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RAFFAELLA MARINIELLO ED EUGENIO TBALDI IN CAPRI B&B- BEHIND AND BEYOND

Si inaugura venerdì 3 giugno alle ore 18.00 la mostra Capri B&B – Behind and Beyond di Raffaella Mariniello ed Eugenio Tibaldi a cura di Adriana Rispoli, con la supervisione tecnico-scientifica di Patrizia Di Maggio presso la Certosa di San Giacomo e Quarto del Priore – Capri. La mostra si potrà visitarla fino al 24 luglio 2016. La mostra è realizzata in collaborazione con il Polo Museale Campano, con il patrocinio della Regione Campania, del Comune di Capri, del Comune di Anacapri e dell’Azienda di Cura Soggiorno e Turismo di Capri e il MATRONATO della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee. In mostra venti opere tra fotografie, installazioni e collage, la maggior parte realizzate appositamente per gli spazi espositivo, partendo da una riflessione congiunta dei due artisti sull’isola di Capri, sulle bellezze non convenzionali dell’Isola Azzurra, sul rapporto tra l’uomo e la natura da cui si genera il mito che l’avvolge e la cui aurea leggendaria continua ad essere alimentata anche dal turismo di massa che investe questa perla del Mediterraneo. La mostra Capri B&B – acronimo di “Behind & Beyond” ed evidente gioco di parole relativo alla ricezione b&b che inizia a diffondersi anche in una meta turistica come Capri – offre al pubblico una visione che va oltre, al di là delle apparenze, per esplorare, attraverso lo sguardo non convenzionale e ironico degli artisti, la “scenografia” grazie alla quale tutto si presenta ai massimi standard possibili, addirittura ideale e perfetto, evidenziando allo stesso tempo la realtà del lavoro quotidiano dei tanti operatori che, lavorando dietro le quinte, rendono possibile questi standard di ideale perfezione. I due artisti, ognuno secondo il suo specifico approccio, hanno lavorato su aspetti diversi del territorio coinvolgendo nel processo artistico anche le comunità locali a seguito di periodi di residenza. Tra le tante opere in mostra, due opere di grandi opere 46 Bed Places di Eugenio Tibaldi e Capri Teorema di Raffaela Mariniello. La prima, installata nel Giardino del Priore, rappresenta l’icona di Capri, i Faraglioni, con una vera e propria scenografia monumentale dal valore ambivalente, ovvero la cui dignità estetica e concettuale risiede nel fronte, magistralmente dipinto, tanto quanto nel retro dove spuntano a vista le impalcature di tubi innocenti, tratto distintivo nella poetica dell’artista, e che svela l’origine povera del supporto e, quindi, i meccanismi che soggiacciono a ogni narrazione pubblica dei luoghi. Capri Teorema di Raffaela Mariniello, invece, è un’installazione fotografica composta da 32 immagini di diverso formato, una narrazione visiva personalissima di Capri con le zone più segrete dell’isola, le meno battute dal turismo di massa. Il connubio ideologico e formale dei due artisti si sintetizza nell’opera Capri B&B – Arco Innaturale, un lavoro a quattro mani in cui il tipico intervento di sottrazione attraverso la pittura bianca di Eugenio Tibaldi avviene su uno scatto fotografico di Raffaela Mariniello, un’opera che simboleggia l’unione tra uomo e natura, ma anche l’impegno necessario per il mantenimento di una bellezza idealizzata.

Raffaela Mariniello (Napoli 1962, vive a Napoli) è una delle più note fotografe italiane. La sua ricerca artistica è rivolta a tematiche sociali e culturali con un’attenzione particolare alla trasformazione del paesaggio urbano e al rapporto tra l’uomo e gli oggetti del suo quotidiano. Nel 1991, quando la crisi dell’industria siderurgica segna la chiusura definitiva dell’Italsider di Bagnoli, Raffaela Mariniello inizia una campagna fotografica sulla fabbrica, a tutt’oggi unica testimonianza storica sull’attività dell’acciaieria. Tra il 1992 e il 1995, il lavoro Bagnoli, una fabbrica è stato esposto a Napoli, Nantes, Calais, Parigi e Milano. Nel 2006 ha iniziato un progetto sui centri storici delle città italiane, in cui è evidenziata la trasformazione dei luoghi preda del turismo di massa: le immagini, a colori e in grande formato, vogliono mostrare l’alterazione dell’essenza di un sito, la sua trasfigurazione fino a divenire simile a un parco a tema privo di identità storica e culturale. Souvenirs d’Italie, titolo di questa serie, è stato esposto a Villa Pignatelli nel 2011 ad inaugurazione della Casa della Fotografia per gli Incontri Internazionali d’arte. Nel 2014 dedica il suo ultimo progetto al tragico incendio di Città della Scienza, avvenuto la notte del 4 marzo 2013, con il poetico e silente racconto Still in Life, video che è stato donato dall’artista alla collezione del museo MADRE di Napoli. Sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, tra le quali: Bibliothèque National de Paris; Maison Européenne de la Photographie e Fond National d’Art Contemporanain, Parigi; Centre Régional de la photographie Nord Pas-de-Calais, Calais; Banca Commerciale di Milano; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Metropolitana di Napoli; Museo della Certosa di San Lorenzo, Padula. Lavora con la galleria Studio Trisorio di Napoli.

Eugenio Tibaldi (Alba, 1977, vive tra Napoli e Torino). E’ noto a livello internazionale per la sua ricerca che articola tra loro arte, urbanistica e architettura, è considerato tra gli artisti italiani più affermati della sua generazione. Attraverso tecniche miste, con un tratto inconfondibile, Tibaldi descrive, con sguardo osserva e non giudica, il progressivo nascere e svilupparsi di edifici abusivi e architetture effimere, che feriscono l’occhio e il cuore, registra disagi sociali che finiscono per diventare scenari muti lungo i quali si snoda la vita di tutti i giorni, apparentemente senza increspature e nei quali tuttavia si trova conforto, il suo sguardo. Nel 2014 ha vinto la prestigiosa residenza all’American Academy di Roma. Le sue opere sono esposte in importanti istituzioni pubbliche e private in Italia e all’estero. La sua opera The Identity of Concrete (2015), una mappa monumentale, realizzata assemblando alcuni lucidi originali, relativi a progetti che provengono dalla cartiera Mondadori di Ascoli Piceno, luogo-emblema degli edifici dismessi non riqualificati, è esposta nella collezione del Museo MADRE di Napoli, dove nel gennaio 2016 l’artista ha presentato anche il progetto “Questione di appartenenza” e le opere realizzate nel corso del workshop con gli studenti del Liceo-Ginnasio “ G. B. Vico” di Napoli. Tra le principali mostre personali sono da ricordare Archeologia / Contemporanea _02, presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno nel 2013, Transit – 4, State Museum of Contemporary Art, Thessaloniki nel 2011- Project Room Museo MADRE Napoli nel 2010 a cura di Adriana Rispoli e Eugenio Viola. Fra le collettive: Biennale dell’Havana 2015, 4th Tessaloniki Biennale of Contemporary Art, Tradition – Reversal, Salonicco, Transient Space – The Tourist Syndrome, Bucarest, Tabula Rasa: 111 days on a long table, un progetto speciale di Manifesta7, Ex Alumix, Bolzano, Laws of Relativity / La legge è relativa per tutti, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Lavora con la galleria Umberto di Marino Arte Contemporanea di Napoli e con Studio la Città di Verona.

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IN MOSTRA ALLA GALLERIA ARTIACO EDI RAMA

Si inaugura martedì 31 maggio alle ore 19.00 la mostra di Edi Rama curata da Lorenza Baroncelli, Joseph Grima/Space Caviar presso la Galleria Artiaco. La mostra si potrà visitarla fino al 22 luglio 2016. Da oltre due decenni Edi Rama (Tirana, 1964) è attivo contemporaneamente in ambito artistico e politico, al punto che in alcuni ambiti le due pratiche sono diventate indistinguibili. Dopo il crollo del comunismo in Albania si associa ai movimenti democratici albanesi ma nel 1994 lascia Tirana per Parigi, dove lavora come artista partecipando a mostre e biennali. Ritorna in Albania nel 1998 dedicandosi alla vita pubblica come ministro per la cultura; nel 2000 viene eletto sindaco di Tirana. Dal 2013 è primo ministro dell’Albania. L’arte è stata una costante nella sua pratica attraverso tutta la sua carriera politica, sia come ambito centrale della sua opera pubblica sia come estensione della sua prima carriera di artista. La serie Doodles, prodotta fra il 2000 e il 2012, rappresenta il filone più ampio della sua produzione. Si tratta di una serie di disegni a pennarello eseguiti su un misto di vecchie carte da ufficio fra cui estratti della sua agenda quotidiana, pagine di fax scartati, o altre corrispondenze ufficiali del suo ufficio politico; come opera, non è chiaro se è frutto di attenta concentrazione o distratta fantasticazione. I singoli disegni negano il concetto di stile, sperimentando con approcci che spaziano attraverso vari gradi di dettaglio, e sempre variegati nei tratti delle linee, dei colori e nelle composizioni, al punto di sembrare quasi l’opera di mani diverse. Vista nella sua interezza, tuttavia, la serie prende la forma di una traccia straordinariamente fedele all’esperienza quotidiana del subconscio tumultuoso che l’ha prodotto: un misto di assoluta presenza e assenza di concentrazioni che da forme frutto dell’intersezione di crisi, conquiste e sconfitte quotidiane, con una pratica quasi subliminale dell’arte. In questa mostra, per la prima volta i Doodles di Rama compiono un ulteriore passo, prendendo forma tridimensionale attraverso due strategie ben distinte. Nella sala centrale, quasi a creare l’esperienza di immergersi fisicamente nel subconscio dell’artista, i Doodles prendono forma di carta da parati che trasformano gli schizzi in una texture architettonica. Nella seconda sala vengono presentati una serie di vasi di ceramica che articolano ulteriormente le forme attraverso una diversa materialità che offre nuove opportunità cromatiche e formali. Nelle sale finali, infine, si accenna ad un filone di lavoro tutt’ora in corso che forse meglio di qualunque altro sintetizza la pratica artistica e politica di Rama: il film Dammi i colori, prodotto dal suo amico e collaboratore Anri Sala, che racconta il loro lavoro congiunto per trasformare cromaticamente la città di Tirana dopo la prima elezione di Rama a sindaco di Tirana, e la prosecuzione di questo filone di arte cromatico-architettonica attraverso un recente lavoro a Mantova.

