondervi che in qualche maniera vi invidiavo. Mi sembrava davvero assurdo che i vari Andreotti, Craxi, Berlusconi e i loro figli più sinceri potessero essere tanto beceri. Non mi sono mai sentito uomo di sinistra eppure devo confessarvi che riuscivate a convincermi spesso sulla questione morale: sull’esigenza di dare a questa società un governo che quanto meno potesse concedere un briciolo di onorabilità alla mia terra. Prima il grande ostacolo era la Democrazia Cristiana, poi l’ultimo arrivato Silvio Berlusconi. E ancora una volta al centro di tutto c’era la questione morale, a volte quando si parlava della poca credibilità dei vari Prodi e D’Alema si diceva: “Sicuramente non è peggio di Berlusconi. Votiamo il meno peggio.”. Non ho mai creduto, per la verità, che uomini e donne con indennità da 20 o 30mila euro al mese potessero comprendere le difficoltà di chi vive la vita di tutti i giorni; ma ho sempre creduto in voi. Nei singoli uomini ci ho creduto. Anche quando non vi ho votato, ho sempre immaginato che la moralità stesse dalla vostra parte. Gli uomini di sinistra dei piccoli consigli comunali, quelli che dalla politica o dai sindacati avevano avuto niente, o magari poco. Gli insegnanti, i ferrovieri, gli operai che mi raccontavano di Berlinguer, avevo riposto nella vostra onestà intellettuale le mie speranze di uomo libero.
La democrazia è vero non vi aveva premiato e, ogni volta, il nemico di turno riusciva a tirare fuori il coniglio dal cilindro e a silurarvi. Spesso una serie di scelte non intelligenti aveva portato a risultati catastrofici, però la sinistra era comunque un baluardo di onestà.
Ora la domanda mi sorge spontanea: Dove siete? Perché non vi ribellate contro chi non solo sta facendo molto peggio di tutti i suoi predecessori, ma addirittura agisce usando il vostro nome da sempre baluardo apparente di una concretà moralità acquisita? Dove siete? Cosa vi spinge ad essere così omertosi? Riuscite davvero a non vergognarvi davanti allo specchio? Il vostro “rosso” e i vostri valori così palesemente dati in pasto ai porci e coi a far finta di niente. Dove siete?
Il vostro silenzio umilia il vostro passato e il nostro presente. Due le considerazioni: o avete venduto la vostra anima per un pugno di fagioli o siete incoscienti di quanto sta accadendo. In ognuno dei due casi dovreste vergognarvi e rinunciare ad ogni tipologia di attività sociale. Il peggio del peggio davvero. Siete complici della rovina della nazione per la quale i vostri partigiani, con cui vi siete riempiti la bocca per decenni, hanno rischiato, e talvolta perso, la vita. Dove siete? Dove è finito il vostro moralismo quando un uomo ha preso il potere senza il consenso elettorale? Dove è finito il vostro moralismo quando l’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è stato mandato a puttane in nome di anglofono Jobs act che rende schiavi i vostri figli? Dove eravate quando avveniva lo stupro della scuola pubblica in parlamento? Dove siete quando i tagli imposti alla sanità vi costringeranno a morire senza essere curati? Dove è finito il vostro senso di indignazione davanti alle cooperative rosse che mangiano la città eterna?
Chi ha visto la trilogia di Matrix avrà familiarità con queste parole di Morpheus, uno dei protagonisti, :
“Ti interessa sapere di che si tratta? Che cos’è? Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità. Sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri, sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è in grado, purtroppo, di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos’è”.
Sebbene queste parole rievocano il noto Mito della Caverna di Platone, con queste parole Morpheus cercava di far capire a Neo, appena risvegliato dal mondo digitale quale è Matrix, che tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento altro non era che finzione. Una riproduzione digitale e niente più, solo una rappresentazione, codificata con 0 e 1, della realtà.
