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CORTONA ON THE MOVE – FOTOGRAFIA IN VIAGGIO SESTA EDIZIONE

Da giovedì 14 luglio 2016 fino a domenica 2 ottobre sarà aperta al pubblico la sesta edizione del festival internazionale di fotografia Cortona On The Move, il festival che si svolge nel centro storico di Cortona –Arezzo presso la Fortezza Medicea del Girifalco sotto la direzione artistica di Arianna Rinaldo ed è organizzato dall’Associazione ONTHEMOVE. Fotografia in viaggio è il motto del festival che esprime la scelta di esplorare il linguaggio della fotografia attraverso la valorizzazione dell’eccellenza della fotografia contemporanea, con la presenza di protagonisti affermati sulla scena nazionale e internazionale e la ricerca di giovani talenti, attraverso la celebrazione dei grandi maestri e la riscoperta degli archivi storici. Il viaggio è inteso come movimento, scoperta e cambiamento interiore: ogni anno il festival propone un nuovo viaggio in mondi diversi e in situazioni da esplorare e cogliere mediante il linguaggio della fotografia. Il percorso espositivo dell’edizione 2016 porterà dalle single room occupancy per tossicodipendenti di Family Love di Darcy Padilla ai paradisi fiscali fotografati da Paolo Woods e Gabriele Galimberti in The Heavens, dai più cruenti conflitti mondiali raccontati da Lynsey Addario in It’s What I Do all’America di frontiera fotografata da Lucas Foglia con Frontcountry. Insieme a Daesung Lee, vincitore del premio Happiness On The Move 2015, scopriremo la Mongolia e la sua desertificazione attraverso Futuristic Archaeology, con Rachael Papo e il suo Homeschooled andremo a conoscere i bambini che non vanno a scuola e studiano a casa negli Stati Uniti. E ancora, viaggeremo insieme ai traveler con Mattia Zoppellaro e Appleby, nei Paesi africani in cui è ancora diffusa la barbara pratica della mutilazione genitale femminile grazie ad Uncut di Simona Ghizzoni. È in fase di realizzazione un progetto di Niccolò Rastrelli in collaborazione con SEI Toscana. Cortona On The Move 2016 ospita un evento straordinario: The Larry Towell Show, la prima retrospettiva europea del grande fotografo canadese. La mostra أوروب Europa è il progetto speciale dell’edizione 2016 del festival. Realizzato insieme a Magnum Photos e all’associazione spagnola Al-liquindoi, أوروب Europa è un lavoro dedicato a migranti e richiedenti asilo che si propone di far conoscere il nostro continente attraverso le immagini dell’archivio Magnum selezionate da Arianna Rinaldo. أوروب Europa sarà una delle mostre di Cortona On The Move e un libro che sarà distribuito nelle aree di accoglienza dei migranti. Una delle novità dell’edizione 2016 è il Photobook Review and Prize. Dal 16 di maggio al 15 giugno si è aperta una call per dummy, prototipi di libro fotografico. Undici saranno selezionati da Jörg Colberg di Conscientious Photography Magazine e pubblicati sul sito di Cortona On The Move, cinque saranno discussi da Colberg nella settimana inaugurale del festival, uno sarà pubblicato e messo in vendita nell’edizione 2017 del festival. La felicità in movimento è il tema del Premio Internazionale HAPPINESS ONTHEMOVE legato al festival, organizzato insieme al Consorzio Vino Chianti. La call per i fotografi è stata aperta fino al 22 maggio. Cortona On The Move dà la possibilità a cinque giovani talenti della fotografia di esporre al festival. Alla call hanno partecipato centinaia di fotografi da tutto il mondo, i cinque finalisti sono stati annunciati il 18 maggio: Anna Filipova, Gabriele Duchi, Giulia Mangione, Christian Werner e Sandra Hoyn. Inoltre sono stati selezionati i lavori di altri dieci fotografi,che saranno proiettati durante una delle serate di apertura del festival. Il programma dei workshop è in progress: confermati i workshop di Larry Towell, Darcy Padilla, Simona Ghizzoni ed Eolo Perfido. Nelle giornate inaugurali del festival (14-17 luglio) si daranno appuntamento a Cortona le più grandi professionalità legate alla fotografia della scena mondiale, impegnate in eventi, presentazioni, workshop e letture portfolio dei photo editor delle più grandi testate italiane e internazionali. Le sedi espositive saranno dislocate nel centro storico di Cortona e nella Fortezza Medicea del Girifalco adiacente alla città.

 

 

Il MOMA lancia un corso di fotografia online e gratuito

Il Museum of Modern Art di New York (MoMA) ha appena lanciato Seeing Through Photographs, il corso di fotografia online gratuito.

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Il progetto guidato da Sarah Meister,  curatrice del dipartimento fotografia all’interno del museo statunitense,  avrà lo scopo di insegnare ai partecipanti a capire cos’è la fotografia e come farlo diventare un potente strumento di comunicazione. Il corso dura sei settimane e alla fine di ogni settimana verrà sottoposto un test ai partecipanti per poi conseguire un diploma di frequenza. I partecipanti si immergeranno nella storia della fotografia attraverso i suoi generi, dal ritratto, al paesaggio passando anche per le correnti sperimentali.
Per iscriversi e altri dettagli: https://www.coursera.org/learn/photography

 