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PRESSO LA GALLERIA INGENITO E’STATA PROLUNGATA LA MOSTRA DI ANGELO BRESCIANINI DOPO LA SUA PREMATURA SCOMPARSA

In ricordo e omaggio di Angelo Brescianini, scomparso prematuramente e improvvisamente proprio durante lo svolgersi della mostra L’Angelo e la pistola, la galleria AICA Andrea Ingenito Contemporary Art ha deciso di prorogare la chiusura della personale del geniale artista bresciano a sabato 18 giugno. Per ancora un mese il pubblico ha la possibilità di ammirare una ventina di sculture in acciaio, alluminio e rame “scolpite” in quel modo unico che ha sempre contraddistinto il suo lavoro: con proiettili di armi da fuoco.  Elementi tridimensionali di valenza plastico-pittorica che si configurano come veri e propri quadri-oggetto nei quali la tela viene movimentata e sagomata acquisendo così evidenza plastica e significato scultoreo, spesso in monocromo. Una modalità espressiva, quella di Brescianini, che andava alla ricerca dei complessi rapporti tra spazio-luce e forma. Innesco della pallottola, angolo, distanza di tiro: era questo il rituale accuratamente organizzato che l’artista reiterava per realizzare le sue opere. Al posto dei pennelli, le pistole, al posto delle pennellate, colpi  di fucile: una tecnica che faceva delle armi – mezzi nati per l’offesa e la difesa – strumenti atti a dare vita a oggetti d’arte e che è stata considerata da molti critici una vera rivoluzione nel panorama artistico del ventunesimo secolo rendendo Brescianini innovatore del suo tempo e il suo stile unico al mondo. L’artista realizzava le opere di getto: l’obiettivo era di creare lavori che nascessero con una rapidità pari a quella con cui l’idea giungeva alla sua mente creativa. “Il concepimento dell’opera d’arte creata dall’istantaneità del gesto, è la sola espressione vera di ciò che vogliamo esprimere in natura”: con queste parole lui stesso spiegava il suo lavoro. Frutto di lunghi anni di prove, errori e sperimentazioni, le sue opere dialogano a distanza con le lacerazioni inferte da Lucio Fontana alle sue tele e rappresentano un’evoluzione delle esperienze balistiche di Niki de Saint Phalle che cercava l’istantaneità del gesto, esplodendo i suoi tiri aleatori su sacchetti di colori e supporti preparati in precedenza. Nessuno dei colleghi illustri di Brescianini è stato però capace di racchiudere e far contemporaneamente veicolare la luce in un attimo, con la velocità di una pallottola, e a dare la vera immediatezza di uno stato d’animo catturato da una “bugnatura” sulla superficie metallica che raccoglie la luce creando percorsi inaspettati e sinuosi. Nella fredda lastra l’artista veicola la luce che, intrappolata su una superficie più lucida e levigata, impreziosisce meglio l’effetto finale nella sua essenzialità.

 

Cenni biografici

Dopo un’iniziale formazione rivolta all’ambito tecnico, verso la fine degli anni sessanta ha inizio il suo percorso artistico con i primi “spari” su lastre di metallo arrugginite e la prima partecipazione ufficiale ad un contesto espositivo pubblico, la Biennale di Padova (1968). L’artista eredita la passione per i legni pregiati e la loro essenza dal padre, esperto ebanista, ed apre un laboratorio di ebanisteria iniziando a dedicarsi alla scultura in legno e metallo. Il lavoro manuale con il tornio e altri attrezzi, praticato dalla fine degli anni Settanta, gli consente di affinare una grande manualità nel plasmare la materia. In questo periodo Brescianini passa dalla pittura alla scultura, sempre utilizzando un linguaggio astratto che caratterizza sia i lavori degli anni Settanta che quelli degli anni Ottanta, con figure geometriche che contraddistinguono entrambi i decenni. In questo periodo conosce l’architetto Luca Pastorio, figlio del pittore Ezio, con il quale collabora nel disegno e nella costruzione di oggetti d’arte nei quali vengono incastonate lastre di metallo pregiato e bassorilievi di autori come Cassinari, Fiume, Munari e Bonalumi. Nel 1991 la morte della sorella lo segna profondamente portandolo ad abbandonare questo settore per dedicarsi alla ricerca strutturale e cromatica. La conoscenza dell’artista cinetico Horacio Garcia Rossi, con il quale collabora assiduamente per anni lo porta a dedicarsi quasi esclusivamente allo sviluppo e alla realizzazione di sculture cinetiche. Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, iniziano le sperimentazioni sulla sagomatura della superficie dell’acciaio tramite gli spari. Nel 2012 il Museo del Presente di Rende (CS) gli dedica una vasta retrospettiva. Nel 2015 Brescianini espone a Miami e presso la Unix Gallery di New York; viene, inoltre, invitato ad esporre in occasione della mostra Rigorismo, tra filosofia e Pop Art, nella prestigiosa sede dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, accanto ad artisti del calibro di Agostino Bonalumi, Pino Pinelli e Turi Simeti. Ad ottobre 2015, il MAON. Museo d’Arte dell’Otto e Novecento di Rende (CS) gli dedica un’importante mostra personale dal titolo A ferro e…fuoco. Le opere di Brescianini sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero.

 

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II EDIZIONE DEL PREMIO LETTERARIO CORRADO ALVARO E LIBERO BIAGIARETTI

Sabato 28 maggio alle ore 11.30 cerimonia di premiazione della II Edizione del Premio Letterario Corrado Alvaro e Libero Biagiaretti presso il Teatro Orioli di Vallerano – Viterbo. Rivolto a opere edite di narrativa italiana, il Premio è dedicato alla memoria di Corrado Alvaro e Libero Bigiaretti, entrambi sepolti nel locale cimitero del paese di Vallerano, nel cuore della Tuscia viterbese.   Verranno ricordati i due autori attraverso una tavola rotonda, moderata da Giorgio Nisini, che verrà partecipare Massimo Onofri, Emanuele Trevi ed Eugenio Ragni, all’interno della quale verrà proiettato il film documentario Episodi di vita quotidiana. L’ex sindaco Ugo Rapiti ricorda lo scrittore Corrado Alvaro, introdotto da Massimo Fornicoli. L’incontro sarà anticipato da un appuntamento in biblioteca per gli studenti (ore 9) per ricordare la figura di Alvaro, alla quale è intestata la biblioteca e la scuola elementare, e succeduto dalla cerimonia di premiazione del vincitore, intorno alle 12,30, nella quale – alla presenza di Trevi – verranno letti da Gianluca Rapiti alcuni brani de Il popolo di legno e premiati i vincitori del concorso “Scrittori… si diventa”. Una delle piú folgoranti testimonianze di nichilismo letterario dell’ultimo decennio”, così è definita l’opera di Emanuele Trevi Il popolo di legno, vincitrice della seconda edizione del Premio intitolato a Corrado Alvaro e Libero Bigiaretti a Vallerano, nel cuore della Tuscia. Anarchico, ribelle, scorretto, il romanzo, edito da Einaudi, ci fa vedere il mondo con gli occhi di un personaggio infimo e irresistibile, che non ha paura di svelare quanto assurda sia la convinzione degli esseri umani di poter migliorare la propria vita. Lo stile di scrittura ed i contenuti orientati verso la profezia di una  paradossale innocenza collettiva hanno dunque stimolato il comitato direttivo del Premio ad eleggere questo lavoro, con la maggioranza complessiva dei voti della Giuria Popolare e della Giuria Scientifica, il migliore tra quelli presentati Nella sua personalissima descrizione del rapporto tra uomo e natura, tema prescelto (in tutte le sue accezioni) quest’anno dal Comitato promotore, Trevi – collaboratore de “Il Manifesto” e autore di  Istruzioni per l’uso del lupo (Castelvecchi 1994), Musica distante (Mondadori 1997) e Figuracce (Einaudi 2014) ha colto in pieno lo spirito di un’atmosfera sui generis nella quale il personaggio principale manipola una realtà impossibile trasformandola a sua dimensione e immagine. La trama infatti ruota intorno al Topo, un uomo qualunque dal corpo magro e muscoloso, che possiede però il talento del predatore e, negli occhi, il potere di soggiogare chi gli sta intorno. Il protagonista vive in una Calabria lontana da qualunque realismo geografico; ha una moglie, Rosa, meraviglioso «mare di carne» mai sfiorato da un’opinione, e un amico: il Delinquente. E sarà proprio il Delinquente, fragile, sottomesso direttore artistico di Tele Radio Sirena, a fornirgli l’occasione per condurre un programma: “Le avventure di Pinocchio il calabrese”, mediante il quale imbastirà una serie di prediche rivolte al «popolo di legno», che diventano il ritratto dell’umanità stessa, schiacciata dall’idea di colpa e sacrificio, e nonostante tutto incapace di salvarsi.   Il Comitato Direttivo del Premio è presieduto da Giorgio Nisini (Scrittore) ed è composto da Manola Erasmi (Consigliere Comune di Vallerano), Massimo Fornicoli (Presidente del Gruppo Archeologico F. Orioli di Vallerano), Maurizio Gregori (Sindaco di Vallerano), Massimo Onofri (Critico Letterario), Luca Poleggi (Giornalista), Riccardo Rovere (Casa Alvaro-Bigiaretti), Daniela Zanarini (Casa Alvaro-Bigiaretti) La Giuria Scientifica è composta da Giuseppe Antonelli, Carla Carotenuto, Anne-Christine Faitrop-Porta, Paolo Fallai, Fabrizio Ottaviani, Paolo Palma, Eugenio Ragni, Fabio Stassi La Giuria Popolare è presieduta da Paolo Procaccioli ed è composta da Aroldo Minella, Rita Narduzzi, Alessandra Polidori, Elisabetta Serafini, Tiziano Valerio Severini, Cecilia De Angelis, Natascia Antonozzi .Il Premio Alvaro-Bigiaretti è organizzato dal Comune di Vallerano in collaborazione con Officina Mente, ed è realizzato grazie al sostegno della Ditta Mizzella.
 

Il Calcio per me. Storia di un bimbo a cui rubarono il pallone

Era il 1978, una partita di seconda categoria in un campo sperduto in Molise. Io ero con mia madre a vedere la partita del Vairano di cui mio padre era capitano.
Un campaccio brullo, senza un filo d’erba, arroccato su un altopiano a strapiombo sulla strada.
Al 65mo, dopo una chiusura di un “terzinaccio” di altri tempi, l’ultimo pallone a disposizione finisce perso giù nella scarpata.
I 2 capitani e l’arbitro si guardano intorno e non sanno cosa fare, finché non vedono me, in lontananza, col mio preziosissimo pallone di cuoio, quasi più grande di me.
Si avvicinano, provano a togliermelo, pregandomi e scongiurandomi per poter finire la partita, io piango come un disperato, non se ne parla.
Alla fine, con la forza, mi tolgono il pallone e finiscono la partita.
Il Vairano vince 2-1, io smisi di piangere e il pallone tornò tra le mie braccia e, da allora, nessuno è riuscito più a togliermelo.
Grazie a Gianfranco, che mi ha raccontato questa storia decine di volte, sono sicuro che ora sta ridendo, da qualche parte, con papà.

