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Concerto di Capodanno della Nuova Orchestra Scarlatti Presso la Mostra d’Oltremare

 NOS al Mediterraneo

Giovedì 1 gennaio 2015 alle ore 19.00 presso il Teatro del Mediterraneo della Mostra d’Oltremare di Napoli, evento realizzato in collaborazione con l’Ente della Mostra d’Oltremare e promosso dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli nell’ambito di Napoli Città Natale 2014. Dopo 20 anni di successi, torna l’atteso appuntamento dei napoletani (e non solo) con il Concerto di Capodanno della Nuova Orchestra Scarlatti. Il concerto di quest’anno, introdotto da un simpatico fuoriprogramma, propone un vario e movimentato cocktail di diversi aromi musicali, tra valzer, polke, marce e danze mediterranee, da Strauss a Shostakovic, da Bizet a Theodorakis. Tra le chicche del programma, accanto agli immancabili Strauss, padre e figlio, segnaliamo una particolare versione orchestrale della celebre, trascinante Czardas di Vittorio Monti, tre deliziosi valzer di Shostakovic, la Danza di Zorba di Theodorakis. Sul podio della Nuova Orchestra Scarlatti, per l’occasione, una presenza femminile tra le più affermate dell’attuale panorama musicale italiano: Gianna Fratta, versatile figura di pianista e direttore d’orchestra, insignita nel 2009 del titolo di Cavaliere della Repubblica per i meriti artistici acquisiti in campo internazionale.  La Nuova Orchestra Scarlatti nasce a seguito dello scioglimento dell’Orchestra Scarlatti RAI, debuttando il 21 marzo 1993 all’Auditorium RAI di Napoli, con un concerto diretto da John Neschling, trasmesso sia su Radiotre che in televisione su RAITRE. A partire dal 1994 la N.O.S è presente sul territorio napoletano e campano con eventi e rassegne periodiche come ad esempio, il “Festival Barocco e…”, giunto alla dodicesima edizione. Parallelamente, l’orchestra ha tenuto numerosi concerti in importanti centri italiani ed esteri, da Roma a Belgrado, da Ginevra al Lussemburgo, da Berlino a San Pietroburgo, con un repertorio spaziante dalla musica barocca alla contemporanea prime esecuzioni assolute di Ivan Vàndor, Giacomo Manzoni, Ennio Morricone ecc., e volto particolarmente a valorizzare in Italia e nel mondo il patrimonio della scuola musicale napoletana. Ricordiamo l’allestimento dell’opera Nina ossia la pazza per amore di Paisiello (Leuciana Festival), la prima esecuzione moderna della cantata di Domenico Cimarosa Il trionfo della fede, in collaborazione con Roberto De Simone nel marzo 1999, il Concerto per Caterina II di Russia,tenutosi il 15 ottobre 2003 presso il Teatro di Corte dell’Ermitage a San Pietroburgo, con un programma di musiche del ‘700 napoletano sempre curato dal M.° De Simone (replicato a Mosca nel novembre del 2005 e più volte in Italia), una tournée in Libano nel giugno 2004 e, nel luglio dello stesso anno, la partecipazione all’allestimento del Ratto dal Serraglio di Mozart, con la regia di De Simone e la direzione di Leopold Hager, presso Villa Favorita ad Ercolano. L’Orchestra realizza anche da anni incontri musicali dedicati ai giovani, dalla formula originale, espressamente pensata per loro, e sperimentata con successo con migliaia di ragazzi delle scuole del nostro territorio: tra le iniziative più recenti in tale ambito ricordiamo il ciclo di  appuntamenti tenutosi presso l’Auditorium della RAI di Napoli nell’autunno 2009 che ha visto la partecipazione di oltre 9.000 tra allievi e docenti provenienti da circa 60 Istituti di Istruzione primaria dislocati in tutta la Campania. Nel corso della sua attività la N.O.S. ha intrecciato collaborazioni anche con musicisti come Krzysztof Penderecki, Aldo Ciccolini, Lu Jia, Yoram David, Laura De Fusco, Katia Ricciarelli, e ha realizzato escursioni oltre i confini del classico accanto ad artisti come Lucio Dalla, Edoardo Bennato, Franco Battiato, Goran Bregovic, Dionne Warwick, Noa e Andrea Bocelli. Ha inciso dal vivo per la Nuova Era l’opera del ‘700 Amor vuol sofferenza di Leonardo Leo diretta in prima esecuzione moderna dal M.° Daniele Giulio Moles (Festival di Martina Franca). Per RAI SAT ha registrato concerti con programmi che spaziano da Rossini a Respighi, e per la NHK giapponese un CD e una trasmissione sulla musica italiana dell’800. Recentemente ha inciso per la Stradivarius Destinazione del Sangue, opera poetico-musicale di Cristian Carrara con testo di Davide Rondoni ispirato al martirio di San Paolo a Roma. La Nuova Orchestra Scarlatti ha eseguito due grandi concerti per la Pace (evento clou delle Quattro giornate di Napoli per la Pace in Medio Oriente, promosse dal Comune di Napoli e dalla Regione) a Gerusalemme e a Ramallah, nei Territori Palestinesi, rispettivamente il 29 settembre e il 1 ottobre 2005.
Tra gli altri impegni internazionali più rilevanti dell’Orchestra, si segnalano due concerti operistici realizzati per la Fondazione del Teatro di San Carlo di Napoli nell’ambito dell’inaugurazione dell’anno Italia-Cina: a  Pechino nella Concert Hall della Città proibita (19 gennaio 2006, evento ripreso e trasmesso dalla televisione nazionale cinese CCTV), a Tianjin nella Great Hall of People (21 gennaio 2006).
La Nuova Orchestra Scarlatti è tornata ad essere presente nell’Auditorium della RAI di Napoli, a partire dal 2006, con il suo Autunno Musicale. Sempre presso l’Auditorium della RAI, l’orchestra ha realizzato, con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Campania, tre edizioni di TuttinConcerto – Musica per il Sociale, cicli di concerti mattutini aperti a tutti, con un afflusso medio di circa mille spettatori ad appuntamento provenienti da ogni parte della regione.