Mostra fotografica “La Storia siamo noi”: Casapulla Amarcord

“La Storia siamo Noi…” . Questo il nome della mostra fotografica presentata dalla Pro Loco di Casapulla nell’ambito della Notte Bianca, organizzata per lo scorso 18 dicembre e ispirata alla nota canzone De Gregori. Le foto sono tratte da Casapulla Amarcord, una pagina facebook in cui ciascun iscritto può condividere scatti d’epoca conservati negli album di famiglia, mettere a parte tutti gli altri dei propri ricordi, riannodare la memoria con la terra d’origine quando, da emigrante, sente il bisogno di tornare a casa. Le foto partono dalla fine Ottocento e arrivano ai giorni nostri, passando per le esperienze della prima e della seconda guerra mondiale, durante le quali molte madri videro i propri figli scomparire, giovanissimi, sotto i colori anonimi di una divisa. Alla seconda guerra mondiale appartengono certamente le scene con un gruppo di soldati stranieri sullo sfondo del campanile di Sant’Elpidio e quella in interno con i soldati in attesa del rancio, preparato in enormi pentoloni. Giorni sereni in cui la guerra c’era sul serio e mieteva miseria e paura. A consolare la paura c’era la fede, che si trasformava in momento collettivo durante le messe e le processioni: per la festa di Sant’Elpidio (26 maggio); per la Madonna del Rosario (seconda domenica d’ottobre); per il Corpus Domini. La tradizione vuole che per la processione di Sant’Elpidio la statua del santo lasci la chiesa attraversando il piazzale Giovanni XXIII, portata in trionfo dagli accollatori e attraversi le vie della città, cogliendo volti, divise, fogge sempre diverse a seconda delle epoche storiche. Nei cortei spiccano la banda del paese e i membri della Congrega del SS. Corpo di Cristo; ancora si riconoscono Don Andrea della Chiesa di Sant’Elpidio e Don Filippo della Chiesa di San Luca che portano la teca piramidale con le sacre reliquie, rubate insieme alle preziose vesti negli anni ’80 del secolo scorso. Casapulla riuscì a riavere altre reliquie solo dalla Cattedrale di Salerno, dove il corpo del santo è attualmente conservato. Le inquadrature delle scene spesso sono prese dall’alto o dai balconi, da cui si poteva assistere alla processione senza mischiarsi alla calca. Qualcuno, dalla strada, alza lo sguardo e sorride all’obiettivo di un amico, un parente, un familiare.

Casapulla amarcord

Tra le processioni storiche si ricordano la vestizione da prete di Don Raimondo Pasquariello e il più antico funerale di Bonaventura Natale, esponente del partito fascista morto in un incidente aereo durante la guerra e celebrato secondo il protocollo militare. Bonaventura era parente della maestra Pia Natale, ritratta nella sezione delle foto scolastiche che riprendono alcune classi materne, elementari e medie dell’Istituto comprensivo Giacomo Stroffolini, inamidate nei severi grembiulini con i colletti bianchi corredati dal nastro tricolore. Un tempo l’educazione era un valore, i professori erano stimati e apprezzati e rappresentavano un punto di riferimento affettivo molto forte per il futuro adulto, specie nei piccoli paesi. A Casapulla altre indimenticabili istituzioni furono, oltre alla maestra Pia, la maestra Marmo, che insegnava alle materne, e il professore Lieto, che insegnava alle elementari. Per alcuni invece c’erano le più severe scuole delle Ancelle dell’Immacolata il cui fondatore, don Donato Giannotti, era originario proprio di Casapulla.

Forza viva dell’economia erano i mestieri, molti dei quali sono ormai scomparsi portando via odori, sapori, tradizioni, abilità. Spesso erano lavori che duravano tutta la vita, a volte gli unici possibili, ma avevano il pregio di creare simpatiche relazioni di amicizia e sentimenti di affezione. Le donne trascorrevano molto tempo a fare il bucato, che stendevano al sole nei portoni. Molti altri pomeriggi li dedicavano a cucire, rammendare e ricamare, avendo imparato da bambine a confezionare molto di quanto serviva alla famiglia in caso di necessità. Altra fonte di reddito erano le fornaci, presso le quali lavoravano anche i bambini che non avevano possibilità di garantirsi un’educazione. Ve n’erano diverse, che producevano manufatti in creta e mattoni, consolidati in apposite formine di legno.

Altra tipica produzione era quella del torrone: quello dei “Maddaluna” era esportato in tutto il mondo e si spartiva il mercato con il torronificio dei Santillo, a via Stroffolini. Il laboratorio dei Maddaluna, fondato nel 1913, era affiancato ad un bar-pasticceria in cui lavorava la bravissima “Nennella”, che figura in una posa inedita con i nipoti. Gli eredi Maddaluna conservano ancora l’antica ricetta del torrone ma hanno abbandonato del tutto la produzione. In epoca fascista il torronificio ricevette numerose onorificenze, che furono poste sotto le ali spiegate dell’aquila a guardia del negozio. Un membro della famiglia Maddaluna ebbe anche una parte nel film “Sciuscià”, pellicola del 1946 per la regia di Vittorio de Sica, considerata uno dei capolavori del neorealismo italiano.

Tra le attrazioni di Casapulla vi era il ristorante Mastroianni, meta di raffinate cerimonie. Il proprietario compare ora nelle cucine, accanto ad un compìto cameriere mentre procede alla marinatura della carne da arrostire, ora alla cassa con la moglie, ora a tavola con un gruppo di amici, dinanzi a una vetrata con vista sulla bella campagna casapullese sgombra dal cemento. Spesso Mastroianni offriva il ristorante come sede per spettacoli teatrali, scene di cabaret o per la “Cantata dei Pastori”, durante le festività natalizie. Era anche molto attivo presso il Comune: lo vediamo in prima linea, in giacca e cravatta, nella Sala consiliare mentre riceve una Delegazione di cinesi per scambi interculturali.