Giuliano Mammoli In Spiegare tutto ogni volta

Si inaugura sabato 28 maggio alle ore 18,00 la mostra Spiegare tutto ogni volta di Giuliano Mammoli, a cura di Gaetano Salerno presso lo Studio Arte Fuori Centro di Roma. La mostra la si potrà visitare fino all’11 giugno 2016. L’evento è il secondo  appuntamento di Osservazione 2016  ciclo di cinque mostre in cui gli artisti dall’Associazione culturale Fuori Centro, tracciano i percorsi e gli obiettivi che si vanno elaborando nei multiformi ambiti delle esperienze legate alla sperimentazione. Come scrive Giuliano Mammoli : Aveva già affrontato il tema del gioco Giuliano Mammoli, stabilendo perentoriamente con la scritta al neon rosa che “life is a game”; e nel gioco, che è impulso alla creatività per la costruzione di spazi fantasiosi e inattesi ma anche rispetto di ruoli predefiniti e regole assegnate, accettate e condivise, l’artista ha tracciato i binari della sua ricerca e il paradigma del suo fare arte. Tutto infatti in questo incedere artistico appare giocoso, a tratti infantile; la produzione pittorica, i lavori scultorei, i combines con i quali invade i luoghi espositivi concorrono alla realizzazione di mondi paralleli e alternativi a quelli progettati dagli standard della quotidianità e della consapevolezza, dove la serietà imposta dalla società adulta non consente di intraprendere nuovi itinerari esplorativi, dove il punto di vista è univoco, inconfutabile e inalterabile. Nei linguaggi dell’artista il gioco funge perciò da prompt per accogliere e stimolare nuovi approcci al reale poiché proprio nella piacevolezza estetica e nell’apparente disimpegno di queste produzioni è dapprima celato e, in un secondo momento, sommessamente svelato il principio di verità obnubilato dalle stereotipie e dagli impoverimenti dei codici comunicativi della contemporaneità, espressione di pensieri artefatti e messaggi depotenziati del loro valore espressivo.  Compaiono innumerevoli e iperboliche figure retoriche strategiche attraverso le quali porre lo spettatore di fronte all’oggetto desunto dal mondo del reale, rettificato e posto in relazione alla sua nuova percezione, all’imprevista presenza nel luogo-altro dell’arte che ne autorizza una nuova fruizione. Anche la personale Spiegare tutto ogni volta si configura come attimo ricreativo, un gioco a incastro di tasselli modulari (serigrafie su metallo, terrecotte, ready-made) e distinti elementi alfabetici di un componimento letterario frammentato la cui ricostruzione e definizione ultima, ottenuta attraverso un percorso sommativo, contemporaneamente ludico e catartico, conduce a epiloghi illuminanti, per quanto combinatori e casuali. Con l’elegante rigore formale e la ricercata levità che ne caratterizzano l’intera produzione, Giuliano Mammoli ci conduce entro i labirinti della comunicazione, riscrivendo le pareti della galleria di frasi interrotte, immagini spezzate, segni grafici e grafemi incompiuti da decrittare e riutilizzare per ricostruire il flusso di verità assiomatiche massmediali, prodotte meccanicamente da una società frenetica e disattenta, delle quali è stato smarrito il senso. Un monito, evidentemente, a riconsiderare e porre rimedio alla superficialità di analisi, al pressapochismo, alla disattenzione che inficiano la capacità di osservare e leggere il mondo. Un paradosso comunicativo in cui la rinuncia a un senso immediato induce, oltre la confusione del cortocircuito narrativo, alla formazione di nuovi sistemi di scrittura logografici, all’esplorazione di nuovi pensieri, alla catalogazione di nuove prospettive visuali. I forti contrasti che sorreggono i linguaggi espressivi dell’artista mettono ora in scena un complesso apparato di ossimori in cui gli estremi – leggerezza/gravità, gioia/tragedia, inganno/disinganno – coesistono e s’intrecciano, per spingerci a introspettive riflessioni e valutazioni oltre l’articolata struttura enunciativa alla quale ogni opera concorre, per spiegarci tutto, ogni volta e semplificare le difficoltà testuali apparenti con la disarmante ed efficace purezza di un bambino (mutuando le parole del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry) che vuole essere ascoltato e compreso dagli adulti.

 

 

IN MOSTRA PRESSO LO SPAZIO E DI MILANO FUOCO

Si inaugura mercoledì 25 maggio alle ore 18.00 la mostra collettiva Fuoco presso Spazio E di Milano . La mostra si potrà visitare fino al 31 maggio 2016. Come ci dice Alessandro Baito : In un viaggio a ritroso, indietro nel tempo del Corpo e dello Spirito, dopo aver analizzato gli elementi principali della Vita, quali Aria Acqua e Terra, prima di giungere all’origine e summa di tutto che è l’Etere, questa volta gli artisti del Gruppo E indagano l’elemento primo, l’elemento della Creazione da cui scaturisce il Tutto. E dove il Tutto poco a poco si ritira. Origine della vita e Fuoco distruttore che però non esclude la rinascita. Basta sollevare lo sguardo da Terra per comprendere quanto basilare sia stato il ruolo del Fuoco per lo sviluppo di ogni società e cultura. Infatti da un mero approccio antropologico si può considerare quanto il Sole si sia imposto nella vita degli uomini. Dal Sole viene la luce che ci permette di distinguere la Realtà, per muoversi e difendersi dalle sue insidie; il Sole dà il calore che allontana il freddo e le malattie; la sua energia permette alla Terra di fiorire e dare i suoi frutti, nutrimento per il corpo. Forse anche per questo oggi il Sole o simbolicamente il Fuoco sono così radicati nella cultura di ogni civiltà. L’Occidente, figlio della cultura greco-romana da una parte e della tradizione cristiana di eredità ebraica dall’altra, è così imbevuto ispirato e guidato dalle immagini e dalle idee relazionate a Prometeo, ladro del fuoco divino per dare conoscenza agli uomini, all’eterno divenire di Eraclito, a Efesto, il fabbro degli dei e quindi nel nostro caso anche simbolo dell’artista che è pervaso dal Fuoco Sacro che lo spinge a rappresentare il Mondo per la Salvezza degli uomini. Ancor più importante la relazione con la Religione, a partire dalla tesi ebraica secondo cui l’Universo è stato creato dalla Parola divina, rappresentata dal Fuoco che è poi anche il Fuoco della Torah, della Bibbia che è dettata agli uomini ispirati dalla Potenza del Creatore. E nel Cristianesimo si possono individuare diversi momenti in cui il Fuoco è essenziale, dalle semplici candele votive che sono guida e strumento di comunicazione con l’Oltre fino all’uso del Fuoco in molti riti come il battesimo, la Pasqua, il matrimonio o le processioni, una continua purificazione che viene donata grazie allo Spirito Santo. Parteciperanno i seguenti Artisti : Marco Bellomi, Giulio Belloni, Ivano Boselli, Massimo Bruna, Valentina Carrera, Liliana Casadei, Cislaghi Artist, Laura Cortese, Raffaele De Francesco, Rossano Di Cicco Morra, Francesco Faravelli, Paolo Lo Giudice, Clara Luminoso, Michela Meloni, Monica Mietitore, Giuseppe Orsenigo, Gualtiero Redivo, Pavel Vavilin.

 

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LIANA CITERNI IN LAMPI DI LUCE PRESSO LO SPAZIO LIBERO 8 DI MILANO

Si inaugura sabato 28 maggio alle ore 18,00 la mostra Lampi di Luce di Liana Citerni a cura di Bruno De Santi e Virgilio Patarini presso lo Spazio Libero 8, Alzaia Naviglio Pavese Milano. In esposizione una ventina di opere, selezione della produzione di matrice informale dell’artista milanese, allieva tra gli altri di Mario Tapia e Fabio Cuman. Presenta la mostra Virgilio Patarini. La mostra si potrà visitare fino al 3 giugno 2016. Come scrive in una sua recensione Grazia Ottobelli : “Liana Citerni si propone al grande pubblico con una serie di opere di tendenza astratto informale, spesso di grande formato, in cui rielaborando emozioni del proprio vissuto o immagini del reale quotidiano approda ad un linguaggio di forte espressività con effetti di trasfigurazione della materia in chiave simbolica. Abbandonato ogni riferimento figurativo, sono la materia e il colore a diventare emozione e stato d’animo. L’opera diviene in tal modo la rappresentazione metaforica di una condizione dello spirito, un’emozione tradotta in termini astratti, il ricordo di un evento che sedimenta nell’io più profondo.” Mentre Aldo Casarini dice ”Nelle opere della Citerni c’è l’esplosione dell’action, un pullulare di elementi che assalgono lo spettatore permettendogli una massima libertà di riconoscimenti. Non esclusa la registrazione di un evento casuale o di un’intenzione comunicativa non di un unicum ma di una pluralità di conclusioni. In ogni caso è una pittura che si regge sulla disposizione della materia, sull’organizzazione di una certa Forma (o abbandono della forma) con cui l’artista articola il concetto”

 

Nota Biografica
Liana Citerni inizia giovanissima a dipingere e a proporre i suoi lavori, già a 13 anni, incoraggiata dal suo insegnante di disegno a Grosseto. Conclude poi la sua carriera scolastica laureandosi in giurisprudenza alla statale di Milano. Docente presso l’istituto Bassi di Lodi, vi incontra l’artista toscano Vittorio Corsini, che la incoraggia a iniziare il suo attuale percorso di ricerca artistica: innanzitutto con il maestro sudamericano Mario Tapia nella cui bottega d’arte apprende l’uso del colore e delle sue armonie. Quindi, alla morte di Tapia, è il maestro Fabio Cuman ad indirizzarla verso l’astratto, un mondo per lei nuovo che la rapisce e le consente di tradurre in immagini visioni suscitate per lampi ma sempre covate nell’intimo. In seguito, conosciuto Bruno de Santi, approfondisce con lui l’arte di fare fondi materici, elemento cruciale della propria ricerca espressiva. Oltre ai succitati Corsini, Tapia, Cuman e De Santi, vanno citati anche i pittori Giuseppe Beccarini e Mario Fasani che le sono stati di prezioso aiuto con le loro critiche e i loro incoraggiamenti. Tra le mostre a cui ha preso parte ricordiamo, negli ultimi anni: dal 2007 al 2011 una serie di mostre collettive all’Accademia di Belle Arti di Melegnano. Nel 2012 la mostra “La donna e la pittura” al Castello Visconteo-Mediceo di Melegnano. Poi altre mostre a Peschiera Borromeo, Linate, San Giuliano Milanese. Recentemente, nel giugno 2015, la personale “Schegge” al Caffè Letterario di Lodi.