Dal 2010 la Nuova Orchestra Scarlatti svolge la sua attività concertistica anche presso il Museo Diocesano di Napoli sito nella splendida Chiesa di Donnaregina.

Gianna Fratta_direttore

Lina Bo Bardi in Italia Quello che volevo, era avere Storia

In Occasione del Centenario della nascita

al Museo Maxxi di Roma

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Si è inaugurata presso il Museo Maxxi di Roma la mostra “Lina Bo Bardi in Italia” Quello che volevo , era avere una storia. dedicata a una “grande figura”, Lina Bo Bardi, una pioniera dell’architettura italiana, divenuta famosa dopo essere emigrata in Brasile nel 1946. Organizzata Sala studio Centro Archivi MAXXI Architettura in occasione del centenario della nascita, il 5 dicembre. La mostra si potrà visitare fino 15 marzo 2015 ed è a cura di Margherita Guccione che ripercorre a ritroso gli anni italiani di Lina, quelli degli esordi, dalla laurea nel 1939 a Roma, sua città natale, all’attività editoriale nel periodo della guerra a Milano, fino al viaggio in nave che la porterà, insieme al marito Pietro Maria Bardi, a trasferirsi in Brasile. A un’emblematica foto è affidato il racconto dell’arrivo di Lina Bo Bardi in Brasile: i suoi occhi guardano il nuovo mondo – “mi sono sentita in un Paese inimmaginabile, dove tutto era possibile” – ma nella sua mente c’è ancora l’Italia, le macerie della guerra e l’intenso periodo di vita milanese. Dopo la laurea Lina infatti si sposta a Milano e, nell’impossibilità di esercitare appieno la professione negli anni del conflitto, si impegna nelle redazioni di numerosi periodici di architettura e riviste divulgative. Oltre all’attività redazionale, progetta architetture e arredi per le pagine di riviste come Domus e Lo Stile collaborando con Giò Ponti. Cura contemporaneamente testi e illustrazioni per una rubrica di interni su Grazia. Un’amica al vostro fianco. Insieme a Bruno Zevi e Carlo Pagani fonda la rivista A, concepita come un vero e proprio rotocalco di architettura. Le idee di Lina in questa fase italiana sono sviluppate su carta, ma avranno seguito in molte delle sue opere in Brasile, dove ancor più avrà modo di manifestarsi la sua attenzione all’uomo, “costante protagonista fisico di ciò che denominiamo l’avventura architettonica”. Ne sono testimoni le opere esposte nella mostra che, realizzata con la collaborazione della rivista Domus e dell’Istituto Lina Bo e P. M. Bardi di San Paolo in Brasile, presenta bozzetti originali, fotografie, riviste d’epoca, documenti d’archivio e testimonianze video.

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Ma anche le parole del Curriculum letterario, una sorta di autobiografia cui Lina affida la sua versione dei fatti: il dettagliato racconto degli anni in Italia, che ci introduce alla mostra, mette in luce quanto questo periodo sia stato determinante per la costruzione del suo pensiero futuro. Come ci dice Margherita Guccione: “Lina è una delle figure più affascinanti dell’architettura del Novecento per la sua personalità e per l’impegno progettuale profuso a tutto campo, dall’editoria al design, dalla museografia al cinema, dalle attività educative alle opere di straordinaria forza espressiva realizzate in Brasile, a San Paolo e a Bahia. Di questa donna piena di talento, attiva in un mondo di uomini, il Museo di architettura ripercorre gli anni in Italia, prima a Roma e poi a Milano, fondanti per la sua opera e determinanti per comprenderne il profilo intellettuale e l’attualità delle sue idee.”

