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Tendenze moda Primavera/Estate 2015 “tornano gli anni 70”

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Le capitali del fashion system, hanno eletto le tendenze moda della prossima Primavera/Estate 2015. Protagonisti assoluti gli anni 70, i colori miscelati in cocktail di pattern a volte geometri e rigorosi, in altri astratti e creativi. Sapore dell’Occidente come dell’Oriente.

Se il bianco è la tela su cui dipingere tutta la stagione, la tavolozza è complessa. Prevalgono in colori pastello, ma anche blu, nero e rosso hanno una componente forte. Guest star che si fa notare, l’oro, per total look effetto shock.

Le stampe  più divertenti giocano con il surrealismo: si vedono da Acne, da Louis Vuitton, da Kenzo. Le altre hanno una decisa virata verso quelle caratteristiche degli abiti bulgari, con piccoli fiorellini colorati su diversi sfondi e ricami sempre floreali. Tra i pattern grafici, vincono le righe: che non tramontano mai, è vero, ma la prossima stagione hanno un ruolo decisamente preponderante sia in chiave navy che rock’n roll.

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Per un pugno di click

Allegato di posta elettronica

Manuale del lettore informato nell’era dei social network

Negli istanti immediatamente precedenti il primo duello in assoluto della storia degli “spaghetti western” Clint Eastwood pronuncia la mitica frase a Filipero “prepara tre casse”. Era l’inizio degli anni ’60 e Sergio Leone cambiava per sempre la storia del cinema con Per un pugno di dollari. Un titolo emblematico che attirò al cinema milioni di spettatori desiderosi di evadere dal quotidiano, pronti a cercare refrigerio nel selvaggio west cinematografico. Ebbene, proprio come Joe decide di vendersi, per un pugno di dollari, alle due famiglie rivali nel film di Sergio Leone, così l’informazione ai tempi del social decide di vendersi Per un pugno di click. Provo a spiegare meglio come funziona la nuova legge non scritta dell’informatore moderno che può, attraverso internet, mischiare abilmente l’informazione con la pubblicità, in un’apologia dell’opinione che si trasforma, nel migliore dei casi, in una parzialità non dichiarata e nel peggiore in un evento da social network.

Facebook, Twitter e Google Plus riescono a mobilitare centinaia di informazioni, personali o meno e la nuova informazione non poteva rimanerne indifferente. Anche i grandi sistemi informativi si sono dovuti adattare al vincolo temporale che internet (e ancor di più i social network) impongono e così il senso dello scoop che un quotidiano poteva dare va a scontrarsi con le migliaia di siti che anticipano il tutto, il telegiornale delle 20 su quello che un tempo era il Primo Canale, viene sempre più soppiantato da Repubblica.it, Ansa.it, Gazzetta.it, dall’App di Tgcom, o magari soltanto dai bravi giornalisti di SkyTg24, in diretta sempre e comunque. Ma certo, se fosse solo questo, non si potrebbe rimproverare all’informazione di aggiornarsi in tempo reale. Si pensi allo sport e all’ormai rimpianta Serie A di Calcio di un tempo, quando si attendevano le 18 della domenica per vedere Novantesimo minuto con tutti i gol in un’oretta. Ormai l’informazione è in tempo reale e l’utente è anche disposto a pagare per vederla. Fin qui tutto bene (proprio come nel film L’Odio di Mathieu Kassovitz in cui Hubert dice: “Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: <Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.> Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio.”. L’atterraggio di questa assurda vicenda in cui è caduta, come vittima e carnefice, la nostra informazione è quello di dover ottenere dei clic sui propri portali per ottenere pubblicità. Per fare in modo che i naufraghi del mare di internet, tra malware e popup, decidano di cliccare sulle loro pagine i moderni giornalisti, figli del copia e incolla, (e magari anche di una buona donna) decidono di condividere il link che contiene la pagina con la notizia da leggere con tanto di titolo e immagine collegata. Qui entra in gioco la nuova tecnica che tanto attanaglia il lettore che si trova alla base della piramide del sapere incagliato tra informazione e scorrettezza di chi ha necessità di aver quel pugno di clic in più del blog rivale, affinché l’imprenditore di turno possa dargli il pane per altri 20 giorni.

Come attirare il naufrago medio del mondo dei social network? Promettendo di dargli qualcosa in più, un po’ tipo il 3×2 al supermercato, o la raccolta punti dei distributori di benzina. Come può la stessa notizia attirare più lettori possibili? Con due sistemi: uno che riguarda l’immagine da allegare all’articolo, spesso fuorviante e fuori luogo, e l’altro che riguarda un titolo generico, falsato, tagliato e perché no anche esagerato. Così quello che su un quotidiano locale che si rispetti sarebbe stato un banale tamponamento, sul nostro portale di pseudo notizie diventa tutt’altro. Proviamo ad immaginare che il titolista del Corriere di Roma possa aver trattato la notizia così “Paura per un incidente in Via Napoli” con un occhiello che racconti “Il tamponamento è accaduto alle 13 di ieri” e un catenaccio che continui: “Lievemente ferito l’autista della Fiat Punto”. A tutto questo, il giornalista che ha scritto con calma la notizia, avrebbe aggiunto nel migliore dei casi una foto dell’incidente, o magari una più generica della strada in cui è avvenuto. Sul link che ha bisogno di centinaia di clic per sopravvivere ancora un po’ la notizia diventa: “INCREDIBILE! Un ferito nell’incedente avvenuto in via…” con tanto di foto di un’auto capovolta. A quel punto anche il più avveduto dei naufraghi sarà portato a scegliere di cliccare, attratto dall’immagine, o magari dal titolo, o peggio ancora dalla parola “incredibile”. Qualcuno si chiederà quale sarà poi il contenuto dell’articolo. La risposta è semplice: poche righe scritte male, magari sbagliando i congiuntivi, confondendo palatali e dentali, dimenticando h e accenti qua e là. Eppure dal momento in cui il povero naufrago avrà cliccato, magari anche solo per curiosità, magari anche solo per dire che quell’articolo fa schifo, il nostro pseudo informatore avrà guadagnato il proprio pane quotidiano. Ma proviamo ad analizzare l’esempio di cui sopra: INCREDIBILE è l’amo a cui abbocca il nostro naufrago, ma può essere sostituito anche da ESCLUSIVO, ASSURDO, DA NON CREDERE, E’ SUCCESSO DAVVERO, e così via. Si tratta di una serie di parole che da sole descrivono la falsità della notizia. Se prendessimo un qualunque dizionario di lingua italiana, o magari anche solo se cercassimo sui vari dizionari online, il significato delle parole appena scritte ci imbatteremmo in una serie di spiegazioni che riguardano un qualcosa che poco ha a che fare con l’incidente in questione. Sul sito www.treccani.it: “incredìbile agg. [dal lat. incredibĭlis]. – 1. Non credibile, difficile a credersi. In che maniera il nostro banale incidente è difficile a credersi?