Questo film seppur in chiave un po’ fantascientifica, è stato il primo ad arrivare al grande pubblico e ad avere un enorme successo mettendo al centro dell’attenzione i “rischi”, che oggi possono sembrare remoti, di alienare l’uomo dalla realtà ed immergerlo in una mera rappresentazione digitale della stessa.
Si pensi ai social network, Facebook, Twitter o altri servizi web come Street View. Essi sono essenziali oggi nella vita di tutti i giorni. Ci permettono di comunicare con persone lontane da noi all’istante, ci permettono di conoscere posti lontanissimi senza esserci mai stati. Tuttavia ci sfugge che la realtà non è quella che vediamo dietro uno schermo, o meglio, è solo una rappresentazione, digitale appunto, della stessa. Una rappresentazione non tangibile.
La domanda che ognuno dovrebbe porsi è : Cosa ci riserva il futuro ?, Come si evolveranno questi strumenti ?.
Realtà Virtuale : Matrix è vicina ?È possibile essere informati su un determinato evento e sulla vita di un artista o cantante di cui siamo fan. È la riproduzione digitale di ciò che poco più di 10 anni fa le persone facevano, ma uscendo di casa. L’Oculus Rift in mano a Facebook, cercherà proprio di immergerci in un ambiente completamente simulato e quanto più simile alla realtà. Premetto che io non sono contrario a questo approccio a prescindere, sono contrario però al sostituire la vita reale con quella simulata. È importante pertanto sensibilizzare e rendere consapevoli gli internauti dell’utilizzo che ne fanno. Sono già molti quelli che sono diventati automi da tastiera (e detto da un informatico come il sottoscritto dovrebbe far riflettere).
La mia intuizione è questa, e vedremo tra qualche anno se avrò ragione, :
Tra meno di 15/20 anni l’uso di tecnologie per la realtà virtuale, come l’Oculus Rift, Samsung Gear VR, i sistemi ad ologrammi, o i prototipi di Google, saranno nelle case di tutti e influenzeranno totalemente la vita e le abitudini delle persone. Il problema sarà saper distinguere la vita virtuale da quella reale. E sarà importante far si che la prima non sostituisca la seconda, altrimenti Matrix da film di fantascienza diventerebbe la realtà e a quel punto tornare indietro diventerebbe molto difficile. Una volta che una tecnologia diventa di dominio pubblico ed entra nelle case e nalla vita quotidiana delle persone diventa praticamente insostituibile. Si pensi agli smartphone o ai computer, oggi pensare la nostra vita senza il loro utilizzo è impossibile. Bene è importante che ciò non accada anche con i sistemi di realtà simulata. Anche adesso, occore rendersi conto che la realtà è fuori dalle finestre colorate dei nostri smartphone.
Tra meno di 10 anni la carta stampata scomparirà per sempre. Può sembrare un’affermazione bizzarra e forse fin troppo futuristica ma guardandoci intorno ci renderemo conto che è inevitabile. La maggior parte delle cose che compriamo ormai siamo sempre più orientati a comprarle su Internet. Sia perché è più facile fare dei confronti con i prezzi e sia perché si ha la comodità tramite un click di comprare qualcosa e vedercelo spedire a casa. Questo vantaggio esiste specialmente per i prodotti tecnologici. Un utente medio nel giro di una giornata può farsi un’idea completa su quale prodotto acquistare grazie soltanto alle recensioni e video recensioni dei prodotti, per non parlare del feedback che ogni prodotto ha rispetto alla soddisfazione o non soddisfazione di chi l’ha già acquistato. Si pensi che secondo un recente studio le vendite via smartphone sono pari a 1.2 miliardi di euro nel 2014, che insieme a quelle via tablet arrivano a coprire il 20% dell’e-commerce. Tuttavia secondo www.osservatori.net la maggior fetta di mercato nelle vendite online lo prende il turismo con il 40%, seguito dal settore dell’abbigliamento con il 14%, l’informatica ed elettronica con il 12% e altri settori che coprono il restante 34%. È verosimile immaginare come tramite pochi passaggi sulla pagina Facebook di un negozio, hotel e simili una persona possa pagare con il suo portafoglio virtuale fatto ad esempio di “facemoney”.