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Lina Bo Bardi (Roma, 1914 – San Paolo del Brasile, 1992)

In ITALIA |1914-1946| 1914-1939 Roma Achillina Bo nasce a Roma il 5 dicembre 1914 e, dopo gli studi presso il liceo artistico della Capitale, si laurea in architettura nel 1939. 1940-1946 Milano Subito dopo la laurea si trasferisce a Milano, dove insieme al collega Carlo Pagani collabora con Giò Ponti nelle redazioni di “Domus” e di “Stile”. Qui Lina apre uno studio con Pagani, distrutto durante i bombardamenti nel 1943, e contemporaneamente porta avanti un’intensa attività di illustratrice e redattrice per le riviste “Grazia”, “L’Illustrazione Italiana”, “Bellezza”, “Vetrina e Negozio”, “Cordelia” e “Tempo”. Successivamente diventa insieme a Carlo Pagani, vicedirettore di “Domus” e direttore della collana “Quaderni di Domus”. Nel 1945 è tra i fondatori della rivista “A” con Bruno Zevi e Carlo Pagani. Nell’agosto del 1946 sposa a Roma Pietro Maria Bardi e, appena un mese dopo, partono insieme alla volta del Brasile. In BRASILE |1946-1992| 1946-1958 San Paolo Lina decide con il marito di trattenersi in Brasile, che eleggerà suo paese di adozione. Inizialmente si occupa di architettura di interni e di oggetti di design, tra cui spicca la Bowl Chair. Nel 1950 fonda e dirige la rivista Habitat e nel 1951 costruisce la sua prima – iconica – opera, la Casa de Vidro, che diventerà la sua residenza. Il tema dell’abitazione è affrontato anche nella realizzazione della Casa di Valeria Cirell (1958). Nel 1957 inizia la realizzazione del MASP, Museo de Arte de São Paulo, che la impegnerà fino al 1968. 1958-1964 Bahia Nel 1958 Lina si sposta a Salvador de Bahia, dove è invitata a dirigere il Museo di Arte Moderna e progetta la ristrutturazione del Solar do Unhão e il suo adattamento a sede museale.

Nello stesso anno realizza l’abitazione privata Casa do Chame-Chame e, nel 1959, l’allestimento della mostra “Bahia no Ibirapuera” per la V Biennale d’Arte di San Paolo. 1965-1992 San Paolo Lina realizza progetti di scenografie teatrali e cinematografiche, allestisce e cura grandi esposizioni, tra le quali “La mano del popolo brasiliano” (1969) e ”Ritrovamenti” (1975). Tra il 1977 e il 1986 realizza il grande progetto per un centro ricreativo SESC-Fábrica da Pompéia nell’area di una fabbrica dismessa. In questo periodo costruisce anche la chiesa Espírito Santo do Cerrado a Uberlandia (1976-1982) e il Teatro Oficina a San Paolo (1984). Tra il 1986 e il 1989 lavora al piano di recupero del centro storico di Salvador di Bahia; la sua ultima opera è la nuova sede del Municipio di San Paolo (1990-1992). Lina Bo Bardi muore il 20 marzo 1992 nella sua Casa de Vidro.

MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo – Roma

Lina Bo Bardi in Italia” Quello che volevo , era avere una storia.

dal 19 dicembre 2014 al 15 marzo 2015

www.fondazionemaxxi.it – info: 06.320.19.54; info@fondazionemaxxi.it

orario di apertura: 11.00 – 19.00 (martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, domenica)

11.00 – 22.00 (sabato) giorni di chiusura: chiuso il lunedì

L’uragano che ha travolto Planetmagazine.it: Mariassunta Cannalonga si presenta

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Mariassunta Cannalonga, segno zodiacale Leone, partecipa in passato alla discussa trasmissione “Uomini e Donne” di Maria De Filippi; come un vulcano entra nella redazione di Planet Magazine e la rivoluziona lanciando una nuova rubrica chiamata Planet Fashion. Il suo colore preferito è il verde mela, i suoi stilisti di riferimento sono D&G e Cavalli, crede che la donna più elegante di sempre sia stata Sophia Loren. Ai nostri microfoni, oltre a svelare di cosa si occuperà in Planet Fashion, parla della sua passione per la moda che ha sin da bambina e che la porta a non tralasciare nulla, arrivando persino a pettinarsi prima di andare a dormire!

Allora Mariassunta, come nasce la tua passione per la moda?

Io sono sempre stata fin da piccola “fissata” per la moda, infatti mamma mi racconta sempre che piangevo quando mi metteva le scarpette eleganti con i calzini che si portavano una volta, quelli con il risvoltino bianco, per me era un trauma. Crescendo la moda mi è sempre piaciuta, infatti mi sono iscritta al Professionale indirizzo moda , dove ho potuto sviluppare sempre di più questa mia passione, perché li si vanno a disegnare, creare e sfilare degli abiti. Si può dire che ho sempre avuto questa “fissa” per la moda.

Perché non hai portato avanti questa passione anche dopo i tuoi studi delle superiori?

Non la ho portata avanti perché quando ho finito il professionale ho deciso di trasferirmi a Roma, dove vivevo da sola, quindi ho preferito andare a lavorare invece di continuare in questi studi. Poi mi sono realizzata in altro e non nel campo della moda.

Come nasce invece il tuo avvicinamento a Planet Magazine e come nasce l’idea di Planet Fashion?

Ho scoperto Planet Magazine tramite il direttore Thomas Scalera, che mi parlò di questo portale che si occupa un po’ di tutto, dallo spettacolo alla moda. Inizialmente collaboravo facendo delle recensioni per i film che erano in uscita, poi una sera parlando abbiamo deciso di creare questa nuova rubrica di Planet Fashion.

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Puoi svelare finalmente in cosa consiste questa rubrica?