esclusivo agg. [dal lat. mediev. exclusivus, der. di excludĕre «escludere»]1. Che tende a escludere o ha forza di escludere: clausola e.; diritto e., che compete a una sola persona o ente, escludendo tutti gli altri dall’esercizio del diritto medesimo; modello e., lo stesso che modello in esclusiva. Riferito a persona, che afferma o giudica troppo recisamente, ritenendo buone soltanto le opinioni proprie e fallaci quelle altrui: non si può ragionare con lui, è troppo esclusivo. 2. Nella logica, proposizione e., la proposizione velatamente composta (equivalente cioè a due proposizioni) che attribuisce il predicato a un soggetto e a quello solo: per es. «non c’è che un Dio»; frase che equivale a due proposizioni: «c’è un Dio» e «non ce ne sono altri». 3. Sul modello dell’ingl. exclusive, riferito ad ambiente (circolo, club, ecc.) la cui frequenza è limitata a determinate persone, di solito a persone particolarm. agiate o raffinate. ◆ Avv. esclusivaménte, escludendo tutto il resto o tutti gli altri, in modo assoluto, solamente, unicamente: l’ingresso è riservato esclusivamente ai soci. …” qui ci si imbatte in ben tre significati diversi ma quello che ci interessa riguarda il fatto che la notizia del banale incidente su via Napoli il nostro cacciatore di click la sta spacciando per unica. Per rendere l’idea, nel giornalismo deontologicamente corretto, Esclusivo significa “che ho solo io”. Per parlare di Gossip ad esempio, le foto del matrimonio di George Clooney sono state vendute, in ESCLUSIVA, per la modica cifra di cinque milioni di dollari alla rivista Vogue. Il noto periodico potrà, senza ombra di dubbio, titolare: ESCLUSIVA, Tutte le foto del matrimonio dell’anno. Per non parlare di ASSURDO o DA NON CREDERE e via dicendo.. Peggio di tutte è la frase di apertura E’ SUCCESSO DAVVERO, come se si volesse dire tutto quello che vi hanno detto fino ad oggi era fantasia, ma questa no, questa è successa davvero.

Altri sceglieranno di cliccare per vedere l’immagine dell’auto capovolta trovata su Google Immagini e magari firmata con tanto di copyright come se appartenesse al sito. Qui c’è poco da commentare: l’immagine è falsa. Situazioni similari accadono con altre immagini, che spesso richiamano a qualcosa di sessuale, di più o meno spinto. Quasi sempre senza contenuti reali coerenti con quanto annunciato. Immaginiamo una foto di una giovane donna in costume e il titolo: “INCREDIBILE. Guardate cosa è accaduto a questa ragazza, ha preso..” Con questo titolo e quella foto chissà quale richiamo al sesso si immagina e magari ha ricevuto (preso) un premio, o ha contratto (preso) una malattia. Altri ancora potrebbero decidere di cliccare sul link per capire in quale via è accaduto l’incidente, o magari, se il titolo fosse stato ancora più cattivo, in quale città è accaduta la tragedia. Non di rado infatti si trovano titoli del tipo: “ASSURDO. Muore a 20 anni Antonio..”. In questo caso il nostro cacciatore di click ha giocato con la vita di un ragazzo nel tentativo sbilenco, ma magari riuscito, di far venire la curiosità di cliccare per sapere dove è accaduto e il cognome del ragazzo, d’altro canto chi non conosce un Antonio?. Si potrebbe continuare a lungo con esempi anche di quotidiani importanti che si sono aperti ai social network. Per esempio alle ore 20 del 2 ottobre 2014 un noto quotidiano nazionale, attraverso il suo profilo facebook pubblica questo link:

Qualora il nostro naufrago decida di cliccare troverà un titolo:

Incredibile!

Non sa di avere un tumore al seno fino a quando il suo cane…

Allegato di posta elettronica

Per poi leggere un articolo che nell’incipit recita:

“Scopre di avere il cancro al seno grazie al suo cane che le salva la vita. Allison Powell da qualche mese aveva notato una strana attenzione da parte del cane verso il suo seno sinistro. L’animale sfregava ripetutamente il muso sempre nello stesso punto, così Allison si decise a fare una visita. Alla 48enne londinese è stato diagnosticato un cancro della mammella in stadio precoce. «Credevo volesse solo attirare la mia attenzione», racconta la donna parlando del suo labrador…”.

Ovviamente l’esempio citato serve solo a ribadire, una volta ancora, che si può essere fuorviati da titoli e immagini utilizzati da chi è in cerca di clic con un sistema che di per sé non può essere condannato, ma che necessita una maggiore consapevolezza da parte di chi naviga su internet ed in particolare utilizza i social network.

Quali consigli dare ad un utente medio? Questa è una domanda da un milione di dollari, ma se c’è un dato di fatto che la comunicazione moderna ci ha insegnato è quello di non credere agli specchietti per le allodole. In pratica potrebbe essere una buona consuetudine non lasciarsi attrarre da titoli troppo esagerati, ma non precisi, da foto poco chiare. Solo non cliccando su link che rimandano a notizie poco circoscritte, talvolta poco precise, peggio ancora che tendono a sfruttare tragedie, si può provare a far ritornare la deontologia giornalistica a quello che sarebbe se solo questo mestiere non fosse in balia di tutti. Certo attira meno “Paura per un incidente in Via Napoli” che non “INCREDIBILE! Un ferito nell’incedente avvenuto in via…” con tanto di foto di un’auto capovolta. Eppure va detto che non ci sono vie di mezzo: il lettore è chiamato, più che mai oggi, a selezionare, e, atto ancora più complesso, a selezionare prima ancora di leggere l’articolo o meglio di cliccare sul link che apre la pagina che permette di finanziare il sito. A tutto questo va aggiunto anche che in genere un portale che tende a cadere in tale sistema è recidivo e, pertanto, qualora si riconosca il sito, come quello che in una precedente occasione ci ha mostrato una notizia falsa, falsata, tendenziosa o anche solo strana, magari ovvia, già sentita o già vista, è forse il caso di evitare di ricadere nel tranello, di evitare di aprire la pagina a cui è collegato il link. Solo in tale maniera, con un numero di clic limitato o pari a zero, il giornalista o il direttore che si nasconde dietro quella pagina potrà scegliere se chiudere il proprio sito o magari provare a seguire una linea deontologica maggiormente aderente al mestiere. A questo punto non si può non chiudere con una considerazione valida sempre e comunque, non fidarsi di chi non si firma, di chi non dichiara pubblicamente la propria identità e la propria storia, di chi fa parlare sempre solo una parte o di chi si scaglia sempre e solo contro un determinato personaggio o una fazione. Nessuno pagherebbe una bolletta ad un’azienda che non si identifica o leggerebbe un libro senza titolo, perché un lettore dovrebbe scegliere di finanziare senza volerlo, attraverso il proprio click, un notiziario scorretto?