Pensate che rivoluzione ci sarà quando Facebook, Google, Twitter e altri famosi social network permetteranno di fare pagamenti tramite un messaggio, e-mail o tweet, rispettivamente. Non stiamo parlando di bitcoin ma di soldi veri e propri. Stiamo parlando di un sistema che farà sparire completamente il concetto di moneta stampata. Si pensi che Google permette già pagamenti elettronici per gli utenti inglesi e Facebook ha annunciato che sarà disponibile a breve. Il passaggio sarà velocissimo. Basta pensare che fino a 10 anni fa Facebook non esisteva e in questi 10 anni ha fatto sì che sia normale avere centinaia di foto personali condivise con il mondo, migliaia di “amici” virtuali, mandare messaggi a chiunque e senza limiti. Un villaggio globale. Questo villaggio pensate che non si adatti in maniera altrettanto veloce all’adozione di una moneta completamente elettronica ?. I bambini che oggi hanno 2/3 anni vedranno darsi la paghetta dai nonni digitali con un messaggio. È il futuro ed è inevitabile.
L’utilizzo di WhatsApp è diventato ultrauniversale, negli ultimi anni. L’app, introdotta su App Store per iPhone nel 2009 da due ex dipendenti Yahoo! e poi rapidamente diffusasi su tutte le altre piattaforme mobile, è stata acquistata all’inizio del 2014 da Facebook, per 19 miliardi di dollari.
Nei suoi circa 6 anni di vita WhatsApp si è imposto come il sistema di messaggistica per eccellenza, andando a sostituire in un colpo solo sia gli ormai antiquati sms, sia – in molti casi – anche i sistemi di messaggistica istantanea per computer.
Proprio su computer, però, WhatsApp non si è mai palesato, nonostante il desiderio di molti utenti di poter continuare le proprie conversazioni, in tutta comodità, anche alla scrivania di casa o dell’ufficio.
In questi giorni, finalmente, è possibile usare WhatsApp anche da web. Il sistema non è altro che un’interfaccia web per l’app che abbiamo sul nostro smartphone (quindi, a quanto pare, non ci sono ancora server cloud che tengono in memoria tutte le nostre conversazioni, a prescindere dal dispositivo utilizzato).
Il procedimento è semplice. Innanzitutto va specificato che al momento WhatsApp Web funziona solo in combinazione con le app per sistemi Android, Windows Phone e Blackberry. L’app per smartphone deve essere aggiornata all’ultima versione esistente (e, in molti casi, potrebbe essere necessario riavviare il proprio dispositivo dopo l’aggiornamento).
Con l’app aggiornata sullo smartphone, aprite il vostro browser dal computer e raggiungete l’indirizzo https://web.whatsapp.com/. Prima di iniziare a usare le vostre chat, dovrete fare la scansione di un codice QR presente sulla pagina web. Per farlo, aprite il menu dell’applicazione su smartphone (tasto menu per i dispositivi Android) e scegliete la voce “WhatsApp Web”. Avvicinate il telefono al codice QR presente sullo schermo del computer e catturatelo.
A quel punto, potrete usare WhatsApp dal vostro browser, avendo anche la possibilità di attivare le notifiche desktop.
Volete proteggere il mondo ma non volete cambiarlo…
Siete marionette aggrovigliate nei fili…. nei fili
Ma ora sono libero. Non ho fili che mi legano.”
Due minuti e undici secondi .
“I’ve got no Strings” del film Pinocchio made in Disney cantata con un tono piuttosto dark .
Eroi un tempo gloriosi visti in un’ ottica piuttosto cupa tra polvere, gente disperata e visi sofferenti.
Hulk fuori controllo che si sfida con Iron Man , in versione Hulkbuster ( la corazza rinforzata anti-Hulk).