E poi c’era un mondo fatto di pelle, legno e rasoio. Le scarpe rotte non si gettavano via ma andavano in riparazione dal calzolaio. Alfonso, l’ultimo “scarparo”, è ritratto nella sua bottega sulla strada dove con calma e pazienza rimette a nuovo le scarpe con calma e precisione. Tradizioni di alta falegnameria consentivano di fabbricare mobili su misura, porte e portoncini in pregiato legno massello. Un rito era poi il passaggio alla bottega del barbiere: ci si radeva, ci si tagliava i capelli, si chiacchierava, si leggeva il giornale. A volte ci si faceva persino la doccia, pratica fino agli anni ’80 per nulla diffusa nelle case, ma che tornava utile dopo un allenamento o una partita di calcetto. Appuntamento quotidiano era poi quello con la “munnezza”, prima che fosse necessario ricorrere alla differenziata. I due simpatici spazzini, ritratti con le scope di saggina e il loro fedele cane da compagnia, erano attesi con simpatia ad ogni angolo di strada.

Oltre al lavoro, a scandire le vite del paese c’era il matrimonio. La sposa casapullese usava lasciare la casa paterna per giungere fino in chiesa a piedi, accompagnata dal padre, tra l’ammirazione dei passanti che gettavano riso, petali di rose e confetti. Al rito seguivano i festeggiamenti: quando non era possibile offrire un ricevimento al ristorante, gli sposi pranzavano con i parenti nel cortile di casa, appositamente addobbato. Anche allora non si poteva sfuggire alle foto, da soli o con i parenti, a memoria del grande giorno che doveva unire la coppia per tutta la vita. Tra i personaggi in mostra si riconoscono Michele il barbiere, che fa baciamano in chiesa alla sua amatissima moglie; i coniugi Maddaluna; i coniugi Loasess- D’Albore e i famosi fuochisti Di Vico.

Ma la famiglia non era tutto. C’era l’amicizia. E quale strumento più utile del cibo per superare tutti i contrasti e i dissapori? Cene tra amici e pranzi istituzionali rappresentavano momenti di utile convivialità. In una foto si riconoscono i vigili urbani di Casapulla in divisa e, tra loro, Tonino o’ funtaniere, simpatico idraulico del Comune. Era lui a prendersi cura dei lavori privati presso le famiglie o delle fontane che si trovavano nelle piazzette principali o agli angoli delle strade per erogare acqua gratuita e sempre disponibile. Era divertente bere e rifocillarsi, dopo tante chiacchiere di piazza!

Momenti di condivisione più antichi erano invece gli incontri in cortile, in cui si tenevano spesso anche animali e un granaio per il fieno. Irrinunciabile momento di aggregazione come sempre era lo sport. Premi, gare e campionati vedevano impegnati uomini e donne, come testimonia il fatto che la squadra femminile di calcio di Casapulla giocasse in serie C. I maschietti cominciavano da bambini: eccoli in maglia gialla mentre posano nel campo di Don Andrea, sotto la guida del professore Berni, mitico insegnante di educazione fisica. Da grandi invece ci si allenava nell’antico campo sportivo “Bellarmino”, nell’attuale zona del mercato rionale. Ai nostri non piaceva solo il calcio, ma anche il basket. Tra gli appassionati di questo sport c’era Vittorio “Yamamonto”, soprannominato così perchè ricordava l’orso di un cartone animato a bordo di una motocicletta rossa.

Ogni tanto capitava di fare gite fuoriporta, in genere organizzate dalla chiesa, e scattare qualche foto ricordo come avvenne in occasione di un pellegrinaggio Casapulla – Montevergine. Di più antica tradizione l’irrinunciabile pic nic che si svolgeva il giovedì dopo Pasqua nel Vallone di Centopertose. L’antichità del rito è testimoniata dalla bellissima foto in cui al Vallone si arrivava con i carretti trainati da asinelli, oppure con le bici, invece che con le automobili.

Più recenti le foto a colori, che cominciano a diffondersi a partire dagli anni ’80. A questi anni risalgono: la cerimonia della posa della prima pietra della Chiesa di San Luca, che vede in prima linea il sindaco Granatello, il vescovo Diligenza e don Andrea; le foto scattate alla via Appia, ora innevata ora allagata a causa dell’inadeguata rete fognaria; la ristrutturazione della cupola del campanile della Chiesa di Sant’Elpidio, crollata a seguito di un fulmine.

Documenti, le foto. Immagini che possono raccontare, che possono ricordare. Un viso, un familiare che non c’è più, un momento felice, gli abiti diversi a seconda delle mode, del gusto, del ceto sociale. Un’esigenza antica e moderna scattare foto. E quando, agli inizi del Novecento, queste non erano così diffuse, si ricorreva alle foto dipinte, ritoccate a mano con il pennello. Certo le più romantiche sono quelle in interno, esaltate dal colore seppia che ne testimonia l’antichità oppure quelle che documentano lo stato degli antichi palazzi nobiliari, come il Palazzo Santoro. Ma sfilano con piacere anche quelle estemporanee, che immortalano icone di un tempo che fu, individuate dagli anziani con i loro soprannomi, mormorati sottovoce nel corso della Notte Bianca e rapidamente appuntati dalla sottoscritta: Carmela “a scagnata”; Vincenzo “o’ scheletro”; Bartoluccio o’ rre; Salvatore “Conciosse”; il ragioniere Omaggio…

E se molti casapullesi restarono nel paese e nella memoria, altri furono costretti ad andare – addirittura oltreoceano – in cerca di lavoro o di fortuna. Sono loro che ancora oggi “postano” da tutte le parti del mondo sulla pagina di Casapulla Amarcord per raccontarci il prosieguo delle storie. “…Perché è la gente che fa la Storia”, cantava De Gregori.