Per concludere ancora in maniera cinematografica si dirà che Al Pacino, abilmente diretto da Oliver Stone e doppiato da Giancarlo Giannini in uno spogliatoio pieno di atleti da motivare dice: “Ogni maledetta domenica si vince o si perde, resta da vedere se si vince o si perde da uomini. (Tony D’Amato)”. Quando uomini raccontano storie di uomini dovrebbero dotarsi di onestà e buon senso, qualora un lettore si renda conto che ciò non sta avvenendo nel modo giusto, è il caso di evitarlo in futuro. Magari si sta vincendo la guerra dei click, ma non la si sta vincendo da uomini.

Ognuno insomma tenta di sopravvivere e proprio come in Alive, il film in cui i sopravvissuti di un disastro aereo si mangiano a vicenda, qui i cannibali della notizia la vomitano via in preda ad un anoressico cannibalismo che richiama alla tribalità. Tutto comunque per un pugno di clic, per una fresca condivisione del link da parte del naufrago di turno. Già perché l’aspetto più tetro di tale enorme rito è che l’ignaro navigatore, convinto di approdare nel continente della vera informazione, naufraga nell’isola di Alive in cui Per un pugno di dollari un falso giornalista ti vende, Ogni maledetta domenica, la sua naturale propensione al falso, al tendenzioso e all’esagerato.

PETRA FERIANCOVA In Things that Happen, and Things that are Done presso la Fondazione Morra Greco

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Ultimi giorni per visitare la mostra di Petra Feriancova, presso la Fondazione Morra Greco un’artista che riesce ad elaborare gli aspetti autobiografici in modo autentico, fondendoli con altre informazioni che provengono dagli ambiti più disparati, traducendo il tutto in cataloghi, intimi ed universali al contempo, che hanno l’afflato delle narrazioni epiche. In questa occasione racconta di miti e di misteri che, nella loro indicibilità, apparentano il tempo dell’uomo contemporaneo all’uomo arcaico. La mostra PETRA FERIANCOVA. Things that Happen, and Things that are Done. On Beginnings and Matter sarà visitabile fino al 31 gennaio ed è inserita in Progetto XXI, promosso dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee in collaborazione con la Fondazione Morra Greco. Come dice Massimiliano Scuderi : “ Nella manifestazione del sacro un oggetto, come una pietra o un albero, si trasforma in qualcos’altro, pur rimanendo sé stesso e continuando ad essere partecipe dell’ordine cosmico. Una ierofania, per dirla con le parole di Mircea Eliade, determina la saturazione dell’essere nella sua pienezza, si compie in qualsiasi azione del fare quotidiano, compresi i bisogni fisiologici, inscrivendo l’uomo all’interno di una logica fondativa che è in grado di risignificare il mondo nella sua totalità fenomenologica. Petra Feriancova  è un’artista che riesce ad elaborare gli aspetti autobiografici in modo autentico, fondendoli con altre informazioni che provengono dagli ambiti più disparati,  traducendo il tutto in cataloghi, intimi ed universali al contempo, che hanno l’afflato delle narrazioni epiche, quantunque siano frammenti, fragili partiture o situazioni che potremmo definire infra-ordinarie. In questa occasione racconta di miti e di misteri che, nella loro indicibilità, apparentano il tempo dell’uomo contemporaneo all’uomo arcaico. Un’opera che si potrebbe definire civilizzatrice attraverso il rapporto con la materia, con gli elementi naturali e per mezzo dell’atto creativo, del lavoro manuale come atto fondativo. Il suo approccio fa parte del campo metodologico della storia e permette di racchiudere tutti i fenomeni attorno ad un unico centro, ad una visione del mondo, una forma d’assieme, includendo lo spazio della dispersione attraverso concatenazioni di segni.Il percorso della mostra si basa su due aspetti fondamentali: il sacro e il profano, appunto, e la creazione come rinascita dopo una catastrofe.

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Fin dalla soglia, che delimita gli  spazi e che mette in comunicazione i due mondi, le pietre, calchi di argilla, sono simulacri che parlano della creazione dopo il nulla, forme che alludono al tempo mitologico della creazione di Pirra e Deucalione. L’artista crea così uno spazio, metaforicamente un temenos, un recinto sacro, come luogo dell’autopoieutica, ovvero di un sistema in cui ogni elemento collabora nell’autorappresentarsi, in un processo di trasformazione continua che include aspetti autobiografici, politici, culturali, biologici, mitologici, geografici, oltre a qualsiasi altro elemento contingenziale. Così pure il cono inscritto nel cerchio, un orizzonte in senso etimologico, che include all’interno di un limite. Questa forma riprende il verticalismo per alcuni versi della struttura di Tatlin, della torre costruttivista che, inclinata secondo l’asse di curvatura terrestre, proponeva un sistema semantico e ideologico alternativo a quello modernista e soprattutto la ri-costruzione della società. Vengono inoltre portate all’attenzione di tutti alcuni testi risalenti al periodo compreso tra il VI° e il IV° secolo A.C che, coerentemente con la logica del sostegno all’impianto della mostra, ne evidenziano alcuni aspetti fondamentali. Cosmogonie, miti dell’europa occidentale, tratti da Senofane, Anassimene, Talete, Archelao, Anassimandro, Pitagora analizzano i singoli elementi come l’aria, la terra, l’acqua, ma rappresentano anche delle riflessioni sull’ambiguità del concetto di limite. Procedendo nella mostra viene approfondita la questione dell’anima come aria, in senso etimologico quindi, e questo concetto viene veicolato attraverso un correlativo oggettivo, ovvero sottoforma di camere d’aria fatte con pelli di animali ed in cui i fori delle pallottole rappresentano le porte di collegamento in cui l’anima circola tenendo insieme il corpo del mondo. L’aria, come alito animatore, come respiro, come principio anch’esso fondativo dell’immagine stessa, riflessa nella pupilla, nel nome o nell’ombra. Anima intesa quindi come vita pura e semplice, ma anche come consapevolezza razionale.Il percorso poi si articola in uno spazio costruito da un muro di 173 cm di altezza, un paesaggio di stalattiti e stalagmiti costituito da zanne incise di elefanti, calchi in gesso della collezione dell’artista e viaggiatore Vojtech Loffler. Alla legge verticale delle zanne si oppongono elementi orizzontali letteralmente cuciti al muro che costituisce il perimetro interno della stanza. Si giunge così ad un terzo spazio, quello della trasformazione del tempo attraverso la materia, l’argilla, che crea un paesaggio corruttibile, una mutazione in senso alchemico. Ma il tempo sacro non appartiene più allo spazio, omogeneo e continuo. In questo punto incontra la normale durata temporale della vita, un tempo primordiale che diventa presente.