Uno scudo spezzato .
ULTRON.
Il resto sono 35 milioni di visite fatte in appena 24 ore (record assoluto ) e la consapevolezza che i Marvel Studios hanno in mano la bomba definitiva.
Il primo capitolo è stato un successo incredibile ma narrativamente, per quanto buono , soffriva il fatto di dover giustificare la formazione di un gruppo .
Ora Whedon non deve più spiegare nulla ma solo agire.
Ha scelto l’avversario più pauroso del gruppo e ha voluto allargare il gruppo e ne ha voluto cambiare le origini per rendere la cosa molto più “intima”.
Ha voluto giocare a nascondino con i fan rimandando l’apparizione di Visione al vero trailer , che vedremo sotto Natale .
Ha mostrato attori che non pensavamo essere nel film .
Ma soprattutto è quel parallelismo con Pinocchio che sta facendo sognare i fan di tutto il mondo che ,dopo due piccole perle come Winter Soldier e Guardiani della Galassia, non vogliono essere delusi dal brand che più di tutti li ha fatti sognare .
Ci aspettano mesi interessanti !
I’ve got no strings To hold me down To make me fret, or make me frown I had strings But now I’m free
A tutti gli amanti della Steet Art noi di Planetmagazine.it consigliamo l’evento che si svolgerà domani e sabato nel beneventano, precisamente nella cittadina di Airola, intitolato: IN WALL WE TRUST – International Street Art Exhibition.
Il festival ideato e curato dall’artista Domenico Tirino, in arte Naf-Mk, in collaborazione con l’associazione no profit Textures, ha già fatto parlare molto di sé nelle edizioni precedenti, soprattutto per l’iniziativa che li ha visti a fianco dei detenuti dell’Istituto Penitenziario Minorile di Airola.
Cosa ci aspetta in questa edizione?
-La giornata di domani 26, sarà caratterizzata dai posters, affissi in Via Campo, inviati per l’occasione da artisti di ogni parte del mondo.
Sabato, invece, si potrà assistere alle performance dei writers: ELKEMI, NOIRE, ER7, PIG , URKA, CARLITOP, IRONMOULD e NAF-MK disegneranno su un grande muro in Via Lavatoio, mentre, in serata la manifestazione continuerà nel Chiostro comunale con Live Painting, Stickers Expo, Live set/Dj set.
Iniziative di questo genere danno la possibilità di toccare con mano il cambiamento che la Street Art o Postgraffitismo ha avuto in questi anni, spesso si fa fatica a definirla: qualcuno ha parlato di arte, altri di gioco e altri ancora di protesta politica, unica certezza è che rientra nel nostro quotidiano. Ogni qualvolta mi soffermo a riflettere su questo tipo di linguaggio penso ad una sorta di arte povera e a quel tipo di comunicazione che si presta bene ad un attenta analisi semiotica; rispecchia i contesti sociali e culturali diversi, esprime la condivisione di alcuni ideali e con essi anche la critica ad un sistema ormai omologato in tutto il mondo.
Il Festival della Comunicazione a Camogli (12-14 settembre) ha esibito non solo grandi numeri (20.000 presenze, oltre 1.000 tweet) ma anche grandi valori. Gli ideatori, Danco Singer e Rosangela Bonsignorio, hanno saputo efficacemente coniugare territorio e cultura, per tutti (l’ingresso era gratuito). Il primo intervento, in una sala gremita e attenta, è stato di Umberto Eco che ha citato Sant’Agostino per dare subito una definizione della comunicazione: “attivare nella mente di qualcuno l’idea che c’era nella nostra mente”, ovvero il trasferimento volontario di informazioni. Il professore ha poi argomentato le differenze.
