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Inaugurato a Pertosa il primo Museo del Suolo in Italia

Oggi 22 aprile, non a casa nella Giornata della Terra, a Pertosa (Salerno) è stato inaugurato il primo museo italiano del suolo. Il museo sorge in uno scenario suggestivo come le grotte di Pertosa-Auletta, estese per oltre tre chilometri sotto i monti Alburni. Il percorso comprende 1500 metri quadri di esposizione: si inizia da un grande formicaio, dove si può ammirare l’instancabile attività delle formiche tagliafoglia. Il tour prosegue attraverso laboratori e schermi multimediali alla scoperta dei minerali e dei “colori della terra”. Ancora, una “serra climatizzata” dove osservare la crescita delle radici e un touch screen per consultare gli “atlanti del suolo”.  Il “Museo del Suolo” di Pertosa, visitabile dal prossimo primo maggio, è stato finanziato dalla Regione Campania con fondi comunitari ed è curato dalla Fondazione Mida (Musei integrati dell’ambiente).

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Il MOMA lancia un corso di fotografia online e gratuito

Il Museum of Modern Art di New York (MoMA) ha appena lanciato Seeing Through Photographs, il corso di fotografia online gratuito.

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Il progetto guidato da Sarah Meister,  curatrice del dipartimento fotografia all’interno del museo statunitense,  avrà lo scopo di insegnare ai partecipanti a capire cos’è la fotografia e come farlo diventare un potente strumento di comunicazione. Il corso dura sei settimane e alla fine di ogni settimana verrà sottoposto un test ai partecipanti per poi conseguire un diploma di frequenza. I partecipanti si immergeranno nella storia della fotografia attraverso i suoi generi, dal ritratto, al paesaggio passando anche per le correnti sperimentali.
Per iscriversi e altri dettagli: https://www.coursera.org/learn/photography

 

Benvenuto Berenson, il robot critico d’arte

E’ tra le sale del Musée du quai Branly di Parigi che potremmo incontrare Joe Berenson, il robot in sciarpa bianca e cappello in grado di giudicare le opere d’arte esposte.

 

Potremmo dire che arte e scienza non sono mai state così vicine, e a colmare questo divario è stato Joe Berenson, il primo robot critico d’arte in grado di esprimere la propria opinione in materia artistica. Alquanto strano, vero? In realtà il robot Berenson è stato programmato per raccogliere dati sulle reazioni che hanno i visitatori nell’osservare una determinata opera d’arte. Una volta raggiunta una buona percentuale di dati, il device è in grado di esprimere una propria opinione, in particolare con un sorriso se è positiva o  con un cipiglio se è negativa. Il robot Berenson nasce grazie ad un’idea dell’antropologo Denis Vidal, con il supporto dell’ingegnere robotico Philippe Gaussier, grazie ai quali assistiamo ad una svolta nel campo dell’arte che non conosce precedenti.

Foto: fonte Musée du quai Branly

Arriva il Museo del Futuro firmato Santiago Calatrava

Sono passati già diversi giorni dall’attesissima inaugurazione del Museo del Futuro a Rio de Janeiro, realizzato da  Santiago Calatrava, celebre archistar spagnolo famoso in tutto il mondo.

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Il museo rispecchia in pieno lo stile di Calatrava, particolarmente attento al rispetto del paesaggio che ospita le sue opere e ancor di più sull’impatto ambientale di tali edifici. Non a caso il museo è circondato da una piscina esterna utilizzata per filtrare l’acqua proveniente dalla baia la quale viene versata nell’oceano. Tutto ciò crea un ambiente complesso ma semplice allo stesso tempo, leggero ma con quel tocco in più. L’opera si ispira alla cultura carioca, grazie alla quale Calatrava è riuscito a creare un ponte invisibile tra la città e l’ambiente naturale. Costruito sul Pier Mauá, l’edificio rappresenta l’anello di congiunzione tra Puerto Maravilha e le zone limitrofe. Esso si inserisce perfettamente nel contesto nonostante la sua imponenza; non a caso l’altezza non supera i diciotto metri così da non ostruire la vista sul Monastero di São Bento,  patrimonio UNESCO.