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Petra Feriancova riscrive così la Storia attraverso la discontinuità, le trasformazioni, i limiti, le unità, descrivendo una sorta di curva evolutiva, progettando teologie, metafore,  per provare a concepire l’altro all’interno del nostro tempo, del nostro pensiero. Rifonda la coscienza attraverso la Storia non come forma, ma come divenire, contrapponendo all’immobilità l’apertura e la libertà. Nella quarta stanza vengono disposti alcuni “mobili”, sedie e altre strutture dimensionate in base alle caratteristiche del corpo dell’artista, che così si porta al centro dello spazio della rappresentazione, definendone un ordine, un’organizzazione. Una pelle di serpente, segno di una trasformazione, di una mutazione, ci riporta alla definizione del simulacro che proprio Lucrezio da’ nel De Rerum Natura come emanazione tale da conservare la disposizione e l’ordine del corpo solido da cui proviene.L’opera Play, invece, mette in scena l’ambiguità tra verità e finzione e la riconducibilità del teatro shakespeariano alla tragedia greca. Ma il tratto fondamentale di questo lavoro risiede nel processo realizzativo legato alla determinazione da parte dell’artista nel limitarsi nell’impiego di strumenti, come realizzare il lavoro in uno spazio ristretto avendo a disposizione solamente una stampante  e un computer. Un altro lavoro è presente e racchiude il senso di tutto il corpus delle opere in mostra: un film girato in Normal 8mm, supporto destinato per sua natura a corrompersi ad ogni proiezione, destinato ad usurarsi e a perdere definizione e nitidezza. La proiezione di immagini familiari che forse appartengono a tutti, anche nella possibilità di poterle ricordare dopo il compimento del loro destino”.

Per informazioni: 081.210690

info@fondazionemorragreco.com

orari: lun 15:00- 19:00;

mar- ven: 10:00-14:00 |15:00-19:00;

sab 11:00-14:00 | 15:00-19:00

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Giovanni Cardone

Donne, ecco gli uomini da incontrare prima di trovare quello giusto

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Ogni donna  è alla ricerca del suo principe azzurro fin da bambina. Incontreremo eterni Peter Pen e maschilisti, non è di certo facile portare avanti i nostri sogni e costruire una relazione stabile.Nella vita di ogni donna possono esserci molteplici sbandate, tra cotte adolescenziali e flirt che lasciano il segno, storie con uomini che hanno giocato con il nostro cuore lasciandoci insicurezze e dubbi esistenziali che poi abbiamo riversato alla relazione successiva. Ma tutto cio’ può aiutarci a capire chi siamo, a migliorarci e a cambiare il modo di vedere gli uomini che incontreremo e diventeranno il nostro compagno per la vita.

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I 5 tipi di uomini da incontrare prima di trovare quello giusto.
1. Il Bad Boy
Il ragazzo bello e dannato che incontreremo durante l’adolescenza: anticonformista, affascinante, dolcissimo ma instabile, sempre alla ricerca di nuove emozioni, e nuove ragazze. È molto importante incontrare un tipo come il Bad Boy per imparare a conoscere i nostri limiti, i nostri punti di forza, per poi per essere in grado di saper scegliere ciò che si vuole davvero dalla vita.
2. L’uomo bello e di successo
Il ragazzo ideale, da presentare alla famiglia, da portare ai matrimonio delle amiche o alle cene di gala. Un uomo con una posizione stabile, sicuro di se ed economicamente molto agiato. Sembrerà di aver vinto la lotteria, dopo aver conquistato l’affetto dello scapolo più ambito della città, con cui passare weekend in splendidi resort e serate in locali cool circondati da amici. Ma sarà l’uomo giusto? Assicuratevi che il rapporto tra voi due funzioni, poiché nella vita reale non serve a molto sfoggiare il partner come un trofeo.
3. Eterno Peter Pan
Divertente, affascinante, misterioso e molto intelligente. Ama stare con noi sia da solo che in compagnia dei suoi amici, ma purtroppo il suo più grande difetto è il non voler affrontare la concretezza della vita. Sarà molto difficile fargli accettare il suo ruolo da adulto compromettendolo in una relazione coniugale. Da un uomo come lui impareremo a non prenderci troppo sul serio e a vivere con brio senza grandi sensi di colpa.
4. Il perfetto maschilista
Adulatore e molto romantico ai primi appuntamenti, pretenzioso durante i rapporti, arrogante e con manie di controllo dopo un paio di mesi. Per non cadere nella sua trappola ci vuole una grande carattere, così da non essere sottomessa a lui e alla sua opinione. Se non si ha voglia di affrontare discussioni inutili ogni giorno, meglio mollarlo. Conoscere un tipo del genere rafforzerà il nostro carattere.
5. Il ragazzo più giovane che ci adora
Dolce, sensibile, romantico, questo ragazzo non solo vuole immortalare ogni nostro sorriso, ma grazie alla sua dolcezza e al desiderio di trovare l’amore, riuscirà a rincuoraci, soprattutto nei giorni in cui dopo un appuntamento flop con un uomo, avremo dei dubbi sulla sensibilità dell’universo maschile. Il ragazzo più giovane ci aiuterà ad essere più ottimiste con noi stesse e verso gli uomini.

