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Vincenzo Gemito dal salotto Minozzi al Museo di Capodimonte

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Si è inaugurata venerdì 28 novembre al Museo di Capodimonte, la mostra ‘Vincenzo Gemito, dal salotto Minozzi al Museo di Capodimonte’, organizzata dalla Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico, etnoantropologico e per il Polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta, realizzata con il sostegno della Banca di Credito Popolare di Torre del Greco, in collaborazione con Amici di Capodimonte. La mostra e il catalogo sono a cura di Fernanda Capobianco e Marieserena Mormone Catalogo edito da arte’m, prefazione di Giuseppe Mazza, introduzione di Fabrizio Vona, saggi di Fernanda Capobianco, Simonetta Funel, Maria Antonella Fusco, Mariaelena Maffei, Marieserena Mormone, Denise Pagano, Gianluca Puccio, Angela Tecce. L’intera collezione è documentata in un video che sarà proiettato durante percorso della mostra che si potrà visitare fino al 16 luglio 2015. La mostra presenta, per la prima volta, una selezione di circa 90 opere della storica e preziosa raccolta Minozzi, una nuova acquisizione comprata, lo scorso anno, dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per il Museo di Capodimonte: una raccolta di 372 opere di Vincenzo Gemito composta da disegni, sculture in bronzo, marmo, terracotta. La collezione sarà interamente e stabilmente esposta nelle nuove sale espositive dell’Appartamento reale di Capodimonte, al termine dei lavori di ristrutturazione. Achille Minozzi, ingegnere, imprenditore e appassionato d’arte iniziò a raccogliere le opere di Gemito fin da giovane e nella sua abitazione, agli inizi del Novecento, creò una sala dedicata alla collezione. Minozzi aveva con l’artista un rapporto di amicizia e di protezione, il valore della collezione è dato anche dalla provenienza diretta delle opere senza intervento di intermediari. La cospicua raccolta grafica, traversa l’intero arco del percorso creativo, come una sorta di “diario su carta”, mette in luce la dimensione privata di Vincenzo Gemito, rivelandone la naturale propensione al ritratto ma anche le complesse problematiche vissute tra pensiero, progettazione e opera finita. Anche la selezione di opere esposte ripercorre l’intera esperienza artistica di Gemito, scandita dai temi che maggiormente lo affascinarono: i ritratti in terracotta del pittore Petrocelli (1864 ca.) e di Maria la zingara (1881 ca.), quelli in bronzo di Domenico Morelli (1873), Giuseppe Verdi (1873) e Mariano Fortuny (1874), le opere ispirate al mondo classico, come la copia della Psiche del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Filosofo e la maschera di Alessandro Magno e un’ importante selezione di disegni relativi ai temi più noti della produzione di Gemito, come il Pescatore, l’Acquaiolo, l’Arciere, oltre ad alcuni abbozzi per il famoso Trionfo da tavola che il re Umberto I di Savoia gli commissionò proprio per Capodimonte e oggi esposto nella nuova sezione
dell’Ottocento.

Museo di Capodimonte – Napoli
Via Miano, 2
dal 28 novembre al 16 luglio 2015
Telefono : 081 749 9111
Orario :dalle 8,30 alle19.30:
mercoledì chiuso
Ingresso € 7,50

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Minecraft, la recensione

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MINECRAFT EDIZIONE Playstation3 è un capolavoro incompiuto ,ciò nonostante rimane sempre un gran bel gioco dove è possibile esplorare mondi in cui non tutto ciò che vedi è reale!

MINECRAFT letteralmente parlando significa “miniera-mestiere” questo può essere capito come un’esperienza dove si dovrebbe solamente scavare ma non è cosi in questo videogame ci sono 2 modalità di gioco c’è la creativa e la sopravvivenza.
Per quanto riguarda la creativa è una modalità in cui il giocatore può costruire enormi edifici utilizzando i materiali che non dovranno essere presi o costruiti grazie al menu di materie prime , mentre la modalità sopravvivenza è una sorta di vita virtuale in cui è possibile prendere punti esperienza ( exp ), uccidere mostri come creeper ,enderman scheletri o perché no anche animali per procurarsi il cibo come maiali e mucche ma anche galline pesci e zombie oltre a tutto questo nella modalità creativa sarà possibile costruirsi un letto per far scorrere velocemente la notte e non farsi attaccare dai mostri, essendo una versione per playstation non è stato possibile immettere MOD e quindi hanno preso seri provvedimenti come ad esempio i tre mondi che sono: il sotto mondo (nether) è formato da lava e mostri ed e possibile entrarci solamente con il portale formato da :
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ossidiana e un comune acciarino​​
Mentre il soprammondo (ender) è un mondo più mistico nel senso che per accedervi dovete costruirvi Il Portale dell’End ,è un blocco solido, frantumabile solo in modalità creativa.
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Si può trovare soltanto nelle fortezze, più precisamente se ne trovano dodici, sospesi su una pozza di lava 3X3, disposti in modo da formare un quadrato. Al centro ha un foro nel quale va posizionato “l’Occhio di Enderman”.Esso è in grado di teletrasportarti nel The End, dove si trova il boss finale del gioco: l’Enderdragon. Il portale dell’End, può essere rintracciato grazie agli Occhi di Enderman che, se lanciati in aria, voleranno in direzione dei portali.