La Reggia di Caserta è il primo museo “SOCIAL” d’Italia

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“Raggiungere più persone possibile per portare i musei italiani nel futuro”. Queste le parole del premier Matteo Renzi alla presentazione ufficiale della nuova squadra al Mibact lo scorso settembre. In attesa di poter sbirciare quel futuro che i nuovi direttori, in fase di insediamento, si apprestano a costruire, siamo andati a vedere come se la cavano i musei italiani nel presente sul versante social network. Oltre al sito istituzionale, quasi tutti hanno una profilo Facebook e molti un account Twitter, qualcuno azzarda timidamente un canale YouTube (quello della Reggia è attivo dal 2010) ma, tirando le somme, la confidenza con i social non sembra essere particolarmente disinvolta. Fra i nuovi direttori selezionati attraverso il bando internazionale previsto dal “decreto musei” voluto dal ministro Franceschini, il più giovane di tutti è l’archeologo Gabriel Zuchtriegel, 34 anni, che dirigerà il Parco archeologico di Paestum. Per lui è necessario “operare con internet e con i social, cambiando il percorso del museo”, e la base di partenza non è delle peggiori: dal sito internet del parco campano si accede facilmente alle pagine ufficiali Facebook e Twitter (cosa non scontata) anche se sul gradimento si può lavorare (1.058 like e solo 44 follower). Il museo che ‘piace’ di più su Facebook, fra quelli per i quali siamo riusciti ad individuare in tempi ragionevoli la pagina ufficiale, è senza dubbio la Reggia di Caserta appena passata nelle mani di Mauro Felicori: quasi 96mila like e 2.212 ‘seguaci’ su Twitter. Seguono, a distanza, il Polo Reale di Torino e il Museo di Capodimonte di Napoli con 24 e 23mila like. Numeri molto lontani dal milione e 881mila fan del Louvre di Parigi (un milione 391mila del Metropolitan di New York, 676mila del Guggenheim, 925mila del British Museum di Londra, attivi peraltro anche su Instagram, Tumblr, Pinterest, Google Plus, SondCloud, Twitter e YouTube, con le icone in bella vista sul sito) ma comunque le realtà più social fra i venti super musei italiani.

Leggi articolo completo su: Il Resto del Carlino

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I musei del mondo gratis

Cosa c’è di meglio di accedere gratuitamente nei musei più importanti del mondo? Eccone elencati alcuni  in cui è possibile entrare gratis.

The Metropolitan Museum of Art, New York (Usa)
Il più grande e famoso museo d’America chiede soltanto un’offerta libera per l’ingresso. Vanta più di due milioni di oggetti esposti.

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British Museum, Londra (Gran Bretagna)
La collezione permanente conta oltre otto milioni di pezzi ed è uno dei musei più antichi al mondo.

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Louvre, Parigi (Francia)
Il museo più famoso del mondo  vanta anche un patrimonio di 35mila opere d’arte. L’ingresso è gratuito ogni prima domenica del mese.

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Musei Vaticani, Roma (Italia)
Il patrimonio artistico dei Musei Vaticani, dalla Cappella Sistina affrescata da Michelangelo Buonarroti ai capolavori di Raffaello, è noto in tutto il mondo.  L’ingresso è gratis l’ultima domenica del mese.

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Daimler Contemporary, Berlino (Germania)
Fondata nel 1977, la collezione Daimler ospita oltre milleottocento opere d’arte di oltre seicento artisti internazionali.

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Museu Afro Brazil, San Paolo (Brasile)
Il Museo ci racconta l’influenza dell’arte africana su quella del Brasile e  vanta oltre seimila opere d’arte tra manufatti, gioielli e foto. L’ingresso è gratuito il giovedì e il sabato.

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“Dal Musée d’Orsay IMPRESSIONISTI. Tête à tête”

Manet,_Edouard_-_Olympia,_1863 Dal Musée d'Orsay. Impressionisti Tête à têteDal 15 ottobre 2015 al 7 febbraio 2016, la città di Roma è lieta di ospitare la mostra Dal Musée d’Orsay IMPRESSIONISTI. Tête à tête, grandissimo evento sull’impressionismo a livello internazionale, nato grazie alla proficua collaborazione tra il Musée d’Orsay e il Complesso del Vittoriano.