Reggia di Caserta. Si inaugura la mostra “REDEMPTION” di Salvino Campos. Sarà visitabile fino al 14 febbraio

Alla Reggia di Caserta dal 14 novembre 2015 al 14 febbraio 2016

Sabato 14 novembre 2015 alle ore 11 nelle sale Hackert della Pinacoteca, sarà inaugurata la personale fotografica dell’artista Salvino Campos, dal titolo “Redemption”, a cura di Annamaria Romano e Maurizio Siniscalco.

L’esposizione è organizzata dall’Associazione Culturale ARTEAS e promossa dalla Reggia di Caserta, con il patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, della UERJ – Universidade do Estado do Rio de Janeiro e della FEMPTEC – Fundação de Empreendimentos, Pesquisa e Desenvolvimento Institucional, Científico e Tecnógico di Rio de Janeiro.

La mostra si prospetta come una silenziosa narrazione tra diversi luoghi del mondo. Lo spettatore avrà così la possibilità d’affacciarsi su diversi scenari naturali, urbani, in cui i diversi soggetti, dagli elementi della natura agli uomini, sembrano colti nella semplicità dell’attimo di una spiritualità immanente. Proprio questo “mistero quotidiano” che sussurra all’occhio paziente di chi osserva, è quella qualità e quella costanza che sembra costruire un dialogo sotteso con tutto quel filone del vedutismo Napoletano, che nella pratica dell’osservazione ricercava nel “di fronte” lo spirito del mondo nei colli, nelle valli, nelle feste, nelle caccie, nelle costruzioni. Dunque obbiettivo sotteso di quest’esposizione è mostrare Campos nella sua veste di Neo-Vedutista del XXI secolo capace ancora di dialogare con un Antonio Senape, con Pietro Fabris e ancor più a fondo con un Jakob Philipp Hackert.

redempion_alla_reggia

Il colloquio con Hackert –scrive Mario Franco – avviene nell’identità di una natura conflittuale che pervade il paesaggio dell’anima, una conflittualità che non è qualcosa di eventuale, ma costitutivo della nostra natura. Le religioni e l’ansia di “redenzione” costituiscono la mediazione fra noi e le istanze primordiali che pervadono la nostra mente.

Il suo è un viaggio fotografico –continua Mario Franco – sui diversi contesti religiosi, sociali e culturali nei quali si realizza l’aspirazione umana verso la spiritualità. Il titolo della mostra,“Redemption”, con un termine che indica redenzione, ma anche riscatto, si richiama alle diverse identità culturali e religiose nel desiderio di individuare nei contrasti in bianco e nero, la “redenzione” della condizione umana.

Salvino Campos-REDEMPTION_Candomblé, Salvador, Brasil-2013

Gli appartamenti storici del Palazzo Reale saranno visitabili anche dalle 20 alle 24 in occasione di “Una notte al Museo”, l’iniziativa del Mibact che prevede le aperture dei principali siti d’arte con orario  prolungato.

Info:

Biglietteria della Reggia tel. 0823/448184-277580;

http://reggiadicaserta.beniculturali.it

Uffici Stampa Reggia di Caserta
resp. Dott. Enzo Zuccaro – tel. 0823 277558

Annalisa Santarelli vista da Lorenzo Babucci

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Lanciamo oggi una nuova rubrica di fotomodelle emergenti. Conosciamo Annalisa Santarelli.

Annalisa nasce a Fermo, piccola città della regione Marche, tuttavia ha origini ucraine per via della madre. Al momento studia all’istituto professionale Ostilio Rici nel settore di acconciatori e nel tempo libero lavora come baby-sitter. Nelle foto che vi proponiamo è stata ripresa da Lorenzo Babucci.

 

Come ti sei avvicinata al mondo della fotografia?

E’ successo tutto casualmente perchè un giorno ho accompagnato una mia amica a fare un servizio e lì c’era Lorenzo che non avevo mai visto. Lui mi disse che gli sarebbe piaciuto fare qualche scatto con me e da lì è nato tutto.

 

Degli scatti che Lorenzo ti ha fatto ci sta qualcuno che ricordi in particolare?

Si a dire la verità c’è. Uno scatto che mi ha fatto nell’acqua. Mi piace particolarmente perchè la luce è naturale al 100% e non è stata modificata.

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Quali sono i tuoi interessi nella vita?

La mia ambizione principale è di andare all’università e poter studiare Scienze Motorie, perchè è la mia vera passione.

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Hai mai partecipato a qualche concorso di bellezza?

No mai fatto questo tipo di concorsi anche se mi sono stati proposti.

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In futuro poseresti per altri fotografi oltre Lorenzo?

Certamente si.

 

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Tutti possono essere Frida – finissage 2 e 3 ottobre

TUTTI POSSONO ESSERE FRIDA

mostra fotografica e performance artistica della brasiliana Camila Fontenele de Miranda

a cura di Sueli Viana De Micco

dal 19 settembre 2015 al 03 ottobre 2015

finissage, 3 ottobre 2015 ore 19.00

Interverranno: Augusto Ferraiuolo, antropologo; Maria Carmela Masi, storica dell’arte

Unusual Art Gallery

Via Maielli 45, 81100 Caserta.

Info: 3663865889- 3343065263 suelidemico@gmail.com

ingresso libero.