Negli anni ’60 è stato dato un maggior peso al contesto del destinatario del messaggio e alle sue competenze, diverse magari da quelle del mittente. Nel caso di una comunicazione di massa l’emittente spesso sa ben poco delle caratteristiche di una pluralità di destinatari. Oggi chiunque, online, può ricavare notizie, difficile capire, però, quali sono attendibili. Una fonte per essere attendibile deve essere autorevole, fatto che risulta difficile accertare su internet. Eco ha illustrato come questa presunta democratizzazione, per cui ogni utente diventa giudice di ciò che è bello o brutto, crea spesso confusione. Gli editori erano gatekeepers, elementi di garanzia, a volte di censura, ma oggi con le operazioni di self-publishing tutti possono pubblicare un libro. Poi ha parlato del ‘canale’, quello attraverso il quale passava il messaggio e che, in passato, era neutro: per es. l’aria, fili elettrici, onde etc. Il canale non incideva nella natura dei messaggi, è stato McLuhan a coniare la formula “il medium è diventato il messaggio”, per cui l’utente poteva, con i nuovi mezzi elettronici, diventare talmente dipendente dal canale (medium) da rendere irrilevante il messaggio. Oggi la valutazione di un evento è senz’altro determinata dalla natura del mezzo con cui viene comunicato (televisione o giornale). Comunicare attraverso i social network è, come hanno sostenuto molti relatori, rendere noto a tutti cosa si fa, perché il messaggio può essere captato da molti e in tal modo viene consegnato a ‘controllori esterni’. Questa sorveglianza dei pensieri ed emozioni altrui, ha affermato Eco, avviene con l’entusiasmo di chi partecipa, per cui “gli spiati collaborano con le spie” pur di acquisire visibilità. Spesso con facebook, non si trasmettono informazioni sul mondo ma si mantengono i contatti. Il professore ha aggiunto: la democrazia, “che è un sistema pessimo, secondo Churcill, ma da adottare perché tutti gli altri sono peggio”, stabilisce il ricorso a un criterio quantitativo, governa chi ha la maggioranza, e non qualitativo. Il rapporto attraverso il pc e cellulari è temporalmente immediato ma in questa fame di contatti, secondo Umberto Eco, si nasconde la solitudine. Inoltre ha sottolineato come, oggi, le informazioni che riceviamo eccedono la nostra capacità di assorbimento, prima la scuola ne garantiva un filtraggio. Assistiamo alla perdita del passato, sembra che non sia più necessario ricordare in quanto basta toccare un tasto per sapere quello che vogliamo.
Le tecniche di registrazione ci sottraggono al rapporto comunicativo con tanti autori. Quanto è lunga la vita dei supporti? I floppy disk sono superati, il modo di congelare concetti, è, a tutt’oggi, solo su carta. Umberto Eco ha concluso: “La mia generazione sapeva girare bottoni, quella dei miei figli ha appreso rapidamente a premere pulsanti e i miei nipoti sanno far scorrere il dito su un’immagine per cambiare messaggio”. Furio Colombo, parlando del ‘direttore irresponsabile’, ha fotografato i nostri tempi operando una feconda distinzione tra ‘massa’ e ‘folla’. Carlo Freccero ha spiegato come il secolo scorso è stato quello delle differenze, delle avanguardie, mentre questo è il secolo che «si basa sulla ripetizione del pensiero unico», pertanto è importante generare nello spettatore: accettazione, gradimento e fidelizzazione. È la reiterazione, come nei rituali, che crea dipendenza, infatti oggi il ritornello è il punto di forza della musica. Federico Rampini ha concluso il festival illustrando quali sono le nuove gerarchie di potere, tecno-totalitarismi, e come la rete sia in realtà una mappa di monopoli ben identificati: Facebook, Google, Twitter e Amazon. Sia Rampini che Elisabetta Rubini hanno sottolineato l’importanza di una maggiore consapevolezza da parte dell’utente nell’affidare i propri dati, spesso raccolti a fini pubblicitari. Il livello culturale della manifestazione non ha fatto rimpiangere al pubblico la scelta di ‘materia grigia’ rispetto al sole e al mare di Camogli.