Planet Fashion è una rubrica che sarà sempre aggiornata con articoli che riguardano il settore della moda. Inoltre sarà realizzata una mini serie di circa dieci puntate in cui sponsorizzeremo i negozi di abbigliamento del casertano. Proprio per questo stiamo facendo dei provini per selezionare le ragazze che verranno con me a fare le indossatrici in questi negozi.

Si avvicina il 31 dicembre, la vigilia di Capodanno: puoi dare qualche consiglio su come essere eleganti in quella serata? Sia per le donne che per gli uomini ovviamente…

Per quanto riguarda le donne consiglio qualcosa di elegante ma non troppo. Sconsiglio vivamente i tacchi essendo una serata in cui ci si muove e si pensa al divertimento e quindi sarebbe ristrettiva per chi non sa camminarci. Sicuramente consiglio qualche vestitino con qualche pagliette, che da molta luce; qualcosa di corto, spalla larga, bretellina, perché si sa che nei locali fa caldo. Poi dipende sempre da dove si passerà la vigilia, ad esempio per chi la passerà in casa non dovrà prepararsi più di tanto. Gli uomini, secondo i miei gusti, potrebbero indossare una camicia modello slim, una giacca molto stretta, un jeans potrebbe andare benissimo e a me piace molto la polacchina.

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In genere, tornando al 31, c’è la tradizione dell’intimo rosso, cosa consigli? Tradizione oppure andare oltre?

Sinceramente consiglio di andare oltre. Io non la ho mai rispettata. A me piace cambiare, non sono per le tradizioni. Consiglio un bel completo colorato sul nero o rosa, in pizzo magari.

Hai già avuto a che fare con il mondo dello spettacolo con la tua esperienza alla nota trasmissione “Uomini e Donne”. Cosa ti ha spinto a partecipare a quel programma, da alcuni criticato, e cosa ti rimane di quella esperienza?

Io il mondo della moda lo ho sempre frequentato avendo fatto anche pubblicità per importanti marche. Per quanto riguarda “Uomini e Donne” è vero le persone possono avere un’opinione giusta o sbagliata in base al modo di pensare. A me è rimasta una bella esperienza che mi è stata riproposta ma che non ho intenzione di rifare poiché crescendo capisci che sono altre le cose che cerchi dalla vita. In generale comunque è stata una bella esperienza e sono contenta di averla fatta.

Cosa significa per te stare in Planet Magazine?

Per me Planet Magazine più che un ambito lavorativo è una grande famiglia. Mi trovo bene con Thomas e Andrea, che sono le persone della redazione che conosco di più. Mi piace come lavorano e che sono sempre aggiornati. Mi piace, sto bene.

Concludiamo sempre con un messaggio, come gestisci il tuo? Cosa hai da dire ai nostri lettori?

La prima cosa è un augurio, che faccio a tutti, per affrontare il nuovo anno in maniera diversa. Spero, soprattutto per noi ragazzi che sia penalizzati in ambito lavorativo, che le cose cambino. Spero che le persone possano la sera tornare a casa e dormire tranquilli. Quindi faccio un augurio a tutti e ricordo di continuare a seguirci su Planet Magazine e Planet Fashion. Un bacio a tutti!

Ti mando a quel paese: il progetto spiegato in meno di un minuto

Alfonso del Vecchio ci illustra in meno di un minuto quale sarà il leit motiv del progetto “Ti mando a quel paese” realizzato in collaborazione con noi di Planetmagazine.it. #TMAQP è una nuova web serie di documentari interattivi che mira a far scoprire e a dare valore alle bellezze remote o meno della Regione Campania.

Vi lasciamo all’esauriente video:

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Vittorio Ferorelli e Matteo Sauli in mostra presso lo spazio Lavì di Macerata

Si inaugura martedì 30 dicembre alle ore 18.00 presso lo Spazio Lavì Sarnano – Macerata la mostra Al bordo della strada OLYMPUS DIGITAL CAMERAdi Vittorio Ferorelli e Matteo Sauli a cura di  Elena Pirazzoli con il Patrocinio della Provincia di Macerata, Comunità Montana dei Monti Azzurri, Comune di Sarnano e con la collaborazione della Accademia di Belle Arti di Macerata. La mostra si potrà visitare fino al 9 gennaio 2015. Come ci dice Elena Pirazzoli : “Allora c’erano dei libri che si chiamavano Sulla strada di Kerouac. Che erano bellissimi, tutti a fare l’autostop. Era molto bello in italiano, però con i nomi americani: Quella sera partimmo John, Dean e io sulla vecchia Pontiac del ‘55 del babbo di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson. Porc… E poi lo traduci in italiano: Quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant’Anna Pelago. Non è la stessa cosa, gli americani ci fregano con la lingua.

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Statale 17. Questo era il suo incipit nel live con i Nomadi del 1979. Ma anche Tra la via Emilia e il West. Vecchi titoli di Guccini continuano a tornarmi in mente mentre guardo le immagini del progetto Al bordo della strada. <foto e grafie>. Un fotografo e un narratore, Matteo Sauli e Vittorio Ferorelli, hanno percorso “eludendo ogni obbligo di velocità” l’intero tracciato da Piacenza a Rimini di questa via antica e sempre attuale. Ma il loro non è un blues, non c’è Dylan alle spalle, no, qui c’è qualcosa di elettronico, come delle campionature di rumori quotidiani intervallate da silenzi. Parole e fotografie delineano apparizioni di immagini senza una storia evidente, senza attese, senza una meta, neppure una distante, utopica, idealizzata.