Si concluderà domani, 3 ottobre, presso l’Unusual Art Gallery TUTTI POSSONO ESSERE FRIDA, la mostra fotografica itinerante dell’artista brasiliana Camila Fontenele de Miranda, inaugurata lo scorso 19 settembre in via Maielli 45, a Caserta. La giovanissima Camila ha scelto Caserta come tappa italiana per il suo progetto ispirato alla famosissima Frida Kalho, l’artista messicana ammirata da Pablo Picasso e amata da Andrè Breton. Il progetto mostra, curato da Sueli Viana De Micco e già esposto in varie sedi a San Paolo del Brasile, è stato pubblicizzato su riviste internazionali ed ha meritato numerosi premi. Mettendo insieme comunicazione sociale, pubblicità, cinema e fotografia, Camila ha costruito due momenti – uno espositivo, l’altro performativo. Quello espositivo è composto da cinque frammenti tematici (L’AMORE, IL DOLORE, L’INTERO, I COLORI, L’ABORTO): una sintesi e una rilessione sulla esperienza personale ed artistica di Frida Kalho.

“La storia di Frida è non solo presentata con un taglio fotografico inedito” – scrive la storica dell’arte Maria Carmela Masi, che si è occupata anche di far dialogare il progetto con il territorio avviando un’inedita collaborazione con alcuni ristoratori locali – “ma è espressa con effetti cromatici che caricano di emotività e amplificano simbolicamente le immagini. Attraverso il colore e l’effetto straniante, gli scatti – che si fondano essenzialmente su uno scambio di ruoli – si offrono piuttosto come riscatto alla sofferenza della nota artista messicana. In tal modo si intende avvicinare lo spettatore all’arte in generale e al sentimento di Frida in particolare, dimostrando che è possibile immedesimarsi veramente negli altri soltanto indossando i loro panni”. “I continui ed espliciti rimandi al lavoro di Frida, alle sue esplosioni di colori, alla sua estetica in bilico tra il dolore e la gioia, ma sempre passionale ed assurda, richiamano immediatamente il carnascialesco, inteso come sospensione del tempo in cui tutto diventa possibile”, aggiunge il noto antropologo italiano Augusto Ferraiuolo, docente all’Università di Boston.

Il concetto viene preso alla lettera nella fase performativa del progetto: l’allestimento di un set fotografico consente ai visitatori di indossare realmente i panni di Frida Kalho e di essere immortalati dall’obiettivo speciale di Camila. A coloro che acconsentono, viene data la possibilità di entrare nel mondo dell’arte arricchendo con la propria foto l’esposizione itinerante. L’ultimo intervento fotografico si terrà stasera, 2 ottobre, dalle ore 20.00 presso l’“Antico Cortile” (da oggi “Il Cortile”), tradizionale ristorante casertano che inaugura la nuova suggestiva sede in Via Galilei, 24. Tra musiche dal vivo e un’esposizione di prodotti locali, Camila Fontenele De Miranda consentirà per l’ultima volta, a tutti coloro che lo vorranno, di poter essere Frida. L’esperienza casertana di Camila si chiuderà domani, 3 ottobre, con un finissage curato dallo storico dell’arte Maria Carmela Masi, che si terrà presso l’ Unusual Art Gallery dalle ore 20.00 alle 21.00. Durante il finissage, lo storico dell’arte commenterà gli esiti del progetto e interagirà con l’antropologo Augusto Ferraiuolo e con gli spettatori sulle tematiche della mostra. Sarà poi possibile proseguire la serata nuovamente presso Il Cortile che preparerà – per quanti vorranno usufruirne – un menù “Frida” (antipasto, portata e calice di vino, 15,00 euro) appositamente ispirato alla mostra. Tutti possono lasciare propri commenti, poesie, immagini, canzoni, riflessioni e suggerimenti sulla pagina facebook dedicata all’evento.

Unusual Art Gallery

Via Maielli 45, 81100 Caserta.

Info: 3663865889- 3343065263 suelidemico@gmail.com

Mostra / performance dal titolo: TUTTI POSSONO ESSERE FRIDA

artista: Camila Fontenele de Miranda

Finissage 03 ottobre 2015, ore 19,00

ingresso libero.

Curatori: Sueli Viana De Micco.

Organizzazione: Antonio Iorio, Sueli Viana De Micco.

Interverranno: Augusto Ferraiuolo, Maria Carmela Masi

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Larry Clark da non perdere ad Amsterdam

Dal prossimo 13 di giugno e fino al 12 settembre le sale del Foam ad Amsterdam si preparano ad accogliere gli appassionati di fotografia di mezza Europa in occasione della mostra evento dedicata a Larry Clark, genio fotografico a stelle e strisce che nel corso della sua carriera, partendo dall’Oklahoma, è riuscito a portare alla ribalta mondiale il suo stile fotografico.

Maggiori informazioni

GIULIA EFISI IN RITRATTI / PORTRAITS PRESSO LA GALLERIA SCHUBERT DI MILANO

Si inaugura martedì 16 giugno alle ore 18.30 la mostra Ritratti / Portraits di Giulia Efisi a cura di Emanuela Costantini presso la Galleria Schubert di Milano. La mostra si potrà visitare fino al 27 giugno 2015.