MINECRAFT è un gioco con una grafica un po’ sempliciotta pero grazie alla vastita del mondo formata da NOTCH e allo sviluppo formato dalla MOJANG è un gioco stupendo anche se con le MOD come su pc sarebbe perfetto

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The Dad Horse Experience ed il suo accattivante Keller Gospel infiammano il Jarmusch Club

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Lo battezza col nome di Keller Gospel e cerca di predicarne il verbo in tutti gli spazi angusti del pianeta in cui girovaga. The Dad Horse Experience è l’ideatore di questo snaturamento del Vangelo (sì, gospel in italiano si traduce in vangelo) che lui stesso definisce da cantina, un genere su cui tante riviste si sono sbizzarrite per trovarne una catalogazione ma, a sua detta, “consiste in un country gospel con miscele punk-rock”. Unico protagonista di questo progetto solista, per dirla in maniera figa one man band, Dad Horse Ottn ha fatto tappa al Jarmusch Club di Caserta, all’interno di un tour che lo ha condotto in Francia, Germania, Spagna, USA, Australia, Svizzera, Paesi Bassi ed Italia. Un’oretta e mezzo di sound ironico e provocatorio, in cui ricorre spesso l’argomento della morte. “La morte è un tema importante. Tutti devono morire, ciò ci accomuna e ci lega in un’unica grande famiglia. Scrivo molto riguardo la morte?” – si chiede il predicatore tedesco che poi risponde con incisività – “Lo faccio ora perché da morto non potrò più farlo”.

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Con la sua autovettura è perennemente in giro, in compagnia di un set strumentale con cui condivide ogni attimo della vita. La sua musica proviene dall’alchimia perfetta tra il bass pedal, il kazoo ed uno strumento a scelta tra due tipi di banjo, uno acustico e l’altro elettrico, ed un mandolino. Oggetti che al suo fianco assumono le sembianze di persone in carne ed ossa e che hanno surriscaldato il Jarmusch Club di via Cesare Battisti con un’atmosfera accattivante. Nel suo spettacolo, egli mette in atto una vera e propria predicazione, con il suo Dark Roots e Outlaw Gospel che ha come obiettivo quello di “trasformare la merda in oro”, non di certo in una chiesa ma nelle cantine buie e solitarie. Per l’occasione, Dad Horse Ottn suona al pubblico casertano brani contenuti all’interno dei suoi tre album: Modern sounds in country and gospel music del 2008, Too close to Heaven del 2008 e Dead dog on a highway del 2011. Una track-list di venti canzoni in cui spiccano Gates of Heaven, Lord must fix my soul, Kingdom it will come, Reach out your hand e Through the hole.

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Nel percorso della sua vita, Dad Horse Ottn è stato un “punk rock scoundre” (un mascalzone punk rock ndr), impelagato in tantissimi lavori ed in uno di questi ha poi ha trovato la vocazione per il suo nome. “Negli anni ’80 lavoravo in una fattoria dove c’erano tanti piccoli pony. Ogni volta che mi avvicinavo al loro recinto, tutti questi sfiziosi pony mi seguivano ed io mi sentivo il loro papà. Per questo motivo mi sono autonominato Dad Horse (Papà Cavallo ndr)”. Tra gli artisti a cui si sente legato, l’artista tedesco annovera “Johnny Cash, precursore del gospel e musicista fucking cool, Hank Williams Sr, autore di una bellissima musica con tre accordi, Washington Phillips e Sandy Dillon, due cantautori a cui si è rifatto per trovare il suo stile, ed infine Slate Dump, il cui aiuto è stato importante per avere un buon cuore”.

Davide con Dad Horse Ottn

Più volte nei suoi testi rievoca il legame strettissimo con la madre, scomparsa da qualche tempo e che di certo, secondo lui, è in paradiso. A conclusione della serata, interpellato sull’esistenza di questo luogo utopico, egli sentenzia: “Non so se esiste. Il paradiso è solo un’idea, non so se riuscirò ad andarci. A mio parere l’inferno ed il paradiso sono all’interno della nostra anima. Ma stasera (venerdì scorso ndr), dopo la bellissima performance, mi sa che me lo sono meritato. Stasera mi sento in paradiso al Jarmusch Club”.

Mostra fotografica “I Poerio, Storia e Poesia”. Genealogia e Storia della Famiglia Poerio a Castel Nuovo – Maschio Angioino