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Spesso sono residui, quelli che appaiono al margine della strada: ex fabbriche, ex discoteche, ex capannoni, ex negozi, ex oratori… potrebbe essere una frontiera, un nuovo West, ma non sembra che ci sia più nulla da conquistare, non nuove terre da coltivare, costruire, fabbricare. No, questa non è la terra del “possibile”, dello slancio ottimistico degli anni Sessanta. Questi sono i resti di una “civiltà” perduta, una civiltà del lavoro, in cui gli operai lavoravano e si riunivano per rivendicare propri diritti, e grazie a queste conquiste potevano dare ai figli più tempo del loro, il tempo anche per passare il pomeriggio all’oratorio a giocare a pallone e, quelli più grandi, la sera in discoteca o in locali più o meno equivoci, spesso a pochi passi dalle fabbriche.

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A guardarle bene queste tracce sono proprio quelle del mondo degli anni Sessanta, quello del boom, quello in cui le autostrade non erano mica tante e si faceva ancora la Statale 9 in su e in giù, per lavoro, per divertimento. Una statale antica, la numero 9. Lì da millenni, quando non c’era neanche lo “stato” che conosciamo ma una ben altra repubblica, divenuta poi impero. Ce ne accorgiamo ancora quando, dentro i centri storici, la strada cambia nome e ritrova una pavimentazione precedente all’asfalto.

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Il viaggio di Vittorio Ferorelli e Matteo Sauli inizia a Piacenza, sul Po, dove il crollo del ponte, qualche anno fa, ha determinato una cesura disagevole ma evocativa: il Po di nuovo frontiera, invalicabile se non con un lungo viaggio verso un altro guado. È lì che i due viaggiatori fanno il primo incontro con gli “abitanti” della SS9, poche persone, va detto, ma con qualità assolutamente peculiari. Il testo di Ferorelli si apre con l’immagine degli “amici del Po”, un gruppo di anziani che giocano a carte, guardano il fiume, sorridono con occhi vivaci e pelle abbronzata mentre aspettano di pescare. Ma forse non pescheranno mai, l’essenza del loro stare lì è molto più sottile e priva di fini. Le sue parole descrivono quello che gli occhi incontrano – strutture, scritte, manifesti, oggetti – senza evidente giudizio, lasciando scorrere la strada, le sue tracce e le sue apparizioni: ma già la scelta di descrivere un incontro piuttosto che un altro definisce la linea del suo sguardo, che isola quello che vede, gli dà luce anche se giace nella polvere. Ai testi sono unite saldamente le fotografie di Sauli, che invece colgono elementi stranianti, spesso ironici: un immenso ciao nei campi, gli occhi di Diabolik tra i cespugli. Nel libro tascabile che raccoglie il viaggio per intero (Al bordo della strada. Diario di viaggio sulla Statale 9 – Via Emilia, Bologna, Bononia University Press, 2012) il percorso si chiude con l’immagine su cui campeggia la scritta “concordia” a Ponte Gambino, su un muro dove porte e finestre sono chiuse, e potrebbe essere da decenni; nella doppia pagina successiva due cani di gesso si danno le spalle, a Faenza, forse guardiani immobili di una statale che diamo un po’ per scontata, come capita di dare per scontata la propria spina dorsale.”

Vittorio Ferorelli, giornalista e scrittore, nato nel 1971, lavora all’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna dal 1997. Caporedattore della rivista “IBC. Informazioni, commenti, inchieste sui beni culturali”, ha contribuito alla cura di quattro volumi, passando dalla cinematografia (“Federico Fellini autore di testi. Dal Marc’Aurelio a Luci del Varietà”) alla museografia (La coda della gatta. Scritti di Ettore Guatelli: il suo museo, i suoi racconti”), e mettendo insieme una silloge di articoli giornalistici (“Ma questa è un’altra storia. Voci, vicende e territori della cultura in Emilia-Romagna”) e una raccolta di interviste (“Una parola dopo l’altra. Interviste e conversazioni sulle pagine di IBC”).

Nel 2010 ha vinto il premio “Navile – Città di Bologna” per la narrativa illustrata con “Il vicino”, un racconto illustrato dalle fotografie di Marco Pizzoli. Nel 2012, insieme al fotografo Matteo Sauli, ha pubblicato il libro tascabile “Al bordo della strada. Diario di viaggio sulla statale 9 – via Emilia”.