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Le ventuno opere fotografiche esposte sono il risultato di un percorso di ricerca sull’identità che l’autrice ha compiuto negli ultimi anni in ambiti diversi. Oltre alle figure più vicine alla sua sfera privata e ad alcuni ritratti eseguiti per committenze di noti marchi italiani, spiccano i volti di personaggi dello spettacolo, dell’arte, dello sport e dell’imprenditoria. Da La Pina, conduttrice radiofonica e rapper, all’attore Jimmy Jean-Louis, dallo stilista Saverio Palatella al regista Rachid Dhibou. Presenti nella selezione di ritratti anche le attrici Sasha Grey ed Emmanuelle Moreau, lo stilista Tom Rebl, il pugile Leonard Bundu e l’attore e poeta Carlo Monni. Non mancano esponenti illustri dell’universo artistico più familiare all’autrice, come il fotografo Joe Oppedisano, mentre per il pianeta musica si sono prestati a essere ripresi dal suo obiettivo Pau dei Negrita ed Emiliano Pepe. Come dice Emanuela Costantini : “Tra le possibilità concesse dalla fotografia ce ne sono alcune che mettono in crisi l’attitudine più comune e immediata – quella documentaria – dello scrivere con la luce. Mostrare l’assenza, negare la presenza sono tra queste. Meccanismi binari, centrali nella ricerca artistica di Giulia Efisi, in cui trovano posto situazioni assai eterogenee, spesso binarie anch’esse. Storie vissute in prima persona o evocate da racconti e ricordi altrui, espressioni cercate e teatrali alternate ad altre più intime, fuggevoli. Ma pur sempre tracce di una vita che pulsa, mai costruita o prevedibile, in continua trasformazione. Nulla è dato nelle immagini di Giulia. In quelle realizzate in chiave alta, essenziali e abbaglianti, come nelle altre in cui domina il nero più denso, assoluto. In questa alternanza l’autrice rifugge la retorica del “dover essere”. Dei lineamenti fissi, dei volti plausibili, direbbe Eugenio Montale. Il rimando all’altro, all’esterno, è continuo e necessario, anche se mai del tutto risolto. Il percorso seguito dall’autrice segna una traiettoria circolare senza soluzione di continuità: è lei stessa il punto di partenza e di arrivo, e poi di una nuova partenza. Il suo è un viaggio senza sosta nello spazio e nel tempo, in cui procede ora con delicata e gioiosa ingenuità, ora con lucida e malinconica consapevolezza. Nonostante la circolarità della sua riflessione, la mèta di Giulia non è certo l’autocelebrazione.

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Forse il suo vero scopo è cercare se stessa, con il timore di trovarsi e di esaurire la spinta al viaggio, ciò che più di ogni cosa la affascina. Il patto tra Giulia e il suo mezzo di trasporto – la fotografia – resta dunque un affare privato di cui è dato conoscere solo poche, precarie rivelazioni. Nei progetti che porta avanti parallelamente ai Ritratti, una delle sue aspirazioni è trovare un accordo, seppure instabile, con la realtà, con gli oggetti, con chi e con ciò che è stato o che ha potuto solo sfiorare. E per farlo ha bisogno di fare ordine intorno a sé. Di eliminare ogni sovrastruttura, etichetta, certezza, di cui è piena la prosa quotidiana. Un lavoro a togliere, dunque, che le permetta di recuperare l’essenza più vera di ciò che la circonda. Sia che si tratti di oggetti e di luoghi, sia di persone, sensazioni e ricordi. Per questo la fotografia di Giulia è epidermica, spoglia. Nuda e per questo, talvolta, vulnerabile. Di ciò che si offre al suo sguardo trattiene solo ciò che reputa vicino al suo sentire. E non importa quanto siano nobili quei frammenti, quelle forme inaspettate regalate da punti di ripresa spesso audaci, o i profili scomposti o quasi annullati che annegano ora nella canicola, ora nel buio più profondo.

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Anche nei suoi Ritratti Giulia rincorre la fugacità, il momento in cui il soggetto abbassa le difese, si toglie la maschera e riprende fiato. Lei ama tutto ciò che è residuale e anarchico, dunque autentico ai suoi occhi. Non cede alle facili lusinghe dei ruoli sociali. E ciò permette alle persone da lei ritratte – famose o comuni che siano – di riappropriarsi della loro umanità. L’artista filtra ogni istante con la propria sensibilità, pensando solo al qui e ora. Riscrive i contorni dei soggetti, li decontestualizza, riduce le loro sembianze ai minimi termini. Sottrae forma per aggiungere sostanza, in un gioco a perdere che la rende vincente perché scevra dal timore reverenziale verso ogni stereotipo. Quello compiuto da Giulia è, dunque, un atto liberatorio, per sé ma anche per i soggetti che sceglie di ritrarre. In questo suo fare non esistono mezze misure. Non c’è spazio per la retorica del documento, del dove, del come. E, soprattutto, del perché. Fotografa quando ne sente il bisogno.
Per Giulia fare una fotografia è come premere un interruttore e far fluire energia: emotiva, creativa, riflessiva, espressiva. È precipitare nell’abisso più cupo per poi spiccare il volo, verso la luce”. Mentre Davide Faccioli dice : “Il lavoro fotografico di Giulia Efisi si innesta in un contesto conoscitivo analogo a quello della traduttrice di Alameddine. La Efisi una persona dal trascorso accademico-scolastico, un po’ annoiata dalla routine quotidiana, viene rapita dalla fotoarte e inizia un intelligente percorso conoscitivo. Da un lato legge di fotografia (storia, biografie, critica, recensioni, etc) e dall’altro intraprende una inconscia registrazione di immagini che incontra a mostre, cataloghi e internet. Istintivamente fa una selezione ed esclude quelle a lei non affini, creando un processo che e’ sinonimo di libertà e di certezza delle proprie scelte. In maniera irreversibile, la sua voracità pellicolare crea di per sé un personalissimo archivio interiore di immagini. Questi segni bidimensionali non giacciono freddi e inermi nell’inconscio della Efisi… al contrario! A contatto con la propria superficie sensibile e magicamente esaltata dalla sua libera curiosità, queste fotografie riprendono vita e vigore sotto nuova forma, il tutto attraverso la sua sorprendente umanità relazionale. La purezza di questa foto-trasformazione quotidiana travalica ogni tipologia stilistica e ricorda la manipolazione senza confine di genere di Andy Warhol. Nel lavoro della Efisi infatti risorge e si evidenzia il segno fotografico di alcuni grandi maestri dell’obiettivo, il tutto senza malizia e senza alcuna furberia stilistica. I suoi paesaggi notturni per esempio si compiono e funzionano senza voler celare le immagini notturne di Ghirri, Barbieri o Crewdson. La sua primordiale voglia di libertà si mostra (pur con un certo pudore) nei conturbanti nudi in bianco e nero alla Francesca Woodman. Qui Giulia Efisi entra in un gioco performativo e rimane il dubbio se il selfie viene condiviso o se realmente è frutto di un raptus di solitudine. In Hole, Advertorial Opera magazine e in Piano Stenditore le sue fotografie vogliono gridare che appartengono all’ultimo Giacomelli. Appare chiaro che è lui l’artista che più ama e che ahimè non ha mai potuto conoscere di persona; il che sarebbe stato per la Efisi un ulteriore salto dentro la poetica della fotoarte sia per lo straordinario immaginario surreale che per l’umana quotidianità di Mario Giacomelli. In ultimo, anche nei tanti ritratti inclusi nelle serie Backstage, Adv Campaign DP69 e Portraits, si riconoscono quegli autori che ha guardato e inconsciamente registrato come “suoi”: Cindy Sherman, Richard Avedon, Tony Thorimbert, Philip Lorca di Corcia, Albert Watson e tanti altri. Come per la protagonista de “La Traduttrice”, la Efisi dimostra quindi con che passione, con che curiosità e con che mole di informazioni, si è prodigata a essere essa stessa autrice. Da un lato la scelta dei suoi fotografi più amati, dall’altro tutti quelli che sono ancora esclusi. Ma per quanto? Non giacciono anch’essi nel suo profondo archivio emozionale? O forse vi è da pensare che proprio in quelle scelte così nette e precise si nasconda la sua volontà di escludere tutti gli altri? Personalmente credo che anche i non-compresi (meglio dire in-compresi?) si celino tra le profonde trame dell’immaginario efisiano. In fondo posseggono anch’essi quell’aura che fa sì che possano emergere da un momento all’altro”.