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Si inaugura venerdì 28 novembre alle ore 17.00 presso Castel Nuovo – Maschio Angioino la mostra fotografica “I Poerio, Storia e Poesia”. Genealogia e Storia della Famiglia Poerio, la mostra si potrà visitare fino al 15 gennaio 2015. La Mostra I Poerio. Storia e Poesia. Genealogia e storia della Famiglia Poerio, è stata inaugurata per la prima volta nell’ottobre 2006, con l’Alta Adesione del Presidente della Repubblica, presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, nel corso di questi anni è stata esposta in prestigiosi istituti culturali ed in luoghi di interesse storico, riscuotendo sempre grande interesse fra gli studiosi: Palazzo Poerio, Belcastro (marzo 2007); Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (maggio 2007); Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (giugno 2008); Torre Civica di Mestre (ottobre 2008); Museo Archeologico del Sannio Caudino, Montesarchio (maggio 2009); Museo della Memoria, Pomigliano d’Arco (marzo 2011); Carcere Borbonico di Montefusco (maggio 2011); Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (ottobre 2011); Castel Capuano, Sala della Regina (dicembre 2012). La mostra dedicata alla ricostruzione storica della Famiglia Poerio è stata realizzata con lo scopo di offrire ai visitatori una visione ampia dei documenti più significativi custoditi nella Biblioteca Nazionale di Napoli, nell’Archivio di Stato di Napoli, nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ed in altri archivi. Per la suddetta mostra sono stati realizzati quindici pannelli fotografici, su ognuno dei quali sono stati riprodotti alcuni documenti che servono a ricostruire le biografie di Giuseppe, Alessandro, Carlo e Carlotta Poerio. Su ogni pannello sono indicate le notizie biografiche di questi prestigiosi personaggi storici e per ognuno di essi sono stati selezionati quei documenti che illustrano chiaramente non solo la loro attività politica e culturale, ma anche il ruolo svolto dalla famiglia Poerio nel corso delle lotte risorgimentali che portarono alla liberazione e all’unità della nostra nazione. I documenti selezionati ricoprono un arco di tempo che va dall’inizio dell’Ottocento al 1867, anno della morte di Carlo Poerio. La famiglia Poerio è di stirpe normanna. Il cognome appare in Italia all’inizio sotto forma di Boherio o Boverio, ma già un ramo di esso si era distinto, con il nome di Beauvoir, in Francia sotto Carlo Magno e, come riporta Giovanni Fiore da Cropani, fu così illustre in quel regno che Odoardo, “signore di ampissima contea, ebbe la privanza di re Luigi VII, e Riccardo suo nipote fu generalissimo dell’arme portate da re e santo Luigi IX in Oriente contro de’ Turchi”. Nelle Puglie i Poerio vennero con Guglielmo il Normanno, ai tempi della seconda crociata e di li poi passarono in Calabria. Nell’anno 1168 Alboisio Poerio era signore della città di San Marco, città del cosentino, ed offrì a Guglielmo il Buono sette suoi vassalli per l’impresa di Terra Santa. Si ha notizia di un Pietro Poerio Normanno, feudatario di S. Marco, che fu il primo a stabilirsi nella città di Trischine, detta poi Taverna; altri si stabilirono a Cosenza, a Crotone, a Catanzaro e a Napoli ed ovunque godettero i privilegi del patriziato. Giovanni Fiore da Cropani, nel Seicento, scriveva in proposito: “Oggidì la famiglia si trova diramata nelle più celebri città della provincia, nelle quali la vi portarono i molti officiali passati a quelle, come Catanzaro, Crotone, Reggio, Cosenza, Belcastro, Policastro, e anche fuori da provincia, singolarmente in Napoli. Ne’ quali luoghi fu sempre la medesima: cioè splendida”. Lungo i secoli la famiglia Poerio fu insignita di vari feudi e privilegi, tra cui i feudi di Rocca e Poerio, Belcastro, Cardito e Feroleto, Altamura, Andali, Cerva, Coturello, Sanmarco e Scalpa. Ebbe la baronia della Gazzella e di Belcastro, la signoria di S. Marco e di Pompoiano (presso Taverna), la commenda di Feroleto e il baliaggio di Catanzaro. Come scrive Benedetto Croce, essa “aveva amministrato la cosa pubblica, dato lungo i secoli dotti, prelati, qualche uomo d’arme, qualche santo”.

