Oggi è il 4 aprile. Come molti ricorderanno, è stato il 4 aprile del 1978 che Goldrake è stato trasmesso per la prima volta in Italia.
Oggi, per molti, soprattutto delle nuove generazioni, l’avvento di Goldrake ha poca importanza, ma se oggi si vedono anime e il mercato dei manga è così importante nell’editoria a fumetti nel nostro paese, lo si deve proprio a Ufo Robot Goldrake. Ora non racconterò come è arrivato Goldrake nel nostro paese e l’impatto che ha avuto sulla società e cultura pop italiana, ma soprattutto su tutta la generazione X (quelli nati nella seconda metà degli anni ’70, generazione X sia chiaro, non boomer; i boomers sono quelli nati tra gli anni ’50 e ’60), ma come ha fatto un robot come Goldrake ad avere un tale impatto sul nostro paese e sul mercato dei manga/anime, i cui effetti sono arrivati fino ad oggi?
È presto detto, Goldrake è stato un apripista per una vera invasione di anime in Italia. Goldrake arrivò sugli schermi della Rai nell’aprile del 1978, ma anche se non è stato il primo cartone giapponese ad arrivare, il primo è stato nel 1976 i Barbapapà (una co-produzione franco-giapponese) seguita da Vicky il vichingo (co-produzione tedesco-giapponese) nel 1977 e nei primi mesi del 1978 da Heidi. Ma Goldrake è stato rivoluzionario, un successo senza precedenti; non si era mai visto qualcosa del genere nella televisione italiana, soprattutto destinata al pubblico dei bambini. Si trattava di una storia classica di fantascienza di un’invasione aliena della Terra; a difendere il pianeta c’era il principe alieno di un mondo distrutto dagli stessi invasori, Duke Fleed, in pratica un immigrato clandestino che era scappato da una guerra e dalla distruzione del suo pianeta a bordo di un potente robot: Goldrake. Una storia che si rifaceva al mito di Superman (ma anche alla mitologia norrena con Sigfrido) e che poi servirà come fonte d’ispirazione per Goku di Dragon Ball. Insomma, con buona pace di certe idee politiche attuali, Superman, Actarus e Goku sono immigrati stranieri nelle loro storie.
Ma torniamo a Goldrake e all’impatto che ha avuto sulla TV italiana. Con la trasmissione di Goldrake molti si schierarono contro la presunta violenza presente negli anime; ci furono per lo più giornalisti, intellettuali e politici che, per vari interessi, cercarono di demolire Goldrake. I motivi erano semplici: si trattava di qualcosa legato ai bambini ed è un argomento che interessa i genitori. Così, giornali che scrivevano articoli contro Goldrake o Mazinga attiravano l’attenzione; lo stesso valeva per i politici, ma la ragione non era tanto la cosiddetta salvaguardia dei bambini, ma un altro interesse molto più importante, cioè gli ascolti della Rai.
Alla fine degli anni ’70, la Rai perse il monopolio della televisione italiana; questo portò alla nascita di varie TV private locali e regionali. Queste televisioni avevano un disperato bisogno di riempire i propri palinsesti di programmi, e il successo di Goldrake aveva fatto capire che i cartoni animati giapponesi erano un buon affare. Così, molte TV acquistarono e doppiarono centinaia di serie, per lo più di robot, nei primi anni ’80 arrivarono moltissimi titani di metallo, ma anche altri generi di anime, tutte sulle varie TV regionali. Questo interesse verso le TV private terrorizzò la Rai, preoccupata per i suoi ascolti e naturalmente anche la politica, che si preoccupò per questo. Gli anime dovevano essere demonizzati. La Rai smise di trasmettere animazione giapponese con Mazinga Z che, per un motivo misterioso, si fermò al 56º episodio, (anche se ne vennero trasmessi solo 51). Fino al 1985 le TV private erano piene di titani spaziali che affrontavano mostri giganti, o astronavi in viaggio per il mare delle stelle. Era qualcosa che oggi è impensabile, ma praticamente in ogni emittente locale o regionale c’era animazione giapponese. Ad un tratto, però, gli anime mecha sparirono, il genere dei super robot cedette il passo ai real robot, per varie ragioni: Nagai chiuse i rapporti con la Toei Animation, il successo di Gundam alla fine degli anni ’70 aveva fatto capire in Giappone che ci doveva essere un cambiamento. La produzione di anime mecha si spostò dalla Toei alla Sunrise con le opere di Tomino, ma con Gundam accadde un fatto spiacevole: avevamo importato la prima serie del mobile suit in modo illegale da Taiwan, senza pagarne i diritti. Quando Tomino e la Sunrise s’accorsero del furto, mandarono un’anatema sull’Italia: non avrebbero più venduto anime di Gundam alle TV italiane, e questo durò fino a tempi recenti, ma per una strana ironia, Gundam diventò un mito tra noi appassionati e iniziarono a girare versioni in VHS, roba da catena di Sant’Antonio, le VHS venivano copiate e ricopiate, tanto che molti episodi diventarono in bianco e nero.