L’esposizione propone oltre sessanta opere, che raccontano attraverso un percorso straordinario la società parigina della seconda metà dell’Ottocento, giunta fino a noi grazie all’opera di artisti di grandissimo spessore come Manet, Monet, Renoir, Degas, solo per citarne alcuni. “Vero pittore è colui che sa afferrare il lato epico della vita di ogni giorno e sa farci vedere quanto siamo grandi e poetici nelle nostre cravatte e nelle nostre scarpe verniciate” afferma Charles Baudelaire, personalità chiave nel diffondere fra gli artisti, che saranno poi definiti “impressionisti”, il gusto di dipingere la quotidianità in tutte le sue più varie sfaccettature.

La mostra, che nasce sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con il patrocinio della Camera dei Deputati, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Lazio, di Roma Capitale e dell’Ambasciata di Francia in Italia, è curata da Guy Cogeval, presidente dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie con la curatela scientifica di Xavier Rey, direttore delle collezioni e conservatore del dipartimento di pittura del Musée d’Orsay e di Ophélie Ferlier, conservatore del dipartimento di sculture del Musée d’Orsay.

Edouard Manet, Paul Cézanne, Edgar Degas, Camille Pissarro, Frédéric Bazille, Pierre-Auguste Renoir, Berthe Morisot, Auguste Rodin sono solo alcuni dei nomi prestigiosi presenti all’interno della mostra.

Riprendendo una citazione di Zola nel 1868, “sono pittori che amano il loro tempo…cercano prima di tutto di penetrare figure prese dalla vita e le hanno dipinte con tutto l’amore che provano per i soggetti moderni”.

Foto: wikipedia.org

Gli affreschi sconosciuti del castello di Sant’Agata dei Goti

Affreschi sconosciuti a Sant’Agata dei Goti

Il Salone del Castello di Sant’Agata de’ Goti, unica testimonianza superstite di un ciclo decorativo settecentesco più ampio che doveva interessare l’intero complesso, è di grande importanza storico artistica. Di proprietà privata, fu parzialmente restaurato dalla Soprintendenza nel 1993, che – leggendo l’affresco come un prodotto isolato dal suo contesto ed effettuando una valutazione estetica e qualitativa – ritenne opportuno “salvare” soltanto la scena raffigurante il mito di Diana e Atteone, firmata da Tommaso Giaquinto (Avellino, 1661? – Napoli, 21 febbraio 1717) e datata 1710 («T. Iaquintus 1710»),
Il Giaquinto, originario della provincia di Avellino e allievo di Giordano, è tra i pittori coinvolti in un rinnovamento culturale ed artistico di vaste proporzioni promosso i9n epoca barocca dal nuovo vicerè di Napoli Gaspar de Haro y Guzmàn (1629-1687), Marchese del Carpio, noto collezionista d’arte e appassionato di maioliche. Alla fine del Seicento, sotto il governo del duca Marzio Pacecco Carafa di Maddaloni, viene chiamato per la prima volta a Sant’Agata dei Goti, dove dipinge la sua prima opera nota: L’Intercessione di S. Agata e S. Stefano (1698).