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Tra i Poerio vi furono, infatti, anche uomini “chiarissimi in santità, dottrina e prelature”. La città di Taverna conserva le reliquie di San Falco eremita, il quale nacque verso la metà dell’anno Mille presumibilmente dalla famiglia Poerio. Il beato Pietro Poerio, “il cui corpo lungo tempo mandò un miracolosissimo liquore dalle sue beatissime ossa”, fu compagno di San Francesco e fu venerato per i suoi miracoli fin dal 1220 nella città di Crotone. Nel 1419 Nicola Poerio fu investito della metà del feudo di Poerio di Bardella. Il D’Amato racconta che Ferdinando d’Aragona con privilegio del 1466 concesse a un Pietro Poerio la Bagliva di Catanzaro. Durante la dominazione degli Aragonesi i Poerio ebbero dignità e onori sommi; nel 1456, con decreto del 25 aprile, Alfonso I d’Aragona nominò Gualtiero Poerio Presidente della Regia Camera della Sommaria di Napoli. Suo figlio Pietro venne chiamato “Magnificus et Miles” e nel 1470 fu nominato governatore di Rossano dal re Ferdinando “cum potestate substituendi e nel 1472 in Nicotera con li medesimi titoli e preminenze”. Nel 1518 Raimondo Poerio, valente zoologo, fu vescovo di Belcastro. Nei lunghi ed aspri conflitti fra la città di Catanzaro e la città di Taverna per il primato del Vescovato, ebbe grande parte Niccolò Poerio, capo dell’Università di Taverna, che era tenuto in grande considerazione da Carlo V, Re di Napoli. Ferdinando Poerio della città di Taverna, “creato dottore in Legge, equite aureato” e “dichiarato nobile de’ quattro proavi materni e paterni”, fu familiare e commensale dell’imperatore Carlo V, il quale gli conferì il cavalierato aureo, la nobiltà S.R.I. e l’aggiunta delle armi di Borgogna alle sue armi gentilizie, trasmissibili a tutti i suoi discendenti maschi e femmine in infinito con diploma dell’8 gennaio 1538 da Vagliadolid. Come riporta sempre Giovanni Fiore da Cropani, “una mano de’ signori di questa famiglia professarono l’une e l’altre Leggi, e n’esercitarono varie cariche: Lattanzio giudice nell’Amantea l’anno 1520, e dopo di lui Raone suo fratello, e alquanto prima di detto tempo Girolamo, come poi nel 1554 Gio. Battista e in Cosenza Ferrante. Gio. Paolo avvocato de’ primarii in Napoli l’anno 1598, del quale fè onorando raccordo Michele Gizzio”. Sin dal secolo Sedicesimo si annoverano nella famiglia Poerio numerosi cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta, tra cui si ricordano Orazio (Priorato di Capua dal 1588), Scipione, Gregorio Cesare “commendatore di questa religione, e per quella ambasciatore a’ Veneziani”, Pietro Domenico e Ortensio (Gran Croci). Alcuni suoi appartenenti, Carlo, Francesco e Girolamo, furono Cavalieri di S. Giacomo. Nel 1620 Odoardo Poerio fu letterato e poeta, scrisse vari carmi ed opere sceniche. Nel 1634 Domenico Poerio, dotto medico e storico, scrisse: I tre seggi della città di Taverna. Nell’anno 1605, il 3 agosto, Girolamo Poerio U.J.D. fu “creato da Pietro Borgia d’Aragona, principe di Squillaci e governatore della real razza delle province di Calabria, auditore della medesima”. Nel 1690 Bonaventura Poerio, cappuccino, fu definitore dell’Ordine, sommo teologo ed oratore; stampò varie opere, delle quali ci restano solo: Controversiae Moralis, in IV vol. – Observationes exactae in expositoribus regulae FF. Minorum. – De opinione dilecta in materia moralis. Bonaventura Poerio, al secolo Biagio Ottavio Annibale, nato a Taverna (Catanzaro) nel 1648, fu arcivescovo di Salerno dal 1697 al 1722. Nel 1719 Giuseppe Poerio, cavaliere di Malta, sposò Giulia Marincola dei baroni di San Calogero. Il loro figlio primogenito di nome Annibale si unì in matrimonio con Maria Schipani. Essi ebbero cinque figli, il primo dei quali si chiamava Carlo, il quale sposò la cugina Gaetana Poerio, del ramo dei baroni di Belcastro. Dal loro matrimonio nacquero: Giuseppe, Leopoldo, Alfonso, Raffaele, Antonia, Maria Teresa ed altri figli che morirono giovanissimi. Giuseppe Poerio (1775-1843), Barone di Belcastro, sposò nel 1801 Carolina Sossisergio e dal loro matrimonio vennero al mondo: Alessandro (1802-1848), Carlo (1803-1867) e Carlotta (1807-1867). Fu questo ramo della famiglia Poerio che per circa un secolo diede prova indiscussa di amor di patria, abnegazione, onestà morale ed intellettuale partecipando operosamente alla grande epopea risorgimentale. I Poerio sacrificarono generosamente i loro averi, i loro affetti più cari, la loro libertà ed alcuni di essi anche la vita per il trionfo dell’Italia, libera, indipendente ed unita.

Castel Nuovo – Maschio Angioino

Torre del Beverello – Sala degli Angeli

Piazza Castello, Napoli

Mostra Fotografica “I Poerio, Storia e Poesia”. Genealogia e Storia della Famiglia Poerio.