Galleria Schubert

Via Sirtori, 11 – Milano

Giulia Efisi in Ritratti / Portraits

Dal 16 al 27 giugno 2015

Orari : dal martedì al venerdì, dalle ore 11.00 alle ore 19.00 Sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00 Domenica chiuso.

Info e Contatti : Tel. 02 54101633 www.schubert.it

I BEATLES A MILANO FOTO INEDITE DOPO CINQUANT’ANNI PRESSO LA LIBRERIA FELTRINELLI

Si è inaugurata giovedì 4 giugno presso la libreria Feltrinelli di Milano la mostra fotografica dei Beatles la mostra sarà visitabile fin al 9 luglio 2015. Cinquant’anni dopo il loro primo e unico passaggio i Beatles tornano a Milano. La mostra racconta immagini inediti che documentano il primo giorno della breve tournée che i Fab four tennero in Italia nel 1965. Era il pomeriggio del 24 di giugno quando i quattro di Liverpool salirono sul palco allestito all’interno del velodromo Vigorelli di Milano per la prima di 8 esibizioni che si tennero a Milano, Genova e Roma.

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L’Italia accolse con un calore tutto sommato contenuto la band britannica, e di quel primo giorno di tournée restano pochissime testimonianze perlopiù «orali».Unico documento storico: un servizio fotografico realizzato la mattina del 24 con degli scatti posati di Lennon, McCartney, Harrison e Starr sulla terrazza dell’Hotel Duomo con le guglie di marmo bianco sullo sfondo e una manciata di foto del concerto pomeridiano al Vigorelli. Ma c’è anche un filmato su Youtube che racconta quell’avvenimento.

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Troppo poche, secondo Franco Zanetti, giornalista musicale autore di diversi libri sui Beatles e dopo lunga insistenza ha convinto i responsabili dell’archivio fotografico Farabola a fargli dare un’occhiata al materiale non pubblicato. Come ci dice Franco Zanetti “A quei tempi era normale stampare e distribuire solo un piccola selezione delle foto scattate ma ero certo che dai negativi conservati negli archivi di Farabola si sarebbero potute ricavare ancora molte belle immagini inedite.

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Ho dovuto insistere un po’, ma alla fine mi hanno dato la possibilità di guardare gli oltre 100 negativi inutilizzati, e del tutto dimenticati, e ne ho selezionati 25 da stampare e raccogliere in questa esposizione». Tutti gli scatti sono relativi alla conferenza stampa del 24 mattina e al concerto pomeridiano del Vigorelli, e sono le uniche testimonianze «professionali» del rapido passaggio milanese dei Beatles. «Purtroppo – ha concluso Zanetti – non esistono foto del concerto serale al Vigorelli e neppure delle altre esibizioni di Genova e Roma». Davvero un peccato considerato che i Fab four non torneranno più a suonare in Italia e nell’agosto dell’anno successivo chiuderanno definitivamente con l’attività dal vivo.