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Sotto gli stimoli e il gusto della famiglia Carafa e del vescovo Filippo Albini (1699 – 1721), Giaquinto diventa il protagonista indiscusso della rinascita barocca dell’antico borgo, che si va popolando di una nuova aristocrazia legata alla corte dei Carafa e che recupera le preesistenze medievali e quattrocentesche per trasformarle in bellissime residenze signorili. Si trasferisce in questo periodo a Sant’Agata, ad esempio, la famiglia Viparelli, che compra nel 1702 un immobile insistente sull’attuale piazza Municipio, all’angolo con via Perna, risalente al X secolo e fatto modificare secondo gli orientamenti strutturali e decorativi dominanti.
Nel 1703 diviene signore di Sant’Agata de’ Goti Carlo I Carafa, figlio di Marzio Pacecco. Il Castello diviene allora il nuovo centro del potere, che deve esplicitarsi attraverso un preciso programma decorativo scelto dal signore. E’ quanto risulta dalla interessante decorazione sopravvissuta nel cosiddetto Studiolo del duca, opera di artisti diversi e forse di provenienza non locale, ma caratterizzata da una certa omogeneità. Vi sono raffigurate scene di mito tratte dalle Metamorfosi di Ovidio, tutte riferibili alle Quattro Stagioni con i segni zodiacali e le attività svolte in ciascun periodo. I miti rappresentati rimandano tutti a stelle e costellazioni: un modo per celebrare le qualità del duca, esaltando il simbolo del toro, probabilmente segno zodiacale del signore e riferimento indiretto alla nuova politica agricola da lui promossa nei suoi possedimenti.
Questa interpretazione sembra trovare conferma nelle personificazioni delle virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza), raffigurate intorno allo stemma di Carlo I Carafa e di Carlotta Colonna (sposi dal 1699), che troneggia al centro della volta. Essa poggia idealmente su un colonnato dipinto, che si apre su un giardino di agrumi in perfetta integrazione tra pittura, architettura e natura. Alberi in vaso carichi di frutti si notano anche su entrambe le pareti lunghe della sala, dove si trovano raffigurate le scene di mito principali, simboleggianti caccia e bellezza, argomenti evidentemente cari al duca.
Di fronte all’ingresso del Salone trionfa l’unica scena restaurata, dipinta dal pittore Tommaso Giaquinto, che celebra il mito di Diana – dea della caccia e della luna – scoperta al bagno da Atteone. Sulla parete opposta, un affresco fortemente compromesso in cui è riconoscibile un Giudizio di Paride: il pastore, secondo il mito, concesse il pomo d’oro che doveva identificare la divinità più bella a Venere, protettrice dell’Amore e simbolo della Primavera.
Nella volta sono raffigurate scene mitologiche di dimensioni minori e Le quattro stagioni con i rispettivi segni zodiacali: la Primavera, ritratta come Venere in veste di Flora con Eros, allude al fiorire dell’agricoltura e della caccia sotto i segni zodiacali dell’ariete, del toro e dei gemelli; l’Estate è il dominio di Cerere, che sorveglia le operazioni di mietitura sotto i segni zodiacali del Cancro, del Leone e della Vergine. In Autunno, Bacco si gode la vendemmia sotto i segni zodiacali della Bilancia, dello Scorpione e del Sagittario. Chiude l’Inverno, raffigurato come Ercole, divinità protettrice della pesca e della caccia al cinghiale, dopo che ha ucciso l’Idra di Lerna, un mostro a più teste noto per rubare i raccolti e le mandrie. In alto, l’oroscopo si chiude con i segni zodiacali del Capricorno, dell’Acquario e dei Pesci.
Le scene mitologiche minori presenti nella volta, sono racchiuse entro cornici rettangolari ed ovali e partono narrativamente proprio sopra l’affresco del Giaquinto: il ciclo inizia con Il ratto di Europa, la principessa fenicia portata a Creta da Zeus sotto le sembianze di toro. Dalla loro unione nascerà il nuovo re Minosse, che commissiona a Dedalo ed Icaro un labirinto in cui poter rinchiudere il famoso Minotauro. Padre e figlio suggeriscono ad Arianna la soluzione del gomitolo, aiutando Teseo ad uccidere il Minotauro. Per punizione vengono imprigionati nel labirinto, così – per fuggire da Creta – sono costretti a ricorrere ad ali di cera. Nel tondo con Il volo di Icaro è raffigurato il momento in cui Icaro, avvicinatosi troppo al sole, fa sciogliere la cera e precipita in mare. Il padre lo seppellisce in Sicilia.
Intanto Teseo ed Arianna, anch’essi fuggiti da Creta, si rifugiano a Nasso, altra isola greca sulla quale però Arianna viene abbandonata. E’ il momento raffigurato nella scena successiva – Arianna abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso – in cui il personaggio che dorme nella tenda potrebbe essere Dioniso/Bacco, che in seguito sposerà la ragazza e le donerà per le nozze un diadema d’oro dal cui nascerà la costellazione della Corona Boreale.