dal 28 novembre 2014 al 15 gennaio2015

Orario : dalle ore 9,30 alle ore 16,30

Telefono: 081 795 7713- 081 795 7713

Giovanni Cardone

Al via il tour autunnale dei Marilù

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I Marilù, una delle band rockabilly più interessanti del momento, si apprestano ad iniziare la sessione autunnale del tour ‘Cinderella Rock’, ultimo progetto discografico del gruppo siciliano che contiene il singolo ‘Jenny’. Queste le date del tour: 27 novembre a Pietramelara (CE), al Cafè Retro; 28 novembre all’Afterlife live club di Perugia; 29 novembre allo Showroom Padova; 3 dicembre a Ferrara, all’America Graffiti; 4 dicembre a Milano, al BQ De Nótt; 5 dicembre al Lattepiulive di Brescia; 6 dicembre a Torino, alla Discoteca Chalet; 7 dicembre al New Age club di Treviso. All’orizzonte anche qualche anticipazione del tour invernale, con un’apparizione live a Parigi, al Le Bus Palladium, giovedì 15 gennaio 2015. I Marilù, dal 2012, hanno eseguito un migliaio di live sui palcoscenici più prestigiosi d’Italia e d’Europa, con musicisti del calibro di Duane Eddy (al Summer Jamboree di Senigallia) e Reverend Horton Heat (al Custom Party 2013, ad Atessa) e in jam session con il rapper Frankie Hi-Nrg Mc. Il disco ‘Cinderella Rock’ prodotto dall’eccellente etichetta indipendente Muddy Waters Musica, contiene undici brani – di cui otto inediti – che raccontano di un viaggio alla ricerca di Marilù. Registrato e mixato da Aldo Giordano presso i Rec Studio nel settembre 2013 e masterizzato da Toby Mountain (Beach Boys, David Bowie) presso i NorthEasternDigital, Southboro (MA – USA) nell’ottobre 2013, il disco è disponibile su Spotify e iTunes. La formazione dei Marilù è composta da Marco Gioè (già membro degli Shotgun e dei Ballroom Kings) alla voce e alla chitarra, Andrea Amico (che ha suonato coi Go Getters e Dale Rocka & the Volcanoes, co-autore di Storie all’ombra dei grattacieli, in studio con Cesare Basile) al contrabbasso, e Salvo Montante (che ha suonato, tra gli altri, con Eugenio Finardi e Tricarico) alla batteria. E’ doverosa, inoltre, qualche nota sull’etichetta indipendente Muddy Waters Musica: produce e segue progetti musicali, per portarli in giro e parlarne. Fabrizio Bosso, Maurizio Giammarco, Dario Deidda, Nobraino, A toys Orchestra, Iotatola e Nikolas Metaxas sono solo alcuni degli artisti con i quali l’etichetta MWM ha collaborato artisticamente o organizzato concerti. Proprio la band rockabilly siciliana dei Marilù sono come dei figli per la Muddy Waters Musica, che si è presa cura di loro sotto ogni aspetto. E i risultati ottenuti riempiono d’orgoglio entrambi i progetti. Progettazione integrata, registrazione e ottimizzazione, booking, ufficio stampa e diffusione sui maggiori canali social: ecco come lavora la Muddy Waters Musica. Una difficile e appassionante sfida che l’etichetta affronta al meglio, con costanza e competenza tecnica, ma soprattutto con il cuore.

SANDRO VIGLIONE ALLA GALLERIA SERIO IN “LE FORME DELLA FORMA”

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Si è inaugurata presso la Galleria Serio di Salvatore Serio la mostra di Sandro Viglione “Le Forme della Forma “ si potrà visitare fino a lunedì 1dicembre. Nell’incontrare Sandro Viglione artista di grande spessore ci dice: “ La mia formazione artistica nasce con l’architettura essendo un architetto mi differenzio dal pittore, ho sempre cercato nei miei lavori di evidenziare la forma. Ho iniziato la mia ricerca pittorica negli anni ottanta, visto che per lungo tempo sono stato insegnate di geometria descrittiva. Ho sempre sostenuto che la forma e alla base del concetto pittorico ma questo però è stato sempre celato dalla critica d’arte. Visto che hanno voluto sostenere, la pittura concettuale che stata la distruzione della forma è quindi ecco che il critico non raccontava più l’arte. Ma applicando all’opera quella pomposità barocca attraverso il linguaggio della psicoanalisi e della filosofia. Senza capire che l’arte è arte e bisogna guardarla l’opera per capire ciò che veramente vuole dire l’artista. Penso che l’arte sia un mezzo di comunicazione importante dove nell’opera d’arte c’è bisogno di equilibrio, è solo la forma e il contenuto attraverso l’estetica possono dare. Egli ci dice ancora : definire cos’è la ‘forma’ implica che si debba fornire, necessariamente, anche il profilo della definizione del ‘contenuto’, giacché è talmente stretta la relazione dei rimandi reciproci e della interdipendenza serrata tra contenuto e forma che non è possibile postulare per l’uno o l’altro dei due termini un’esistenza disfunzionale rispetto al suo corrispettivo. È pur vero che spesso vengono proposte posizioni di giudizio che variamente si dicono ‘formaliste’ o ‘contenutistiche’, ma esse non intendono additare altro che una mera prospettiva di privilegiamento d’una sfera sull’altra, essendo impossibile immaginare che possa esistere una qualsiasi realizzazione dell’intelletto umano che abbia carattere esclusivamente formale o che, di converso, si possa esprimere un contenuto assolutamente svicolato da una relazione formale. Nel dirigerci, quindi, a discutere sul tema della ‘forma’, siamo perfettamente avvertiti dell’imprescindibilità del rilievo ‘contenutistico’, giacché senza un contenuto che la ‘riempia’, la forma sarebbe meno che un semplice vuoto contenitore. Dicevamo che il contenuto condiziona profondamente gli assetti formali, ma anche questi come è possibile osservare esercitano un influsso tutt’altro che trascurabile sugli aspetti di contenuto. E’ possibile indicare, ad esempio, qualche semplice esempio: non si potrà versare dell’acqua in un sacchetto di carta, poiché questo, in brevissimo tempo, collasserebbe lasciando andare disperso il contenuto del liquido.