Dal 1978 i bambini italiani non facevano altro che vedere anime in TV. Tutti i bambini italiani, naturalmente crescendo, molti smisero di vedere queste opere, perché l’animazione veniva considerata roba per bambini, e gli adolescenti non vogliono essere considerati bambini, ma tra i tanti adolescenti che avevano visto le imprese dell’eroe di Fleed o del pirata dello spazio, o degli altri anime, c’erano quelli che non hanno mai smesso di vedere queste cose. Questi, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ‘
90, hanno ricevuto una seconda invasione: questa volta si trattava di eroi in armatura, i Cavalieri dello Zodiaco; un eroe in una terra sconvolta dalle esplosioni atomiche di una terza guerra mondiale, Ken il guerriero; e un bambino con una coda da scimmia che volava su una nuvoletta d’oro e che cercava sette sfere del drago, Goku. A queste nuove serie anime va aggiunto che alla fine degli anni ’80, il fumetto iniziò ad avere una grande diffusione, questo era dovuto al grande successo di un nuovo eroe tutto italiano della casa editrice Bonelli: l’investigatore dell’incubo Dylan Dog. DD aveva vendite incredibili, riuscendo a superare persino il vecchio Tex. Gli altri editori italiani, spinti da questo, iniziarono a importare nuovi fumetti; per esempio la Star Comics i fumetti Marvel. Tra questi editori c’era una piccola casa editrice bolognese, la Granata Press, che era nata per pubblicare alcune storie di Magnus, ma che pensò di buttarsi nel mercato del fumetto con qualcosa di davvero innovativo, cioè i manga. La Granata Press iniziò con Zero, una rivista contenitore che pubblicava opere come Baoh, uno dei primi manga di Hirohiko Araki, famoso poi per Jojo, Xenon, opera cyberpunk di Masaomi Kanzaki, ma l’opera più seguita era Ken il guerriero, scritto da Buronson e disegnato da Tetsuo Hara. Con la spinta dell’anime, il manga di Ken ebbe un successo travolgente che portò la Granata Press a pubblicare presto nuovi manga. Alcuni erano manga che avevano ispirato serie anime arrivate da noi in precedenza, altre invece erano storie completamente nuove. La Granata promosse a rivista la fanzine Mangazine, dove insieme ai manga venivano pubblicati dossier su varie serie e autori, fu sulle quelle pagine che i nomi di autori di manga o Chara design o studi di animazioni furono conosciuti per la prima volta nel nostro paese. La Granata iniziò anche a importare pure Anime in VHS; fra i primi anche il primo film dei cavalieri. Presto alla vendita del Home video di anime s’aggiunse anche la Yamato. In seguito i giovani redattori di Mangazine, conosciuti in seguito come Kappa Magazine, lasciarono la Granata per approdare alla Star Comics, e la Star iniziò a pubblicare manga con una prima rivista Kappa Magazine, sull’impronta di Mangazine della Granata. Intanto, per buona parte degli anni ’80, anche Fininvest sulle sue reti TV aveva continuato a trasmettere anime.
Così, fu solo grazie alla trasmissione di Goldrake in quel 4 aprile del 1978, e poi all’invasione anime sulle emittenti private e alla pubblicazione di manga nel 1989 da parte della Granata Press che ancora oggi si pubblicano manga nel nostro paese. Perché i bambini che hanno visto i robot negli anni ’80, poi da adolescenti negli anni ’90 hanno letto i manga, e hanno creato insieme con gli editori il mercato del fumetto giapponese da noi, mercato che esiste ancora oggi e coinvolge diverse generazioni. Molti di quei lettori, ormai vicini ai 50 anni, negli anni ’90 hanno subito anche del bullismo per la loro passione, ma molti di loro leggono ancora manga, vedono ancora anime, anche produzioni nuove, e si divertono ancora tanto, proprio come allora. Conoscono e amano il passato, ma non ne sono ossessionati. Ecco perché Goldrake è l’inizio di tutto e la generazione X è stata la generazione Goldrake e la prima a leggere manga.