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Proseguendo nella volta, troviamo due riquadri con Scene marine e un’insolita rappresentazione de La morte di Orione. Orione era figlio di Ireo, nato dall’urina di Giove, Mercurio e Nettuno deposta su una pelle di toro seppellita sotto terra per nove mesi. Trascorso il tempo dovuto, dalla pelle viene alla luce un bambino chiamato Urion (da urina) o Orione (in Ovidio, Fasti, lib. V, cap. IV): un gigante bellissimo, scelto da Diana come suo ministro di culto e compagno di caccia. Orione morirà proprio per mano di Diana, colpito da una freccia scagliata per errore. Il mito canta la disperazione di Diana al cospetto del corpo senza vita di Orione e la bontà di Giove, che lo accoglie tra le costellazioni insieme al fedele cane Sirio.
La costellazione di Orione è la più luminosa dell’Emisfero boreale e si trova non lontano da quella del Cane Maggiore, dove splende appunto la stella Sirio.
Al di sopra della scena con la morte di Orione, si trova l’ultimo tondo della volta, che racchiude il mito di Perseo e Andromeda: Perseo, a cavallo di Pegaso, uccide il mostro marino Ceto dopo averlo pietrificato con la testa mozzata di Medusa per salvare Andromeda, figlia di Cedeo e Cassiopea, sovrani d’Etiopia. Perseo, Pegaso, Ceto, Andromeda, Cedeo e Cassiopea sono tutti personaggi che si riferiscono a costellazioni.

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Il ciclo decorativo dello Studiolo, che potrebbe rifarsi più ampiamente alla storia della cultura e delle attività agricole, sembra tener presente abbastanza precocemente gli studi astronomici del polacco Johannes Hevelius, che nel 1690 pubblicò un’accurata cartografia lunare subito considerata tra le più grandi opere scientifiche del Seicento. Nelle sue opere, l’astronomo descrisse ben 11 nuove costellazioni (si veda: Joannes Hevelius, Costellazione del Toro, incisione, dal “Firmamentum Sobiescianum, sive uranographia – Prodromus Astronomiae” , 1690).
Certamente l’affresco fu dipinto tra il 1699 e il 1710, come testimoniano lo stemma di Carlo I Carafa e Carlotta Colonna, sposi dal 1699, e la datazione riportata sull’affresco dipinto da Tommaso Giaquinto. Non è da escludere che l’intero ciclo decorativo sia stato dipinto proprio intorno al 1710 sotto la direzione di Tommaso Giaquinto che – impegnato nel coevo cantiere della Chiesa di San Francesco – dovette ricorrere all’impiego di allievi dalle scarse doti pittoriche per completare velocemente i lavori già avviati. Il 1710, infatti, risulta essere un anno particolare per i Carafa della Stadera in quanto entro quella data si conclusero rapidamente tutti i principali cantieri di famiglia, come il Palazzo napoletano di via Toledo, il Casino ducale di Maddaloni, il Castello di Sant’Agata dei Goti.
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Reggia di Caserta. Finito lo stage dei tirocinanti. “Via dalla Reggia in cerca di futuro”

Venti giovani, sei mesi e un Palazzo unico al mondo.

Sembra ieri quando, per la prima volta, abbiamo varcato i cancelli della Reggia come vincitori del bando “150 giovani per la cultura” per iniziare questa nuova esperienza di lavoro.