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Ma questo stesso contenuto assumerà necessariamente la consistenza e l’aspetto volumetrico del recipiente in cui è stato versato, così che se noi provassimo a congelare l’acqua, liberando il ghiaccio formatosi dal contenitore che lo ospita, potremmo constatare che l’acqua raggelata ha assunto le caratteristiche ‘formali’ proprie del recipiente stesso. Ma non basta: occorre aggiungere a queste semplici osservazioni almeno un’altra considerazione: non potremo, ad esempio versare acqua in un sacchetto di carta, come abbiamo già indicato, ma non potremo nemmeno introdurre brace ardente in un recipiente che non sia refrattario, né mai, in via più generale, alcuna sostanza in un contenitore disadatto alle sue caratteristiche. E, così, sarà possibile raccogliere nel sacchetto di carta delle castagne bollenti, che rischierebbero invece di lasciar disfare il telo d’un sacchetto di plastica, il quale, invece, potrebbe tranquillamente raccogliere dell’acqua, senza dover noi preoccuparci che esso possa sciogliersi, come avverrebbe se, come già abbiamo osservato, il sacchetto fosse di carta. Qui, il concetto di forma implica un allargamento della prospettiva d’analisi che tenga conto anche dei ‘materiali’ che distinguono e caratterizzano sia i recipienti contenitori che i contenuti stessi, e di tale ampliamento analitico ed, ovviamente, delle implicazioni logiche ed estetiche che esso comporta ci occuperemo un po’ oltre, all’interno di questo mio ragionamento. Queste semplici considerazioni, comunque, consentono di verificare l’inscindibile rapporto di interdipendenza che modella la relazione contenuto-forma. Quando, perciò, dichiariamo di voler discutere del tema della forma, lo facciamo essendo consapevoli e convinti di voler mettere a fuoco un aspetto specifico del problema, provvedendo a presupporre come già delibata la corrispondenza contenutistico formale e mirando ad additare nelle caratteristiche ‘formali’, appunto, la chiave di leggibilità immediata con la quale un oggetto si presenta dapprima al nostro contatto sensoriale e, poi, attraverso questo, alla sintesi percettiva che, come meglio si osserverà, in quello che io definisco ordine estetico”. Infine io penso che la pittura di Sandro Viglione trasmette un senso di equilibrio tra forma e colore, quasi equiparandolo ad un voluto effettismo. Sandro Viglione in questa accezione non è un colorista, egli tratta il colore e nel contempo riesce a sentirlo, forse attraverso una retina particolare, riesce a sentire il colore dentro, perché ne ricerca le vibrazioni interne, i punti caldi e i punti freddi, quasi una radiografia della sua pittura. Egli nei suoi lavori riesce a creare delle variazioni cromatiche, dove le sensazioni danno fluidità e movimento alla materia.

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Bellomi e Profeta: due personali allo Spazio E di Milano ‏

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Si sono inaugurate sabato 22 novembre le mostre personali di Marco Bellomi e Luigi Profeta a cura di Valentina Carrera presso lo Spazio E di Milano e in collaborazione Zamenhof Art di Milano, la mostra si potrà visitare fino a venerdì 28 novembre. Marco Bellomi in “ Niente di Personale “ , si definisce per una volontà palese di voler circoscrivere, ridefinendolo, uno spazio pittorico caratterizzato da ampie campiture di colore, da geometrie astratte solcate da segni evidenti di primitiva, sciamanica incisività. Il tutto riporta ad una poetica al limite della figurazione, rivolta ad indagare gli spazi, le frontiere incerte, i limes di un territorio che ci parla della dimensione del Sacro, dell’Altro da Sé ovvero dell’incerto, della trascendenza, dell’impermanenza. Oltre lo spazio elimitato, evocativo di una dimensione di senso che assorbe completamente l’osservatore, si ritrova tanto l’artista quanto sé stessi. I segni e gli spazi ci parlano di Noi, della nostra capacità di abbandonare le certezze, i bisogni indotti e la continua ricerca del senso e di sicurezza che ci fa Uomini, soggetti indifesi all’immanenza della Libertà. Mentre Luigi Profeta in “ Memorie di Luoghi” in questo suo reportage vuole narrare se stesso attraverso i ricordi e i sentimenti. Le fotografie della memoria di Luigi Profeta, in bianco e nero per rendere la purezza assoluta di un’immagine in cui è il fruitore a dover aggiungere i colori del suo vissuto, rimandano ad un’esperienza del mondo che vibra tra il personale e il sociale. Da una parte c’è l’occhio dell’artista che indaga i luoghi della sua memoria, dall’altra ci sono angoli di mondo che parlano delle vicende di una società che è capace di abbandonare all’incuria la propria storia, di una natura forte che impone le proprie architetture apparentemente disordinate dove la mano dell’uomo smette di esercitare il suo controllo, di cuori sbalestrati dalla frenesia che cercano conforto nella ricerca di una conferma del proprio vissuto visitando luoghi conosciuti che hanno marcato loro passaggi formativi. Noi uomini ci definiamo per le nostre esperienze e per le nostre scelte, entrambe collocabili lungo le direttrici della nostra esistenza disegnando un tracciato in continua evoluzione in cui la memoria e le emozioni del momento giocano un ruolo determinante. La sensazione di nostalgia che così si viene a creare dovrebbe favorire l’insorgenza di un senso di vergogna tendente alla rinascita tramite l’azione. E così il desiderio di voler vedere rinascere certi luoghi si unisce alla spinta esistenziale di metabolizzare e superare i traumi personali che ciascuno custodisce nell’anima.