Care donne, tutte sogniamo un principe azzurro, un uomo che ci ama e rispetta, l’uomo che sarà il padre dei nostri figli il compagno della nostra vita ma diffidate delle imitazioni.

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DANILO MAESTOSI IN COORDINATE LIQUIDE

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Si inaugura sabato 31 gennaio alle ore 18.00 la mostra “Coordinate Liquide “ di Danilo Maestosi presso lo spazio Cilento Outlet Village – Esposizioni Fornace Falcone per la Cultura, a cura Erminia Pellecchia la mostra si potrà visitare fino al 25 febbraio 2015. Nel testo che accompagna la mostra di Erminia Pellecchia che dice: “E’ dunque questo il peggio, questo restare immobili, questo tener consiglio e pronti in armi?”John Milton, “Paradiso perduto” Dentro al buio di scene già viste. Alla ricerca di un nuovo statuto. Danilo Maestosi ancora una volta è sulla linea di confine tra perdizione e rinascita. Fragile, insicuro. Privo di una bussola che l’orienti in questo tempo che scorre liquido senza più domande e attesa di risposte. L’ansia di un domani si fa remoto mentre la vita scorre muta, il senso smarrito di fronte alla nudità abbacinante del nulla. La memoria scompare sott’acqua, il vuoto inghiotte, trascina giù, naufrago su una barchetta di carta, nel mare del silenzio. Il pendolo oscilla tra speranze e disillusioni. L’isola agognata è un miraggio lontano. Il pittore romano è fermo davanti alla tavola nuda. Perso nei segni di vecchi alfabeti di cui cerca con affanno le tracce nel presente per ritrovarsi e ritrovare più autentiche direttrici del divenire. Rimanere a galla non basta. Nasce l’urgenza di attraversare acque ignote che potranno condurre ad altre contrade da esplorare, un “locus amoenus”, un paradiso perduto dove i sogni possano essere ancora sognati. La ceramica è una scoperta, una sfida difficile da affrontare ma lo stimolo per coltivare il giardino dell’utopia, per seminare germogli vitali tra il niente dei giorni e le minuzie

della polvere. Virare verso altri lidi. L’argilla è materia viva che pulsa come carne ardente. Da accarezzare di colore in colore. Da incidere fino a scavarne il cuore. Da

graffiare per ascoltarne il respiro e abbandonarsi al ritmo della vita che si rinnova tra quei solchi che disegnano la mappa di rotte agognate e il pulviscolo degli smalti che

irradiano visioni di luce. La Fornace Falcone, eremo felice tra i boschi dei Picentini, la linea del golfo delle Sirene sospesa in un volo d’altalene, è l’ultimo approdo

dell’inquieto artista, un’incubatrice di progetti, l’emozione della creazione. Sia pure effimera come l’esistenza di una farfalla. La ceramica è la coordinata per attraversare

geografie insperate dell’arte. La tavola non è più nuda. Di colore in colore, di segno in segno, di forma in forma. Di seduzione in seduzione. Verso l’isola che non c’è se non in fondo all’anima. Via, via. Da questi tempi tristi, da questi tempi ciechi. In viaggio per tornare a cercare l’isola che non si trova, perchè si è fatto gara a smarrirne la mappa.

A cercare altri segni dietro quelli che sembrano liquefatti di buon senso e rassegnazione. Magari altri colori che dipingano il silenzio e l’attesa.Strade acquose come il mare della sconfitta che bisogna comunque attraversare perchè da lì siamo nati.Come un dio sconosciuto. Come l’amore, la malinconia. Come una bussola di albe e tramonti <HS0.1>”.

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Biografia di Danilo Maestosi :

Danilo Maestosi,1944, romano. Giornalista professionista dal 1966 ha lavorato come esperto di archeologia, architettura, spettacolo, ambiente, arte per varie testate:

Tempo, Paese Sera, Ansa, e Messaggero, con cui continua a collaborare come critico d’arte. Dipinge da sempre ma ha cominciato ad esporre dal 1999. Dirige dal 2004 la

Rivista di Cinema online www.cinemadelsilenzio.it. Le sue opere sono in possesso di importanti collezionisti in Italia, in Usa e a Berlino. Hanno scritto, fra gli altri di lui:

Massimo Bignardi, Gianni Borgna, Renato Civello, Ada Patrizia Fiorillo, Marco Guidi, Claudio Strinati, Gabriele Simongini, Marcello Napoli, Rino Mele, Erminia Pellecchia, Vittorio Sgarbi, Marco Tonelli, Walter Veltroni.