 

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IN MOSTRA AL MAG DI COMO THE LEADER IS PRESENT

Si inaugura venerdì 27 maggio alle ore 18.30 la mostra The Leader is Present a cura di Max Papeschi con la partecipazione di Amnesty International Italia e con i più importanti nomi del mondo dell’arte del secolo scorso: Marina Abramovic, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Piero Fornasetti, Lucio Fontana, Damien Hirst, Andy Warhol, Jeff Koons e Banksy che Banksy hanno realizzato appositamente per questa esposizione nuove versioni dei loro migliori capolavori, in omaggio al Caro Leader Kim Jong Un. Presso il MAG – Marsiglione Arts Gallery di Como la mostra la si potrà visitare fino a domenica 26 giugno 2016. Il progetto è stato ideato per mostrare al mondo intero la bellezza, l’armonia, l’efficienza e la forza della prospera e potente nazione nordcoreana, la cui gloriosa storia è il frutto dello spirito eroico e indomito del suo popolo, devoto e fedele al Partito e al Leader e orgoglioso della propria Patria, ultimo baluardo anti-imperialista per la Pace. Il progetto dimostrerà queste grandi verità e cancellerà dalla faccia della terra le bugie dei pro-imperialisti! L’artista italiano Max Papeschi nominato Ambasciatore del Ministero della Propaganda Sociale e Culturale della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Pyongyang, maggio 2016 – Kim Jong Un, Segretario del Partito del Lavoro di Corea, Presidente della Commissione di Difesa Nazionale, Presidente della Commissione Militare Centrale e Comandante Supremo dell’Armata Popolare Coreana è lieto di annunciare la nascita della collaborazione con l’artista italiano Max Papeschi, investito dell’importante carica di Ambasciatore del Ministero della Propaganda Sociale e Culturale della Repubblica Popolare Democratica di Corea. La mostra The Leader is Present, personale dell’artista italiano Max Papeschi. La mostra è parte del progetto Welcome to North Korea, realizzato con la partecipazione di Amnesty International Italia, nel quale Max Papeschi viene investito della carica di Ambasciatore Culturale della Corea del Nord e del suo dittatore Kim Jong Un. Lo scopo è quello di attirare e possibilmente sensibilizzare i media e l’opinione pubblica sui crimini del regime nordcoreano. La mostra presenta un corpus di opere inedite di Max Papeschi (Milano, 1970), incentrate sulla figura di Kim Jong Un e realizzate dai grandi protagonisti dell’arte. L’artista rielabora in versione parodistica alcune delle più importanti opere d’arte contemporanea – da Warhol a Hirst, passando per Banksy, Maurizio Cattelan, Lucio Fontana e Marina Abramovic – nelle quali il leader nordcoreano è posto al centro della scena come se tutti gli artisti, persino quelli non più in vita, avessero deciso all’unisono di rendergli omaggio attraverso la loro arte in una mostra a cura dello stesso Papeschi. Con uno stile espressivo immediato e irriverente, Max Papeschi dissacra il culto della personalità portandolo alle estreme conseguenze: il Kim Jong Un che spunta dai tagli di Fontana – o quello che, altezzoso, rifiuta di ricambiare lo sguardo di Marina Abramovic – lungi dall’ispirare devozione, si rivela grottesco e persino ridicolo. Parodiata attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea, la propaganda di regime – di cui la divinizzazione del “Caro Leader” è solo una parte – svela la sua assurdità e si scontra con l’atrocità delle notizie che giungono dalla Corea del Nord, dando vita a un cortocircuito semiotico. L’inaugurazione della mostra The Leader is Present sarà accompagnata dall’apertura, sempre negli spazi della MAG – Marsiglione Arts Gallery, dello Store del finto marchio Made in North Korea, dove sarà possibile acquistare gadget a tema tra cui magliette e pupazzetti grazie alla partnership con l’azienda Kahuna Project. Parte del ricavato della vendita dei prodotti realizzati da Kahuna Project verrà devoluto ad Amnesty International Italia. All’interno della mostra saranno presentati anche giochi da tavolo reinterpretati in una versione dittatoriale (Indovina chi? diventa Indovina Kim?, dove il personaggio da indovinare è solo uno), oltre a video arte, proiezione di filmati d’animazione – tra cui le versioni nordcoreane di South Park e dei Teletubbies, in cui i personaggi con il viso del dittatore Kim Jong Un tessono le lodi del regime o cantano l’inno nazionale attraverso l’obsoleta tecnica sincro-vox – e videogiochi classici degli anni ‘80, realmente fruibili dai visitatori e presentati in un’edizione speciale, dove per il giocatore non c’è alcuna possibilità di successo: Kim vince sempre. Realizzata con la partecipazione della ONG per i diritti umani Amnesty International Italia, Welcome to North Korea è un progetto composito di arte pubblica che attraverso l’utilizzo di diversi media riunisce installazioni mobili, performance, video, scultura, fotografia e pittura. Il progetto, presentato per la prima volta a Milano venerdì 22 aprile in piazza Piemonte, passa da Como alla MAG dal 27 maggio al 26 giugno, successivamente affronterà un vero e proprio tour artistico che toccherà diverse città italiane e straniere. Ogni allestimento proporrà inserzioni inedite e spettacolari, per coinvolgere il pubblico in una esperienza immersiva unica. Con Welcome to North Korea, Max Papeschi costruisce il racconto degli orrori di una dittatura contemporanea tramite l’ossimoro visivo. I campi di detenzione divengono parco giochi a tema e il passante/spettatore viene proiettato in una dimensione parallela, dove la mostruosità del regime di Pyongyang è camuffata dalla grottesca propaganda di regime.

Max Papeschi

Max Papeschi, classe 1970, approda nel mondo dell’arte contemporanea alla fine del 2008, dopo un’esperienza da autore e regista in ambito teatrale, televisivo e cinematografico.  Il clamore mediatico sollevato da una sua opera gigante affissa sulla facciata di un palazzo nel centro di Poznan in Polonia lo proietta sulla scena internazionale, rendendolo in pochissimo tempo uno dei giovani artisti italiani più apprezzati e conosciuti all’estero.  In soli 6 anni di attività ha realizzato più di un centinaio di mostre in giro per tutto il mondo. Nel 2014 è uscita in Italia la sua autobiografia “Vendere Svastiche e Vivere Felici” edita da Sperling & Kupfer (Gruppo Mondadori).

Amnesty International Italia

Con una risoluzione approvata a grande maggioranza, il 28 marzo 2014 il Consiglio Onu dei diritti umani ha condannato la Corea del Nord per le sistematiche, massicce e gravi violazioni dei diritti umani che continuano a essere commesse nel paese. Centinaia di migliaia di persone si trovano in campi di prigionia politica e in altre strutture detentive del paese. Amnesty International Italia ha scelto di seguire attivamente il progetto Welcome to North Korea sia affiancandosi all’installazione con dei banchetti che rilasceranno gratuitamente del materiale informativo, sia partecipando con interventi di esperti che spiegheranno la reale situazione socio-politica nordcoreana e infine divulgando attraverso i suoi canali nei nuovi media notizie sempre aggiornate riguardanti i campi di detenzione.

 