Matteo Sauli nasce a Ravenna il 15 marzo 1982. Si avvicina alla fotografia seguendo il padre Roberto, fotografo naturalista; visita esposizioni fotografiche, comincia ad interessarsi alle attrezzature e strumentazioni, si documenta sulle opere e le biografie dei grandi fotografi: Lee Friedlander, Luigi Ghirri, Don McCullin, Attiglio Gigli, Garry Winogrand, ecc. Frequenta il corso di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Per alcuni anni si dedica alla “camera oscura”, sperimentando carte fotografiche di ogni tipo e dimensione, acidi per il loro trattamento e per lo sviluppo dei negativi di ogni tipo e formato. Le fotocamere che usa vanno dal formato “Leica” al 20x25cm passando anche attraverso esperienze creative con il Polaroid. Perfeziona la tecnica di ripresa, sviluppo e stampa presso fotografi professionisti come Daniele Casadio e Ettore Malanca. Realizza “SS309” e “Bagnanti”; il primo è un viaggio fotografico lungo la strada Romea, tra Ravenna e Venezia, il secondo è una ricerca fotografica sul turismo estivo nella riviera adriatica. Collabora con l’Istituto per i Beni Artistici Culturali della Regione Emilia Romagna (IBC), per il quale realizza progetti come “L’altra mostra”, una serie di fotografie sul dietro le quinte della grande mostra “Garofalo. Pittore della Ferrara estense” e partecipa alla campagna fotografica “Ritornando sull’Appennino”. Espone le sue opere in gallerie tra cui la Fondazione Forma per la fotografia di Milano. Nel 2013 realizza il suo primo libro d’artista intitolato “Quando Eravamo Re” pubblicato dall’editore Danilo Montanari.

Spazio Lavì! Sarnano – Macerata

Via Roma 8

Al bordo della strada <foto e grafie>

Dal 30 dicembre 2014 al 9 gennaio 2015

(+39) 3892862551 /

 spazio.lavi@gmail.com /

Giovanni Cardone

Morè dall’Havana al sud Italia, per insegnare balli e cultura caraibica

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Lester Morè Perez, meglio noto come Morè, proviene da Matanzas, una Provincia a due ore dall’Havana, Municipio Paradero. Nell’isola caraibica studia ballo, pianoforte, percussione, chitarra e canto. Giunge in Italia e diffonde la cultura cubana come maestro di balli caraibici. Si definisce uno showman, il suo sogno è creare un musical cubano. Ai microfoni di Planet Magazine, con un simpatico accento cubano, Morè descrive i balli caraibici che vanno diffondendosi nel Bel Paese. Allo stesso tempo, con tanta umiltà, da la sua visione dell’Italia e dei suoi abitanti. Coglie anche l’occasione per chiedere agli italiani di coltivare le proprie radici e, oltre ad imparare la Salsa, riscoprire i propri balli popolari come la Tarantella. Un popolo deve essere aperto alle altre culture senza mai dimenticare la propria; bisogna ballare per dimenticare i problemi che circondano la vita. Questa la visione di Morè.

Si parla spesso di balli latino-americani, in effetti nel caso della Salsa è più corretta la definizione di balli caraibici, cosa puoi dirci a riguardo?

Si balli caraibici perché provengono dai Caraibi. Ogni genere ha il suo riferimento. La Salsa è il genere musicale, il ballo sarebbe il Casino. Non è la Salsa il ballo. E’ come dire Hip-hop e Breakdance. L’Hip-hop è il genere musicale, la Breakdance è il ballo. La Bachata è un genere Domenicano, non proprio Cubano, come anche il Merengue è un genere della Repubblica Domenicana. Cubana è la Salsa la cui storia è molto lunga…

Quale è la origine della Salsa?

Ecco come dicevo tutto inizia con un mix tra la cultura africana e la cultura spagnola. Mischiando queste due culture nascono diversi tipi di generi, come la Rumba e il Guaguancò, per la parte afro-cubana. Poi c’è la parte spagnola con il Son, il Mambo, il Danzonete il Mozambiche. Sono tutti generi musicali che nel complesso formano la Salsa. Il Son facendolo più veloce viene chiamato Salsa, ma la base sarebbe il Son. Ha gli stessi passi della Salsa ma molto più tranquilli.

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Cosa distingue la Salsa dagli altri generi come la Bachata, il Merengue o il Reggaeton?

Dal punto di vista del ballo ognuno ha il suo passo. La Bachata è molto romantica, il Merengue è molto più vivace. La Salsa prende un po’ tutte e due. Il Reggaeton mischia il Raggae Giamaicano con l’Hip-hop. E’ un ballo molto sensuale per sciogliere tutto il corpo, molto bello da vedere, specialmente le donne.

A proposito di Hip-hop, esiste un suo sottogenere chiamato Latin Rap che in Italia non è molto diffuso a causa dell’influenza americana. Il Latin Rap ha come massimi esponenti gli Orishas, un gruppo Rap cubano che, assieme alla Salsa ha esportato Cuba in tutto il mondo. Che influenza ha avuto questo gruppo nella musica cubana?

Degli Orishas dovremmo stare tutta la sera a parlarne. E’ stato il gruppo che ha rivoluzionato il Rap Latino, prendendo le influenze dell’ Hip-hop mischiandole con le tendenze africane. Hanno mischiato queste due culture.

Perché, a tuo modo di vedere, in Italia si è diffusa così tanto la Salsa? Cosa cercano gli italiani in questo ballo?

Gli italiani sono molto aperti rispetto ad esempio ai tedeschi. Gli spagnoli difendono la loro cultura, le loro tradizioni. Voi italiani siete latini, avete il ritmo nel sangue. Credo che questa diffusione crescerà ancora di più, siamo solo agli inizi. Penso ci sarà un boom dei balli latino-americani. Il tutto a livello di divertimento, non di competizione. Lo scopo della Salsa è il divertimento non mostrare di saper ballare meglio degli altri. Si balla per rilassarsi visto che siamo circondati da problemi. Ecco perché in Italia e Cuba vanno questi generi, perché abbiamo molti problemi e come facciamo a non pensarci? Ballando!

