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AC/DC: la band senza voce. Una storia ad alto voltaggio

Senza voce. Ancora una volta uno dei gruppi più importanti della storia della musica Hard Rock, Heavy Metal rischia di perdere la propria voce solista. Gli inossidabili AC/DC infatti potrebbero perdere Brian Johnson il quale sta “perdendo” la voce. Il grave disturbo alle corde vocali che l’ha colpito potrebbe costringere Johnson a lasciare gli AC/DC dopo oltre 30 anni di carriera. Brian infatti divenne la voce solista dopo la scomparsa prematura del primo storico cantante della band australiana: Bon Scott. acdc6Sembra una maledizione. Voci graffianti, rudi, perfette per il “credo” musicale della band. In attesa di conoscere l’eventuale sostituto di Brian è doveroso ripercorrere la storia di una delle band più conosciute al mondo. Innovatori, ribelli e anticonformisti per eccellenza, gli AC/DC nascono ad opera dei fratelli Young. La famiglia di origine scozzese (tutti i componenti degli AC/DC sono di origine britannica) si trasferì in Australia per motivi economici e qui svilupparono la loro passione per la musica Angus e Malcom Young. Nel 1973 i due fratelli Young formarono un gruppo e così, il 31 dicembre 1973, nacquero gli AC/DC. Il nome AC/DC è l’acronimo di “Alternate Current/Direct Current” cioè Corrente Alternata/Corrente Continua, nome perfetto per esprimere l’elettricità e il dinamismo del gruppo. acdc2Insoddisfatti del loro cantante (Dave Evans) i fratelli Young si misero alla ricerca di una voce. Il loro autista dell’epoca si propose subito: era Bon Scott. Voce perfetta che segnò l’esordio degli AC/DC con il loro primo album High Voltage (pubblicato solo in Australia e Nuova Zelanda). L’album seguente fu T.N.T, che contiene brani come It’s a Long Way to the Top (If You Wanna Rock’n Roll) e l’omonima T.N.T, ancora oggi considerate tra I brani migliori della band. Il loro successo era però ancora legato soltanto all’Oceania, quello internazionale venne dopo. Fu con Let There Be Rock del 1977 che gli AC/DC trovarono la propria dimensione, liberandosi delle sfumature pop degli album precedenti. Let There Be Rock è un album grezzo che conquistò subito il pubblico, all’epoca condizionato dal genere punk. Seguì l’album Powerage del 1978 al quale seguì un importante tour per il gruppo che ne consolidò la fama in Europa. Solo il mercato americano restava ancora scettico nei loro confronti. La svolta arriva con Highway to Hell del 1979. Infatti con l’omonimo brano Highway to Hell gli AC/DC sfondarono per la prima volta nella top ten inglese e nella top 20 statunitense. Fu un successo clamoroso. Il logo degli AC/DC divenne, come si direbbe oggi, “virale”. Un marchio riconoscibile ovunque e da chiunque, il successo planetario era servito.acdc7 Proprio nel momento in cui si intravedeva l’apice del successo avvenne la tragedia. Il 19 febbraio del 1980 Bon Scott fu trovato morto a Londra, all’interno di una Renault 5 di un amico. Le cause del decesso furono attribuite ad una pesante intossicazione da alcool anche se ancora oggi resta un velo di mistero sulla morte di Scott. La drammatica notizia fu uno shock per il gruppo. La carriera degli AC/DC rischiava di finire prima ancora di aver spiccato il volo. Dopo una lunga ricerca, i fratelli Young grazie ad una registrazione inviata da un fan riuscirono ad individuare il sostituto di Scott: la scelta cadde su Brian Johnson. Il primo album dopo la morte di Scott fu la consacrazione finale della band nella scena musicale mondiale. L’album Back in Black uscì il 25 luglio 1980, con una copertina completamente nera che rendeva omaggio allo scomparso Bon Scott. Il successo fu “globale”. You Shook Me All Night Long e Hells Bells (chiaro omaggio a Scott) e l’omonima Back in Black sono tre delle pietre miliari di un album ancora oggi considerato la “vetta” della formazione australiana.acdc9 I fan furono entusiasti della voce di Brian che col tempo non fece rimpiangere Scott. Nel 1981 uscì finalmente For Those About to Rock (We Salute You), con il quale gli AC/DC raggiunsero per la prima volta la posizione numero uno della classifica di vendite statunitense. La seconda metà degli anni ’80 vide però un appannamento del loro successo. Gli album pubblicati in questo periodo furono molto inferiori alle attese e l’immagine del gruppo si ridimensionò. Nel 1990 esce The Razors Edge che contiene un altro capolavoro: Thunderstruck. La “diavoletto” di Angus era più infiammata che mai.ACDC1 Un rif entrato di diritto nella storia della musica. Storico il concerto (al quale seguì un video) AC/DC Live at Donington. Epocale fu il concerto che il gruppo tenne poco più di un mese dopo a Mosca, organizzato per la celebrazione della fine della dittatura comunista: allo storico evento (cui parteciparono anche Metallica, The Black Crowes e Pantera)acdc3 si recò un folla stimata fra 500.000 e un milione di persone, la più grande mai raccoltasi per un concerto hard & heavy. Il successo appagò gli AC/DC che nel periodo seguente pubblicarono pochi album (molte le raccolte in ricordo del periodo con Scott alla voce). Dopo l’album Ballbreaker, nel 2000 venne pubblicato Stiff Upper Lip. Proseguono i tour mondiali e concerti epici che consolideranno la fama del gruppo. Nel 2008 esce l’album Black Ice.acdc8 Nel 2014 esce infine Rock or Bust, considerato l’album di addio ai fan di Johnson e Angus (che già non partecipa alla registrazione del disco poiché gravemente malato, lo sostituisce il nipote Stevie Young). Gli AC/DC proseguiranno la loro storia o l’addio di Johnson segnerà lo scioglimento del gruppo? La speranza di milioni di fan nel mondo è che il mito degli AC/DC possa proseguire, diversamente la loro immortalità comunque è già scritta. acdc5