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L’ASTRATTISMO TATALE IN MOSTRA AL MUSEO DEL PRESENTE DI RENDE

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Si è inaugurata oggi la mostra del Gruppo Astrattismo Totale di Giuseppa Cotroneo, Antonio Salzano e Mario Lanzione a cura di Enzo La Pera Testi Critici di Gianluca Covelli. Giorgio Di Genova, Maurizio Vitiello presso il Museo del Presente di Rende Cosenza . La mostra si potrà visitare fino al 18 giugno 2016. Il Gruppo Astrattismo Totale – Cotroneo, Lanzione e Salzano, nasce con l’Arte/studio – Gallery di Benevento e coniuga l’esperienza dell’Astrattismo Geometrico con quella dell’Informale, per una proposta innovativa nel settore dell’Arte Astratta. Con i suoi testi critici, Mario Lanzione, per le mostre tenute a Città di Castello, Bari, Benevento, Cantalupo nel Sannio, Napoli, Avellino e Nocera Superiore, ne spiega i contenuti e gli obiettivi, sottolineando che il superamento delle poetiche dell’Astrattismo è da ricercare nella capacità di esprimersi con una visione sia razionale che irrazionale dell’arte. Un’operazione artistica, filosofica e religiosa che indaga nel mistero più profondo dell’esistenza dell’uomo, nella sua ”essenza” e in quella spiritualità interiore che si può raggiungere solo mediante un’oculata riflessione sul significato della vita e della sua integrazione in un “ordine” cosmico che coincide con l’idea di una totalità astratta: la molteplicità del “tutto” trasformata in “uno”, nel contesto dell’intero Universo in continuo espansione. Sotto il profilo della ricerca e della sperimentazione, l’idea di “coniugare” la materia con la geometria nasce con il periodo delle “carte veline” del 1975 di Mario Lanzione che, negli anni a seguire, volge il suo impegno anche come propositore di eventi che hanno lo scopo di mettere insieme artisti delle due opposte tendenze come, ad esempio, il Gruppo Partenopeo “Generazioni” formato da Renato Barisani, Gianni De Tora, Carmine De Ruggiero, Mario Lanzione, Antonio Manfredi e Domenico Spinosa (1997/1999). Non a caso, il Gruppo prende nome dalla mostra personale del 2008 di Mario Lanzione “Astrattismo Totale: Vibrazioni geometriche nella materia”, tenuta alla galleria “Rosso Fenice” di Benevento, con testo critico di Rosario Pinto. Dopo le mostre tenute nel 2013 alla galleria “Recò” di Città di Castello (Perugiag), all’Expo Arte di Bari, all’Arte/studio – Gallery di Benevento, su invito di M. Vitiello, a Cantalupo nel Sannio (Isernia) e, nel 2014, su invito di M. Vitiello, all’Ass. “Il Ramo d’oro di Napoli e alla galleria “L’Approdo di Avellino, l’idea proposta dal Gruppo Astrattismo Totale si è divulgata nell’ambiente artistico facendo prendere coscienza, ad  artisti e critici d’arte che operano nel panorama dell’arte contemporanea, della possibilità di determinare una svolta significativa nell’ambito della poetica dell’Arte Astratta. E’ sempre del 2014 la mostra personale di Antonio Salzano “Astrattismo Totale” alla Mediateca “Marte” di Cava de’ Tirreni (Salerno) ove, Rosario Pinto, spiega al pubblico intervenuto, i valori dell’Astrattismo Totale e l’importanza del Gruppo nella metamorfosi evolutiva della pittura di Salzano. Grazie al 41” Premio Sulmona 2014, selezionato da Rosario Pinto, il Gruppo Astrattismo Totale viene “storicizzato” a livello internazionale. Con la piena approvazione dei critici d’arte Vittorio Sgarbi, Ivo Bonitratibus, Carlo Fabrizio Carli, Toti Carpentieri, Giorgio Di Genova, Massimo Pasqualone, Duccio Trombadori e Gaetano Pallozzi, al Gruppo Astrattismo Totale viene attribuita una segnalazione particolare per un progetto innovativo nel panorama dell’Arte Contemporanea. Il 22 ottobre 2014 viene presentato al P.A.N. di Napoli il catalogo “Astrattismo Totale. Razionale e Irrazionale Tra Geometria e Materia – Cotroneo – Lanzione – Salzano”. Una pubblicazione di Paparo Editore che racchiude l’attività svolta dal Gruppo dal 2012 al 2014. Illustrato con foto di opere che tracciano il percorso artistico, arricchito di immagini degli eventi ove i tre protagonisti hanno avuto modo di confrontarsi con personaggi dell’arte e della cultura, questo catalogo è un vero documento storico per quello che oggi rappresenta, in Campania, il Gruppo Astrattismo Totale. Nel 2015, grazie all’invito fatto da Barbara Cussino (direttrice Musei Provinciali di Salerno, il Gruppo chiude la prima fase del suo percorso artistico con la mostra al Museo delle Arti Applicate, villa De Ruggiero – di Nocera Superiore (Salerno). Nel 2016, con la direzione artistica di Enzo Le Pera e i testi critici di Covelli, Di Genova e Vitiello pubblicati nel catalogo “Astrattismo Totale” edito da Arte Studio Paparo di Napoli, il Gruppo espone al Museo del Presente di Rende (CS). Come ci dice Giorgio Di Genova:  Nel 1956, anno in cui in Italia ancora era in atto la querelle tra realisti e astrattisti, Ranuccio Bianchi Bandinelli pubblicò Organicità e astrazione, saggio in cui affrontava l’irrisolta questione di quale dei due linguaggi fosse venuto prima nell’arte. Dopo la lettura di tale saggio io stesso mi sono posto di frequente tale quesito, che mi ha portato a optare ora per l’astrazione, allorché ho visitato il Museo Archeologico Nazionale di Atene, sulla scorta di alcuni esempi del IX secolo a. C. di pittura vascolare in stile geometrico, dato che i vasi con figure erano comparsi solo dopo alcuni secoli. Tuttavia in seguito, in considerazione dei dipinti delle grotte di Altamira e Lascaux, databili intorno ai 18.000 anni a. C., questa mia convinzione è stata opportunamente riveduta, portandomi a distinguere i due linguaggi. Infatti ora sono propenso a credere che i percorsi siano stati differenti: nell’ambito della pittura iconica l’organico ha preceduto l’astrattismo, come testimoniano i dipinti pervenutici dall’epoca paleolitica, che erano dettati per scopi magico – propiziatori o di conoscenza, nonché i più tardi esempi di pittura funeraria (a partire dal IV millennio a. C.) dell’antico Egitto, mentre nell’ambito della pittura decorativa, quella appunto vascolare greca, sono stati i vasi con decorazioni geometriche a precedere quelli con figure. In realtà gli artisti in genere, eccetto pochi casi, avviano il loro cammino sul piede iconico anche oggi. E solo avanzando nel loro tragitto produttivo una parte di essi raggiunge l’astrazione vuoi geometrica vuoi informale. A tale processo non sono sfuggiti i tre artisti campani dell’Astrattismo Totale, lo scultore Giuseppe Cotroneo ed i pittori Mario Lanzione e Antonio Salzano, pressoché coetanei, essendo nati nel 1951 i primi due e nel 1950 l’ultimo. Infatti ciascuno di essi prima di approdare all’astrazione ha avuto una cospicua storia iconica. E se Cotroneo, essendosi formato all’Accademia di Belle Arti di Napoli con Augusto Perez, è giunto alcuni anni fa all’astrazione pittorica dopo un lungo tragitto sulle strade  della scultura in vari materiali, compresa la terracotta, Salzano vi è giunto progressivamente negli anni Novanta, dopo una cospicua attività disegnativa a matita, a penna e dipinti di vario soggetto, tra cui alcuni studi dal vero di opere di Raffaello e Rembrandt esposte agli Uffizi, giungendo sul finire degli anni Settanta (forse per una suggestione della metallizzazione di Léger, ma riveduta e corretta con tagli rettilinei) ad una rigorosa stilizzazione, compreso il ciclo del 1986 su Gesù.  Altro discorso va fatto per Mario Lanzione, il quale, approdato nei primi anni Settanta al lessico informale, nel corso del decennio aveva cominciato a soddisfare la personale propensione di oggettivazione della pittura, già espressa nel materismo, inserendo nelle sue opere lacerti di carta, talora veline per ottenere effetti di velature, meglio rispondenti al proprio afflato lirico. L’opzione viene praticata ancora negli anni Ottanta, nei quali la sua ricerca di equilibri spaziali e compositivi rivela un interesse per tagli geometrici, pur in concomitanza dell’insopprimibile sua predilezione per le soluzioni materiche, eredità del suoi trascorsi informali. Tale interesse, che era già reperibile in nuce nell’ambito delle opere degli anni Settanta, s’è meglio caratterizzato (e stavo per scrivere: concretizzato) nel murale del 1982 con la finestra incompleta (Finestra rotta), che costituisce una tappa delle diverse opere con riferimento alle finestre, in talune delle quali già venivano indagati effetti di luce, affidati anche alle carte veline: e penso a Velatura di finestra (1981) e a Finestre: sovrapposizione materia/velature (1984), opere invase da una luce soffusa in ottemperanza al suo afflato lirico, che tuttavia s’è come congelato nelle opere scandite dai tagli geometrici, via via restituiti sempre con maggiore nettezza per meglio accentuare i piani e, tramite la compattezza del colore,  le zone di luce. E sarà questa opzione che gli farà raggiungere quell’astrazione cromo geometrica in seguito da lui considerata “totale”. Dagli anni Novanta essa verrà declinata senza continuità di soluzione, seppur talora interventi esperiti e praticati in precedenza riaffiorano in dettagli o addirittura in toto. Così è per le trasparenze, che vanno dalle poche velature al centro della parte inferiore di Piani contrapposti (1992) agli effetti vetrosi dei triangoli e rettangoli di Abissi di luce (2005) fino all’en plein di Verso l’ultimo orizzonte (2008), nel quale permane una timida eco del materismo, affidato alla sabbia mescolata all’acrilico, mentre contestualmente viene riproposto l’inserimento delle carte, che si estende fino al 2015 con Ascensione, opera in cui ritorni del rimosso informale contraddicono i ritmi geometrici della composizione a braccia aperte, per così dire, attraversata centralmente dalla verticale e appunto ascensionale forma. Lanzione, del resto, ama esprimersi per contrasti, ora tra stesure nette e velature trasparenti, ora tra bui e luci cromatici, non di rado con studiate composizioni atte a esaltare in modi differenti la luce (Spiraglio, 1999; Spiraglio con luce gialla, 2001; Luce di Tarlo, 2014), ora giungendo a far irrompere una gestuale scia luminosa su un’appena percettibile morfologia geometrica dai colori spenti, in quanto affogata in tenebre spaziali, com’è in Spazio, materia, luce del 2013. Ed è ancora un ritorno del rimosso informale, ben diverso da quello del ciclo delle opere su tele leggermente convesse e perciò raccolte sotto il titolo di Geometrie convesse: Ondulazioni spaziali (2009), tutte impostate su una elementare scansione geometrica, probabilmente desunta da memorie paesistiche. Infatti una sorta di orizzonte attraversa i dipinti dividendoli in una zona superiore, non a caso diversamente azzurra, ed in una zona inferiore, in un caso con screpolature (Ondulazioni spaziali 1) ed in altri con pietrisco (Ondulazioni spaziali 2, Ondulazioni spaziali3), che rimandano alla terra, appunto, nonostante la diagonale, nel primo caso in bianco e nel terzo in rosso, seghi l’angolo inferiore. E chissà se l’artista beneventano si sia ispirato nel primo dipinto ai Cretti di Burri e negli altri due alle pietre dei Buchi di Fontana.  