Libreria Feltrinelli

Piazza Duomo – Via U.Foscolo 1/3
20121 Milano

Mostra Fotografica I Beatles a Milano

Dal 4 giugno al 9 luglio 2015

Telefono: 199.151.173 – Fax: 02.85715950

Orari : Lunedì – Giovedì: 09:30 – 21:30
Venerdì – Sabato: 09:30 – 22:00
Domenica: 10:00 – 20:00

Oltre lo sguardo… di Steve McCurry

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La città eterna ospita, nello storico luogo del cinema italiano, una mostra che rappresenta in primis un grande incontro con la cultura e le culture del mondo. Steve McCurry è l’uomo della celebre foto della ragazza afgana scatta nel 1983 e da allora entrata per sempre nella storia della fotografia mondiale. Al centro del Teatro 1 di cinecittà c’è proprio lei ma bisogna cercarla tra decine di altre importanti foto, bisogna guadagnarsela di passo in passo, di scatto in scatto: dalle incredibili foto dell’11 settembre 2001 con le Torri Gemelle in fiamme, fino ai monaci buddisti, senza dimenticare l’India e anche un po’ di Italia. Insomma un viaggio incredibile che ti trasporta da un lato all’altro del globo sempre alla ricerca di qualcosa da raccontare, sempre con una grandissima tecnica, fatta di scelta di ottiche che costringono lo spettatore ad uno sguardo nuovo, punti di fuoco meravigliosi. Volti, occhi, baffi, nasi, abiti, climi e territori che si intersecano in un percorso mai banale. Organizzazione perfetta da parte di Cicecittà, con tanto di guida audio pronta a spiegare al meglio gli shots di MuCurry. Il primo incontro tra Steve McCurry e Cinecittà è avvenuto pochi anni fa ed è stato subito un colpo di fulmine. Tra i set e i magazzini della città del cinema il suo obiettivo ha colto nuove suggestioni arricchendo la sua ricerca di un sapore surreale. Conosciuto in tutto il mondo per i suoi strepitosi ritratti e i reportage che ha realizzato in alcuni dei paesi più difficili del pianeta, McCurry aveva infatti orientato la sua sensibilità anche in altre prospettive, allargando l’orizzonte della sua ricerca verso una dimensione quasi metafisica dello spazio e dell’umanità che lo attraversa o lo sospende con la sua assenza. Proprio a partire dalle foto scattate a Cinecittà, la nuova mostra di Steve McCurry, presenta al pubblico i suoi lavori più recenti e una serie di scatti che sono legati a questa sorprendente ricerca, che si spinge oltre lo sguardo, che attraversa porte e finestre per raccontare lo spazio e la luce, per vincere il dolore e la paura. Steve McCurry oltre lo sguardo si sviluppa intorno a questa ricerca, anche se non mancano, in mostra, alcune delle sue immagini più conosciute, a partire dal ritratto di Sharbat Gula, pubblicato per la prima volta su National Geographic, la ragazza afgana che è diventata una delle icone assolute della fotografia mondiale. Ad una nuova mostra non poteva che corrispondere un allestimento del tutto nuovo, progettato appositamente da Peter Bottazzi per accompagnare il visitatore nel mondo di McCurry e realizzato nel Teatro1, accanto agli edifici che ospitano “Cinecittà si Mostra”, un percorso di visita permanente dedicato al cinema e alla storia di Cinecittà, che ha già raccolto un grande interesse del pubblico italiano e internazionale. Fin dalla prima rassegna italiana, allestita a Milano nel 2009, Civita e SudEst57 hanno accompagnato McCurry in un progetto espositivo di lungo respiro, realizzando altre mostre, in varie città, che hanno visto la presenza di oltre 600.000 visitatori e hanno offerto al grande pubblico la possibilità di scoprire la sua straordinaria produzione fotografica, ampliando ogni volta la conoscenza del suo vasto repertorio, messo in scena nei più diversi contesti con sempre nuovi e suggestivi allestimenti. In questi anni Steve McCurry ha vissuto una stagione particolarmente produttiva della sua ormai più che trentennale carriera di fotoreporter, con incarichi prestigiosi come il progetto The last roll realizzato con l’ultimo rullino prodotto da Kodak, i calendari Pirelli 2013 e Lavazza 2015, ma soprattutto con lavori molto impegnativi che ha realizzato viaggiando nei luoghi del mondo che predilige, dall’India alla Birmania, dall’Afghanistan alla Cambogia, ma anche in Giappone, in Italia, in Brasile, in Africa. In ogni scatto di Steve McCurry è racchiuso un complesso universo di esperienze ed emozioni. Per questo non è solo uno dei più grandi maestri della fotografia del nostro tempo, ma è un punto di riferimento per un larghissimo pubblico, soprattutto di giovani, che nelle sue fotografie riconoscono un modo di guardare il nostro tempo e, in un certo senso, “si riconoscono”. Oltre a presentare una originale selezione della produzione fotografica di Steve McCurry, la rassegna, curata da Biba Giacchetti e Peter Bottazzi, intende raccontare l’avventura della sua vita e della sua professione, anche grazie ad una serie di video costruiti intorno alle “massime” in cui ha condensato la sua straordinaria esperienza e la sua concezione della fotografia. Per seguire il filo rosso delle sue passioni, per conoscere la sua tecnica ma anche la sua voglia di condividere la prossimità con la sofferenza e talvolta con la guerra, con la gioia e con la sorpresa. Per capire il suo modo di conquistare la fiducia delle persone che fotografa: «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te». Steve McCurry oltre lo sguardo sarà al Teatro1 di Cinecittà dal 18 aprile 2015, con oltre 150 immagini di grande formato, una audioguida a disposizione di tutti i visitatori nella quale l’artista racconta in prima persona le sue foto e una serie di 6 video dedicati ai suoi viaggi e al suo modo di concepire la fotografia. La mostra è prodotta da Cinecittà si Mostra e Civita Cultura in collaborazione con SudEst57, con il sostegno di Lavazza, Dimensione Suono Roma come media partner.