Cilento Outlet Village

Sala delle Esposizioni Fornace Falcone per la Cultura

s.s. 18 Eboli –Salerno

Danilo Maestosi – Coordinate Liquide

dal 31 gennaio al 25 febbraio

Orari : dal lunedì alla domenica dalle 15.00 alle 21.00

VALENTINA CARRERA E MARCO LOMBARDO DIALOGO TRA PITTURA E FOTOGRAFIA ALLO SPAZIO E2 DI MILANO

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Si inaugura sabato 31 gennaio alle ore 16.00 le mostre personali Valentina Carrera in “ Eden “ a cura di Alessandro Baito e di Marco Lombardo in Dressing Naked  a cura di Valentina Carrera. La mostra si potrà visitare al 6 febbraio presso Spazio E2. Appuntamento speciale per la Settimana della Memoria a Piacenza. Mostra Bereshit di Valentina Carrera e Memorie visive, installazioni open-air di artisti amici dello Spazio E. Come dice Paolo Levi “La pittura informale è come la musica, con i suoi particolari suoni. Così come quando Mosé scese dal monte Sinai per scoprire che il popolo non riusciva a sentire la voce del Signore ma solo a vedere la luce, così io credo che la voce esista sempre e che per sentirla è sufficiente entrare in sintonia con lei. Esattamente così è per la pittura di Valentina, che mette la sua voce, filtrata, nei suoi lavori e filtra la voce universale mettendola nel particolare. Valentina filtra la sua inquietudine interiore, che trova una sua versione grafica nella decodificazione della parola ebraica.Teniamo presente che se mettiamo insieme quattro rabbini non si metteranno d’accordo neppure su una parola. Eppure è possibile mettersi d’accordo su queste tele, prendendone ogni particolare e decodificando esattamente non il quadro in sé, cosa impossibile perché ogni quadro è una sinfonia, ma il particolare il tassello”. Mentre Alessandro Baito dice : “Esattamente a un anno di distanza dalla mostra del 2014 in cui Marco Lombardo si presentava allo Spazio E come vincitore della sezione fotografica del Premio Il Segno, oggi Marco torna sui Navigli lombardi con una serie di fotografie che incentrano il loro sguardo intorno al mondo del nudo femminile.Il suo lavoro si presenta come una tela su cui dipingere, un velo che nasconde ma fa intuire le forme, si può dire una garza medica per proteggere una realtà ferita dalla freddezza di occhi che non sanno più penetrare il senso delle cose, fermandosi ad una superficie patinata che soddisfa solo criteri di un’estetica effimera. La fotografia di Marco Lombardo viene prima della fotografia, si sviluppa nella fotografia e ne supera poi i limiti. Prima perché utilizza la tela e un evidente gusto per la rappresentazione pittorica della realtà, con una certa predilezione per inquadrature classiche; vive nella fotografia perché tale è l’immagine di partenza da cui prende il via il suo lavoro; supera i confini della macchina fotografica perché grazie al ricorso ad una tecnica semplissima e pertanto estremamente efficace concentra l’attenzione, indica un percorso di sguardo, sottolinea il nucleo dell’evento raccontato”.

LOMBARDO

Biografia di Valentina Carrera

Valentina Carrera è nata a Milano nel 1975. Si diploma in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1998. Segue poi un corso di Iconografia e Teologia presso l’Università ortodossa di Mosca “Ioanna Bogoslova” e si specializza in fotografia per la moda alla scuola “R.Bauer” di Milano. Tra le principali mostre personali segnaliamo: nel 2010 “Bereshit” al Chiostrino S.Eufemia di Como, con catalogo Mondadori; nel 2012 “Bereshit”alla galleria Civica di Monza; nel 2012 “Symbols”alla galleria Vista di Roma; nel 2012 “Symbols”al Padiglione Islanda, Palazzo Zenobio, Venezia; nel 2013 “Bereshit”al Palazzo della Racchetta di Ferrara, in occasione della settimana del libro ebraico in Italia. È presente in numerose pubblicazioni nazionali come il C.A.M., Catalogo d’Arte Moderna, Mondadori, 2011-2012-2013, “Post-Avanguardia”, “Terza Dimensione”, sempre Mondadori editore, 2011. Articoli su di lei sono apparsi su “Arte”, “Arte Contemporanea” e altre riviste specializzate.

Biografia di Marco Lombardo

Dopo anni di fotografia pura, Marco Lombardo ha sviluppato una nuova tecnica, mista, in cui la fotografia si relaziona all´universo pittorico. Grazie a questo procedimento di sua invenzione, che va ´´oltre´´l´idea tradizionale di fotografia, Lombardo ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui:
– finalista al premio REZARTE 2013
– secondo classificato al premio CATS 2013 ARTE PADOVA
– vincitore premio “Man Ray” Premioilsegno 2013
– vincitore premio fotografico “In festa” Ozzano Emilia 2011
Un´importanza particolare assume, nella poetica dei Lombardo, l ´idea del viaggio. La serie di foto raccolte sotto il titolo ´ ´Il viaggio di Colombo ´ ´sottolinea questa predilezione. Come spiega l ´artista stesso:
´´Vorrei dire a chi si soffermerà ad osservare una mia foto che il viaggio é “sempre”. Ogni immagine ed istante del nostro giorno costruiscono il viaggio, un luogo (per me non esistono luoghi “brutti”), un gesto, un particolare che sembra essere li per caso, una condizione atmosferica, un edificio, un incontro. Ogni evento del quotidiano é un ponte verso l´immaginario. Sta a noi vedere quel ponte e, magari, percorrerlo. I luoghi che compongono questo viaggio sono ovunque, dietro casa, sulla strada per raggiungere un parente, per andare al lavoro. Non é un viaggio che faccio per documentare. Il viaggio é per trovare “il ponte”.

Zamenhof Art – Milano

Cooperativa Letteraria – Torino

Valentina Carrera – Eden

Marco Lombardo – Dressing Naked

Dal 31 gennaio al 6 febbraio

Orari: dal martedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00, domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.00

Contatti

Spazio E – Spazio E2

Alzaia Naviglio Grande 4, Milano

aestdelleden@libero.it

338.7689158

Spazio E

Alzaia Naviglio Grande 4, Milano

338.7689158

aestdelleden@libero.it

Giovanni Cardone

American Sniper: la recensione

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Il film, tratto da una storia vera, narra la vicenda di Chris Kyle uno dei più formidabili cecchini delle forze armate degli Stati Uniti d’America. Chris è un texano che ha subito una rigida educazione ai valori tradizionali. Secondo il padre di Chris l’umanità è divisa in pecore, lupi e pastori. Il compito dei pastori è quello di difendere le pecore dai lupi. Nella famiglia di Chris si allevano pastori. Chris passa la giovinezza da sbandato, sognando di fare il cowboy, ma poi dopo aver appreso di un attentato ad una ambasciata statunitense decide di arruolarsi nelle forze armate e diventa cecchino. Chris sarà coinvolto nella guerra in Medio Oriente dove il suo compito sarà quello di difendere i soldati a stelle e strisce dai terroristi. Il fronte cambia radicalmente la mente di Chris. Al suo ritorno in patria non sarà più lo stesso. Il suo è stato solo uno spostamento fisico, la sua mente è ancora al fronte, ancora dai compagni. Chris appare come una persona alienata, ma il suo è uno stato di tensione permanente. C’è una guerra e nessuno ne parla, la gente va al centro commerciale come se niente fosse, per Chris sono gli altri ad essere alienati. Chris compie quattro missioni in Medio Oriente dove si conferma uno dei più formidabili cecchini degli Stati Uniti arrivando ad uccidere oltre cento nemici. Regia di Clint Eastwood, candidato a diversi premi oscar, American Sniper è un film di azione, drammatico ma si dimostra essere anche un thriller psicologico.

Ti sei mai chiesta quale capo di abbigliamento vintage fa per te?

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Il termine vintage, che deriva dal francese “l’age du vin”, nel mondo della moda identifica un capo d’epoca che si è però rivalutato negli anni grazie alla sua originalità e alla sua irripetibilità negli anni a venire per stile, eleganza e innovazione.