In Italia ci sono anche molti balli tradizionali, come la Pizzica o la Taranta. Hai mai assistito a qualche esibizione di queste danze? C’è qualche genere che ti ha colpito?

La Tarantella! Mi è piaciuta moltissimo! E’ un peccato che gli italiani non la difendono. Le due culture potrebbero combinarsi. Gli Italiani difendono la cultura americana come il Rock o l’Hip-hop, invece della propria cultura. Anche la Salsa viene dai caraibi e non è italiana. Io consiglierei di difendere anche le proprie radici. E’ un peccato che un popolo perda le proprie radici.

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Cosa ti ha colpito dell’Italia? C’è qualche affinità con Cuba, in particolare nel Sud Italia che come il tuo Paese ha subito la colonizzazione spagnola?

Io sono andato a Napoli e quando sono sceso alla stazione mi sono sentito a Cuba. Ho visto le stesse cose, il modo di essere dei napoletani e della gente del Sud, sono gente aperta, si aprono non si creano dei problemi. Questa contraddizione tra Nord e Sud del vostro Paese secondo me è sbagliata. Penso che si possano abbracciare tutte e due in modo molto tranquillo. Penso che l’Italia sta andando male proprio per questo, perché si stanno separando, alla fine sono tutti italiani.

In genere chiediamo di chiudere con un saluto o un messaggio. Come vuoi chiudere questa intervista?

Io voglio ringraziare te e il tuo giornale per questa intervista. Poi ringrazio sempre Dio prima di tutto, perché grazie a Dio noi possiamo andare avanti. Poi ringrazio la mia famiglia che sta a Cuba, mio fratello che adesso viene a trovarmi e non vedo l’ora di vederlo. La mia ragazza con la quale sto avendo un bambino: questa è una cosa bellissima che mi sta capitando e sto come un pazzo. Poi tutte le persone che diffondono la mia cultura e auguro di non creare più litigi tra le persone che portano avanti la stessa cultura. Si tratta di ballo, non si tratta di business, è solo divertimento e di questo si deve parlare.

La sorpresa di Natale di History 2.0, la storia dei Videogiochi per console

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Una singolare sorpresa è stato il regalo di Natale della redazione di Hisotry 2.0 – la Storia per tutti ai suoi spettatori. Una splendida puntata speciale sulla storia dei Videogames per Console, dai primi prototipi del dopoguerra alla Playstation 4 in una cavalcata tra le 7 generazioni di “macchine da gioco” più conosciute.

Una vera chicca per gli appassionati ma anche per chi vuole capire di più del settore che ha cambiato e stravolto completamente la storia dell’intrattenimento per ragazzi.

In 16 minuti tutta la storia dei Videogiochi dal 1947 ad oggi, godetevela:

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Natale 2014: lo shopping è mobile

Mobile Shopping - Osservatori.netGli italiani nel periodo natalizio spenderanno circa 300 milioni di euro da smartphone, con un aumento del 120% sulle vendite rispetto a dicembre 2013. A rivelarlo in anteprima a pochissimi giorni dal Natale è l’infografica (scaricabile a questo link http://bit.ly/1w5y9KW) realizzata dagli Osservatori Digital Innovation (www.osservatori.net) della School of Management del Politecnico di Milano e intitolata Natale 2014 Lo Shopping è Mobile.

Partendo da questo importante dato, l’infografica sottolinea come la tendenza da parte degli italiani ad acquistare tramite smartphone sia cresciuta esponenzialmente negli ultimi quattro anni, passando dai 74 milioni di euro del 2011 agli 1,2 miliardi del 2014. Dal 2013 al 2014, in particolare, l’aumento degli acquisti dal proprio telefono cellulare è stato del 100%.

Mentre la crisi abbatte i consumi e i prezzi dei prodotti tipici delle festività continuano a salire, i dati relativi agli acquisti online per Natale 2014 sono in totale controtendenza: gli italiani spenderanno infatti il 17% in più rispetto al 2013 sui siti di eCommerce alla ricerca di doni originali – e spesso disponibili a prezzi scontati – per i propri amici e familiari, per un totale di circa 2,7 miliardi di euro.

Ma quali sono le categorie merceologiche più gettonate dagli eShoppers del nostro Paese in questa stagione natalizia? Al primo posto si collocano abbigliamento e accessori, che scavalcano informatica ed elettronica. Sul più basso gradino del podio troviamo invece viaggi e cene, a testimonianza del fatto che anche in tempi di crisi gli italiani non rinunciano alle vacanze e ai piaceri del palato.

Conformemente all’aumento del tasso di penetrazione dei dispositivi mobili fra la popolazione italiana di tutte le età, rispetto al 2013 è cresciuta del 65% la percentuale di consumatori che effettuano acquisti da tablet e smartphone, merito anche dell’aumento di applicazioni ad hoc e siti responsive che facilitano lo shopping da mobile. Con una percentuale pari all’80%, il computer continua a essere il device preferito per gli acquisti online, mentre lo smartphone, terzo in classifica con il 9%, accorcia le distanze rispetto al tablet (11%).