Nomadi, “due sedicenni” che hanno fatto la storia della musica italiana

Un mito inossidabile e intramontabile, sempre fedele a se stesso e al proprio pubblico. La storia dei “Nomadi” è la storia della musica italiana. Nel segno di questa tradizione è uscita, lo scorso 20 novembre, l’ultima raccolta dei più grandi successi della formazione emiliana che ha visto in Augusto Daolio e Beppe Carletti i suoi fondatori. Del nucleo storico della band è rimasto il solo Carletti impegnato in questi giorni a pubblicizzare “Il sogno di due sedicenni è diventato realtà”, titolo della corposa raccolta che ripercorre la storia entusiasmante del gruppo fondato nel 1963, anno nel quale i due miticiFOTO NOMADI fondatori avevano appunto 16 anni. Oltre 50 anni di musica ed emozioni ( I Nomadi sono il secondo gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones !) che hanno fatto sognare generazioni e generazioni di italiani. Mai banali né scontati, i Nomadi hanno saputo attraversare i tanti cambiamenti dello scenario musicale nazionale e internazionale senza mai mutare per inseguire i gusti del pubblico o i diktat dell’industria discografica. I Nomadi sono i Nomadi. Punto. Questa fedeltà è stata ed è incredibilmente ricambiata da un pubblico affezionatissimo e assolutamente trasversale con diverse generazioni che si fanno coinvolgere dalle musiche e dalle parole delle canzoni “sempreverdi” della band emiliana. Una voce su tutte, lui, il leader storico, l’anima ed essenza dei Nomadi: Augusto Daolio. Scomparso troppo presto nel 1992 (tanto ancora avrebbe potuto dare alla musica e al suo pubblico ladaolio sua straordinaria voce, corroborata da un grandissimo carisma) è stato il simbolo non solo di una band ma di un’epoca d’oro per la musica italiana. Nonostante il grave lutto, i Nomadi hanno saputo anche attraversare indenni alcuni “cambiamenti”. Danilo Sacco per anni è riuscito in qualche modo a “ricordare” la voce di Augusto tenendo vivo (grazie anche a brani ed arrangiamenti più moderni) il mito dei Nomadi e facendolo apprezzaredanilo-sacco-nomadi ancora di più alle nuove generazioni. Dai brani scritti per loro da Guccini (“Dio è Morto”, “Noi non ci saremo”, “Canzone per un’amica”, ecc.), passando per “Un pugno di sabbia”, “Crescerai”, “Un giorno insieme”, “C’è un Re”, “Ma che film la vita”, e tante altre “perle” fino al vero e proprio inno di “Io Vagabondo”, canzone simbolo dei Nomadi. “Eravamo ragazzini ed avevamo un sogno: suonare, fare musica. E lo abbiamo realizzato. – confessa Beppe Carletti in una serie di interviste rilasciate in questi giorni su vari network – Abbiamo vissuto un’epoca di grande libertà, un’epoca d’oro della musica e non abbiamo mai perso la nostra essenza. Il mio legame con Augusto è stato profondo. Ho avuto l’onore di trascorrere oltre 30 anni insieme ad un uomo unico, eccezionale, con un timbro vocale straordinario. Ed è per questo che cerco di ricordarlo e farlo conoscere alle nuove generazioni”. E proprio ai ragazzi Carletti dice: “Ai giovani che vogliono fare musica dico di essere spensierati e di non inseguire il successo nomadi 3a tutti i costi. Non suonate per ambizione ma per divertimento, se poi viene anche il successo bene, ma l’importante è stare insieme”. I Nomadi proseguono intanto il loro tour, praticamente perenne, che li porterà a dicembre in Svizzera per una serie di tappe e poi da gennaio (precisamente il 25) nuovamente in Italia con un concerto a Napoli per poi toccare tante altre località della penisola. Un tour assolutamente da non perdere. Per ulteriori info è possibile contattare il sito internet www.nomadi.it