A differenza di Lanzione per Giuseppe Cotroneo l’informale è una svolta rispetto alla sua attività precedente, anche se proprio dall’esperienza dell’impastare l’argilla è probabile che derivino certi impasti segnici, che traducono sulla superficie bidimensionale certi effetti di affossamenti sulle superfici della terracotta. A mio avviso l’aggettivo utilizzato nel titolo della tecnica mista del 2012 Percezioni volumetriche lo confermerebbe, come altre coeve tele, cioè Stratificazioni materiche e di Velature e materie, e non solo nei titoli, dichiarano la persistenza dello sguardo da scultore per quanto attiene il passaggio al materismo pittorico. A tal riguardo, per convincersene, si osservino con attenzione le pieghe a bassorilievo di queste due ultime opere di forte espressionismo esecutivo ed anche manipolativo. Nel 2012 Cotroneo, certo per la frequentazione di Lanzione (infatti ambedue insegnano al Liceo Artistico di Benevento), entra nel Gruppo Astrattismo Totale, esponendo nel 2013 a Benevento assieme al collega ed a Salzano. E’ in questo biennio che ha inizio la sua traslazione linguistica, che lo fa passare alla pittura, in altri termini dalla materia plastica ai tracciati pittorici, che avverte come Metamorfosi tra materia e segno, per dirla col titolo di un suo inchiostro su cartoncino del 2013, a cui fanno da controcanto i coevi inchiostri Senza titolo (Metamorfosi) e Metamorfosi spazio-materia, nel quale una sequenza di triangoli formano nel loro sfogliarsi una sorta di losanga. I tracciati di questi lavori sensibilizzano, a mo’ di incorporazione reciproca, le soluzioni rettilinee disegnate comparse nel 2012: ora dietro il grumo materico (Materia imprigionata), ora sopra (Raggismo) a preannuncio dell’emergere di motivi geometrici, che dal 2013 diverranno un leit-motiv del suo discorso pittorico. Ormai con il costante connubio di materismo e interventi di libera geometria lo statuto linguistico di Cotroneo s’è definito. E d’ora in poi si declina in soluzioni variate, nelle quali il colore è per lo più sommesso, per cui le composizioni sono tangenziali al bianco e nero, talora con sottili velature in giallo (Trasparenza materica, 2013; Tra segni e luce nello spazio e buio materico, 2014; Spazio luce e materia a occhio di Bacco, Segni contro segni, Tra piani e segni contro segni, 2015). E, quando il colore è presente, esso si limita a dettagli, in genere aculei, in azzurro (Geometrie materiche, 2013), altrove in rosso (Tra geometrie e segni materici, Tra segni e contro segni tra materia e luce, 2016). Con l’eccezione di Tracce emotive tra luce e materia, tecnica mista del 2015, in cui la vicinanza a Lanzione deve aver avuto un certo ruolo, spesso i segni s’intersecano senza ordine, com’è nel già citato Segni contro segni del 2015, ribadendo ancora una volta che Cotroneo tramite la geometria non cerca un ordo razionale, ovvero una pacificazione alle proprie dinamiche emotive, bensì vuole attraverso un connubio con il chaos restituire simbolicamente le contraddizioni dell’esistenza. Ciò lo fa approdare ad una geometria scapigliata, il cui più alto esempio è raggiunto in Segni e contro segni – tra spazio e materia in evoluzione (2016), ferro di 2 metri x 1 con al centro delle due contrapposte cornici è collocata una sfera da cui s’irradiano aculei, quasi a voler rappresentare plasticamente (non va dimenticato che Cotroneo viene dalla scultura) una sorta di pianeta, metafora dell’Es.  Con Antonio Salzano ritorna il colore, che talvolta s’addensa quasi fosse una cortina monocroma, come avviene in alcuni dipinti del 2010 e 2011 del ciclo Terre rosse. A furia di stilizzare Salzano ha ridotto le figure a morfemi geometrici (Due figure in rosso, 1999), giungendo talvolta addirittura a identificarle con due o tre triangoli azzurri “galleggianti” su fondi più scuri, così è nei due acrilici del 2009 Naufraghi. Pertanto il vocabolario geometrico di Salzano, pur aderendo ai principi euclidei, poggia costantemente sulla realtà e di essa è una spremitura, appunto geometrica, Quindi ciascuna scena è un derivato dell’esperienza di tutti i giorni assorbita dal pittore e in tal modo va interpretata. Salzano, tuttavia, riordina, per così dire, gli elementi in ritmiche a mo’ di flash pittorici per ottenere dichiaratamente composizioni di musicalità visiva, tanto che nel 1991-92 ha titolato diverse sue opere Composizione musicalista. Sistemando i flash pittorici, desunti sia da figure sia da spazi, Salzano fa pittura evocativa, così elementi decorativi, colonne, triangoli studiatamente inseriti in sezioni verticali ed orizzontali evocano nel 2000 il battistero di Santa Maria Maggiore (Il Battistero) e nel 2015 reperti archeologici (Frammenti archeologici), sempre ricorrendo alle sue predilette modalità di orchestrazione degli elementi e dei colori. Infatti la sintassi di Salzano procede grosso modo su due binari: quello del monocromo, vuoi con variazioni sul rosso (Terre rosse, 2012), vuoi sul turchese e verde (Composizione, 2004; Composizione, 2012; Composizione in blu turchese, 2013), e quello degli inserimenti articolati geometricamente su fondi compatti, in sequenze a “fotogrammi” sia orizzontali (Frammenti, 2014) sia verticali (Composizione, 2014), talora inseriti negli spazi di una grande H (Composizione in nero, 2015). In questo acrilico al centro risalta un rettangolo azzurro dagli effetti pressoché metallici per i riflessi luminosi. Anche in altri lavori si aprono rettangoli su fondi più scuri e per la loro insita luminosità sembrano finestre, piuttosto particolari in quanto fanno intravvedere non l’esterno, ma le “viscere” della composizione, com’è, per esempio, in Composizione in verde veronese del 2013. Quando invece il fondo non contrasta con gli inserti, allora essi vengono assorbiti dal fondo, specialmente quando sono variazioni tonali di una composizione monocromatica, ed è il caso della citata Composizione in blu turchese. L’Astrattismo totale di Salzano, rispetto alle oscillazioni e variazioni sia tecniche che espressive dei suoi compagni di gruppo Lanzione e Cotroneo, appare percorso meno accidentato, dando la sensazione, ancorché non sia privo di sostanziali variazioni, di maggiore coerenza. E per tale ragione il discorso di Salzano assieme a quelli di Lanzione e di Cotroneo, proprio per le loro differenze, finisce per risultare una componente importante per la pregnanza dialettica del Gruppo Astrattismo Totale. Mentre Maurizio Vitiello : L’Astrattismo ci ha sempre interessato; è una via di comunicazione, da interpretare e da indagare, che conduce a degli assunti di coscienza portante. L’arte sostanzia idee e si rende filtro della coscienza del sé. Ogni artista, nel sentiero del proprio vissuto, attinge, metabolizza, estroflette pensieri creativi, carature semantiche, sensibilità spirituali, echi etici ed elabora con le proprie capacità motivi del mondo. Chi propone codici astratti è vicino alla sintesi, perché stringe idee, vita, futuro in un contempo realizzato. Mario Lanzione, leader e interprete dell’Astrattismo Totale, è un salernitano che ha abbracciato il Beneventano. Ha lasciato il mondo della scuola da Vice-Preside del Liceo Artistico Statale di Benevento e cura, con altri amici un accogliente e accorsato spazio aperto alle arti visive contemporanee, l’ ”Arte Studio-Gallery”, veramente a due passi dal grandioso “Arco di Traiano”, imponente, maestosa, magica struttura romana, che sfida i secoli grazie ai restauri.  L’arco di Traiano di Benevento è un arco celebrativo dedicato all’imperatore Traiano in occasione dell’apertura della via Traiana, una variante della via Appia che accorciava il cammino tra Benevento e Brindisi.  Ma ecco una traccia biografica sull’artista e sui passi del GAT: Mario Lanzione, nasce a Sant’Egidio del Monte Albino (Salerno). Studia al Liceo Artistico di Salerno e all’Accademia di Belle Arti di Napoli. E’ docente di discipline pittoriche al Liceo Artistico Statale di Benevento. E’ impegnato nel settore della pittura astratta; dal 1975 espone in personali e collettive. Con la personale del 1976, alla Galleria d’Arte Contemporanea “La Roggia” di Pordenone, dimostra la sua passione per la pittura informale e geometrica.  Espone in Turchia, in molte città italiane e all’Expo Arte di Bari; prosegue con mostre a Miami, al Museo di Arte Moderna di Tokyo, a quello di Mendoza, di San Juan e di Buenos Aires, a Instabul, in alcune città della Slovenia, Salisburgo e Innsbruck, Zurigo e Berlino … Mario Lanzione con “Astrattismo Totale” in compagnia di Giuseppe Cotroneo e Antonio Salzano è all’Expo Arte di Bari 2013, trentesima edizione. Sempre nel 2013 ha esposto anche alla galleria RECO’ di Città di Castello, dove è stato presentato un catalogo con un suo testo esplicativo sul gruppo, che è riuscito a formare e che opera sulla base logistica dell’Arte Studio-Gallery di Benevento, dove sono transitate opere di Renato Barisani, Bruno Donzelli, Fabio Mariacci, Domenico Spinosa … L’”Astrattismo Totale” nasce con il periodo delle “Carte Veline”, prodotto da Mario Lanzione. E’ tra i primi artisti a sperimentare l’idea di mettere insieme i due opposti concetti razionali e irrazionali dell’Astrattismo, proseguendo un’indagine che assimila, seleziona e annette la pittura informale a quella nettamente geometrica. Quest’idea la condivide in pieno con i bravissimi artisti Giuseppe Cotroneo e Antonio Salzano. I tre artisti, tutti campani, sono convinti dell’esistenza di un punto d’attrazione e di fusione, quindi, d’incontro, dialetticamente valido, degli elementi linguistico-stilistici, che hanno consentito l’evoluzione dell’Astrattismo. Geometria e materia, istinto e ragione, segno e riverbero, luce e spazio, sono i contenuti sviluppati da Giuseppe Cotroneo, Mario Lanzione e Antonio Salzano nell’ambito dell’ “Astrattismo Totale”, quanto gli impulsi emotivo-psicologici, la sintesi tra sofferenza e gioia di vivere, il connubio tra materia e spirito, l’àlchimia dei ricordi e degli umori tra la memoria del passato e l’affermazione del presente e l’assunzione di un’astrazione poetico-lirica, ma non solo. Questa volontà di sintesi si rivela in Mario Lanzione, attraverso il pensiero cosmico delle origini della vita e del suo procedere; in Antonio Salzano è dettato dalla stessa energia, che diventa certezza nel divenire degli eventi e nella speranza di una vita esemplare; in Giuseppe Cotroneo, invece, s’identifica con la spontanea assimilazione di una realtà da accettare così com’è, nel bene e nel male, restando nella propria dimensione di uomo che trova nell’arte, fortunatamente, il rifugio intimo delle proprie fiduciose fantasie e, parallelamente, la sicurezza dell’avvento del proprio “esprit”, molto estroverso.Da ricordare, ancora, che i suindicati artisti sono stati in Molise, ospiti alla Scuola dell’Infanzia di Cantalupo nel Sannio (IS), con la mostra “Controventi Mediterranei 2”. L’esposizione, dal 3 all’11 agosto 2013, ha richiamato l’attenzione della critica, dei mass-media, dalla RAI con Il TG 3 Molise a tanti siti web, e ha riscosso un ampio consenso da parte del pubblico, accorso numeroso. “Controventi Mediterranei 2” ha visto insieme: Rolando Attanasio, Lucia Buono, Maria Luisa Casertano, Alfredo Celli, Carlo Cottone, Giuseppe Cotroneo, Maria Pia Daidone, Umberto Esposti, Lucio Gacina, Mario Lanzione, Elio Marino, Luciana Mascia, Nino Perrone, Achille Quadrini, Myriam Risola, Antonio Salzano. E’ stato un incontro tra artisti, ben apprezzati e di profondo sentimento, di diverse aree geografiche italiane – Molise, Campania, Puglia, Abruzzo, Lombardia, Lazio -, con opere di formato cm. 100×100, in prevalenza in tecnica mista, di vitale qualità. Gli artisti come “cercatori d’anima” riescono a rendere l’esprit del proprio tempo e/o ad anticipare quello futuro. La piega epocale che vivono la sostanziano di umori rilevabili e tracce correnti, sino a rendere le loro opere interpretazioni di intervalli esistenziali. Ben consapevoli, trattengono il senso del divenire riuscendo a cogliere prossime dimensioni e a far transitare utopie, se non visioni. Riuscire ad assemblare, a inizio agosto del 2013, questa rassegna d’arte contemporanea, che contava sedici presenze artistiche con relative opere d’arte, realizzate