Per far comprendere ancora meglio la portata del fenomeno del mobile commerce in Italia, l’infografica riporta un confronto fra l’Italia e l’estero: con una percentuale pari al 20% e a pari merito con la Spagna, il nostro Paese è fra le nazioni con il più alto tasso d’incidenza degli acquisti da tablet e smartphone sul totale del valore del mercato eCommerce nel 2014 (13 miliardi di euro). Guidano la classifica USA e UK, con una percentuale del 25% su un totale rispettivamente di 329 e 76 miliardi di euro; la Germania è seconda con un tasso d’incidenza del 22% rispetto ai 30 miliardi del valore totale del mercato.

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Napoli incantata dalla sacerdotessa punk Patti Smith

Patti Smith (foto Sonia Ritondale)
Patti Smith (foto Sonia Ritondale)

Sessantasette anni e non sentirli. Patricia Lee Smith, in arte Patti Smith, manda in delirio il Duel Beat di Napoli con uno spettacolo musicale dedito al rock d’autore, che a Napoli mancava da un anno e mezzo. Da quando Bruce Springsteen calcò il palco situata in Piazza del Plebiscito. Generi diversi per due delle icone mondiali della musica che, in entrambi i casi, sono riuscite a deliziare la folla. La Campania è diventata una tappa fissa dei suoi tour: basta notare che per la sesta volta negli ultimi tre anni la Smith tiene un concerto nelle nostre terre. Un “innamoramento” che lei celebra in diverse occasioni, rivelando tutto il suo stupore per una terra che sale spesso agli onori delle cronache per eventi negativi ma che d’incantevole ha il paesaggio, le tradizioni, il rapporto umano.

Alla vigilia della criticata data alla Chiesa di San Giovanni Maggiore, con tanto di attivazione di un comitato che si è opposto vivacemente (purtroppo solo negativamente, e qui ci sta una bella risata ironica), la Patti scalda il Duel Beat di Agnano con una performance delicata. E’ ovvio che la sacerdotessa americana ha perso quello smalto che l’aveva resa grande negli anni della ribellione punk, quando la città di New York pullulava di creste, spille da balia, anfibi e giacche di pelle che hanno un nome specifico d’identificazione (i chiodi, la seconda pelle dei Ramones) e frequentava grandi artisti dell’epoca del calibro di Andy Warhol e Robert Mappelthorpe. Ma il suo vigore artistico non ha eguali e viene incarnato alla perfezione insieme ai figli Jesse Paris e Jackson e dal compagno di tour Tony Shanahan nell’inedita formazione “The Smiths”.

Quando sale sul palco, l’impatto con la folla è da brividi. Si parte con Redondo Beach, fortunato brano che risale al 1975, tra i più celebri pezzi del primo album Horses. Seguono una serie di canzoni di dedica. Love Supreme dedicata al sassofonista John Coltrane, intonata in occasione dei 50 anni dalla sua scomparsa. L’amore infinito per il marito e padre dei due figli Fred “Sonic” Smith, chitarrista dei MC5 scomparso nel 1994 per un attacco di cuore, ripercorre in Frederick, pezzo d’apertura di Wave (1979). Il ricordo degli amici di un tempo è sempre vivo nell’artista americana che dedica Beautiful Boy a John Lennon, per il trentaquattresimo anniversario del suo assassinio (quel maledetto 8 dicembre 1980 a New York), susseguito dal requiem This Is The Girl per Amy Winehouse.

Alla Vergine Madre di Dio, la Madonna, nel giorno dell’Immacolata concezione, ed a tutte le mamme dedica i versi della celebre A Cradle song di William Blake. Il Natale si sta avvicinando così lascia spazio a Tony Shanahan che interpreta la cover di Blue Christmas, imitando per certi versi Elvis Presley. Si prosegue nel finale con Ghost Dance, Beneath the southern cross e Pissing in a river che anticipano uno dei momenti più intensi della serata: l’interpretazione di Because the night, cantata con il pensiero rivolto nuovamente a Fred, che vede la Smith cedere la sua chitarra ad un membro dello staff. L’interpretazione di una delle canzoni più fortunate del suo repertorio, scritto da Bruce Springsteen, elettrizza il Duel Beat che canta a squarciagola e finalmente da la sensazione di mettersi in movimento dopo la staticità che l’ha contraddistinto per tutto il concerto.

Saluti di rito degli Smiths che tornano nei camerini. Spettacolo concluso? Niente affatto. C’è tempo per gli ultimi tre pezzi. Patti Smith pone al centro dei suoi pensieri Lou Reed e gli dedica Perfect Day. In occasione di Banga, la poetessa punk ulula e abbaia in coppia col figlio Jackson, poi sceglie come ultimo brano People have the power. Uno dei pezzi pregiati della sua storia musicale che invita le persone a non mollare e credere sempre nella forza dei popoli. Questa volta è davvero finita. Patti insieme ai suoi compagni di viaggio saluta il pubblico. Portandosi alla bocca la tazzina di porcellana da cui ha bevuto per l’intera giornata, con quel tocco di semplicità che l’ha sempre resa umana.