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Spazio E di Milano

Marco Bellomi e Luigi Profeta

a Cura di Valentina Carrera

dal 22 al 28 novembre 2014

Orari:

dal martedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00 domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.00

Ingresso libero

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Spazio E2

Alzaia Naviglio Grande 4, Milano

aestdelleden@libero.it

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Roma Jazz Festival: Sound Prints, sulle orme di Wayne Shorter, all’Auditorium

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Per Roma Jazz Festival (martedì 18 novembre) Joe Lovano & Dave Douglas Quintet, ‘Sound Print’’, hanno suonato alla Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica, il tempio della cultura realizzato da Renzo Piano dove si può ascoltare musica ‘in purezza’. Joe Lovano (la cui famiglia ha origini siciliane), fuoriclasse del sassofono, ha iniziato, praticamente da bambino, a suonare il sax imparando dal padre (‘Big T’ Lovano) e dai musicisti che passavano per Cleveland, come Dizzy Gillespie e James Moody. Attratto dalle sperimentazioni, ha frequentato la prestigiosa Berklee School of Music di Boston (che gli ha riconosciuto un dottorato honoris causa) e dove ha conosciuto John Scofield e Bill Frisell, con cui ha suonato. Nel 2011 ha celebrato i suoi 20 anni al Blue Note, durante i quali ha ricevuto alcune nomination ai Grammy, vincendo il primo nel 2000 per ‘Best Large Jazz Ensemble Album’, 52nd Street Themes, e nel 2001 è stato premiato come migliore musicista jazz dell’anno. Nel 2008 ha fatto parte, insieme a Dave Douglas (tromba), della nota formazione ‘SFJazzCollective’. Da allora è iniziato il loro omaggio al mito vivente del sax: Wayne Shorter, con nuovi arrangiamenti dei suoi brani più famosi insieme ad altri originali, che risentono comunque dello stile di quest’ultimo. Oggi i due musicisti hanno formato un gruppo stellare, con l’impeccabile Linda Oh al contrabbasso, l’elegante Lawrence Fields al piano e il mirabolante Joey Baron alla batteria. ‘Sound Prints’ è un tributo a Shorter (anche con il suo richiamo al classico ‘Footprints’) attraverso la rilettura dei suoi brani a cui ha collaborato lo stesso Shorter. L’ottantenne sassofonista, amante delle sperimentazioni e contaminazioni, è stato il leader negli anni ’70 dei leggendari ‘Weather Report’ e ha suonato, negli anni ’80, con Joni Mitchell e Santana.

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Il quintetto, ”Sound Prints”, ha presentato in anteprima alcuni brani del prossimo album, la cui uscita è prevista nella prima parte del 2015. Lovano suona in perenne equilibrio tra tecnica controllata e libertà espressiva con cui sembra voler superare ogni volta i confini della tradizione. Il suo è un suono nitido, pulito, che entra in perfetta simbiosi con la tromba di Dave Douglas. L’affiatamento tra i due, consolidato da anni, è evidente sin dal primo brano, in cui sax e tromba sono una sola voce. Il primo assolo di Lovano elettrizza. I cambi di ritmo sono fluidi, impeccabili, il piano di Lawrence Fields è sofisticato e complesso.

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I due brani del nuovo album convincono meno, forse per la novità e per una maggiore distanza dalla tradizione, emozionano meno il pubblico se non per l’assolo di Linda Oh che strappa un applauso convinto. A seguire, forse, il loro brano migliore: bello il dialogo tra contrabbasso e batteria, assolo virtuosistico di Lovano, Douglas impeccabile alla tromba e l’emozione sale quando sax e tromba si fondono. Musicisti di grande levatura che prediligono una musica complessa e sofisticata ma che non sempre ha emozionato il pubblico, che ha ottenuto un solo ‘bis’. Joe Lovano (A Love Supreme 50th Anniversary Joe Lovano/Chris Potter Quintet) suonerà ancora in Italia, per Umbria Jazz Winter #22 a Orvieto: il 28, 29, 30, 31dicembre e 1° gennaio (Teatro Mancinelli e Palazzo del Popolo, Sala 400, per info: www.umbriajazz.com ).

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CLAUDIA JARES – My Long Play

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Buenos Aires, Agosto 2014 – CLAUDIA JARES: Long Plays. È così che usiamo chiamare i nostri albums, i nostri vinili, quelli che quando eravamo ragazzi ascoltavamo infinite volte, fino allo sfinimento. Ho detto sfinimento? Beh, non è stato davvero così. Ho potuto ascoltare canzoni dall’album un milione di volte senza mai stancarmi. Mi piacerebbe giocare nella mia stanza, il mio rifugio, il luogo in cui è accaduto tutto. E ‘stato il mio posto preferito in casa, il luogo dove potevo essere totalmente per conto mio, vestirmi, giocare a fare la sposa con una vecchia tenda, make up, danzare, provare acconciature per i miei capelli, guardarmi allo specchio, provare i miei vestiti, osservare, indagare, e ritrovarmi … a Sognare, ad occhi aperti. Beatitudine. Questa è stata la parte migliore. Sognare che l’attore sul muro fosse il mio ragazzo. Che non ci saremmo mai lasciati. Immaginarlo a fissarmi intensamente. Sognare momenti pieni di romanticismo, di amore. Desiderio di essere innamorata. Sognare il mio futuro, i miei obiettivi, di mettere tutte le mie speranze in quei sogni. Credere che anche pregando i miei desideri si sarebbe avverati … Lì nella mia stanza. Ascoltando i miei Longplays. Ho sognato di essere qualcuno, di avere la mia vita, di essere un medico, un pittore, un veterinario. Vivere avventure. Ho sognato di me stessa come donna. Desideravo il bacio del mio vero amore. Se c’è qualcosa che posso dire per certo è che mi sono sentita veramente felice in quella stanza, e molti di quei desideri si sono avverati. E ho ancora dei sogni nei quali continuo a ritrovare me stessa.