con diverse declinazioni linguistiche, ha voluto essere un ulteriore contributo di verifica dello stato dell’arte italiano, sempre in fermento e attivato, se non stimolato, da una crisi di valori e d’incidenza economica. L’esposizione “Controventi Mediterranei 2” ha incapsulato e integrato non solo “sensi mediterranei“, ma i caratteri di altre coordinate geografiche e concettuali, di artisti di tutto rispetto, di varie località italiane e con all’attivo tante personali, molte collettive e diverse rassegne, di grande importanza, da “La Quadriennale” di Roma sino a “La Biennale” di Venezia, che hanno sempre guardato, in senso telescopico, a vita ed eventi delle nostre temperature, ma, soprattutto, a quei venti di partecipazione di altre realtà, che si confondono e flettono anche sulle nostre sponde e sul nostro bacino. Questi venti d’opinione, essenzialmente liberi, che partono anche da lontano, attraversano il nostro Mediterraneo e si qualificano ad essere controventi mediterranei; così, appelli, passaggi, lieviti, esiti, palpiti e risultati di ricerche, precipitati anche di atmosfere lontane, vengono metabolizzati e vivono nelle loro opere l’urgenza e la necessità di confrontarsi. Questi artisti, di tono elevato e di alta qualità, da molti anni sulla scena artistica nazionale, e non solo, differenti per semantica, hanno offerto un serissimo ventaglio di misurate coniugazioni del linguaggio pittorico contemporaneo; insomma, direttive di molteplici modalità espressive si sono legate per manifestare attendibili presenze e per determinare una possibile misurata ricognizione. Gli artisti, presenti con lavori di ricerca, seriamente conosciuti e ampiamente riconosciuti, hanno sostenuto un contemporaneo visivo di temperamento euro-mediterraneo e attivato, così, oggi, una prova espositiva per alimentare, in fondo, una resistente apertura futura. Bisogna sottolineare che la creatività nel Mezzogiorno risulta sempre in crescita e i risultati delle varie indagini in campo hanno bisogno di luoghi di confronto per eventuali dibattiti. La “location”, libera, offerta da Cantalupo nel Sannio ha permesso di corroborare la conoscenza di percorsi artistici e di fissare l’attenzione su interessanti indagini linguistiche; a questo proposito, c’è stata un’appendice, all’interno stesso della mostra con una sezione minimale, nella saletta piccola, del Gruppo “Astrattismo Totale”, composto da Giuseppe Cotroneo, Mario Lanzione, Antonio Salzano, per un doveroso, avveduto e giusto approfondimento su un’interessante novità del territorio salernitano-sannita-beneventano. La filosofia di quest’incontro, improntato al confronto di stili, ha permesso alla zona molisana di poter recepire un momento squisitamente visivo-culturale, mentre all’orizzonte si tratteggiavano ulteriori spunti per scambi aggreganti di nuovi progetti. In questa mostra s’incontravano vari vissuti; nelle opere si riflettevano attraversamenti memoriali; difatti, nelle cognizioni artistiche la memoria era recepita come fondo d’avvio, mentre passaggi diaristici rafforzavano un campo di profili evocativi, aggettanti, risonanti. Alza il livello qualitativo la metabolizzazione di estremi, quelli epocali e quelli intimistici, quelli sociali e quelli domestici; ogni artista delimita un proprio ambito di ricerca, finitimo agli altri; le rispondenze estetiche squillano e si specchiano, movimenti e intrecci rafforzano congetture e rimandi. L’incontrarsi è vivificare la comunicazione, nonché rinvigorire il sentire comune. Fermare la memoria per assicurarla come testimonianza del vissuto e sommare anche la pronuncia diaristica permette di regolare passato e presente per graffiare il futuro; e sembrano scattare altri possibili, sollecitanti incontri. Quest’esposizione è stato un meeting di paralleli segni incisi, raccolti sì sul “fil rouge” del ricordo, ma anche sul rinforzo di rivelazioni future, frutto di sagge elaborazioni concettuali. Ritornando a Mario Lanzione, ci sembra il caso di riprendere il pensiero di Enrico Crispolti, che, tra l’altro, segnala [da “Una linea napoletana”, a cura di Enrico Crispolti, catalogo della mostra tenutasi al Palazzo Marchi di Pordenone, Edizioni Mazzotta, Milano, 1987]: “ … La ricerca di Mario Lanzione si è venuta decisamente caratterizzando in chiave lirica da circa dieci anni a questa parte, dopo un esordio informale nei primi Settanta, subito coinvolto nell’impiego della carta, allora in strappi (1974). Nel 1977 infatti Lanzione lavorava con carte veline e tempera, cercando trasparenze, filtrazioni di luce, in un evidente lirismo introspettivo, che valutava il rapporto con la realtà soltanto se intimisticamente filtrabile. In questi termini, in un cromatismo bassissimo, appena affiorante, ha lavorato fino al 1980, quando hanno cominciato a manifestarsi nelle sue proposizioni, fra filtrazioni e impronte segniche, sempre in tempera e carte veline, prime definizioni di spartiture geometriche. Che in particolare nel 1983 hanno preso consistenza come costituite trasparenze luminose (tema della “finestra”, ricorrente nei titoli), attraverso un colore appena più acceso in risalti di senso strutturale, là dove infatti si insinuavano sorta di spigolature geometriche come trama portante (anche ironicamente) del dipinto. Una nuova stagione nella ricerca pittorica di Lanzione si definisce nel 1986 nell’organizzarsi di una spazialità a setti compenetrati, nell’uso solido dell’acrilico che permette l’accendersi del colore, anche in accenni atmosferici serrati in costruzioni strutturali geometriche. Il lirismo di Lanzione si fa allora più spaziale. E nelle tele del 1987 le costruzioni sono più forti e complesse, e cromaticamente sostenute, in un gioco di ambiguità spaziali arricchite da incastonamenti evocativi di frammenti appunto d’accenno atmosferico naturale, in isolati riquadri. Un grande respiro spaziale, e un senso di arcano, anche, di una certa magicità di presenze, mi sembrano avvertibili in queste nuovissime prove … .” Inoltre, ci sembra d’uopo riprendere, anche, quanto scritto da Tiziana Fratini, che ci sembra efficace e illuminante, per la mostra SPAZI IMMAGINARI di Mario Lanzione, tenutasi dal 5 dicembre 2009 al 7 gennaio 2010, c/o IMMAGINARIA arti visive gallery di Firenze: “Squarci di luce aprono le tele di Mario Lanzone, in una sequenza di sovrapposizioni di colori, dai più tenui e luminosi, ai più decisi e scuri. Squarci di luce irraggiano svariate policromie dall’oscurità, invadendo la tela, o imprigionati da essa, dietro apposite fessure, ne suggeriscono l’intensità e la forza. Morbide pennellate seguono linee geometriche, nell’intento di visitare realtà fisiche e interiori che uniscano l’immaginario al reale, l’effimero della materia al soprannaturale, nell’idea che l’artista si prefigge di trasmettere. La composizione pittorica talvolta sfugge dalla spigolosità delle forme, in linee più sinuose, come nel quadro qui proposto nel 2003, altre volte sottolinea con risparmi di colore figure più marcate e oggettivamente più resistenti all’introspezione. La pittura di Mario Lanzione è davvero uno specchio dove la luce si scompone nei colori di un’anima universale, che riguarda i percorsi vitali della materia, i nostri viaggi fantastici e interiori nella ricerca di qualcos’altro che è altrove e al di fuori di noi. Vale davvero la pena di visitare i suoi “spazi immaginari” per viaggiare attraverso i suoi squarci di luce fino a toccare l’indefinito.” In conclusione, Mario Lanzione riesce a bilanciare spirito e dinamica, calcoli concreti e tensioni emotive, pensiero e azione in dipinti di rara intensità, in cui si bilanciano direttrici su orizzonti, tagli su prospettive, colorazioni terse su cromatismi intensi; insomma, riesce a essere libero nell’interpretazione equilibrata delle vene dell’Astrattismo Totale. Altra, conclusiva, precisazione è questa: mercoledì 22 ottobre 2014, presso la sala “Di Stefano” del PAN (Palazzo delle Arti – Napoli) via dei Mille n. 60, edito da “Paparo” con il testo critico di Mario Lanzione, si è tenuta la presentazione del volume “ASTRATTISMO TOTALE. RAZIONALE E IRRAZIONALE TRA GEOMETRIA E MATERIA (COTRONEO – LANZIONE – SALZANO)”. Sono intervenuti al dibattito Riccardo Dalisi (artista), Linda Irace (presidente dell’associazione “Tempo Libero” di Napoli), Mario Lanzione (Gruppo Astrattismo Totale), Enzo Navarra (artista), Pompeo Paparo (editore), Annalisa Ucci (giornalista), Gruppo Astrattismo Totale (Giuseppe Cotroneo, Mario Lanzione e Antonio Salzano). ASTRATTISMO TOTALE. RAZIONALE E IRRAZIONALE TRA GEOMETRIA E MATERIA (COTRONEO – LANZIONE – SALZANO), è una pubblicazione di Paparo Editore, con testo critico di Mario Lanzione, che racchiude l’attività svolta dal 2012 al 2014 dal Gruppo “Astrattismo Totale”, formato dagli artisti Giuseppe Cotroneo, Mario Lanzione e Antonio Salzano. Un Gruppo che nasce con l’Arte/studio – Gallery di Benevento e che coniuga l’esperienza dell’Astrattismo Geometrico con quella dell’Informale, per una proposta innovativa nel settore dell’Arte Astratta. Questo catalogo, illustrato con foto di opere che ne tracciano il percorso artistico, arricchito di immagini degli eventi ove i tre protagonisti hanno avuto modo di confrontarsi con personaggi dell’arte e della cultura, rappresenta un vero documento storico per quello che oggi rappresenta, in Campania, il Gruppo Astrattismo Totale. Mario Lanzione, con i testi critici scritti per le mostre tenute a Città di Castello (Perugia), Bari, Benevento, Cantalupo nel Sannio (Isernia), Napoli e Avellino ne spiega i contenuti e gli obiettivi, sottolineando che il superamento delle poetiche dell’Astrattismo è da ricercare nella capacità di esprimersi con una visione sia razionale che irrazionale dell’arte. Si tratta di un’operazione visiva e filosofica, che indaga nel mistero più profondo dell’esistenza dell’uomo, nella sua ”essenza” e in quella spiritualità interiore che si può raggiungere solo con un’oculata riflessione sul significato della vita e della sua integrazione in un “ordine” cosmico, che coincide con l’idea di una totalità astratta: la molteplicità del “tutto” trasformata in “uno”, nel contesto dell’intero Universo sempre in continua espansione. E’ un gruppo che ricerca e sperimenta. L’idea di “coniugare” la materia con la geometria nasce con il periodo delle “carte veline” del 1975 di Mario Lanzione che, negli anni a seguire, s’impegna anche come coordinatore di eventi, che inseguono la finalità di mettere insieme artisti delle due opposte tendenze (come, ad esempio, il Gruppo Partenopeo “Generazioni”). Non a caso, infatti, il Gruppo prende nome dalla mostra personale del 2008 di Mario Lanzione “Astrattismo Totale: vibrazioni geometriche nella materia”. L’idea proposta dal Gruppo Astrattismo Totale si sta divulgando nell’ambiente artistico facendo prendere coscienza ad artisti e critici d’arte della possibilità di determinare una svolta significativa nell’ambito della poetica dell’Arte Astratta. Grazie al 41° Premio Sulmona 2014, selezionato da Rosario Pinto, il Gruppo Astrattismo Totale è stato “storicizzato” a livello internazionale. Infatti, con la piena approvazione dei critici d’arte Vittorio Sgarbi, Ivo Bonitratibus, Carlo Fabrizio Carli, Toti Carpentieri, Giorgio Di Genova, Massimo Pasqualone, Duccio Trombadori e Gaetano Pallozzi, al Gruppo Astrattismo Totale è stato attribuito una segnalazione particolare per un progetto innovativo nel panorama dell’Arte Contemporanea. Da ricordare anche l’inaugurazione di sabato 8 novembre 2014, al Museo Arti Applicate,  Villa De Ruggiero – Via Nazionale, 102 –  Nocera Superiore (Salerno), con la mostra del Gruppo: “ASTRATTISMO TOTALE – COTRONEO – LANZIONE –  SALZANO”. Prima di passare a Giuseppe Cotroneo e ad Antonio Salzano ci sembra opportuno riprendere dal testo di Rosario Pinto “Gli orientamenti artistici astratto-informali”, printartEdizioni, del luglio 2015, un passaggio significativo, che illustra le capacità calamitanti del GAT. Pinto sostanzia, così, a p. 116:“Giungiamo, in tal modo, alla intensissima e diversamente luminosa produzione più recente di Mario Lanzione e giungiamo anche all’esigenza che egli avverte di dar corpo ad un ampliamento visibile delle ragioni astratto-geometriche costituendo il gruppo di ‘Astrattismo totale’ cui aderiscono con entusiasmo altre personalità d’artisti: Antonio Salzano e Giuseppe Cotroneo. Dell’ ‘Astrattismo totale’ fornisce una puntuale perimetrazione teoretica lo stesso Mario Lanzione, quando afferma che “nel divenire delle esperienze maturate nel tempo, il messaggio dei tre artisti campani è affidato all’arte astratta in tutta la sua potenziale possibilità espressiva. Se le due correnti artistiche, l’Astrattismo geometrico e l’Informale, sono state le punte estreme di opposte visioni, l’Astrattismo globalizzante di Cotroneo, Lanzione e Salzano è il risultato di uno studio basato sulla convinzione che esiste un punto d’incontro dialetticamente valido nella complementarietà degli elementi linguistici e stilistici che hanno consentito l’evoluzione dell’Astrattismo: geometria e materia, istinto e ragione, segno,luce e spazio si coniugano nell’Astrattismo Totale”. Altri artisti, come la pugliese Myriam Risola e Fabio Mariacci di Città di Castello, mostrano attenzione intellettuale alla temperie ‘astrattista-totale’, osservandone con interesse l’intervento propositivo, ma disancorando i propri percorsi creativi dalla misura organica di integrazione nel suo contesto.” Giuseppe Cotroneo, grafico e scultore, esprime il suo potente estro sulle correnti astratte e informali. La produzione artistica di Giuseppe Cotroneo si divide tra paradigmi e segni. Giuseppe Cotroneo ha seguito un percorso formativo artistico sin dagli anni del liceo. Nato a Benevento il 13.04.1951, diplomato al Liceo Artistico nell’anno 1972, entra nell’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove si forma al Corso di Scultura, diplomandosi sotto la guida del Maestro Augusto Perez, grande scultore, molto apprezzato. Abilitato all’insegnamento dell’Educazione Artistica, ha insegnato in diverse scuole e città: Savona, Verona, Milano, Lecco. Trasferito a Napoli, insegna a Cardito presso il Liceo Artistico, dove resta fino al 2010, per poi trasferirsi a Benevento, dove oggi insegna Discipline Plastiche al Liceo Artistico. Alla ricerca della sua identità artistica, influenzato dalla carica positiva del Maestro Perez, lavora e studia, assiduamente, scoprendo una sua linea creativa passando dal ciclo delle grafiche per proseguire nella scultura, intensificando sempre più la sua voglia di raccontare e di raccontarsi. Oggi è impegnato con il GAT, Gruppo Astrattismo Totale. L’Astrattismo Totale nasce con il periodo delle ‘Carte Veline’, prodotto da Mario Lanzione, che è tra i primi artisti a sperimentare l’idea di mettere insieme i due opposti concetti razionali e irrazionali dell’Astrattismo, portando avanti una ricerca che coniuga la pittura informale con quella geometrica. Un’idea che, oggi, grazie all’aggregazione con l’Artestudio-Gallery di Benevento, condivide con Giuseppe Cotroneo e Antonio Salzano. I tre artisti campani, hanno raggiunto la convinzione che esiste un punto d’incontro dialetticamente valido nella fusione degli elementi linguistici e stilistici che hanno consentito l’evoluzione dell’Astrattismo. Piani geometrici e rispondenze materiche, fronti istintuali e profili di ragione, segni accorciati e segmenti spezzati, bagliori di luce e profondità dello spazio, sono i temi sviluppati. Gli impulsi emotivi e psicologici, la sintesi tra sofferenza e gioia di vivere, il connubio tra materia e spirito, l’àlchimia dei ricordi e degli umori tra la memoria del passato e l’affermazione del presente e l’assunzione di un’astrazione poetica e lirica che si rivela in Lanzione attraverso il pensiero cosmico delle origini della vita, sono dettati dalla stessa energia che, in Salzano, diventa certezza nel divenire degli eventi e che, in Cotroneo, s’identifica con la spontanea assimilazione di una realtà da accettare così com’è, nel bene e nel male, restando nella propria dimensione di uomo che trova nell’arte, il rifugio delle proprie speranze. Giuseppe Cotroneo imposta la redazione delle sue opere con impasti cromatici insoliti e convincenti, perché sia profondo il senso tattile, quasi di corporeità, e per favorire, al massimo, l’assunzione icastica dei motivi della scena, sublimata da riferimenti naturalistici. Nella discrezionalità dell’impianto geometrico-informale, impostato e strutturato da Giuseppe Cotroneo, si legge e si ricava la tendenziale idea di misurare e dimensionare lo spazio, ma, anche, di interpretarlo, pienamente, sino a possederlo e alla fine conquistarlo con filigrane segniche e aggettanti segmentazioni, con pregnanti pluridimensioni o con febbricitanti mitologie contemporanee. Giuseppe Cotroneo ricorre, talvolta, a iperboliche iconografie per scandire e manifestare segni e contrassegni, segnalazioni e segnali, succhi vitali e frenetici. Insomma, centrifugate idee s’innestano per generare clamorosi colpi d’occhio concentrate rilevanze cromatico-segniche. Giuseppe Cotroneo è sempre in continua attività ed è fortemente impegnato a inquadrare in pittura i cambiamenti metropolitani, indagando su dinamiche e motivazioni. Giuseppe Cotroneo cerca di bilanciare sostanza in attese temporali e raccoglie, nelle sue pitture polimateriche, acuti archi d’intendimenti, che vanno da “esprit” naturalistici a dimensioni di limiti urbani, ma fa di tutto perché si respiri un’apertura, un varco di concordanze. Il suo pensiero poetico batte sull’esterno del mondo e mantiene un controllatissimo contatto con i sentieri di una spiritualità laica, che indaga il sé e cerca di raggiungere l’altro. La produzione artistica di Giuseppe Cotroneo spazia dalla grafica alla pittura, dalla ceramica alla scultura polimaterica e a varie prove e saggi in altre dimensioni visive. La sua estensione artistica è piena e convinta, come persuasivi appaiono gli intrecci di materiali diversi, le strettoie compositive e gli aggreganti chiasmi coloristici, che vanno da segnate stesure del rosso infuocato e del blu notte sino all’azzurro e al verde, che intendono aprire nuove frontiere di un percorso, sensibilmente e acutamente, astratto. Cotroneo cura una rete di cromatismi assoluti e, successivamente, li sagoma e li rifila per intendere campi dell’origine, e per captare e intendere il futuro. C’è una certa voglia di conquistare lo spazio, di invaderlo pienamente, di rappresentarlo per offrire una stagione di sensazioni.Questa sua specifica tensione, perlopiù costante, misura, essenzialmente, lo spazio e manifesta una disamina composta di frenesie vitali e succhi frenetici. Insomma, elementi esuberanti sembra vogliano apparire, quasi ad offrire un’effervescenza in una segnaletica di moti e motivi astratto-geometrici, seppur apparentati, quasi in una coniugazione aniconica, con onde e trasmissioni informali. Il coordinamento di respiro segnico-cromatico, disciplinato tra ordine geometrico e risucchio informale si compie nelle stesure ultime, pienamente convinte a estroflettere e a esplicitare una profonda presa di coscienza visiva, corroborata da sedimentazioni pluralistiche. Il “focus” dell’azione pittorica di Giuseppe Cotroneo, tra segmenti e cromie e tra ritmi e velocità gestuale, consolida visioni consistenti. Le sue opere, da leggere come affondo di materia ed elaborazione di appunti, confermano squarci di luci e significativa abilità e rilanciano palpiti di equilibri, di umori e di sentimenti. Antonio Salzano riesce a comunicare con il mondo artistico per via di sottili rimandi segnico-geometrici e temperanze cromatiche. I lavori di Antonio Salzano indagano, con sottile e delicata poesia, le strutture della geometria. L’artista con decisioni accorte e gesti misurati bilancia cromatismi selezionati, scelti tra crudi rimandi. Senza indugio, quindi, Antonio Salzano propone, con una disciplinata ricerca cromatica, valori essenziali dell’esistenza. Le moltiplicate vibrazioni e i situati tagli, complice un tessuto di blu turchese, segnalano un variegato, seppur marcato, campo d’intendimenti, che legittima cronache delle emozioni e ragioni del cuore. Antonio Salzano espone una serie di opere che emettono sospensioni, rarefatte lucidità e mute indicazioni etico-spirituali. In questa modulazione di assetti neogeometrici e di rarefazioni astratte manifesta essenziali equilibri tra la relazione di una forma data e lo spazio. Con una motivata, calma e coerente autorità artistica, assicura alle sue opere una precisa e solida natura pittorica, scaturita, tradotta e prodotta da un lavoro, intelligente e metodico, in cui l’intima dialettica indica la comprensibile preoccupazione di affermare come la pittura possa risultare ancora una legittima e alta espressione non superata nel procurare profonde emozioni estetiche e, comunque, in netta simbiosi con l’arte aggiornatissima dei nostri tempi, tra crisi e conflitti. L’attuale pittura di Antonio Salzano si presenta ancor più interessante e compatta, nonché accattivante. Il senso della realtà divina domina gli scenari che il suo pennello, ormai esperto, costruisce. Paesaggi dell’anima, sagaci visioni d’insieme, scenografie pulite guadagnano lo spazio della tela. La mano di Antonio Salzano conquista tessiture di panorami ideali, ma anche immaginati. E da queste tessiture emergono visioni sospese tra sogni ed emozioni. Cromatismi mediterranei segnati da intelligenti tagli, intervallati da luci ed ombre, intendono far vibrare memorie e surrealtà. L’artista dettaglia sequenze di elementi fantastici e vitali, sotto l’impulso di una fresca capacità inventiva. L’immaginazione fertilissima, ricombinata con ambientazioni in blu turchese, rende singolari risultati. I suoi dipinti risucchiano cadenze visive di un iter mentale e di un percorso etico-religioso, che ripercorre note passate, nonché utili riferimenti e dati attuali. Emerge la voglia dell’operatore di corroborare la tela con campiture precise. L’artista tende, inoltre, ad elaborare dettagliate ipotesi per sottolineare rifrazioni e riflessi regolati dal cuore e dall’hinterland dell’anima. Nei suoi lavori si leggono ritmi, variazioni e dinamicità, mentre in altre c’è riverenza alla natura. Il pensiero pittorico di Antonio Salzano, oscillante tra pittura di elezioni e pittura di naturalità, sostanzia cadenze trasparenti e motiva atmosfere. Blu, nella vena turchese, imperanti, azzurri trapassanti, verdi leggeri e sottili e altri cromatismi tenui c’indicano riflessioni di tratto e si coglie, entrando con l’occhio nell’elaborazione delle composizioni, un preciso dettato di plurime combinazioni pulsanti, focalizzato da dosaggi variegati. In conclusione, Antonio Salzano serba un notevole interesse per il trascendente, che tenta di replicare, con levità, nel suo rapido e quotidiano esercizio pittorico. Le sue opere si trovano in diverse collezioni private e in permanenti collezioni pubbliche in musei e pinacoteche, sia in Italia e sia all’estero. I suoi ultimi interessanti lavori risultano molto richiesti da circuiti galleristici e sono presentati a importanti manifestazioni fieristiche, che raccolgono richiami ed esiti delle arti visive contemporanee declinate alla ricerca del nuovo.

 

geometrie materiche, 2013 - tecnica mista su tavola 100x100