Il vintage è uno stile di abbigliamento che oggi risulta essere apprezzato e indossato da persone di tutte le età. Questo grande ritorno della moda del passato affascina e conquista soprattutto le giovanissime, ma anche le signore mature, che possono così rinfrescare gli indumenti ricordo quasi dimenticati nell’ armadio. Lo stile vintage è un genere di abbigliamento e di accessori molto particolari e caratteristici, dotati di personalità e buon gusto, ideali da sfoggiare per tutte le occasioni.

Abituati con i pantaloni e i jeans a vita bassa a zampa d’elefante, ci siamo trovati di fronte a pantaloni strettissimi, con una vita decisamente più alta, a sigaretta.

Almeno 20 anni, si parte dagli anni 20-30 fino ad arrivare agli anni 90. Si parla di capi di abbigliamento artigianali o di buona qualità, che grazie a ciò sono durati nel tempo, mantenendo il loro aspetto originario.

Chi segue questo stile, mescola  capi moderni con quelli di anni passati,creando un proprio stile personale. E’ una persona metodica, attenta ai particolari. Non esagera mai, non copia totalmente il look passato, ma lo rende attuale.

Vengono definiti vintage tutti gli oggetti, anche non legati all’ abbigliamento, dotati di valore ed alta qualità che siano stati prodotti almeno 20 anni prima del momento attuale e che, ormai, per la cura, la qualità della lavorazione e dei materiali, sono divenuti veri e propri oggetti di culto.

Per i veri appassionati di questo stile, definire gli abiti vintage come vecchi o di seconda mano, potrebbe risultare alla stregua di un insulto. Gli abiti e gli accessori vintage, infatti, si differenziano dalla generica definizione di ‘usato’ per le particolari caratteristiche che li rendono oggetti irriproducibili ed irripetibili; una qualità aggiuntiva è poi data dal progressivo aumento del loro valore nel corso degli anni.

Ciò che noi oggi indichiamo come oggetti in stile vintage, in passato hanno rappresentato intere generazioni, hanno segnato un’epoca, una cultura ed un costume fino a divenire vere e proprie icone di quel tempo.

La moda vintage non è vecchia, anzi, potremo dire che è molto più attuale di quanto si possa credere. D’altronde si sa: la moda passa sempre, ma quello che resta è lo stile!  

Alcuni capi che non mancano nell’armadio di una vintage sono: pantaloni stretti fino in fondo, camicie e tacchi alti. Cinture a vita alta, dotate di fibbie e senza, fasce legate attorno al punto vita. Classici blazer e giubbotto di pelle abbinato a magliette bianche. Minidress e maxidress dalle fantasie più disparate. Un capo di colore beige. Occhialini da sole.

I capelli: frangetta sbarazzina, ma poi dipende a quale epoca del passato ci si vuole ispirare…

Basta avere alcuni capi base, non necessariamente di grandi stilisti, ma che riprendano le linee e lo stile: una maxi borsa rettangolare, un tubino, le ballerine, i capri, occhiali grandi e rotondi, gioielli semplici e, se volete osare, tirate fuori dall’armadio anche i cappelli, che possono valorizzare un insieme spiritoso o creare fascino e mistero se coprono un poco il volto. I capi vintage sono sempre validi e spesso nessuno si accorgerà che sono abiti o accessori d’annata. Fate attenzione, però, a non confonderli con quelli di seconda mano che sono solo usati. Magari chiedetevi se Grace Kelly avrebbe portato quello che state comprando e poi scegliete se acquistare o no, sarà più semplice

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Giuseppe Orsenigo e Daniela Da Riva: Incontro tra Segno e Anima in mostra presso lo Spazio E2 di Milano

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Si sono inaugurate sabato 24 le mostre personali di Giuseppe Orsenigo in “ Alchimia del giorno e della notte” e Daniela Da Riva in “Umanità Dipinta” organizzate da Zamenhof Art e curate da Virgilio Patarini le mostre si potranno visitare fino al 30 gennaio. Come ci dice Alberto Longatti : “ Nelle tavole dipinte, o meglio “manipolate” da Giuseppe Orsenigo, la caratteristica principale è l’accumulo di significati. Una pluralità che va di pari passo con la variabile disseminazione di segni, immagini, figure mescolati in magma che trova proprio nella complessità la sua giustificazione operativa. Per produrre questo effetto di spessore l’artista adotta una tecnica particolare, con materiali diversi magistralmente amalgamati, talora rappresi talaltra distesi, colati, sovrapposti in una sostanza dalla tattile modellazione. E tale elaborato sistema operativo finisce per apparire come una sorta di umore apparentemente liquido, ma in verità solidissimo, dove qualcosa di vivo è stato imprigionato. Lo si può anche definire una sorta di acquario pietrificato nel quale oggetti almeno in parte riconoscibili, estratti dalle apparenze quotidiane, sono mescolati con forme astratte, ectoplasmi misteriosi, fantasmi della memoria, riferimenti onirici”. Mentre Vilma Torselli ci dice : “ La pittura di Daniela Da Riva è fatta di sintetiche morfologie, di cromatismo vario ed evocativo, di pennellate energiche e ricche, di decisa e coraggiosa semplicità del linguaggio e dei temi. Il sentimento che anima le opere di questa artista, espresso in modo diretto, senza astrazioni, si percepisce immediatamente, anche quando l’originario naturalismo si stempera in un lirico discorso psicologico grazie al colore, acceso, intenso, fiabesco. Colpiscono soprattutto gli azzurri, luminosi ed irreali, che accendono di lirismo una realtà sempre chiaramente leggibile, eppure trasformata dal particolare cromatismo in espressione poetica e romantica”. Ci sarà un appuntamento speciale per il Giorno della Memoria a Piacenza Mostra Bereshit di Valentina Carrera e Memorie visive, installazioni open-air di artisti amici dello Spazio E.