La dirartecontemporanea|2.0 gallery è lieta di annunciare l’apertura in rete (www.dirartecontemporanea.eu ) lunedì 24 novembre 2014 dalle ore 21:00 della personale di Claudia Jares dal titolo My Long Play. Un video e 15 foto di medie e grandi dimensioni costituiscono il corpus dell’intera esposizione attraverso cui l’ artista argentina ci rimanda – “ … ad una dimensione precisa della nostra vita, un tempo e luogo che custodiscono quella soglia dell’esistenza in cui le possibilità dell’essere appaiono infinite dispiegandosi in una immota e sognante attesa.” come scrive Ileana Maria Zaza nel testo di presentazione alla mostra.

CLAUDIA JARES|Biografia

Nasce nella piccola città di Baradero, provincia di Buenos Aires, dove vi trascorre l’infanzia. All’età di 14 anni segue la famiglia a Buenos Aires che lascerà dopo qualche anno , a seguito della dittatura militare, per trasferirsi a Boston (1980) dove subito si inserisce nel contesto artistico partecipandovi attivamente e prendendo coscienza che la fotografia sarà la sua ragione di vita . Frequenta la New Englan Scool of Fotography ( NOSOP ) laureandosi nel 1982. Teminati gli studi al NOSOP inizia subito a lavorare per agenzie di moda,fotografo di scena per video musicali e cortometraggi. La vita la porta ad un nuovo trasferimento, questa volta a Caracas in Venezuela ( 1990 ) dove alternerà l’attività di freelance per agenzie e riviste e quella di ricerca partecipando a mostre collettive in gallerie private e spazi pubblici. Torna a Buenos Aires (definitivamente nel 1998 ) dove tutt’ora vive e lavora. Ha studiato Antropologia e Teatro classico, coinvolta sia come esecutore che come fotografo. Il suo lavoro è stato esposto in gallerie private e pubbliche della città.

ILEANA MARIA ZAZA|Biografia

Nata a Molfetta(Bari), è laureata in Filosofia presso l’Università la Sapienza di Roma e diplomata in bioetica con un master a Ginevra. Dopo gli studi universitari intraprende un percorso di studi teatrali.

Da sempre interessata al cinema, all’arte e al valore poietico delle immagini nel 2010 si specializza in regia cinematografica presso la New York Film Academy di New York e prende parte al corso di alta specializzazione in regia di Marco Bellocchio.

L’attività professionale ha inizio come assistente alla regia di Memè Perlini, autore e innovativo sperimentatore degli anni ’70 e ’80, e Patrick Rossi Gastaldi. Annovera collaborazioni con il Napoli Teatro Festival Italia e il Todi Arte Festival. Prende parte in qualità di attrice ad alcuni spettacoli teatrali, letture drammatizzate,fiction. Si dedica più direttamente alla regia allestendo corti teatrali e debuttando nel 2012 presso il teatro dell’Orologio con lo spettacolo Come tu mi vuoi nato da una ricerca collettiva sull’incognita esistenziale del lavoro nelle condizioni di vita attuali, che ha riscosso plauso della critica e del pubblico.

Parallela l’attività filmografica che comprende le seguenti produzioni: 2014 – To be Shakespeare in a day,(5′ 48”), Shakespeare Fest – Globe Theatre, Roma. 2013/2014 – Oggi insieme domani anche, documentario/film partecipato della Marechiarofilm. 2013 – Best Before, Clermont Ferrand Short Film market, VoffFest e CinemavvenireFestival 2014). 2011- Unknown. 2008- Universo teatro, “2009 Clermont Ferrand Short film Market”. 2005- Passioni del fare.

Collabora con l’attività del padre, Michele Zaza, in qualità di soggetto fotografico, esecutrice degli scatti e realizzatrice dei video. Scrive testi e presentazioni per iniziative culturali ed eventi espositivi.

dirartecontemporanea|2.0 gallery – Angelo Marino, Via E.Caruso 9 – 81100 Caserta (Italy ) + 39 333 44 61 479

dirarted20@gmail.comwww.dirartecontemporanea.eu

Testo di Ileana Maria Zaza

A cura di Angelo Marino

Inaugurazione 24.11.2014 dalle 21:00 ( connettendosi a: www.dirartecontemporanea.eu )

Chiusura 20.02.2015 20:00

Dirartecontemporanea|2.0 gallery

Info: +39 333 44 61 479

dirarted20@gmail.com

My Long Play