Provenienti da tutta Italia e con formazione diversa siamo stati selezionati, in quanto archeologi, storici dell’arte, ingegneri e architetti, restauratori e diagnosti, attraverso un concorso pubblico indetto dal MiBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) con lo scopo di accrescere le nostre conoscenze e competenze e di fornire al contempo un valido ausilio ai funzionari della Reggia di Caserta.
Durante i sei mesi di tirocinio abbiamo potuto toccare con mano le effettive difficoltà di gestione di uno dei siti culturali più importanti d’Italia, scontrandoci con il paradosso per cui un sito UNESCO è trattato alla stregua di un luogo qualunque. La carenza di personale specializzato e la mancanza di fondi pongono un grosso freno alle opportunità d’intervento di tipo conservativo e di iniziative per la valorizzazione. Nonostante queste problematiche, coadiuvati dai nostri tutor, siamo riusciti ad ideare e realizzare progetti che hanno migliorato l’offerta culturale del sistema museale Reggia. Poco tempo e poche risorse non sono stati motivi sufficienti per cedere ad una bassa qualità dei servizi che di volta in volta offrivamo al pubblico. Sono stati proprio il sorriso ed i volti soddisfatti dei turisti a spronarci a continuare queste attività raccogliendo, giorno dopo giorno, soddisfazioni sempre più grandi. Tra i progetti portati a termine ricordiamo i nuovi percorsi di visita “Paesaggio permanente/ Sguardi temporanei” e “Murat: un re francese alla Reggia di Caserta” finalizzati alla valorizzazione di aspetti meno noti del parco e degli appartamenti storici. Avvalendoci di nuove tecnologie – QR code, YOU TUBE – è stato possibile contenere i costi e utilizzare un linguaggio di comunicazione che rende l’esperienza del percorso più coinvolgente.
Con l’apertura al pubblico di tali percorsi si conclude oggi la nostra esperienza a Caserta; tante sono le cose che abbiamo imparato e altrettante quelle che vorremmo proporre per una Reggia più aperta ai visitatori e, soprattutto, al territorio. Perché oltre l’arricchimento personale e l’approfondimento della nostra formazione il fine di simili esperienze deve essere quello dell’inserimento di professionisti dei beni culturali in contesti dove sono necessarie, ora più che mai, nuove risorse.
Quello che rimarrà di questo periodo sarà la consapevolezza di aver dato il nostro contributo ad una grande istituzione e allo stesso tempo l’amarezza di non poterne più far parte, accompagnata da una domanda spontanea: qual è il fine di questa formazione se non è previsto un piano di inserimento?

I tirocinanti della Reggia di Caserta

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Notti di Musica al Museo degli Strumenti Musicali di Roma dal 21 Giugno

Domenica 21 giugno apre le porte “Notti di Musica al Museo”, una festa lunga tutta l’estate che celebra il Museo degli Strumenti Musicali, il più ricco e importante al mondo per le opere che ospita, attraverso un calendario intenso di eventi che coinvolgeranno tutti e cinque i sensi. L’occasione da cui si parte è la festa della musica accompagnata al solstizio d’estate, due tra i più emotivi e suggestivi accadimenti dell’anno, che fanno del 21 giugno un’occasione di incontro di ineguagliabile bellezza. Saranno 5 i momenti che scandiranno la manifestazione: A-Cross The Museum, (dj set in piazza dal 21 giugno al 13 settembre); il Palco Live (i concerti dal 21 giugno al 6 luglio); LaStreet Parade delle Dixie Band (attraverso il portico e le sale del Museo, dal 28 luglio al 25 agosto); Il Festival degli Strumenti Musicali (i grandi concerti nel Parco Archeologico); Il Gioco della Musica (la domenica mattina dedicata ai più piccini). Tra i nomi che prenderanno parte alla rassegna Alex Britti, Tosca, Mario Venuti, Kutso, Enzo Gragnaniello, Max Paiella, Enzo Avitabile, Giovanni Baglioni, Stefano Di Battista, Gege Telesforo, Mark Hanna. La direzione artistica è stata affidata alle cure e alla competenza di Ernesto Assante.

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Il Museo degli Strumenti Musicali, al centro di una delle più belle e importanti Aree Archeologiche di Roma, diventa protagonista di questo crocevia, nuovo polo della musica a Roma, che si fa “casa” per appassionati di ogni età. Attraverso centinaia di strumenti storici, racconta la storia della Musica dal 1500 in poi. Tra questi si erge il Cristofori, primo pianoforte al mondo, insieme a moltissimi strumenti musicali dei più pregiati che, silenziosamente, popolano la struttura. L’obiettivo di Notti di Musica al Museo è rompere questo silenzio, fare rivivere il suono di quegli strumenti portando un pubblico di appassionati o semplici curiosi, in questo luogo a molti ancora sconosciuto, di immensa cultura e bellezza. Il Museo, in fase di “ristrutturazione-restauro e allestimento”, attraverso questa manifestazione coinvolgerà il pubblico rendendolo partecipe attivo della sua promozione e conoscenza.

Il 21 Giugno, in occasione della FESTA DELLA MUSICA e dell’apertura della rassegna, la serata sarà interamente gratuita.