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Zamenhof Art – Milano

Cooperativa Letteraria – Torino

Alchimia del Giorno e della Notte di Giuseppe Orsenigo

Umanità Dipinta di Daniela Da Riva

dal 24 al 30 gennaio 2015

Orari: dal martedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00 domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.00. Ingresso libero

Contatti

 Spazio E- Spazio E2

Alzaia Naviglio Grande 4, Milano

aestdelleden@libero.it

338.7689158

Spazio E

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MERY CINQUE IN UN’IDEA DI PARIGI PRESSO INSTITUT FRANCAIS DI NAPOLI

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Si è inaugurata martedì 20 gennaio all’Institut Francais di Napoli la mostra dell’artista napoletana Mary Cinque Une idée de Paris- Un’idea di Parigi a cura di Chiara Reale e Lara Carbonara. In Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, George Perec coglie il singolo momento, dando nuova sostanza ad oggetti e movimenti che nessuno nota. Mary Cinque, ispirandosi al testo dell’autore francese, osserva la gente comune muoversi e ne imprime i tratti, utilizzando il proprio mezzo di espressione: il disegno. Lasciandosi guidare dalle suggestioni degli scenari di Perec, senza forzatamente lottare contro i cliché dell’immaginario legati alla Francia e a Parigi, l’artista ritrae un mondo, quello della sua città, i cui confini si confondono volutamente con quelli dei luoghi e dei personaggi narrati da Perec. Il senso profondo del lavoro è amplificato dal supporto scelto: una grammatica francese per stranieri degli anni ’50, le cui regole divengono punti di partenza di un viaggio attraverso cui perdersi per percorre  itinerari arbitrari e personali. Come ci dice Mary Cinque : “Tutto nasce grazie alla curatrice Lara Carbonara, che conosce e segue il mio lavoro, e che mi ha invitato a pensare di lavorare sulla base dello scritto di Perec Tentativo di esaurimento di un luogo parigino. Di questo autore avevo letto soltanto La vita istruzioni per l’uso, affascinata dal titolo e conquistata, poi, dalla sua scrittura, per cui sono stata ben lieta di confrontarmi di nuovo con la sua opera scritta, benché molto visuale, e mi sono messa subito al lavoro per creare un nuovo piccolo corpus di opere”. La casa editrice Marchese Editore all’origine del progetto è stata fondata nel 2009 da un gruppo di amici e studenti universitari di Napoli, guidati da un loro docente, con l’intento di riproporre nel panorama editoriale italiano un ‘esperienza che riaffermi la valente centrale della cultura libraria. Il progetto vuole proporre un ‘attività di promozione culturale che offra al pubblico editoriale svicolato dalle leggi del mercato, ma guidato da un principio che affermi la qualità. Georges Perec (Parigi, 7 marzo 1936 – Ivry-sur-Seine, 3 marzo 1982) scrittore francese membro dell’Oulipo, le cui opere sono basate sull’utilizzo di limitazioni formali, letterarie o matematiche. Suo padre Icek Perec (1909-1940) e sua madre Cyrla Szulewicz (1913-1943), entrambi ebrei d’origine polacca si sposano nel 1934. Georges Perec nasce la sera di sabato 7 marzo 1936 in una clinica parigina e passa la propria infanzia in rue Vilin nel quartiere di Ménilmontant.
Nel 1941 un treno della Croce Rossa lo porta verso Villard-de-Lans dove passa il resto della guerra con parte della famiglia paterna (il padre muore in guerra mentre la madre, deportata ad Auschwitz, non ne fa più ritorno). Torna a Parigi nel 1945 e viene adottato dalla sorella di suo padre, Esther Bienenfeld, e dal marito di quest’ultima.

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Dal 1946 al 1954 compie i propri studi dapprima presso il liceo Claude Bernard e quindi al collegio Etampes. Comincia, nel 1949, la psicoterapia presso Françoise Dolto. Nel 1954, dopo un corso preparatorio al Liceo Enrico IV, comincia gli studi di storia, che abbandona però velocemente. Nel 1956 inizia la psicanalisi con Michel de M’Uzan. Dal 1958 al 1959 presta servizio militare come paracadutista a Pau (nei Pirenei francesi). Nel 1960 si sposa con Paulette Pétras e parte per Sfax (Tunisia) da dove torna l’anno seguente. Nel 1962 diventa documentarista (nel senso francese dato a questo termine: fr:documentaliste) in neurofisiologia presso il CNRS (Centre national de la recherche scientifique). Nel 1965 ottiene il “Premio Renaudot” per “Le cose” quindi, nel 1967, entra a far parte dell’Oulipo divenendone ben presto figura di spicco: «dell’Ou-Li-Po Perec era diventato il maggiore esponente, e si può dire che almeno due terzi della produzione del gruppo erano opera sua» (Italo Calvino, Ricordo di Georges Perec in “Perec, gnomo e cabalista”, 1982). Dal 1971 al 1975 è in psicanalisi da Jean-Baptiste Pontalis. Nel 1976 pubblica, settimanalmente, sul giornale “Le Point” una serie di parole crociate. Nel 1978 scrive “La vita, istruzioni per l’uso” e, in seguito al successo dell’opera, abbandona il posto al CNRS per dedicarsi completamente alla scrittura. Passa i seguenti sei anni della sua vita con la cineasta Catherine Binet. Muore di tumore ai polmoni il 3 marzo 1982 all’ospedale d’Ivry e viene sepolto nel cimitero parigino di Père Lachaise. Numerose seguono le pubblicazioni postume di romanzi e di raccolte di scritti.

Mary Cinque segue i corsi di pittura e decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, prima, e quella di Brera, poi. Nel 2006 una permanenza di tre mesi tra Philadelphia e New York (e una parentesi come art assistant di Jennifer Blazina, docente alla Drexel University) influenza fortemente il suo lavoro. Nel 2010 partecipa al workshop “Capturing the elusive here” tenuto dall’artista ispano-americano Isidro Blasco presso AreaOdeon a Monza e alla mostra Eruption presso la White box gallery di New York. Espone alla 54° Biennale d’arte di Venezia. Nel 2012 è segnalata dalla professoressa Ada Patrizia Fiorillo al Premio Bice Bugatti – Giovanni Segantini. E’ tra i finalisti del concorso Centro-Periferia 2014 di Federculture. La sua opera “Salon d’automne” è presente nel Museo di arte ambientale di Giffoni Sei Casali. Nel 2014 ha collaborato, con il collettivo olandese Company New Heroes, al progetto europeo Seismic sull’innovazione urbana e allo European Youth Exchange Babel a Turku (Finlandia).

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Institut Francais di Napoli

Via Crispi 86,

Mary Cinque – Un’idea di Parigi (Une idée de Paris)

dal 20 gennaio al 14 febbraio 2015

info e contatti:
www.facebook.com/marycinqueart
www.marycinque.it

Giovanni Cardone